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1.1Chi navica per mar con troppo vento,
1.2benché propizio sia, sempre è in fortuna,
1.3ché ogni troppo nel fin suol dar spavento;
2.1e a chi talor costei par più importuna
2.2per contrariar suo viaggio, a quel più giova,
2.3ché in porto il tien senza paüra alcuna.
3.1Però chi ha lei in extremo, non si mova,
3.2ché a contrastarli alcun non può esser forte,
3.3ma poco dura, e io ve 'l scio dir per prova.
4.1Molti invidi già fe' mia lieta sorte,
4.2ché altri invidiavon quelli e io lor sprezzava:
4.3invidio or quei che son conducti a morte;
5.1e quel che più nel mio dolor m'agrava,
5.2è che, se bene il mio gran danno io piango,
5.3l'infamia il pianto mio puncto non lava.
6.1Mia speme è morta, e io vivo rimango
6.2che morir dovea seco: ecco la nota
6.3che mi dà biasmo, e per che il cor mi frango.
7.1Dunque, chi siede al summo di la rota,
7.2tanto di questa dea non si confidi,
7.3che ardisca andar per mar senza pedota.
8.1Qual che tu sii, che nel suo gremio ridi,
8.2spècchiati in me, che nel magior favore
8.3che avesse om mai pur dianzi essermi vidi:
9.1la causa dil mio mal fu un vil timore
9.2che mi tolse l'ardir, l'animo e i sensi,
9.3contro le leggi a nui date da Amore.
10.1Pentito, presto a i sùbiti compensi
10.2mi volsi per salvar col corpo l'alma:
10.3non valse; e chi ama il mio dolor si pensi.
11.1Carca de fior, la mia inserita calma
11.2perse l'umore, e a la radice tolta,
11.3fu data a Iove per fiorita palma.
12.1Ove la spoglia sua restò sepolta,
12.2invan la chiamo e piango, e forsi ha sdegno
12.3ch'io la schifasse inferma e non mi ascolta;
13.1e se m'ascolta, assumpta a un più bel regno,
13.2forsi il mio stato sperne, e in fra sé dice:
13.3— Quanto era il miser di fruirmi indegno!—
14.1Ma io credo ancor che, se a un beato lice
14.2serbare il casto amor, lei, che 'l cor vede,
14.3perdona ed ha pietà di me infelice,
15.1e vede ancor, se a lei non dricciai il piede
15.2nel suo mal contagioso, pur soccorsi,
15.3ma al mio signor non potea romper fede:
16.1le medicine di mia man gli porsi,
16.2la confortai, la consigliai, gli offersi.
16.3Pur mi partì, che puoi le man mi morsi.
17.1Non scio qual abbia più di me a dolersi,
17.2che per serbare un vil corpo di terra,
17.3un celeste tesoro, un'alma persi.
18.1Cusì foss'io con lei vivo sotterra,
18.2per far vendetta dil mio senso frale,
18.3che col mondo e col cel m'ha posto in guerra;
19.1e se non che biastema in lor non vale,
19.2voria venissero in confuso ancora
19.3gli elementi e le stelle a fin di male;
20.1e se Iove o Saturno più se adora,
20.2qua giù venisse al basso in precipicio,
20.3e meco ognun fosse infelice a un'ora;
21.1cessasse il sol dal natural suo officio,
21.2lasciando a l'acqua il fren quel che 'l corregge
21.3ch'el se inondasse ogni montano ospicio,
22.1e più natura non servasse legge
22.2al produre, al crear, e andasser vòti
22.3omini, ucelli, pesci, armenti e gregge,
23.1puoi che fur vani a sua salute i voti,
23.2digiun, peregrinaggi, offerte e preghi
23.3a' sacri templi, a' mie' sancti devoti.
24.1Ogni altro bramo dal suo amor si sleghi,
24.2o per morte o per sdegni, e pietà spenta
24.3sia, a fin che sempre il cel grazie deneghi,
25.1pur che in te, beata alma oggi contenta,
25.2continuo per me viva, e i preghi ascolti
25.3di un che per esser vivo or si lamenta,
26.1ché a te i pensier di lui tutti son volti:
26.2supplica a te, da te salute aspecta,
26.3per te i suo' affanni gli ponno esser tolti.
27.1E puoi che al cel tu sei per grazia ellecta,
27.2impetra che là su possa seguirti,
27.3ché altro non vòle e più non li dilecta.
28.1Altro non scia né può né intende dirti,
28.2se non ch'è tuo, e tu sciai ben ch'el t'ama,
28.3che 'l tutto intendeno i beati spirti.
29.1Più non può farti ormai che darti fama:
29.2questo non mancherà; puoi la tua tomba
29.3visitarà, dove il tuo corpo il chiama;
30.1pregarà ognor che ogni osso in pace comba,
30.2fin che l'alma di lor sia rivestita
30.3al dì nuptial de la celeste tromba.
31.1Uno epigramma puoi, l'arca finita,
31.2ti lasciarà, dove ognun farà certo
31.3ch'el t'ama morta ancor, s'el t'amò in vita;
32.1e se loco saprà che sia deserto,
32.2abitarallo per fugir la gente,
32.3non per aver di penitenzia merto.
33.1Tutte le sue delicie in un presente
33.2donarà al foco e indicio manifesto
33.3farà che d'esser nato ancor si pente;
34.1di quanto già fu suo, chiede sol questo:
34.2inchiostro, carta e penna, acciò ch'el scriva
34.3de i pochi giorni suoi quel che fia il resto.
35.1E se per caso amante mai lì ariva,
35.2veda quanto può amor: che un tenga morto,
35.3il dispecto di morte, a ben ch'el viva.
36.1Questo, Ippolita, fia sol suo conforto,
36.2che più non lo vedrà il seculo ingrato,
36.3puoi che in lui ricevuto ha un tanto torto.
37.1Qui faccio fine, dal desio chiamato
37.2di seguir quanto è decto, e più mi piace
37.3quanto più, morta te, vivendo pato.
38.1Riposa adunque, alma beata, in pace,
38.2e in pace posi la formosa spoglia
38.3al celebrato loco ove ella giace;
39.1e io fra tanto farò como un c'ha voglia
39.2di fabricar la casa, e non gli ha modo,
39.3che in mente quel piacer convien si toglia
40.1di vederla finita insino a un chiodo:
40.2cusì mi vedo anch'io col pensier fermo
40.3teco or, dov'io serò, sciolto il mio nodo;
41.1ma in un momento puoi mio corpo infermo
41.2rüina, e ben che 'l spirito sia prompto,
41.3dal suo giusto dolor non può far schermo.
42.1Di questa carne più non mi fo concto,
42.2e se qui intorno sono orride belve,
42.3pascansi pur, ché, puoi che a tal son gionto,
43.1voluntier vado ad abitar le selve.
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