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1.1— La spoglia che già fu ricco ornamento
1.2a Natura, a la patria, al proprio sangue,
1.3ecco qui lacerata e sparta al vento! —
2.1Morte, adducendo qual scorza d'uno angue,
2.2tal parole dicea, volgendo intorno,
2.3pallida in vista più d'un corpo exangue,
3.1quando, svegliato in tenebroso forno,
3.2gli ultimi accenti udì' di sue parole
3.3como l'orribil suon d'un crudo corno.
4.1E qual dal sonno desto far si suole
4.2chi ha visto cosa che gli annunzia danno,
4.3tal mi restai fin al levar del sole,
5.1al mio poter pur minuendo affanno
5.2al giusto dubitar per la visione,
5.3a me stesso da me facendo inganno,
6.1ché fallir non potea per la stagione,
6.2pel quieto sonno e per la vicina ora
6.3al giorno, che ciascun per sobria pone.
7.1Pallida surger puoi viddi l'aurora,
7.2Febo da nubi obtenebrato e oscuro,
7.3le stelle inanti a lui cadere ancora;
8.1l'aëre estivo, candidato e puro,
8.2caliginoso si vedeva e denso,
8.3tra el celo e nui quasi facendo un muro.
9.1— O Iove, — dissi — a nui porgi compenso
9.2al preparato già propinquo male,
9.3ché indizio non l'abbiam se non de immenso.
10.1Dammi per veder gli occhi o a gli umer l'ale,
10.2ch'io mi salvi dal publico flagello,
10.3ché antiveder di piaga sciai che vale. —
11.1Facto era el cor qual incude al martello,
11.2del suo futuro mal forsi presago,
11.3fra sé volgendo or questo dubio or quello,
12.1quando, sul dubitar, la propria imago
12.2de Ippolita m'apparve, qual fu viva,
12.3che fe' de gli occhi mei tacendo un lago.
13.1— Ahimè — dissi — non sei tu quella diva
13.2già preparata a coronar regina,
13.3di cui convien che 'l mondo parli e scriva?
14.1Non sei tu quella al cui valor se inclina
14.2la paterna Liguria e il sacro regno,
14.3stimata, e con ragion, cosa divina?
15.1Quale invido occhio o pecto d'odio pregno
15.2ti mi fa veder quivi, e sola e abiecta,
15.3ch'io scio pur contro a te nullo avea sdegno?
16.1Non sei tu forsi più cara e dilecta
16.2al magno Alfonso, o pur tutti dui inseme
16.3ite exulando con la vostra setta?
17.1Che vogliono importar quelle diademe?
17.2Perché tanto splendor sendo qua sola?
17.3Di questo alto ornamento el mio cor teme.
18.1Quei ricchi vezzi a la candida gola,
18.2già disusati per minor tue pompe,
18.3che importan? Ché non fai qualche parola? —
19.1Como se 'l balenar nubi interrompe,
19.2che quasi aperto ne dimostra el celo,
19.3e fulgur cade che ogni cosa rompe,
20.1tal viddi irradïar sotto un bel velo
20.2gli occhi venusti di quella alma dea,
20.3che 'l mondo celebrò già in sì bel pelo,
21.1e con la maiestà che aver solea
21.2tal parole m'infuse dentro el pecto,
21.3che appena sofferirle il cor potea:
22.1— Lascia le piume e questo ocioso lecto, —
22.2disse — servo fidel, lascia el tuo pianto,
22.3e di quel ch'io t'ho a dir piglia l'effecto.
23.1Sotto el velame del celeste manto
23.2Ippolita sono io che ora ti parlo,
23.3coperta dal splendor del Spirto Santo.
24.1El regno che a Manfredo tolse Carlo
24.2esser dovea commesso al mio governo;
24.3per meglio oprare el cel non volse farlo,
25.1e in questa patria per voler superno
25.2di assai magiori onori ora mi godo,
25.3ché quello è transitorio e questo è eterno.
26.1Ma per l'obligazion del primo nodo
26.2mi è concesso qua su, como a Dio piace,
26.3amarvi in terra, ancor servando el modo.
27.1Al degno Alfonso mio nunciarai pace
27.2dicendo: — A te la già cara consorte
27.3mi manda perché el pianto tuo gli spiace.
