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1.1Io, de le nozze riverito nume,
1.2che le genti chiamâro alma Giunone,
1.3che, perché sotto il mio soave giogo
1.4or due ben generose alme congiunga,
1.5gentili cavalieri e chiare donne,
1.6co' prieghi umili di potenti carmi
1.7invocata, qua giù tra voi discendo;
1.8e perché sotto il mio soave giogo
1.9due alme al mondo sole or io congiunga,
1.10menovi meco in compagnia gli dèi,
1.11che 'nalzò sovra il ciel l'etade oscura,
1.12con Giove mio consorte e lor sovrano.
1.13Come? ben si convenne al secol d'oro
1.14con semplici pastori e rozze ninfe
1.15in terra conversare i sommi dèi,
1.16e, 'n questo culto di civil costume
1.17ed in tanto splendor d'alma cittade,
1.18almeno per ischerzo, almen per gioco
1.19vedersi in terra i dèi or non conviene?
1.20Questa augusta magione
1.21e d'oro e d'ostro riccamente ornata,
1.22ove 'n copia le gemme, in copia i lumi
1.23vibran sì vivi rai
1.24qual le più alte e le più chiare stelle
1.25di cui s'ingemman le celesti logge,
1.26s'albergare qua giù vogliono i dèi,
1.27ov'alberghin i dèi non sembra degna?
1.28e quell'argentee ed ampie mense, dove
1.29l'arte emulando il nostro alto potere,
1.30l'indiche canne e i favi d'Ibla e Imetto
1.31presse di eletti cibi
1.32in mille varie delicate forme,
1.33le quali soavemente
1.34si dileguan sui morsi,
1.35si dileguan tra i sorsi,
1.36non somiglian le nostre eterne, dove
1.37bevesi ambrosia e nettare si mangia,
1.38che quali noi vogliam dànno i sapori?
1.39Tutto a questo simìl, dolce concento
1.40di voci, canne e lire
1.41risuonan di Parnaso
1.42le pendici e le valli,
1.43quando cantan le muse e loro in mezzo
1.44tu tratti l'aurea cetra, o biondo Apollo.
1.45Ma questi regi sposi,
1.46de' rari don del cielo
1.47quant'altri mai ben largamente ornati,
1.48di tai mortali onori
1.49di gran lunga maggiori
1.50degni pur son d'un nostro dono eterno;
1.51onde adorniamo in essi
1.52i nostri stessi eterni don del cielo.
1.53I terreni regnanti,
1.54che stanno d'ogni umana altezza in cima,
1.55stiman sovente di salir più in suso
1.56scendendo ad onorare i lor soggetti;
1.57e i terreni regnanti
1.58son pur essi soggetti a' sommi numi,
1.59e, perché sol soggetti a' sommi numi,
1.60han stabilito i sommi regni in terra.
1.61Perché lo stesso a noi lecer non debbe?
1.62che, perché onnipotenti,
1.63credettero le genti
1.64poter pur ciò ch'è 'n sua ragion vietato,
1.65e fûr da noi sofferte
1.66che credessero il tutto a noi permesso,
1.67purché credesser noi potere 'l tutto
1.68e sì le sciolte fiere genti prime
1.69apprendesser, temendo,
1.70dal divino potere
1.71ogni umano dovere.
1.72Del garzon dunque valoroso e saggio
1.73che coll'alte virtudi
1.74veracemente serba il nome antico,
1.75che d'IMMORTALITÀ risuona AMANTE,
1.76e de l'alta donzella,
1.77di cui sovra uman corso
1.78vien dal bel corpo la virtù più bella,
1.79ond'è a la terra e al ciel cotanto CARA
1.80che fatto ha sua natura il nobil nome,
1.81omai l'inclite nozze
1.82festeggiamo danzando, o sommi dèi;
1.83e chi a menar la danza ha ben ragione,
1.84l'auspice de le nozze ella è Giunone.
2.1Esci dunque in danza, o Giove,
2.2ma non già da Giove massimo,
2.3di chi appena noi celesti
2.4sostener possiam col guardo
2.5il tuo gran sembiante augusto;
2.6esci sì da Giove ottimo,
2.7con quel tuo volto ridente,
2.8onde il cielo rassereni
2.9e rallegri l'ampia terra,
2.10e dovunque sì rimiri,
2.11fondi regni, inalzi imperi,
2.12tal che 'l tuo guardo benigno
2.13egli è l'essere del mondo.
2.14Deponi il fulmine
2.15grave e terribile
2.16anche a' più forti,
2.17non che lo possano
2.18veder da presso
2.19queste che miri,
2.20queste che ammiri
2.21tenere donne
2.22tanto gentili
2.23e delicate.
2.24Ti siegua l'aquila,
2.25pur fida interprete
2.26de la tua lingua,
2.27con cui propizio
2.28favelli agli uomini
2.29e loro avvisi
2.30palme e grandezze.
2.31Anzi voglio, e non m'è grave
2.32(ché gelosa io qua non venni),
2.33che tu prenda quel sembiante
2.34d'acceso amante
2.35non di sterili sorelle,
2.36ma di quelle
2.37chiare donne
2.38che di te diêro gli eroi;
2.39e 'n sì amabile sembianza
2.40esci pur meco, o sovran Giove, in danza.
