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1.1Chi semina fatiche e vòl quïete
1.2raccogliere in terreno arido e strano,
1.3per pigliar pesce tende in aër rete.
2.1Ma quando anco a lo aratro un posto ha mano
2.2e per viltà puoi si risguarda indietro,
2.3ogni suo affaticar ritorna vano;
3.1ché spesso un crede el sol chiudere in vetro
3.2e pigliar con le mani el fumo e il vento,
3.3e il miser d'ignoranzia è in carcer tetro;
4.1ch'egli è poco probabile argumento
4.2da fare affaticar servi di corte
4.3dir che ne sia fra molti un sol contento.
5.1Consulti prima ben quel la sua sorte,
5.2che mensa regia affecta; e s'ella il danna,
5.3fuggala più che repentina morte.
6.1Non sopra tutti i fior casca la manna;
6.2nascon spesso dui a un parto, e un gli altri regge,
6.3l'altro al remo per forza si condanna.
7.1Profondo abisso è la divina legge:
7.2chi vòl saper di lei più ch'ella voglia,
7.3se stesso col pentir tardo corregge.
8.1Non bisogna che alcun di lei si doglia,
8.2ché i merti son sì pochi, a chi ben mira,
8.3che pur siam troppo cari a victo e spoglia.
9.1Però quel che talor col cel s'adira, '
9.2se stesso accusi, puoi ch'el vede aperto
9.3como Fortuna la sua rota gira.
10.1Pascer di giande spesso nel deserto
10.2più dolce nutre che 'l real convito,
10.3ove il bon stato un giorno non ti è certo.
11.1Talor ti par toccare el cel col dito,
11.2tanto sei in alto, e ecco, puoi, in un ponto
11.3pover ti trovi e da ciascun schernito.
12.1Savio chi di gran cose non fa conto!
12.2Di poco si contenta la natura;
12.3felice chi con poco è al suo fin gionto.
13.1O ignoranzia umana! un frauda, un fura,
13.2un scorre i mari, un ne l'arme combatte;
13.3perché? per un piacer che nulla dura.
14.1Colui che 'l pecto a l'eremo si batte
14.2e quel che dentro el claustro si rinchiude,
14.3l'altro che vive fra gli armenti a latte,
15.1più presto el mondo abandonar conclude
15.2che uno avezzo a delizie, alor che gionge
15.3chi da ' lacci del corpo l'alma exclude.
16.1Quelle conscienzie stimulo non ponge,
16.2né vede in arme l'un con l'altro erede:
16.3gode chi meglio le sue capre monge.
17.1Tra ' servi d'un signor, questa mercede
17.2non fu mai iustamente compartita:
17.3uno allega el servir, l'altro la fede,
18.1un altro el tempo, un la penosa vita;
18.2un vòl per attinenzia el primo loco,
18.3rinfaccia un altro puoi qualche ferita.
19.1Vive inquïeto dal primario al coco;
19.2murmurazione e biasteme e querele,
19.3e dil seculo è questo il più bel gioco.
20.1L'un foco ha in gli occhi, e l'altro ha in bocca fele,
20.2la invidia a' pecti lor dà più tormenti
20.3che supplicio che sia, benché crudele;
21.1calumnie puoi gli iubilan fra ' denti
21.2con false detractioni, accuse e fraude,
21.3e gemiti e suspir continuo senti.
22.1De absenti lì mai non si senton laude,
22.2e se per caso el favorito ariva,
22.3quel che più l'adentò, quel più l'applaude.
23.1Ma che bisogna ormai più ch'io descriva
23.2de le gran case e lor costumi e modi,
23.3como in quelle ogni dì si mòra e viva?
24.1Dece anni stenti, e puoi se un'ora godi
24.2d'un minimo favore, el mal ti scordi,
24.3e de la corte e del signor te lodi.
25.1O miserelli di tal cibo ingordi!
25.2puoi che ciascun che vive di tal pane
25.3convien che amici e il proprio sangue mordi.
26.1Le fere stan più quiete per le tane
26.2che per le corti gli omini non stanno,
26.3più discordi tra lor che il lupo e il cane;
27.1e cusì advien che ognun che veste a un panno
27.2e a un cibo pasce, d'odio, ira e livore
27.3s'empie, e stima el ben d'altri esser suo danno.
