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1.1O magnanime donne, in cui biltate
1.2posto ha sua forma, e voi, superni dei,
1.3udite i dolor mei,
1.4dell'impia morte e aspra crudeltate!
1.5Prendete essemplo e prendavi pietate,
1.6leggiadre giovinette, al mio cordoglio,
1.7ch'i' non so quale scoglio
1.8non si movesse a far di me vendetta.
1.9I' fui ne' teneri anni giovinetta
1.10leggiadra sì che spesse volte i rai
1.11del bel sol contrastai
1.12né potè lui a me toglier vigore.
1.13I' non temea del traditor d'Amore
1.14né di sua guerra né di suo trattato
1.15ma avea diliberato
1.16di viver sempre serva di Dïana.
1.17E spesso andavo sola a una fontana,
1.18mostrando alle chiare onde il mio bel viso,
1.19che tal forse Narciso
1.20non vide, quando il suo tanto gli piacque.
1.21Ninfe già non curavan le chiare acque
1.22mentre miravan gli occhi miei giulivi,
1.23e negli ornati rivi
1.24del fonte mi facean seder tra loro.
1.25Ivi era nato un sacro arbor d'alloro
1.26che copria il fonte e poi con sua ombrìa
1.27una rama stendia
1.28nella finestra d'un mio car consorto.
1.29E gli edifizii circundavan l'orto
1.30del parentado mio ch'era lì sito,
1.31sì che mai apparito
1.32ivi non era alcun fuor di mia gente.
1.33Io non so per che caso (o me dolente!)
1.34da un mio cugin fu convitato un giorno
1.35un giovinetto, adorno
1.36ne' modi, vago, onesto e pellegrino;
1.37il qual, mirando, vide nel giardino
1.38da l'una parte il fonte e la verdura,
1.39da l'altra mia figura,
1.40nel mezzo il dispiatato dio d'amore.
1.41E l'occhio vago che m'aperse il core
1.42in un punto mirando fu mirato,
1.43perché un simil fato
1.44il suo voler col mio giunse ad un tratto.
1.45Non fu a giugner l'occhio mio sì ratto
1.46quanto paura, anzi stupor m'assale,
1.47e l'amoroso strale
1.48a figgermi nel cuor le sue quadrella.
1.49Non mi potea restar, sì mi martella
1.50Amor dicendo: "Mira con disio
1.51questo novello dio
1.52venuto in terra a domandar merzede!".
1.53E Onestà, ch'ancor non gli dà fede,
1.54più volte disse: "Omè, Dïana, corri,
1.55per Dio, or mi soccorri
1.56ch'io temo che 'l tuo aiuto non sia tardo!".
1.57Poi mi dicea Amor: "Quel suo bel guardo
1.58vorresti tu vederlo in altra forma
1.59sì che Dïana l'orma
1.60gli desse d'Ateòn, facendol cervo?".
1.61Oimè, perché già ciaschedun mio nervo
1.62mi si strugge di duol mentr'io ci penso?
1.63E quel dolore immenso
1.64mi fece in terra quasi tramortire.
1.65Ma poi ch'alquanto si cessò il martire:
1.66"Vinta hai l'impresa, omai di te mi fido!"
1.67invocando Cupido,
1.68di nuovo remirai l'alta finestra.
1.69In nella quale ancora Amor balestra
1.70saette d'oro a quel corpo divino,
1.71con l'aureato crino
1.72composto in ciel nel benedetto coro.
1.73Qual Ganimede, omè, qual Polidoro,
1.74qual Ipolito bello, qual Narciso
1.75non rimarria conquiso
1.76di biltà da costui ch'ogni altro eccede?
1.77Isperando merzé con pura fede,
1.78miravo l'occhio suo più bel che 'l sole,
1.79e quel fronte che vole
1.80portar la fama omai d'ogni bellezza.
1.81Le guance sue, di tanta leggiadrezza,
1.82di color immortal ch'io non so dirti,
1.83vivificar gli spirti
1.84si veggono a chi 'l guarda per diletto;
1.85il mento piccinino e 'l fiero petto,
1.86la bianca man che a Bacco saria bella,
1.87i modi e la favella
1.88arieno inamorato un cor di pietra.