3.1Il mio gran sposo e germano
3.2non già in terra qui da voi,
3.3caste donne, i chiari eroi
3.4unqua adultero furò.
4.1Suo voler sommo e sovrano,
4.2che spiegò con gli alti auspìci,
4.3tra gli affetti miei pudici
4.4ei dal ciel gli eroi formò.
5.1Porgi or l'una or l'altra mano
5.2a chi finse la gelosa,
5.3e d'eroi tal generosa
5.4coppia ben fia quanto da noi si può.
6.1E tu vaga, gentil, vezzosa dea,
6.2alma bellezza de' civili offici,
6.3che son le Grazie che ti stan da presso,
6.4e poscia i dotti 'ngegni t'appellâro
6.5de le sensibil forme alma natura,
6.6e una mente divina al fin t'intese
6.7de l'intera bellezza eterna idea;
6.8per Stige, non istar punto crucciosa
6.9perché tu qui non empi il casto uficio,
6.10qual ti descrisse pure a nozze grandi
6.11un'impudica più che dotta penna,
6.12ché 'l mio (qual dee tra noi, pur regni il vero)
6.13è sopra 'l tuo vie più solenne e giusto,
6.14poiché tu sembri (e sia lecito dirlo)
6.15ch'a letti maritai solo presiedi
6.16le licenze amorose a far oneste;
6.17se de le proli poi nulla ti curi,
6.18ma ben le proli io poi, Lucina, accoglio,
6.19Quest'or mio dritto fia,
6.20qual fu tuo dritto ne la gran contesa
6.21dal regale pastor come più bella
6.22di riportarne il pomo: or più non dico;
6.23ché, quando del mio uficio si ragiona,
6.24allor parlar non lice
6.25d'altro che di concordia, amore e pace,
6.26talché mi cadde già da l'alta mente
6.27il riposto giudizio;
6.28anzi unirò co' tuoi
6.29tutti gli sforzi miei
6.30pel tuo sangue troiano,
6.31e l'imperio romano
6.32per confin l'oceàno abbia e le stelle.
6.33Ti cingano
6.34or le Grazie;
6.35ti scherzino,
6.36ti volino
6.37d'intorno mille Amori,
6.38e a le tue dive bellezze
6.39dà' le forme più leggiadre
6.40di sorrisi, guardi, moti,
6.41atti, cenni e portamenti,
6.42qualor suoli quando Giove
6.43vuolsi prendere piacere
6.44di mirar la tua bellezza.
6.45In tai guise elette e rare
6.46esci, Venere, omai meco a danzare.
7.1Da questa dea
7.2prendete idea,
7.3o sposi chiari,
7.4o sposi cari;
8.1ché della vostra
8.2in questa chiostra
8.3più bella prole
8.4non veda il sole;
9.1e a te di padre,
9.2a te di madre
9.3figli vezzosi
9.4rendano i nomi più che mèl gustosi.
10.1E tu, gran dio del lume,
10.2che nel cielo distingui al mondo l'ore,
10.3e qua giù in terra sopra il sacro monte
10.4presso il castalio fonte,
10.5valor spirando al tuo virgineo coro,
10.6fa' i nomi de' mortai chiari ed eterni;
10.7memore io vivo pure
10.8che, 'n buona parte a te debbo io le nozze,
10.9sì che 'n gran parte a te debbo il mio regno,
10.10che 'n quella senza leggi e senza lingue
10.11prima infanzia del mondo,
10.12la téma, l'ira, il rio dolor, la gioia
10.13con la lor violenza
10.14insegnarono all'uom le prime note
10.15di téma, d'ira, di dolor, di gioia,
10.16qual pur or suole appunto,
10.17da tali affetti tòcco gravemente,
10.18il vulgo, qual fanciul, segnar cantando,
10.19indi le prime cose
10.20che destassero più lor tarde menti,
10.21o le più necessarie agli usi umani,
10.22quai barbari fanciulli,
10.23notâro con parole
10.24di quante mai poi fûr più corte ed aspre;
10.25ed in quella primiera e scarsa e rada
10.26e, perché scarsa, rada lor favella,
10.27eran le lingue dure,
10.28non mobili e pieghevoli, com'ora
10.29in questa tanta copia di parlari,
10.30a' quali 'n mezzo or crescono i fanciulli,
10.31a proferir da émpito portati,
10.32e a proferir da l'émpito impediti,
10.33qual fanno i blesi, prorompean nel canto;
10.34e, perch'eran le voci
10.35corte, quai fûr le note poi del canto,
10.36mandavan fuori per natura versi;
10.37né avendo l'uso ancor di ragion pura,
10.38i veementi affetti
10.39soli potean destar le menti pigre,
10.40onde credean che 'n lor pensasse il core.