28.1Fugga le boree e il temprale onore
28.2chi vuol felice vita, e solitario
28.3viva, ché esso di sé serà signore.
29.1Questo viver de corte tanto vario
29.2mostra in fine, a ciascun che se li alonga,
29.3che di bestie non è se no un vivario.
30.1Guardi che 'l piede alcun spin non li ponga
30.2chi non ha bona sorte, ché deluso
30.3serà, se advien che lì vecchiezza el gionga.
31.1Chi de ragione e de l'arbitrio ha l'uso
31.2e che per l'altrui exempio non se emendi,
31.3non deve in caso alcuno essere excuso.
32.1Meglio par che dil danno si diffendi
32.2uno animo gentil, che da vergogna,
32.3se suo stimulo el morde o se 'l riprendi.
33.1A la corte o al pretorio ir vi bisogna
33.2con nove astuzie, ché la maggior parte
33.3vivono lì con fraude e con menzogna.
34.1Sapersi tuor da gioco è una bell'arte,
34.2se ben pochi la scianno, quando adversi
34.3si cognosce, chi gioca, o dadi o carte:
35.1ché men male è lasciare i pochi persi,
35.2che perder molto per reavere il tutto:
35.3chi offende sé, di sé solo ha a dolersi.
36.1Io mi son, benché tardo, qui ridutto
36.2a questa villa, a questo umil tugurio,
36.3da qualche spirto bon, non da altro dutto:
37.1qui il cibo non m'avanza e non esurio,
37.2e benché alcun non veggi, ho assai compagni,
37.3che non offendon me, né io loro ingiurio.
38.1Né pensi alcun che più el volto mi bagni
38.2pianto amoroso, né che di Fortuna
38.3(roti pur como vòl) mi doglia o lagni,
39.1ché se a stato o a favor mi fu importuna,
39.2al suo dispecto ho, senza ch'io el procuri,
39.3quel che un gran tempo un per bisogno aduna.
40.1Forse del seminar convien ch'io curi,
40.2o perché renda più, tronchi la vite,
40.3o che 'l ricolto l'altro non mi furi?
41.1Forse non son le mie querele audite
41.2da ch'io vo' che le ascolti, e quivi forse
41.3ho chi 'l mio mi dineghi o mova lite?
42.1Ah, infortunato me, che non m'accorsi
42.2del mio error, che ne gli altri ora riprendo,
42.3quando l'orecchie a le sirene porsi!
43.1Perché, più ch'io vo inanti, più comprendo
43.2l'omo a l'omo inimico è il più nocivo
43.3quanto manco da quello io mi diffendo.
44.1D'ogni passato affecto io mi son privo,
44.2e qui in dolce ocio stommi, e lego e trovo
44.3quel che m'insegna ciò che qui ti scrivo.
45.1Parlo con morti, e a lor dubio non movo
45.2che non mi solvano, e col lor iudicio
45.3questa mia nova vita ognor più aprovo.
46.1Parmi che sia de' razionali officio
46.2cercare el bene e alargarsi dal male
46.3l'origine de' quali è virtù e vicio:
47.1l'uno ha declive vie, l'altro ardue scale,
47.2ma ciascuna di lor, giongendo al fine,
47.3si vede dal principio assai inequale.
48.1Veggonsi i fiori, e occulte son le spine,
48.2e per contrario ancor bon fructo nasce
48.3in dura scorza, e l'oro in aspre mine.
49.1Ma tristo quel che da le prime fasce
49.2da i lacci secular non si dislega,
49.3e se lui d'altro che di lacte pasce:
50.1ché a duro legno mal si può dar piega,
50.2e il destrier corridor, rotta la briglia,
50.3d'ubidire al patron spesso dinega.
51.1Uno abito in pochi anni tal si piglia
51.2che, essendo adulto, di natura ha forza,
51.3e invano el senso puoi ragion consiglia.
52.1L'arbore, mentre ha tenerella scorza,
52.2si transporta e si pianta e fa radice
52.3e como om vòl par che l'adricci e torza,
53.1che puoi, robusto facto, più non lice
53.2mutarlo, e se serà in vil loco posto,
53.3quello arbore serà sempre infelice.
54.1Nota, perché a dir più non son disposto.
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