1.89Da poi mirava lui che dentro impietra:
1.90trafitto per amor, fisso mirava
1.91e merzé domandava
1.92con l'occhio, ché la lingua nol può dire.
1.93Intanto l'ombra cominciò a parire
1.94e Febo col suo carro gira 'l monte,
1.95onde da quel bel fonte
1.96feci una con Amor di lì partenza.
1.97Non mi può più veder per riverenza
1.98de' mie' congiunti dentro a quel giardino,
1.99ma spesso per cammino
1.100a caval vidi il nobile scudieri.
1.101Or sopr'uno or sopr'altro bel destrieri,
1.102per le strade che van dal mio palazzo
1.103venia per suo sollazzo
1.104nel cavalcar più fier che leöpardo.
1.105Or corre or salta, e io misera il guardo
1.106con l'occhio assai più presto che baleno:
1.107"Ahi, gentil palafreno
1.108(dicea fra me), riguarda il mio signore!".
1.109E poi dicea: "O dispiatato Amore,
1.110che m'hai condotto a questo ministerio,
1.111perché 'l suo desiderio
1.112col mio non fai in un punto felice?
1.113Modo non so trovar, se tu nol dice,
1.114ch'abbracciar possa sue membra leggiadre,
1.115però che l'impia madre
1.116sospetta già di lui, di me tien cura".
1.117E così stemo assai tempo a la dura,
1.118per fin che un mio parente fu creato
1.119ambasciador, mandato
1.120in lunghe parti e strane del paese.
1.121Il giovin, che d'amor sentia l'offese,
1.122seppe con gli attenenti mie' sì fare
1.123che venne ad abitare
1.124nel luogo donde quel s'era partito.
1.125Un contigüo mur tenia spartito
1.126il suo viso dal mio, ma non il core;
1.127onde più forte amore
1.128m'accese, quando 'l vidi esser sì presso.
1.129E lagrimando a' pie' del muro spesso
1.130maladiceva i fati e la fortuna
1.131e i cieli e ancor la luna,
1.132che messo avien quel mezzo fra noi dui.
1.133Ma poco tempo trapassò che lui
1.134per affanni d'amor si levò suso
1.135e fe' nel muro un buso,
1.136mentre ch'ogni animal dormendo posa.
1.137Allor del letto mi levai angosciosa,
1.138combattuta d'amor, tutta infiammata,
1.139già come disperata
1.140or qua or là per casa trascorrendo.
1.141Mentr'io andavo Amor maladicendo,
1.142il giovinetto vee per la fessura
1.143del mur la mia figura
1.144e sente il dir della dolente voce.
1.145"O signor mio, ch'ad una simil croce
1.146d'Amor siàn posti (cominciò lui a dire),
1.147tu sol mi fai morire:
1.148per Dio, soccorri un poco al mio tormento!
1.149D'amorosi pensieri io son sì vento
1.150che, se 'n prestarmi aiuto non se' accorta,
1.151tu vederai qui morta
1.152in brieve spazio mia gentil persona".
1.153Con simile parol' costui ragiona
1.154con le quale Parìs si tolse Elèna;
1.155ma paura ogni vena
1.156mi fe' tremar, da poi che l'ebbi udito.
1.157E ricordar mi fe' del mal partito
1.158che prese Tisbe, e della morte acerba
1.159che fe' sopra dell'erba,
1.160a' pie' del mor che poi cangiò colore.
1.161"Che pensi, tapinella (disse Amore),
1.162non ve' tu quel per cui sei sì penata?
1.163Serai tu tanto ingrata
1.164ch'a sì gentil parlar non dia risposta?
1.165Deh, non, per Dio, tu sai ben quanto costa
1.166il pentersi da poi: pensa nel grido
1.167che diè la trista Dido
1.168poi che non poté più veder Enea!".
1.169Lassa, questo pensier sì mi mordea
1.170che ritrar non mi puotti da l'impresa,
1.171ma senza altra diffesa
1.172seguii con presto passo ove Amor vole.
1.173Cominciai lagrimando este parole:
1.174"O lume agli occhi miei qual sempre adoro,
1.175soccorrimi, ch'io moro
1.176per tua cagion, se non mi dai rimedio!
