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1.1Donne leggiadre e pellegrini amanti,
1.2sciolti dal vulgo e glorïosi in terra,
1.3udite nova guerra
1.4di miei dolci sospir, diletti e pianti!
1.5Io non so se giamai gli uomini erranti,
1.6io dico di Tristano e Lancilotto,
1.7o quel che fu più dotto
1.8da' colpi suoi, sapesse or dechiararmi.
1.9Io vel dirò, ma se per pochi carmi
1.10forse non fia ben chiaro il mio concetto,
1.11pigliarete l'effetto,
1.12voi che correte spesso in tal mestieri.
1.13Udite come il vagabondo arcieri
1.14mi giunse in mezzo gli usitati inganni,
1.15che già non son tropp'anni
1.16che mi condusse in loco ov'io fui preso;
1.17e come io fusse crudelmente acceso
1.18d'un lume tal, che mai simil non nacque.
1.19Certo tanto mi piacque,
1.20che con lingua mortal dir nol porria.
1.21Altra cetra d'Orfeo, altra ermonia
1.22vorrebbe ad essaltar tante adornezze
1.23e l'eccelse bellezze
1.24ch'io vidi allora, ond'io tutto inviscai.
1.25Non altrimente i rutilanti rai
1.26tolgon l'obietto all'occhi, ove respira
1.27il motor che li gira,
1.28e fanli palpebrar timidi e stanchi;
1.29tal si fêr gli occhi miei smarriti e manchi,
1.30guardando ai raggi prezïosi ch'ivi
1.31scorsi immortali e divi
1.32ch'uscien degli occhi d'una bella donna.
1.33"O felice virtù, viva colonna
1.34(dicea lo spirto mio), unica iddea,
1.35fu simil Citarea
1.36cinta con l'arco in Tiria e la faretra?
1.37Qual cor di marmo o di più fredda petra,
1.38qual aspe orïental, qual tigre o belva,
1.39qual feroce orso in selva,
1.40non tornarebbe uman dinanzi a lei?
1.41Taccia Dïana, gli òmini e gli dei,
1.42Parìs del ratto suo taccia e Teseo,
1.43qui taccia Tolomeo
1.44di Clëopatra e ciascun altro amante!".
1.45Fiamme d'amor che da le luce sante
1.46escon ad ora ad or fûr l'emispero
1.47che dentro al mio pensero
1.48altro che 'l nome suo posero in bando.
1.49Io mi smarrii nel primo assalto, e quando
1.50mi cominciai alquanto a rinvenire,
1.51uno acceso desire
1.52mi fe' più che da prima esser ligato.
1.53E poi ch'io fui sì forte inamorato
1.54che gli occhi né 'l pensier mai non posossi,
1.55quante volte mi mossi
1.56a rivedere spesso il suo bel viso!
1.57Benigno aspetto e grazïoso riso,
1.58uno atto puëril pien d'onestade,
1.59e tanta umanitade
1.60quanta esser mai potesse in cor gentile.
1.61Io che vedea e l'abito e lo stile
1.62più m'accendevo remirando il loco,
1.63perché all'ardente foco
1.64ogni dolce atto suo era una face.
1.65Così senza quïete e senza pace
1.66mi tenne Amore in podestà di lui,
1.67sì che coi passi altrui
1.68spesso calcava l'inimica strada.
1.69Non più fervente contemplando bada,
1.70per generar sua stirpe, il struzzo al feto,
1.71fisso con l'occhio e queto
1.72per fino a l'ora del desïato germe,
1.73quanto che l'occhio della mente inerme,
1.74con quei di fuor che per mia pena porto,
1.75mi fanno attento e accorto
1.76sempre veder cui veggio e <'n> veder moro.
1.77E poi che 'l sacro e 'l mio ricco tesoro
1.78tornava al balco e non pur d'orïente,
1.79forse con più fervente
1.80lume che vide mai l'antica Aurora,
1.81vedea gli specchi miei ch'ad ora ad ora
1.82n'uscien mille faville e mille strali
1.83e come avesser ali
1.84corrivan tutti al disarmato petto.
1.85Durò assai che mai un solo obietto
1.86non potti aver da' micidïali occhi
1.87né gli amorosi stocchi
1.88pongean mai il suo cor fatto dïaspro.
1.89Fu tanto il tempo faticoso e aspro,
1.90solliciti i suspir, duro il tormento,
1.91fra la spene e lo stento,
1.92ch'io venni come un corpo in terra cade.
1.93Lagrime agli occhi miei pig(a)re e rade,
1.94secca la fonte, congelata e nova;
1.95oimè, che chi nol prova,
1.96né credere il porria, dir, né pensare!
1.97Ma poi che pur io non potea durare,
1.98giunto a l'estremo e già tutto insensato,
1.99il mio avversario usato
1.100si palesò, dicendo: "Or ti dispera!".
1.101Vedendo l'atto, il modo e la manera,
1.102mosso forse a pietà: "Più di paura
1.103(dissemi), or t'assicura,
1.104ch'ancor ti fia a grado ogni tua pena!".
1.105Non sì tosto fra noi tuona e balena
1.106in un momento, quanto in un sol punto
1.107l'arcieri ebbe già punto
1.108il purpurëo petto di diamante.
1.109Né sì presto giamai in uno instante
1.110levossi uccel, com'io quando m'accorsi;
1.111sì che subito corsi
1.112pien di disio all'avversario albergo.
1.113Tosto ch'io arrivai e gli occhi adergo,
1.114vidi subito Amor, vidi il mio dio:
1.115"O dolce signor mio!"