10.41Ed in quella che puoi
10.42dir fanciullezza de l'umanitade
10.43soli i sensi regnando e, perché soli,
10.44ad imprimer robusti
10.45ne l'umano pensiero
10.46le imagini qual mai più vive e grandi,
10.47e da la povertà de le parole
10.48nata necessità farne trasporti,
10.49nata necessità farne raggiri,
10.50o mancando i raggiri e gli trasporti,
10.51da evidenti cagioni o effetti insigni
10.52o dalle loro più cospicue parti
10.53o d'altre cose più ovvie ed usate,
10.54co' paragoni o simiglianze illustri
10.55o co' vividi aggiunti o molto noti,
10.56s'ingegnâro a mostrar le cose istesse
10.57con note propie de le lor nature,
10.58che i caratteri fûr de' primi eroi,
10.59ch'eran veri poeti per natura
10.60che lor formò poetica la mente,
10.61e si formò poetica la lingua;
10.62ond'essi ritrovâr certe favelle,
10.63che voglion dire favole minute
10.64dettate in canto con misure incerte,
10.65ed i veri parlari o lingue vere
10.66gli uomin dianzi divisi unîro in genti
10.67e le genti divise unîro a Giove,
10.68ond'è il mio sommo Giove eguale a tutti;
10.69e tal fu detto favellare eterno
10.70degli uomini, de' dèi, de la natura,
10.71onde nefandi son, né mai pòn dirsi
10.72ch'era in lor favellar, non mai pòn farsi
10.73le madri mogli ed i figliuoi mariti.
10.74E sì la forza de' bisogni umani
10.75e la necessità scovrirgli altrui
10.76e la gran povertà de le parole
10.77e la virtù del ver comune a tutti,
10.78che mostrò l'utiltade a tutti uguale,
10.79destâro unite il tuo divin furore,
10.80di che pieni que' primi eroi poeti,
10.81de' quai fêro tra lor le greche genti
10.82famosi personaggi o comun nomi
10.83celebri, Orfeo e Lino ed Anfione,
10.84che coi lor primi carmi o prime leggi
10.85primi sbandîro da le genti umane
10.86ogni venere incerta e incestuosa;
10.87e venne in sommo credito il mio nume,
10.88ond'io presiedo a le solenni nozze,
10.89le quai fêro solenni i divi auspìci
10.90presi del ciel ne la più bassa parte,
10.91perché Giove più sù balena e l'etra
10.92fin dove osa volar l'aquila ardita.
10.93E perché son le certe nozze e giuste
10.94le prime basi degl'imperi e regni,
10.95Giove egli è 'l re degli uomini e de' dèi,
10.96a cui 'l fulmine l'aquila ministra,
10.97l'aquila assisa a' regi scettri in terra
10.98e del romano impero
10.99alto nume guerriero;
10.100ed io, di Giove alta sorella e moglie,
10.101sì fastosa passeggio in ciel regina
10.102e coi comandi d'aspre e dure imprese,
10.103quante Alcide se 'l sa, pruovo gli eroi.
10.104Questi tutti son tuoi gran benefìci,
10.105de' quali eterne grazie io ti professo.
10.106Però, canoro dio,
10.107per la tua Dafne, volentier sopporta
10.108che la gran coppia de' ben lieti sposi
10.109non t'invidi Parnaso e 'l sacro coro,
10.110ché quest'alma cittade,
10.111fino da' primi tempi degli eroi
10.112patria de le sirene,
10.113perpetuo albergo d'assai nobil ozio,
10.114nutrì sempre nel sen muse immortali,
10.115e pruove te ne fan troppo onorate
10.116i Torquati, gli Stazi ed i Maroni.
10.117Ma tu taci modesto or le tue pompe,
10.118ma io grata, anzi giusta, or te l'addito;
10.119né a scernergli me 'l niega
10.120con l'ombre sue la notte,
10.121la qual, col nostro qui disceso lume
10.122onde tu vai vie più degli altri adorno,
10.123vince qual mai più luminoso giorno.
10.124Colà stretti uniti insieme
10.125vedo il rigido Capassi
10.126col mellifluo Cirillo.
10.127De le genti egli maggiori
10.128quegli è 'l mio dotto Lucina,
10.129con cui va fido compagno
10.130il sempre vivo,
10.131sempre spiegato,
10.132sempre evidente,
10.133Galizia nostro.
10.134V'ha l'analitico
10.135chiaro Giacinto;
10.136e a chi il cognome,
10.137provido il cielo,
10.138diede d'Ippolito,
10.139il cui costume
10.140al casto stile
10.141avea di questi
10.142serbato il cielo.
10.143Quegli, se rompe
10.144cert'aspri fati,
10.145sarà 'l Marcello
10.146d'un'altra Roma.
10.147V'è pur colui
10.148a cui nascendo
10.149col caso volle
10.150scherzare il fato,
10.151e di Poeta
10.152diègli il cognome.
10.153Quegli è l'Egizi,
10.154ch'a lento piè
10.155e con pia mano
10.156cogliendo va
10.157dotte reliquie
10.158d'antichità.
10.159E, a quello unito,
10.160d'un che s'asconde
10.161agli altri tutti,
10.162il qual tu, Febo,
10.163spesso e ben vedi,
10.164esce un bel nome,
10.165che chiaro a tutti
10.166suona Manfredi.