1.177Dentro al mio cor Amor posto ha l'assedio,
1.178tal che ogni difesa seria in vano:
1.179se la tua degna mano
1.180non mi soccorre, el mi convien morire!".
1.181"Le pene tue mi dan maggior martìre,
1.182gentil madonna, assai che 'l mio dolore
1.183(rispose il mio signore):
1.184o crudel mur, perché non mi dai loco?".
1.185L'un si consuma, l'altro arde nel foco,
1.186l'un chiama aiuto, l'altro misercordia;
1.187e non giova concordia
1.188aver tra noi, ché 'l mur c'era nimico.
1.189Ognun è ricco e ciascuno è mendico,
1.190e stavàn come Tantal che vuol bere
1.191e non ne può avere,
1.192ben che abbia assai dell'acqua intorno al viso.
1.193Poi cominciò a parlar con presto aviso
1.194il giovinetto più bel che Ansalonne:
1.195"O fior di quante donne
1.196fûr mai al mondo, ascolta il mio parlare!
1.197Un modo a nostre voglie sol mi pare,
1.198che in eterno le farà contente:
1.199non temer di nïente,
1.200poi che tu segui Amor, sii animosa!
1.201Tu dei saper ch'io non ebbi mai sposa
1.202e di stirpe gentil son procreato,
1.203e sono più onorato
1.204che uom che viva in tutto mio paese.
1.205Io son fornito di ciascuno arnese,
1.206sì che più nulla ti de' dar temenza:
1.207facciàn dunque partenza,
1.208che insieme viveren sempre felice!".
1.209Pensai più volte quel che costui dice,
1.210e ben che Amor mi desse grande ardire,
1.211el mi paria morire
1.212mentre pensava far tal dipartita:
1.213ricordandomi allor della smarrita
1.214Adriana rimasa su nel lito,
1.215poi che si fu partito
1.216quel che per sua cagion vinse il gran mostro.
1.217E poi dicea fra me: "Per certo il nostro
1.218amor non potrebbe esser con inganno,
1.219pensando nell'affanno
1.220che lui per me mostrò allor d'avere".
1.221Nell'ultimo pensai pur di volere
1.222venir a quel che ne seguì mia morte,
1.223e con parole accorte
1.224risposi a quel, che in desiderio aspetta:
1.225"Fa, signor mio, di me che ti diletta,
1.226pur che la mente tua tenghi piatosa
1.227a prendermi per sposa
1.228quando saremo in tuoi paesi gionti.
1.229Ma prima il giurerai con atti pronti
1.230per quanti son deïficati in cielo
1.231e per lo sacro velo
1.232che portò quella a cui mo sol diservo!".
1.233"Io priego il ciel che ciaschedun mio nervo
1.234sia fulminato simile a' Giganti,
1.235e gli dei tutti quanti
1.236mi sien contrarii e tutto il mondo in guerra;
1.237chiudasi l'aere e aprasi la terra
1.238ad inghiottirmi senza alcun riparo,
1.239come fe' ad Anfiaro,
1.240e sia contra di me ciascuna stella;
1.241dal ciel tempesta e sùbita procella,
1.242qual Faraòn già nel mar Rosso vidde,
1.243e scontrimi in Caridde
1.244e cibo sia de' pesci o d'altre fiere,
1.245s'io non ti sposo ancor per mia mogliere;
1.246e non che sposa, ma serai madonna,
1.247al mio viver colonna,
1.248conforto agli occhi, pace e ver diletto!".
1.249Questo parlar produsse tanto effetto,
1.250che non sì tosto della notte il nodo
1.251si sciolse, che noi 'l modo
1.252trovamo del partir sùbito allora.
1.253E mentre che le stelle a l'Aûrora
1.254tutte fan loco, salvo che Dïana,
1.255lassai la ninfa eguana
1.256con l'altre dee e 'l fonte e 'l bel verzieri;
1.257e nell'arcion d'un possente destrieri
1.258posemi Amor con sue opre leggiadre;
1.259ma la dolente madre
1.260non si svegliò alla sùbita rapina.
