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1.1Come Titan del sen dell'Aurora
1.2esce, così con le mie pecorelle
1.3i monti cerco sanza far dimora;
2.1e poi ch'i'ho lassù condotte quelle,
2.2le nuove erbette della pietra uscite
2.3per caro cibo porgo innanzi ad elle.
3.1Pasconsi quivi timidette e mite,
3.2e servan lor grassezza con tal forma
3.3che non curan di lupo le ferite.
4.1Io servo nelle mie tutta altra norma,
4.2sì come i pastor siculi, da' quali
4.3exemplo prende ogni ben retta torma.
5.1Io non fatico loro a' disiguali
5.2poggi salir, ma ne' pian copiosi,
5.3d'erbe infinite do lor tante e tali
6.1che gli uveri di quelle fan sugosi
6.2di tanto latte ch'io non posso avere
6.3vaso sì grande in cui tutto si posi.
7.1Né i loro agne' ne posson tanto bere
7.2ch'ancor più non avanzi; e honne tante
7.3ch'io non ne posso il numero sapere.
8.1Né, perché il lupo se ne porti alquante
8.2io non me 'n curo; tale è la pastura
8.3che tosto più ne rende o altrettante.
9.1Io do loro ombre di bella verdura,
9.2né con vincastro quelle vo battendo:
9.3come le piace ognuna ha di sé cura,
10.1vicine a molti rivi, che correndo
10.2dintorno vanno a loro, ove la sete
10.3ispenta, poi la vanno raccendendo.
11.1Ma voi, Arcadi, sì poche n'avete
11.2che 'l numero v'è chiaro; e tanto affanno
11.3donate lor che tutte le perdete.
12.1E, non che pascer, ma elle non hanno
12.2ne' monti ber che basti; e pur pensate
12.3di più saper di noi con vostro danno.
13.1Le nostre in fonti chiare, derivate
13.2di viva pietra, beon con sapore
13.3tal che le serva in lieta sanitate:
14.1ma le tue molte tirano il liquore
14.2mescolato con limo e, tabefatte,
14.3corrompon l'altre e muoion con dolore.
15.1E le tue, furibonde, rozze e matte,
15.2diversi cibi avendo a rugumare,
15.3debili e per ebbrezza liquefatte
16.1si rendon, né non posson perdurare
16.2in vita guari; e il lor latte è rio,
16.3né può vitali agne' mai nutricare.
17.1Ma il cibo buon, che il pecuglio mio
17.2dalla pietra divelto pasce e gusta,
17.3lor poche serva buone; e ciò che io
18.1ne mungo è saporoso; e quella angusta
18.2fatica del salir le fa vogliose
18.3e veder chiar dall'erba la locusta.
19.1L'aria del monte le fa copiose
19.2di prole tal che 'n ben ogni altr'avanza;
19.3poi l'empie d'anni e falle prosperose.
20.1E è sì lor, per continua usanza,
20.2il sol leggier che ciascuna più lieta
20.3è sotto lui che 'n altra dimoranza,
21.1avvegna che, quand'e' già caldo vieta
21.2il cibo più, col mio suon le contento,
21.3cui ciascheduna ascolta mansueta.
22.1Io guardo lor sollicito dal vento
22.2e nella notte vegghio sopra loro,
22.3alla salute di ciascuna intento.
23.1A me non cal, vegghiando, far dimoro
23.2né sampogna sonar, ché per sé sola
23.3diletto prende ognuna in suo lavoro;
24.1né non mi curo s'alla mia parola
24.2non ubidiscon sùbito niente,
24.3sol ch'io me n'empia la borsa e la gola.
25.1Com'io le guardi, a chi ben le pon mente,
25.2le tue veggendo, e 'l numero ne prende,
25.3all'avanzar mi fa più sofficiente;
26.1in che la cura nostra più s'accende
26.2che ad aver poca greggia e vivace
26.3donde non tràssi quanto l'uom vi spende.
27.1Che dirai qui? Or non parla, ma tace
27.2Alcesto al mio cantar, però che vero
27.3conosce quello e già per vinto giace.
28.1Il tuo parlare e' falso e non sincero,
28.2per ch'io non taccio né credo esser vinto,
28.3ma vincitor di qui partirmi spero.
29.1Tu hai il nostro canto in ciò sospinto:
29.2chi è più ricco e più di mandra tira;
29.3dove di miglior guardia fu distinto
30.1che cantassimo qui; la qual chi mira
30.2con occhio alluminato di ragione
30.3vedrà chi meglio intorno a ciò si gira.
31.1Dunque a ciò non chiude la quistione?
31.2Chi più avanza, quelli ha me' guardato
31.3e più sa del guardar la condizione.
32.1Non son da por già mai per acquistato
32.2i tuoi agne', ché a molti tristo fine
32.3si vede tosto, lasso!, apparecchiato.
33.1Ma le mie poche nell'alto confine
33.2vivaci, poste d'assalto sicure,
33.3non curanti di lappole o di spine;
34.1e tutte fuor delle brutte misture
34.2bianche, con occhio chiaro, e conoscenti
34.3di me che lor conduco alle pasture.
35.1Tu fai, come ti par, tuoi argomenti,
35.2ma elli è me' delle mie il diletto,
35.3che l'util delle tue che sì aumenti.
36.1Quand'io vorrò, da cui mi fia interdetto
36.2il su salire al monte, ove, pasciute,
36.3assegni alle tue tanto perfetto?
37.1Da quelle erbacce gravi, ritenute
37.2nell'ampio ventre, ch'affamate e piene
37.3sempre le tien, di salir fien tenute.
38.1Queste son tue parole, né conviene
38.2a te di me parlar, perché non sai,
38.3ne' monti usato, e l'uso ancor ti tiene.
39.1Ne' monti, dov'io uso, io apparai
39.2da quelle Muse che già li guardaro;
39.3e nelle braccia lor crebbi e lattai.
40.1Ma tu più grosso ch'altro, in cui riparo
40.2già mai senno non fece né valenza,
40.3taciti omai; ché li tuo' versi amaro
41.1suon rendono a coloro a cui sentenza,
41.2come di savie, stiamo; e la tua male
41.3di pasturar qui difesa scienza
42.1con altrui cerca coprirla di tale
42.2mantel, che meco; ché tu se' nemico
42.3di greggia più che guardia o mandriale:
43.1di che ancor andrai tristo e mendico.
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