10.167Stavvi 'l Rossimeditante
10.168alta impresa presso Dante:
10.169una dolce e gloriosa
10.170là verdeggia nobil Palma;
10.171e v'è un Dattilo sublime.
10.172Ivi 'l Buoncore
10.173coltiva l'erbe
10.174di cui gli apristi
10.175tu le virtudi;
10.176e là 'l Perotti
10.177con nobil cura
10.178e' sta rimando
10.179l'egra natura.
10.180A le cose alte e divine
10.181indi s'erge e spiega il volo
10.182il gentil dolce Spagnolo.
10.183Quei ch'è 'n sé tutto raccolto
10.184entro sua virtude involto
10.185è 'l buon Sersale,
10.186sempre a sé uguale;
10.187e quell'altro egli è il Salerno,
10.188in cui parlano i pensieri.
10.189Quegli è 'l Luna, dal cui frale
10.190or la mente batte l'ale
10.191su del ciel per l'alte chiostre
10.192a spiar le stelle nostre.
10.193Quello, al cui destro
10.194omero aurata
10.195pende una lira,
10.196sembra un romano
10.197Nobilione;
10.198e v'ha quel che la fortuna,
10.199non già il merto, il fa Tristano.
10.200Ve' 'l Valletta l'onore
10.201del suo nobil museo;
10.202anche 'l Cesare ornato
10.203del bel fiore di Torquato;
10.204il leggiadro Cestari,
10.205il Gennaio festivo,
10.206il Viscini venusto,
10.207pur l'adorno Corcioni,
10.208il Forlosia dolciato
10.209di mèl che timo odora,
10.210il Mattei che valore
10.211ha del nome maggiore,
10.212e con atti modesti
10.213l'amabil Vanalesti,
10.214e 'l de' tuoi sacri studi
10.215vago Salernitano,
10.216e 'l di te acceso Puoti,
10.217altro Rossi splendente
10.218quanto l'ostro di Tiro.
10.219Ma que' che lieta accoglie
10.220la Sirena sul lito,
10.221l'un cui par che 'l petto aneli
10.222ed a un tempo stesso gieli
10.223tutto e bagni di sudore
10.224sol la fronte, è 'l Metastasi,
10.225pien del tuo divin furore,
10.226a cui serve or senno ed arte;
10.227l'altro è 'l Marmi teneruzzo.
10.228Venuti anche tra questi
10.229son da l'Attica tosca
10.230in bel drappel ristretti,
10.231bei tuoi pregi e diletti,
10.232cento gentili spirti,
10.233cinti di lauri e mirti.
10.234È con questi il gran Salvini,
10.235il qual presso al nobil Arno
10.236è un'intera e pura e dotta
10.237gran colonia d'Atene,
10.238che comanda a cento lingue
10.239ed un gran piacer dimostra
10.240d'ascoltar l'origin nostra.
10.241Per onorar tanti pregiati ingegni,
10.242ch'a nozze tanto illustri or fanno onore,
10.243mastro divin de l'armonia civile,
10.244che tu accordasti con le prime leggi,
10.245e, perché son le leggi
10.246mente d'affetti scevra
10.247la qual qui scende agli uomini dal cielo,
10.248le leggi poi stimate don del cielo
10.249mastro ti fêr de l'armonia celeste;
10.250àgiati al seno omai cotesta cetra,
10.251c'hai finor tòcco assiso agiata in grembo,
10.252e col più vago e più leggiadro vezzo
10.253esci a danzare, o dotto Apollo, in mezzo.
11.1Tempra, Febo, l'aurea lira
11.2a' bei numeri del piè,
11.3qual s'arretra o inoltra o gira
11.4o pur salto in aria die'.
12.1Di tua cetra il dolce suono
12.2l'aspre fère raddolcì,
12.3e di tua bell'arte è dono,
12.4perché l'uom s'ingentilì.
13.1Sì la venere ferina
13.2de le terre Orfeo fugò,
13.3e la cetra sua divina
13.4poscia ornata di stelle in ciel volò.
14.1Non ti mostrar sì schiva
14.2e ritrosa, Diana;
14.3è sì ben la tua vita,
14.4vita degna di nume,
14.5menar l'etade eternamente casta
14.6d'ogni viril contatto;
14.7talché le sante membra
14.8né men tocchi col guardo uomo giammai,
14.9come pur d'Atteon, che n'ebbe ardire,
14.10tu già facesti aspra vendetta al fonte;
14.11ma, se pur mai seguisse ogni donzella
14.12i tuoi pudici studi,
14.13non aresti or, o dea, chi t'offrirebbe
14.14e vittime ed incensi in sugli altari.
14.15Però Giove, che 'l regno
14.16sopra 'l gener umano a noi conserva
14.17onde 'l regno ben ha sopra di noi,
14.18egli siegue un piacer dal tuo tutt'altro:
14.19piacer che gli produce
14.20ne l'ordine de' dèi il nome augusto,
14.21che 'l dal giovar creando è detto Giove,
14.22che dal profondo nero sen del Cao
14.23trae fuor le cose in questa bella luce
14.24sotto le varie lor forme infinite
14.25de le quali fornisce e adorna il mondo,
14.26e da tale suo studio
14.27«;padri» voi dèi, «madri» noi dèe siam dette.