1.261Lassa, ben ch'io invocasse ogni divina
1.262ed eterna potenza e ciascun nume,
1.263che 'l loro sacro lume
1.264fusse al mio andar principio, guida e duce,
1.265non pote' sì invocar la santa luce
1.266ch'a me volgesse la beata spera,
1.267ma l'infernal Megera
1.268e l'infelice uccel mi fu presente;
1.269le triste voci e l'anime dolente
1.270mi venien presso, e non Giove o Mercurio;
1.271ogni spietato augurio
1.272mi dicea il mal che mi dovea seguire.
1.273Ma io, cupida pur di voler gire
1.274una col signor mio senza intervallo,
1.275mossi il presto cavallo
1.276e da' segni mortal levai gli orecchi.
1.277Chi ci vedea, dicea: "Simil parecchi
1.278natura non produsse mai nel mondo:
1.279or qual viso giocondo
1.280non perderia la fama tra costoro?".
1.281Il sol mostrava omai un color d'oro
1.282e parte n'era giunta allo dì oma',
1.283e già l'aurata chioma
1.284lustreggiava per lui, sì m'era presso.
1.285"El convien che oramai veloce gresso
1.286via ci conduca" disse il giovinetto,
1.287perché nessun difetto
1.288al disïato andar rendesse impaccio.
1.289Allora il destro sul sinistro braccio
1.290mi pose ragionando pur d'amore,
1.291e così in picciol ore
1.292giungemo a li confin di quel distretto.
1.293Io non saprei discrivere il diletto
1.294(né lingua non seria che 'l proferisse)
1.295ch'io ebbi, quando el disse:
1.296"Omai noi siamo fuor d'ogni pensieri!
1.297Quivi è un fiume dove i buon destrieri
1.298lassaren rinfrescar nell'acqua un poco,
1.299e noi con festa e gioco
1.300laudiamo Amore e tutti gli altri dii!".
1.301Intanto una gran voce chiaro udii,
1.302che non una, ma più dicean: "Prendete!";
1.303e chi dicea: "Correte
1.304a' passi, che non possa trapassare!".
1.305Incominciommi ogni senso a tremare,
1.306e fisso rimirava il mio compagno:
1.307"Deh, non vi date lagno,
1.308madonna (disse), e cavalchiàn via forte!".
1.309Credea fuggire e seguitava morte
1.310dirieto a lui sì come abandonata,
1.311già tutta sgomentata,
1.312timida fatta e divenuta mesta.
1.313Poco durò l'andar, che una foresta
1.314terribile a mirar mostrando scura,
1.315giunti sol per paura,
1.316ciascun procaccia di trovar ricovero.
1.317E faciavàn come animal che, povero,
1.318si ve' dell'arme natural privato,
1.319che ad ogni picciol guato
1.320a un sùbito gridar ritrova il centro.
1.321Ma poi che stati assai fummo lì dentro,
1.322che non sentimmo spesseggiar le strida,
1.323ben ch'io fussi smarrida,
1.324volsesi il giovinetto ai servidori:
1.325"Io voglio andare a saper che romori
1.326son stati questi e poi andaren via,
1.327e voi per compagnia
1.328della mia donna rimarrete seco;
1.329ch'io non vo' che nessun venga con meco!".
1.330E poco seguitò dopo la traccia,
1.331che sentì che una caccia
1.332questa era stata drieto a un cavriolo.
1.333Da me non si cessò timor né duolo
1.334fin ch'io nol vidi inanzi a me tornato,
1.335il qual con viso grato
1.336disse: "Io non veggio nulla da temere;
1.337ma mi par meglio alquanto rimanere
1.338con la mia donna in questo loco fosco,
1.339e voi nell'aspro bosco
1.340(disse a' famigli) cercarete intorno".
1.341E dismontò del palafreno adorno,
1.342prese la staffa e dismontai po' io;
1.343e così si partìo
1.344ciascun di quelli e rimanemo nui.
1.345Sùbito e presto cominciò po' lui:
1.346"Io ardo e struggo d'amorosa face;
1.347rendimi dunque pace,
1.348ché qui non è più mur che ci dia impacci!".
1.349Allor risposi: "Gli amorosi lacci
1.350che insieme te e me sai che legâro
1.351già non diliberâro
1.352che pudicizia qui perdesse il grado;
1.353ma quando trovaren tuo parentado,
1.354e sposata m'avrai come hai promesso
1.355e confermato spesso,
1.356avrai d'amor l'effettüal vittoria".