28.1Tanta è sua gloria in quella excelsa corte,
28.2che a te, a tuo padre, a la tua regia prole
28.3impetrato vi ha el cel, non dato a sorte.
29.1Chi ha quel ch'el brama, in van si lagna e dòle;
29.2a questa patria ogni mortale aspira. —
29.3Dì' che ben noti el suon de mie parole.
30.1Indarno per me ognor piange e suspira,
30.2e se concesso a nui fusse el dolersi,
30.3mi spiacerebbe e accenderiami d'ira.
31.1Quando secondo vui la vita persi
31.2rinovata alor fui qual la fenice
31.3al dolce canto de celesti versi.
32.1A me pianto o dolor più ormai non lice:
32.2el tutto vedo nel celeste volto,
32.3in compagnia di Laura e di Beatrice.
33.1Acerbo fructo almen non gli fui tolto,
33.2se ben seco potea viver qualchi anni:
33.3in altra parte avea suo senso vòlto;
34.1lui posto ho in pace, e me tolta d'affanni:
34.2dico in pace, che a lui serà ancor guerra
34.3quando fia sciolto da i lascivi inganni.
35.1Digli che regga ben sua vita in terra,
35.2ché quel che si fa là, qua su si nota,
35.3ove non gionge mai chi el camino erra.
36.1Quanto più siede in cima de la rota,
36.2a gl'infimi più guardi, e di iustizia
36.3a' subditi non sia l'aula sua vòta:
37.1per quella sola qui el camin se inizia;
37.2carità gli fa puoi più bella strada,
37.3se di fede avrà qui larga divizia.
38.1Pregal che contro a' suoi non sfodri spada,
38.2dico contro a' fidel, ma in fare acquisto
38.3di ribelli a sua fé non stia più a bada.
39.1No 'l posso dire a lui, ma el fin suo ho visto,
39.2e di quai regni m'avea a dar corona,
39.3e 'l sepulcro acquistar, già dato a Cristo;
40.1e trïonfando andrà per ogni zona,
40.2se non fia ingrato a Idio di tanto officio,
40.3ché sempre grazia obtien chi altrui perdona.
41.1Non lasci senza premio ir beneficio,
41.2né mai del sangue altrui mostri aver sete,
41.3uman verso ciascun, plebeo o patricio.
42.1Quel che semina ben, bon fructo miete:
42.2chi non cerca di far de l'altrui preda,
42.3per lui non è già mai tesa la rete.
43.1A ognun che parla non voglio io che creda:
43.2oda ciascun, ma puoi serbi uno orecchio
43.3per gli altri sempre, e a l'iracundia ceda.
44.1Nel volto di Colui dove io mi specchio,
44.2tutto ciò veggio; e digli ancor fra ' denti
44.3che contro a lui si fa novo apparecchio:
45.1e prati sempre son pien di serpenti,
45.2alor che più si crede esser tra ' fiori:
45.3dì che stia desto e che ben si risenti.
46.1Vengon risse talor senza rumori,
46.2e spesso el colpo dà prima che 'l suono:
46.3de gli omini el men iusto sono i cori.
47.1El sacro Ferdinando, a me già bono
47.2signor, socero e patre, mi saluta:
47.3digli ch'io l'amo ancor qua dove io sono.
48.1Ogni virtù che sia, chi non l'aiuta,
48.2quantunque grande, a le volte si perde,
48.3e un bel principio spesso al fin si muta:
49.1di me lasciato gli ho tre piante verde,
49.2Ferdinando, don Pietro e Lisabella:
49.3male è quando tal seme si disperde.
50.1Ciascun col suo favor parrà una stella,
50.2ma sopra tutti la figlia vezosa
50.3gli ricommando, e più bisogno ha quella.
51.1Se mai da lui meritai alcuna cosa,
51.2ricompensi a i mie' servi la sua fede,
51.3e non gli sia questa dimanda exosa.
52.1Del funerale onor rendo mercede,
52.2e del mio coronar, a lui più gloria
52.3che a me qua su, di maggior cosa erede.
53.1Digli nel fin che sempre abbia in memoria
53.2che morte rompe ogni dissegno e guasta,
53.3e che Idio serva il regno e dà victoria.