14.28E quindi avvien che, come Giove abborre
14.29la rea confusion de' semi tutti,
14.30che poi dissero «Cao» color che sanno,
14.31così odia e detesta
14.32la rea confusion de' semi umani,
14.33che prima disser «Cao» le rozze genti.
14.34Intendi, intendi pure
14.35l'alte leggi del fato;
14.36tu t'innalzasti in cielo,
14.37perché Giove con teco e gli altri numi
14.38serbasse in terra le virtù civili,
14.39che pòn sole serbar la spezie umana:
14.40ei comanda le nozze,
14.41che madri son de le virtù civili,
14.42ond'io, moglie di Giove,
14.43le fo certi e solenni,
14.44Venere, dolci, e tu le fai pudiche,
14.45e 'n carmi ne dettò le leggi Apollo;
14.46onde Imeneo sul Pindo a lui sacrato
14.47nacque d'Urania che contempla il cielo,
14.48e l'educâro le sue sacre muse,
14.49che cotesta, che tu pregi cotanto,
14.50eterna castità vantano anch'elle.
14.51Deh mira adunque,
14.52deh mira intorno
14.53con ciglio grato
14.54tante matrone,
14.55fide custodi
14.56de l'alto sangue
14.57di tante illustri
14.58chiare famiglie,
14.59tra' quai torreggia
14.60la bella madre
14.61del vago sposo.
14.62Né creder tutte
14.63le tue seguaci
14.64ch'abbiano in core
14.65quel c'hanno in viso.
14.66Vener te 'l dica
14.67quai caldi voti
14.68pur d'esse alcune
14.69l'offron secreti.
14.70Però non isdegnare
14.71ch'eschi meco a danzare.
15.1In quest'aria vergognosa
15.2sì ti voglio, o casta diva,
15.3e mi piaci così schiva,
15.4che mi sembri tu la sposa.
15.5Come ben la castitade
15.6fa più bella la bellezza!
15.7Prende più che gentilezza
15.8un'amabile onestade.
16.1Così 'nsegna il tuo diletto
16.2ad amare e riverire;
16.3e così convien covrire
16.4bella sposa, l'ardor che nutri in petto.
17.1Ma tu non tutta spieghi,
17.2Marte, qui la tua fronte,
17.3la qual sembra turbar cruccio importuno,
17.4forse perché non tosto dopo Giove
17.5e, se bene m'appongo, innanzi Giove,
17.6io t'inchinai ch'uscissi a danzar meco?
17.7In questa diva festa
17.8celebrata in Italia, ognor feconda
17.9madre di saggi, prodi, invitti duci,
17.10ne la città che sovra l'altre in grido
17.11il pubblico inalzò genio guerriero,
17.12per queste liete nozze
17.13e d'una nobil sposa
17.14il cui gran genitore
17.15per raro valor d'arme è assai ben chiaro,
17.16e d'un sposo gentile,
17.17il cui gran zio, che puoi tu dir gran padre,
17.18nel mestiere de l'armi è assai ben noto.
17.19Io tutto ciò confesso e riconosco
17.20essere tutto ciò ben tua ragione,
17.21e dirò molto più: siamo in tua casa.
17.22Non per tanto io peccai contro la legge
17.23che de la danza già prescrisse l'uso,
17.24ma sommisi la danza ad una legge
17.25la quale m'ha dettato alta ragione.
17.26Pria t'accese al valor alta pietade
17.27e somma diligenza inverso Giove,
17.28ond'egli avviene che d'eterne glorie
17.29segnan gli annali e adornano l'istorie
17.30le guerre che tu imprendi e pure e pie,
17.31che 'ncominciasti a far fin da que' tempi
17.32che difendevi l'are o i primi asili
17.33con l'asta pura o scevra ancor di ferro;
17.34e l'asta pura poi serbò 'l romano
17.35per premio insigne al militar valore,
17.36ond'è Minerva astata
17.37la mente che delibera le guerre,
17.38Pallade astata che n'insegna l'arti,
17.39Bellona astata alfin, che l'amministra;
17.40e l'aste sole fûro arme d'eroi,
17.41e perciò abbiam da l'asta
17.42tu di Quirino, io di Quirina il nome,
17.43che sopra degli eroi le nozze intesi
17.44e portava a la luce i figli loro
17.45quando ancor non avean le vili plebi
17.46le mie nozze tra lor solenni e giuste.
17.47E ricordar ti dèi che molto innanzi
17.48che spirassi furore, ira e spavento
17.49agli schierati eserciti in battaglie,
17.50questa Venere i tuoi spirti feroci
17.51con la scuola d'amor rese gentili,
17.52e la fierezza ti cangiò in braura;
17.53poi t'ispirò Diana i suoi diletti
17.54d'assalir orso o di ferir cinghiale;
17.55studi ben degni de' primieri eroi,
17.56che gli Alcidi portâr sopra le stelle.