1.357"Io son disposto d'aver questa gloria
1.358tra me 'nanzi che 'l sol venga all'occaso;
1.359però son qui rimaso!"
1.360replicò il traditor subito allora.
1.361Questo parlar fra me stessa m'accora
1.362e con piatosa voce lacrimando
1.363e più volte pregando
1.364ch'alli promessi patti tenga fede;
1.365quanto più dico tanto lui men crede,
1.366talvolta priega e talvolta minaccia
1.367e d'accostar la faccia
1.368dell'un viso con l'altro assai procura.
1.369Poi ch'io non potti più stare alla dura,
1.370per minor male al suo voler m'adusse:
1.371quivi venne Venusse,
1.372che di veder tal cosa avea gavazzo.
1.373Preso che 'l traditore ebbe sollazzo
1.374e di mia fanciullezza il fior rapito,
1.375tra sé prese partito
1.376lassarmi tra le fiere in quel diserto.
1.377Io t'ho il principio e 'l mezzo discoperto,
1.378lettor, perché nel fin la crudeltade
1.379ti commuova a pietade
1.380e a maledir l'impetüosa mano.
1.381O cruda stella o spirito profano
1.382nimico a pace a ciò il tenia trafisso,
1.383o furia dell'abisso
1.384contraria a me gli sopravenne adosso.
1.385L'iniquo, dal pensier tutto commosso,
1.386or qua or là per la foresta guarda:
1.387"Omai è l'ora tarda
1.388e qui non si può star se non digiuno!
1.389(cominciò lui) Io vo' mirar se alcuno
1.390di nostra gente a ritornar s'assetta,
1.391e voi una ghirlandetta
1.392fra 'l tempo tesserete per mio amore".
1.393Così da me si partì il traditore;
1.394e io simplice e pura a quell'ingrato
1.395avea già cominciato
1.396a coglier di quei fior ch'eran lì varii;
1.397ma poco stando, ché mirando a l'arii
1.398io vidi il sol che poco avea a gir longe:
1.399allor mi si componge
1.400l'animo di dolore e ogni spirto.
1.401Il capel d'òr si cominciò a far irto
1.402e ciascun senso par che si distruga,
1.403onde sùbita fuga
1.404dirieto al traditor seguir m'invia.
1.405Ciascuno sterpo un animal paria:
1.406qual mi par orso e qual mi par leopardo;
1.407quanto più oltre guardo,
1.408tanto la selva mi parea più folta.
1.409Lassa, tapina me, dov'io son colta,
1.410a morir qui tra questi luoghi alpestri,
1.411che gli animal silvestri
1.412in brieve spazio mi devoraranno!
1.413E tanto andai per quella selva erranno
1.414che dalla lunga vidi il giovinetto
1.415andar per quel distretto
1.416giunto già presso ad un terribil foce.
1.417Quanto potei, gridai con maggior voce:
1.418"Deh, torna, signor mio, or mi conforta,
1.419ch'io son già quasi morta,
1.420o fin ch'io giungo a te, per Dio, m'aspetta!".
1.421Quanto più grido, tanto più s'affretta
1.422in nel fuggir veloce; alcuna volta
1.423inver di me si volta,
1.424mirando i modi e la spietata caccia.
1.425E fa come animal che si discaccia,
1.426che quando al correr si vede vantaggio
1.427si volta per vïaggio
1.428mirando il passeggiar del bon levriere.
1.429Dolor sopra dolor crudel mi fière
1.430e più che d'animal la poca fede,
1.431e pensai che merzede
1.432a domandare più non mi giovava.
1.433Silvano e gli altri dei tutti invocava
1.434c'hanno ne' boschi piena libertade,
1.435che mossi a caritade
1.436salva mi tresser di quel mortal nido.
1.437Or quindi or quinci per la selva strido
1.438e, i tristi passi miei mossi all'in suso
1.439e mo rivolti in giuso,
1.440piangendo pur chiamava: "Aiuta, aiuta!".