1.116fecer le luce mie, e le man croce.
1.117Ella, che scorse l'atto e la mia voce,
1.118con altra reverenza, altra mercede,
1.119m'accolse, oimè, chi 'l crede?
1.120Chi 'l saprà dir? Qual penna o quale ingegno?
1.121Ogni suspir, angustia, ogni disdegno
1.122lì si dimenticò solo in un atto,
1.123e fui tutto rifatto
1.124e glorïoso assai più ch'uom che viva.
1.125L'alma tornò, che delle membre priva
1.126esser credette, e ritrovò il suo nido:
1.127allor vidi Cupido
1.128dentro al mio amor, che mi prese ad un groppo.
1.129Il dir saria presuntüoso e troppo
1.130a sì debile stil tanta dolcezza
1.131e gli atti e la vaghezza
1.132sopra ogni altra speranza, ogni piacere.
1.133Io dirò sol che pria ch'ad un volere
1.134il suo e 'l mio si collegasse al nodo,
1.135con quanto vario modo
1.136fu il piacer senza effetto e quanto strazio.
1.137Non men di me di revedermi sazio
1.138mostrava 'l suo pensier, l'atto e lo sguardo,
1.139né forse ancor men tardo
1.140condursi insieme a l'amorosa voglia.
1.141Io vedea ben che non con minor doglia
1.142era nell'aspettare il modo e il tempo,
1.143sì che fu ben per tempo
1.144ch'Amor ci strinse in glorïosa parte.
1.145Benedetta sia l'ora, il loco e l'arte
1.146della sua tanta industria e providenza
1.147e più quell'accoglienza
1.148de l'angelica vista umìle e queta.
1.149Timida alquanto, reverente e leta
1.150s'appressò verso me tutta tremente
1.151e tanto splendïente,
1.152oimè, signor mio car, ch'io venni meno!
1.153Infinita dolcezza, aër sereno,
1.154tanta gloria e diletto al cor mi giunse
1.155e tal piacer mi punse,
1.156che forse a Amor invidïoso increbbe.
1.157Ma non sì tosto che lo spirto s'ebbe
1.158e d'ogni altro pensier mi snodo e tollo:
1.159fra l'eburnëo collo
1.160corsi abbracciar la mia unica iddia.
1.161Oimè l'odore, oimè la melodia,
1.162oimè il dolce baciar le labra e 'l fronte!
1.163Io benedissi l'onte,
1.164passi e suspir che per lei mai sentei.
1.165E poi che gli occhi suoi volsero a' mei,
1.166presi d'altri voleri, altri colori,
1.167io dissi: "Ahi, traditori,
1.168io pur vi bacerò, tanto soffersi!".
1.169Ma non seppi però sì dolci versi
1.170cantar, né lagrimar quant'io volesse,
1.171ch'altro aver ne potesse,
1.172né vincer mai le sue sagge parole.
1.173Io stetti assai, e sì come Amor vole
1.174giungere spesso alla dolcezza il fele,
1.175e pietoso e crudele
1.176mi dipartii per onestà di quella.
1.177Or pensate che colpi e che quadrella
1.178mi rimanessero inviscati adosso,
1.179e come io fui percosso
1.180da stranie passïon varie e nove!
1.181Molte altre volte assai, molte altre prove
1.182feci, in simil piacer sendo da presso,
1.183dimandandola spesso
1.184donde veniva il no, s'ella m'amava.
1.185Io conosceva, e ella m'accertava,
1.186esser vie più di me punta e accesa,
1.187e, se facea diffesa
1.188dall'atto, non sapea donde venisse.
1.189Così gran tempo il passo m'interdisse,
1.190non per mio non sapere o negligenza:
1.191non volea vïolenza
1.192mostrar contra di chi m'era signore.
1.193Or se giamai in sì diverso errore
1.194corse, io dico di voi ch'Amor seguite,
1.195come può star, mi dite,
1.196desiderare e recusare inseme?
1.197E se loïco alcun forse gli preme,
1.198cerchi ben suoi sofisti o anforesmo,
1.199che trovi in un medesmo
1.200subietto due contrarii insieme uniti.
1.201Questi fûr belli e varïi partiti,
1.202ma non per me, ch'io fui condutto a tale,
1.203che forse in minor cale
1.204fu il viver che 'l morire in tal tenzone.
1.205Amor, che lega e scioglie ogni questione,
1.206come a lui piace, ogni intelletto umano
1.207(e non vi paia strano,
1.208ché vinse già gli dei, signor' del cielo),
1.209può trascurarvi e denebbiarvi il velo
1.210dinanzi agli occhi; e lui sa barbarismi
1.211legar d'altri sofismi
1.212che non fe' Averoìs o Demostène.
1.213Questo è quel dio che merita ogni bene,
1.214questo è signor del ciel mobile e fisso,
1.215di terra e dell'abisso,
1.216padre delle virtù, nemico a' vizii!
1.217Da lui vien l'alto ingegno, inde gli inizii
1.218d'ogni eloquenza e l'arme trïunfante:
1.219conviensi esser constante,
1.220nobile e liberal dietro a sue orme.
1.221Lui m'è signore e padre, e che può porme
1.222nel numer de' suoi servi, e serò sempre;
1.223ché, poi le varie tempre
1.224ch'un tempo mi mostrò, grato m'accolse.
1.225Io non seppi voler quanto lui volse
1.226troppo più satisfarmi in miglior grado,
1.227e securommi il vado
1.228d'eterna fede e d'immortal desio,
1.229lei per mia donna, e lui signore e dio.
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