17.57Indi Apollo cantò le sante leggi,
17.58ond'i tuoi araldi, ad alta orrenda voce
17.59chiamando in testimon il sommo Giove
17.60che non son essi i primi a far l'offese,
17.61e se lor non s'emendano l'offese,
17.62intiman le solenni aspre crudeli
17.63e da le madri detestate guerre.
17.64Par c'hai posto in oblio
17.65l'antica e vera origine ch'avesti:
17.66non sei tu, puoi negarlo,
17.67la fortezza di Giove,
17.68ch'esercitasti pria contro te stesso,
17.69con vincere e dipor ne le catene
17.70de la ragion invitta
17.71la libidine vaga? e d'una donna
17.72solo contento e pago, indi apprendesti
17.73domar sotto il paterno imperio i figli
17.74ed a lor pro domare i fèri mostri,
17.75domar i tori a sopportare il giogo,
17.76domar la terra a sopportar l'aratro?
17.77Poscia le plebi erranti, inerti ed empie,
17.78a cui apristi gli asili
17.79ove si rifuggìan da l'onte e i torti
17.80che lor faceano i violenti ingiusti,
17.81domasti a sopportar legge e fatica,
17.82e col tuo esempio a riverire i dèi,
17.83e per la patria alfine,
17.84ch'a' popoli conserva
17.85e moglie e figli e casa e campi e dèi,
17.86con la guerra domar genti e cittadi?
17.87Dunque, tempra l'aria fiera
17.88col mirare riverente
17.89il tuo re benigno Giove,
17.90col mirare innamorato
17.91la tua Venere benigna.
17.92E mesci insieme
17.93l'ira d'Achille;
17.94ma che le leggi
17.95non isconosca
17.96de la natura,
17.97né arroghi a l'arme
17.98ogni ragione.
17.99Mesci d'Enea
17.100l'alta pietade:
17.101ma le regine
17.102non abbandoni
17.103e se ne porti
17.104col loro onore
17.105anche la vita.
17.106Mesci l'amore
17.107del grand'Orlando,
17.108ma più temprato
17.109da la ragione.
17.110Con tai leggi ch'io ti reco
17.111esci, Marte, a danzar meco.
18.1A questa immago altera
18.2d'alta virtù guerrera
18.3nascano i figli a voi, ben lieti sposi:
19.1talché gl'incliti e gravi
19.2bei trionfi degli avi
19.3sieno a petto dei lor meno famosi;
20.1e ne le loro glorie
20.2s'ergano sì l'istorie
20.3che poema giammai tanto non osi.
21.1Son tuoi propi doveri
21.2festeggiar queste nozze,
21.3Mercurio mio, gran messaggier di pace;
21.4ché gentilesca lode è ben di questi
21.5Filomarini padri
21.6esser grati egualmente
21.7al popolo e a' sovrani
21.8e di placare i re coi lor soggetti,
21.9qual agli uomini tu concili i numi;
21.10come di te poscia cantâr coloro
21.11che vollero di noi
21.12far più alte l'origini e più auguste.
21.13Ché tu qui primo in terra
21.14a le plebi per tedio sollevate
21.15di sempre coltivare i campi a' padri
21.16per solo sostentar l'egra lor vita,
21.17che per salvar pria rifuggîro a l'are,
21.18portasti l'alme leggi,
21.19che Cerere leggifera ti diede:
21.20ch'avessero le plebi
21.21il commerzio de' campi,
21.22che pria occupâro e reser colti i padri;
21.23e questa fosse loro
21.24la mercé giusta d'obbedire a' padri,
21.25donde tu avesti di Mercurio il nome.
21.26Indi, nate le guerre,
21.27fosti poi santo apportator di pace.
21.28Dunque in questa alleanza
21.29esci ora meco in danza.
22.1Questa pace
22.2con la face
22.3tratta Amor:
23.1e gli amanti,
23.2anelanti
23.3d'almo ardor,
24.1la tua verga
24.2non asperga
24.3del tuo, ch'uopo or non fa, dolce sopor.
25.1La sapienza di Giove
25.2d'invitar non ardisco,
25.3ché troppo onor pure ne fa Minerva
25.4con lo stare a guardar la danza nostra.
25.5Dunque bastar ci dee che qui v'assista,
25.6o fortunati sposi,
25.7ed a pure, sublimi e chiare idee
25.8d'eterne verità v'alzi la mente,
25.9a cui saggi formiate i vostri figli
25.10talché 'n senno niuno altro somigli.
25.11Però, benché di te sol paga, sdegni,
25.12non che parlar giammai di tue bell'opre,
25.13pur udirle giammai lodar da altrui;
25.14soffri, Minerva, pur che 'n tua presenza
25.15tanto io ne dica sol quant'egli 'mporta
25.16ch'io ne adorni il mio uficio onesto e santo.