1.441Nulla speranza mai mio cor saluta,
1.442ma ad ora ad or mi par sentire i denti
1.443di tigri e di serpenti,
1.444di idre, di lion, di lupo e d'orso.
1.445Ahi, impio Amor, dov'era il tuo soccorso?
1.446Ché poi ch'io volsi tua legge seguire,
1.447tu lassarmi morire
1.448non mi dovevi in sì disperso loco!
1.449Cacciando lì Dïana in festa e gioco
1.450m'apparve, omè, e mostrossi nimica
1.451a me che fui impudica
1.452sotto l'amore, e dinegommi aiuto.
1.453Penso, s'io avessi tanto core avuto
1.454ch' i' fussi andata a lei con pura fede
1.455a domandar merzede,
1.456forse a qualche pietà l'avria commossa.
1.457Ma i sensi miei non ebber tanta possa,
1.458come chi erra che non vuol concordia
1.459né cerca misercordia
1.460dal suo signor, da poi ch'egli ha fallito.
1.461Ahi, lassa me, che mai sì grave invito
1.462contra d'Amor non ebbe donna alcuna
1.463né che sotto la luna
1.464fusser le carni sue tanto straziate!
1.465E po' pensava se mai sventurate
1.466furono donne per cagion d'Amore,
1.467che con simil dolore
1.468rendessen l'alma al ciel provando morte.
1.469Se mai vi furon, suoi martìr conforte
1.470assai sarien a me con minor lagna;
1.471avendoci compagna,
1.472temperaria più il mio dolore intenso,
1.473e più volte pensando nell'immenso
1.474dolor che provò Tisbe alla fontana:
1.475di se stessa inumana,
1.476fu per Pirràmo di sua vita priva.
1.477Oimè, oimè, ch'ella può esser diva
1.478rispetto a me, perché non fu tradita,
1.479anzi perdé la vita
1.480il suo signor con quella spada propia!
1.481Mira la ninfa che perdé la copia
1.482del bel Parìs in Grecia navicando,
1.483e mira Biblìs, quando
1.484al scelerato amor si sottomise!
1.485E pensa in Dido, che d'amor s'uccise,
1.486ché sol costei dovrebbe esser riparo
1.487al tuo piangere amaro,
1.488e fu d'Amor, come tu se', gabbata!
1.489E poi diceva: "Oimè, ch'ella menata
1.490non fu tra' boschi a sì dolente sorte,
1.491sì che già la sua morte
1.492non debbe dare a me conforto e pace!".
1.493Poi penso a Filomena che non tace,
1.494ben che ancor abbia sua lingua tagliata:
1.495ella s'è vendicata,
1.496e io, misera, a ciò non vedo modo!
1.497A te non fie punito il crudel frodo,
1.498benché Medea ancor per simil duolo
1.499il suo proprio figliuolo
1.500cibar facesse al suo padre Iasonne!
1.501Ma io, che son tra le dolente donne
1.502la più infelice, perché almen non posso
1.503ricoverargli adosso
1.504con una spada e dimembrarlo tutto?
1.505Ma poco s'indugiò che 'l grave lutto
1.506fu più e più forte, ché la nostra luce
1.507a tramontar s'adduce,
1.508e già mostrava i boschi essere oscuri.
1.509"O dei superni, non istate duri,
1.510deh, prendavi pietà di qui cavarmi
1.511e di tal pene trarmi!":
1.512le man piegate, al ciel levai le luce.
1.513E poi seguii dove fortuna adduce
1.514i passi miei nell'oscurata valle,
1.515e tra l'orribil calle
1.516vagando gìa, sì come furiosa.
1.517E poi dicevo: "O madre dolorosa,
1.518a lo cui viver fui unica spene,
1.519pace, conforto e bene,
1.520ecco ch'io moro e tu non mi soccorre!".
1.521Mentre ch'io stava, il dispietato corre
1.522con mortal faccia, e ben ch'ïo vedesse
1.523con che viso venesse
1.524verso di me, assai mi die' conforto.
1.525E' nella effigie sua mostrava smorto
1.526con fiero cor d'ogni pietà mendico,
1.527come chi il suo nimico
1.528sùbito aspetta a far di lui vendetta.
1.529"Fa (disse) omai di te che ti diletta!