54.1Scio ch'el te intenderà: questo ti basta;
54.2e puoi da parte mia gli ricommanda
54.3la sacra moglie sua, pudica e casta.
55.1E per Italia puoi di banda in banda
55.2te n'anderai fina a la patria cara,
55.3rispondendo a ciascun che te adimanda.
56.1E non passar che ti fermi a Ferrara,
56.2e il degno Duca mio fà che saluti,
56.3la cui virtù si trova al mondo rara.
57.1E prima che de lì tuo' passi muti,
57.2a la cara sorella alma Eleonora
57.3dirai che i giorni mei son già compiuti.
58.1Sappi che 'l nome suo fin qua se onora,
58.2e benché vivi, a uno angiol l'assimiglio,
58.3e coronar qua su vedrassi ancora.
59.1Digli che 'l suo Ferrando, amato figlio,
59.2tra le delizie mie, viva, mi tenni;
59.3lasciolo a lei, puoi che altro cammin piglio;
60.1già iudicai a i modi, a gli acti, a i cenni,
60.2che dovesse exaltar la casa propria;
60.3ora certa ne son, puoi che qua venni.
61.1Per Lombardia farai puoi di te copia
61.2per el stato paterno, in fin là dove
61.3giovene vissi senza alcuna inopia.
62.1Qui el mio Milan saluta, e di me nove
62.2raconta, e sopra tutti al mio nepote,
62.3al fratel Ludovico, in terra un Iove.
63.1A lui dirai, perché gli è quel che puòte,
63.2ch'el si ricordi ben di la promessa:
63.3le tue parole gli fien tutte note.
64.1La dolce figlia, già ellecta duchessa,
64.2leghi con matrimonio al caro sposo,
64.3ché al mio morir a lui sol l'ho commessa:
65.1non gli fu el mio desio, vivendo, ascoso.
65.2Puoi la duchessa Bona mi conforta:
65.3sappia ch'io sono a l'eterno riposo.
66.1Agli altri figli l'ambasciata porta;
66.2a Bianca dì, quando sia in Ungaria,
66.3dica a Beatrice: — Ippolita tua è morta.
67.1Ita te è inanti a preparar la via,
67.2una corona, un sceptro più excellente
67.3t'anuntia. — E dical pur da parte mia.
68.1Molte madonne lì puoi mal contente
68.2trovarai, che 'l mio fin gli parrà strano.
68.3— Pacienzia — digli, — Idio questo consente. —
69.1Beatrice Estense tua madre, a Tristano
69.2già sposa, che per me el pecto si bagna,
69.3conforta a disprezzar quel secul vano.
70.1Maria da Galerà, fidel compagna,
70.2col suo consorte, mei dilecti al mondo,
70.3saluta, perché ognun troppo si lagna.
71.1Visitarai el mio Sforza secondo
71.2Filippo, già delizie a nostra madre:
71.3per me non pianga, anzi viva iocondo.
72.1Le parente e compagne, a squadre a squadre,
72.2la cità, i borghi e ciascun monastiero
72.3salutarai, ognun qual figlio o padre.
73.1L'altro fratel, che è discipul di Piero,
73.2trova a ogni modo, se ben fusse a Roma,
73.3e non lasciar per lui strata o sentiero,
74.1ché, se la vita sua per Iesù doma
74.2(scio ch'io non spargo le parole al vento),
74.3del regno ancora adornarà sua chioma.
75.1Rimanti in pace, e non aver spavento,
75.2se ben spirito son, visibile ombra;
75.3de questo, che a me piace, stà contento.—
76.1Como el sol, che nascendo l'aër sgombra,
76.2ciascun ralegra, fin che un vapor lieve
76.3a poco a poco indensando lo adombra,
77.1tal mi feci io, ma sùbito puoi greve:
77.2el partir della dea mi fu sì presto,
77.3ch'el mi parve al suo sole esser di neve.
78.1Ma puoi ch'io mi cognobbi d'esser desto,
78.2volendo adimandarla, alciossi a volo,
78.3lasciandomi confuso, afflicto e mesto,
79.1piangendo pur, puoi ch'io mi viddi solo.
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