25.17Da te provenne a l'uomo
25.18il talento divin di contemplare,
25.19e poiché l'ampia terra
25.20tutta seccò l'umore onde gran tempo
25.21dal gran diluvio ella restò bagnata,
25.22talché poteo Vulcano
25.23fulmini mandar sopra l'Olimpo a Giove,
25.24i fulmin ch'atterrâr gli empi giganti;
25.25l'uom da quel primo tempo
25.26ne l'ozio, solitudine e, per somma
25.27povertà di parlari,
25.28necessario silenzio,
25.29dal fulmine destato
25.30a contemplar pur finalmente il cielo,
25.31da' moti insigni degli eterni lumi
25.32animato il credette e 'l fece dio;
25.33e la sua volontà chiamò «'l mio Giove»,
25.34che scrivesse nel cielo
25.35col fulmine le sue temute leggi,
25.36o vero pubblicassele col tuono;
25.37che scrivesse nel cielo
25.38de l'aquila coi voli
25.39gli adorati comandi,
25.40o li dettasse d'altri augei col canto:
25.41onde ne l'aurea etade
25.42fu detto che leggessero le genti
25.43l'alte leggi de' fati in petto a Giove.
25.44E quindi poscia vennero a' poeti
25.45quei lor nomi di «vati» e di «divini»,
25.46che fûro «sacri interpreti de' dèi»,
25.47quando una cosa istessa
25.48era sapienza, sacerdozio e regno.
25.49E questi in quel sommo stupor del mondo
25.50quei «pochi» fûr «ch'amò Giove benigno»,
25.51ch'over mossi da téma o da vergogna
25.52de la vener ferina in faccia al cielo,
25.53pentiti del comun brutal errore,
25.54presa ciascun per sé sola una donna,
25.55e credendo i volati degli augelli
25.56fosser cenni di Giove,
25.57proseguendo dell'aquile gli auspici
25.58in certi sacri orrori,
25.59si fermaro de' monti,
25.60dove loro mostrò Diana i fonti,
25.61e quivi con le lor donne pudiche
25.62fondâro le famiglie, e poi le genti
25.63fabbricâro le picciole cittadi,
25.64cui con l'aratro disegnâr le mura;
25.65il concubito vago proibîro,
25.66dier le leggi a' mariti
25.67e 'ntagliâro nel rovere le leggi:
25.68e questa fu prima sapienza in terra,
25.69ond'è venuto in questo culto il mondo.
25.70Tanta parte, Minerva, hai ne le nozze,
25.71se non le nozze a te si debbon tutte.
26.1Vulcano qui non danza,
26.2ché ne men danza in cielo;
26.3ma, 'n cambio de l'onor qui da degnarvi,
26.4doni di lui più propi or v'apparecchia.
26.5In Etna ignivomo
26.6sotto la lurida
26.7fucina altissima
26.8con Bronte e Sterope
26.9altri monocoli
26.10or con le fervide
26.11braccia roboree,
26.12irsute e ruvide
26.13in torno armonico
26.14i lor gravissimi
26.15martelli inalzano
26.16su la ben solida
26.17e grande incudine;
26.18e vi distendono
26.19le lenti e flessili
26.20argentee lamine;
26.21e sì ne formano
26.22gli usberghi lucidi,
26.23i tersi clipei,
26.24le gravi gàlee;
26.25e 'l duro calibe
26.26temprato aguzzano,
26.27temprato affilano
26.28in taglientissime,
26.29in pungentissime
26.30e spade e cuspidi,
26.31di che si vestano,
26.32di che si cingano,
26.33le qual'impugnino
26.34in guerra i strenui
26.35figli, e ne portino
26.36alte vittorie.
27.1Alma Cerere intanto, or tu cortese
27.2per cotesta deità ch'a me pur devi,
27.3da me inchinata or danza a tante nozze.
27.4Per me di questa terra
27.5la già gran selva antica,
27.6poiché Diana ne purgò le fiere,
27.7onde sicuro il suo germano Apollo
27.8in Anfriso poteo guidar gli armenti,
27.9col fuoco che Vulcano
27.10di dura selce viva
27.11da le battute viscere pria scosse,
27.12bruciando da per tutto
27.13rover gravi, dur'elci e querce annose,
27.14ridottovi il terreno atto all'aratro
27.15col ferro che ti die' Marte per uso
27.16del grave aratro, poi vi seminasti
27.17la prima spezie di frumento, il farro;
27.18e 'l farro poi dal vincitor romano
27.19fu dato in premio a' forti
27.20che 'nsigni l'arme oprâr ne le battaglie;
27.21ed i più forti de' romani, i padri,
27.22che soli imprima aveano i sacerdozi,
27.23le lor nozze col farro consacràro.
27.24Quindi tu altere desti
27.25le tue leggi de' campi,
27.26e le tue fûr le prime leggi umane,
27.27con le quai si fondâr gl'imperi e i regni:
27.28ch'appo le genti, i territori o campi
27.29sieno in sovrana signoria de' forti;
27.30quei che men forti sono,
27.31n'abbiano solo gli commerzi o gli usi.
27.32Perché gli uomini, accorti
27.33che non potean divisi
27.34difender i lor campi
27.35da l'altrui forza ingiusta,
27.36congiunser tutte le lor forze in una;
27.37e sì fondâro in terra il sommo impero,
27.38cui sommiser le lor forze private,
27.39perché guardasse loro
27.40colti i campi e sicuri,
27.41che guardando sicuri erano colti;
27.42e tutto ciò per téma che la terra
27.43non ritornasse alla gran selva antica.