1.530S'io ti menassi, io potrei esser preso
1.531o in altro modo offeso:
1.532però tu sola a camminar t'invia!
1.533Qui son pastor che per lor cortesia
1.534t'aiuteran, da poi che ti vedranno;
1.535forse ti condurranno
1.536in luogo dove salva potrai stare.
1.537Io non volea di qua da te tornare,
1.538ma pur m'ha mosso qualche misercordia;
1.539non star più in discordia,
1.540egli è mo tardi: briga a fuggir fore!".
1.541Pensa fra te, lettor, come 'l mio core,
1.542udendo tal parlar, diventò ghiaccio;
1.543ma in ginocchion mi caccio,
1.544con le man giunte e gli occhi al ciel levati:
1.545"Per quanti sono in ciel deïficati,
1.546e per li sacri giuri che facesti
1.547allor che promettesti
1.548quel che dei ben saper che non mi scorda,
1.549non so se di color mo ti ricorda
1.550che fêr contra li dei nel loco sagro:
1.551deh, non esser tanto agro
1.552e non aver gli spirti tuoi tanto empî!
1.553Che fai, signor, che 'l mio voler non empi?
1.554Di modi e di costumi sei gentile:
1.555deh, vogli esser umìle
1.556(cominciai poi) alla mia fanciullezza!
1.557Non è orso o lion di tanta asprezza,
1.558quand'egli è ben commosso a crudeltade,
1.559che a qualche pietade
1.560sol le lacrime mie nol commovessero.
1.561Se i sospiri e la fé non ti movessero
1.562aver pietà, pur il divin timore
1.563e 'l nostro unico amore
1.564mover dovria tua mente ad aiutorio,
1.565gli occhi e le man che sembran pur d'avorio,
1.566che sol per te soffriscon tanto male!
1.567Vorrai tu ch'animale
1.568feroce sïa qui mia sepoltura?
1.569O signor mio, io non ebbi paura,
1.570servendo te, venir contra Dïana;
1.571ma, s'io fussi una strana,
1.572placar dovrei gli orecchi a compassione!".
1.573"Non fa mestier seguir più tal sermone
1.574(rispose il traditor), ch'io son disposto
1.575a partirmi via tosto
1.576senza di te, e sia quel ch'esser puote!".
1.577Il parlar di costui il cor percuote
1.578a tremar, come chi batte in Caridde,
1.579o Mario, quando vidde
1.580sopra la testa la tagliente spada!
1.581Più volte replicai, non una fiada,
1.582per gli uomin, per la terra e per gli dei
1.583e per gli affanni mei
1.584per lui sofferti, che non mi sconforte;
1.585ma poi ch'io vidi apresso me la morte,
1.586e che né dio né uom più non m'aida,
1.587dissi con grave strida:
1.588"Nimico di pietà, figgiti un poco!
1.589Poi ch'el convien che dentro a questo loco
1.590queste misere carne abbian lor letto,
1.591assai minor dispetto
1.592mi fia il morir da te ch'altri m'uccida!
1.593Sol quella man ch'a viver mi disfida
1.594sia che i miei giorni faccia qui finire,
1.595ch'io non voglio più gire
1.596chiamando aiuto, poi che tu mi lassi!".
1.597Io pensai pur che cotal dir placassi
1.598in qualche modo la sua mente cruda,
1.599ma con la spada nuda
1.600volsesi verso me quello inumano.
1.601Col cor divoto al ciel levai la mano,
1.602da poi ch'io vidi la mortal tempesta:
1.603con voce grave e mesta
1.604in tal modo invocai l'alta potenza:
1.605"O lume eterno, o divina clemenza,
1.606o superno Motor clemente e pio,
1.607o giustizia di Dio
1.608che invocata col cor sempre soccorri;
1.609de l'impia morte a far vendetta corri!
1.610O Eölo, o Nettunno con tue posse,
1.611Megera e Antroposse,
1.612Proserpina con gli altri dei d'abisso,
1.613non ritenete il vostro braccio fisso,
1.614ma fate di costui simil disfazio
1.615e punite lo strazio
1.616che fa di me la dispietata mano!
1.617Saetta, Giove, e fabrica, Vulcano,
1.618sopra le carni a questo traditore
1.619che con legge d'amore
1.620nei boschi oscuri a morte mi conduce!
1.621Sia contra lui ogni beata luce
1.622e sian le stelle a disfarlo in concordia,
1.623perché misericordia
1.624è contra un traditor esser feroce!
1.625Fovente terra, converte in atroce!
1.626Che dove el passa sia un Mongibello,
1.627tal che pure a vedello,
1.628non che a toccarlo, lui si strugga e arda!
1.629I' priego il ciel che ciò che costui guarda,
1.630quant'ella sia più disïosa e bella,
1.631si converta in procella
1.632che a divamparlo mai non gli dia pace!
1.633Gli animal tutti e quello uccel rapace
1.634ch'umana carne becca e fanne guasto
1.635prendan di te lor pasto,
1.636l'aër nimico e sempre ti sia oscuro!
1.637Ogni pietoso cor ver te sia duro,
1.638e 'l cibo perda la sua propria forma,
1.639consimile a quell'orma
1.640ch'avvenne a quel che l'òr facea col tatto!
1.641Oimè, oimè, se pur avesse fatto
1.642come fe' la sua donna a Menelao,
1.643o quella d'Anfiarao,
1.644i' non sarei nell'ultimo partito!
1.645Oimè, lassa, che per tôr marito
1.646costui di cui le man son empie e ladre,
1.647lassai la trista madre
1.648nel proprio nido e disprezzai l'onore!
1.649Dov'è la festa, dove, traditore,
1.650che far per me da' tuoi parenti cresi?
1.651Usasi in tuoi paesi
1.652consumar in tal forma il matrimonio?
1.653O glorïoso lume, o divin conio,
1.654o disprezzati giur' che costui fece,
1.655vendicate la nece
1.656che 'l dispietato cor mi fa sentire!
1.657Assai men doglia mi seria il morire,
1.658quando serò tra l'altre tapinelle
1.659anime, se novelle
1.660sentirò del traditor aspre e crude.
1.661Vezzose giovinette, siate nude
1.662di pietate e crudel contra ciascuno,
1.663per amor di quest'uno
1.664a cui chiamar mercede è stato indarno!
1.665O mare, o Po, Tesìn, Tevero e Arno,
1.666o ciascun fiume d'ogni ornata riva,
1.667per Dio, se costui arriva
1.668tra le vostre acque, fatene vendetta!
1.669Io non voglio più star, ch' i' so m'aspetta
1.670in nell'abisso già Adriana e Dido;
1.671oimè, ch'io sento il grido
1.672di molte che vi stanno in sempiterno!
1.673Io trovarò nel tenebroso inferno
1.674Proserpina, Fillìs, Fedra leggiadra,
1.675Medea e Clëopadra,
1.676e so che aran di me compassïone.
1.677Non lassarò per quel l'aspra mozione,
1.678ma sol per questo iniquo vo' cercare;
1.679ché, se 'l posso trovare,
1.680ver lui incitarò ogni dimonio!
1.681Io non conosco spirito sì erronio,
1.682né aspro cor di tigre o di serpente,
1.683che, udendo me dolente,
1.684non si rivolti a lui con mortal rabie.
1.685E voi che rimanete, siate savie,
1.686piccole e grande, giovene e polzelle,
1.687di non esser sì felle
1.688ch'assentiate, com'io feci, ad Amore!
1.689Mirate pur quant'egli è traditore:
1.690che chi mai dal principio a lui consente,
1.691non giova esser dolente,
1.692poi che a lui consentir mostra una fiada!
1.693Oimè, ch'io veggio qui la mortal spada
1.694che arà il mio cor di sùbito sommerso:
1.695ma priego l'universo
1.696di tanta crudeltà ne sia memoria!".
1.697Seguir non posso la dolente istoria,
1.698ch'al fin delle parole il colpo lassa
1.699tal che 'l petto mi passa,
1.700e poi si fonda a vulnerar la testa;
1.701infin ch'io caddi morta alla foresta.
1.702E' fuggì poi, che dir non è mestiere:
1.703alle affamate fiere
1.704fûr le mie carne cibo e nutrimento;
1.705e fu di questa vita il lume spento.
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