27.44Tanta è la tua possanza,
27.45tanta hai tu dignità d'uscir qui in danza.
28.1Tu seconda,
28.2feconda
28.3i suoi campi
28.4ch'al signore
28.5splendore
28.6recâr.
29.1Tu a lui cara,
29.2prepara
29.3altri ed ampi,
29.4ché ricchezze,
29.5grandezze
29.6puoi dar.
30.1Da viltà
30.2nobiltà
30.3sol tu campi;
30.4co' tesori,
30.5gli onori
30.6usi serbar.
31.1Ma tu, Saturno, portator degli anni,
31.2non so qual mai superstizion ti tiene,
31.3ché par che ti nascondi
31.4agli occhi d'una sì nobil corona.
31.5Prendiam gli augùri in meglio,
31.6non quai falso stimò finora il mondo.
31.7Cotesta tua gran falce,
31.8in quella età che tu versavi in terra
31.9(forse perch'assai vecchio,
31.10tu vuoi ch'io te 'l rammenti?),
31.11non ebbe altr'uso che di mieter biade,
31.12da le quai seminate avesti 'l nome;
31.13e 'n quella rozza etade
31.14e 'n quella povertà de le parole
31.15l'uom con le mèsse numerava gli anni
31.16onde avvenne che poi,
31.17del tempo dio, fosti allogato in cielo.
31.18Né cotest'ali invero
31.19ti fûr date perché tu voli o fugga,
31.20perché 'nver tu non sei tardo né presto,
31.21ma ben misuri i moti presti o tardi.
31.22Coteste sono insegne
31.23che ti diêr i patrìci
31.24che trovâro gli auspìci,
31.25onde poi da la lor propia pietade
31.26divenner saggi, temperati e forti,
31.27e fûr gli eroi di favole spogliati,
31.28i cui prenci fondâr gli eroici regni;
31.29e sol di questi poi le discendenze,
31.30perché aveano tra lor certe divise
31.31che non avean tra lor l'oscure plebi,
31.32tutto mercé de le mie certe nozze,
31.33da l'ordin lungo de' lor certi padri
31.34sol essi meritâr con vero nome
31.35de le genti maggiori dirsi «patrìci».
31.36E noi da quelle antiche inclite case,
31.37che, non essendo ancora i regni in terra,
31.38diêro a noi 'l regno sovra lor nel cielo,
31.39siam detti «dèi de le maggiori genti»
31.40talché quest'ale son l'istesse appunto
31.41di che 'l Pegaso il dorso
31.42e Mercurio i calcagni orna e le tempia,
31.43perché i nobili primi ritrovâro
31.44i seminati, ond'hai tu nome e nume;
31.45i nobili trovâr le leggi prime,
31.46con cui Mercurio richiamò le plebi;
31.47nobili domâr primi il cavallo,
31.48che lor servì poi 'n guerra, ma assai 'nnanzi
31.49con la sua zampa fe' sgorgare il fonte,
31.50presso a cui si fondâr le prime terre,
31.51ove abitâro poi le sacre muse
31.52che le città de le bell'arti ornâro;
31.53da poi ch'Apollo ritrovò la lira,
31.54ne la quale compose de' privati
31.55tutti dianzi divisi o nervi o forze,
31.56con cui dettò le prime leggi in carmi.
31.57Però con lieti auspìci,
31.58che voglion dire in lor vera ragione
31.59una lunga prosapia e assai feconda
31.60d'indole generosa e giusta e pia
31.61e ben istrutta in tutte l'arti umane,
31.62su coteste grand'ali omai ti libra,
31.63ed agile a danzar meco ti vibra.
32.1Tu per sposi così lieti
32.2tante nuove biadi mieti,
32.3che tua falce ottusa fia.
33.1Ne la lor casa immortale
33.2di Lucina e di Giogale
33.3ferva pur la cura mia.
34.1E già in aria a destra move
34.2il regale augel di Giove,
34.3e 'n ciel segna una dritta e lunga via.
35.1Non fa d'uopo che, Vesta,
35.2tutta religiosa e diligente
35.3tu t'apparecchi l'ara,
35.4e che 'l foco v'imponghi,
35.5ch'eterno serbi infin d'allor che 'l foco
35.6ridusse in campi la gran selva antica;
35.7né ti prepari da que' fonti l'acqua,
35.8presso a' quai si fondâr le prime terre,
35.9onde con l'acqua e 'l foco
35.10fèrsi le nozze poi giuste e solenni.
35.11Sol lece a me, ché vano è 'l sacrificio,
35.12ch'or io, tutta composta in maestade,
35.13adempia qui il mio civile uficio.
36.1Or sotto questa mia potente insegna,
36.2che tanti e tali ben produsse al mondo,
36.3per cui 'l mio nume in ciel sovrano regna,
36.4questo mio giogo d'òr lieve e giocondo,
36.5piega l'alte cervici, o coppia degna,
36.6in presenza del ciel tutto secondo.
36.7E voi, matrone, a lei più fide e grate,
36.8la moglie al marital letto menate.
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