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1.1Gloriasi 'l celeste e l'uman langue,
1.2piangene con tormento e duol l'inferno
1.3dicendo: "Ove è il governo
1.4che di noi sepe rimembrar facia?".
1.5Vidi bagnar di lagrime e di sangue
1.6gente che già vittorïose fûro:
1.7quanto paria lor duro
1.8del successor quale ostendia lor via!
1.9Vidi là giù fra quella gente ria
1.10lassato Jano e piu di ciò derutto,
1.11vidi nel crudo lutto
1.12Erculès, Anfïone e 'l pro' Teseo,
1.13Jansòn e 'l buon Pelleo,
1.14pianger dicendo con amare strida:
1.15"Qual fia più su del nostro nome guida?".
1.16Nel terribile duol penoso e' gridi
1.17vidi Prïamo, Ettòr e 'l fi' d'Anchisse,
1.18vidi Achille e Ulisse,
1.19e di loro altri piangere infiniti.
1.20Cesare, che già nulla morte, vidi,
1.21quasi gli parea fusse tanto amara,
1.22qual cosa avea più cara
1.23veder non posso, c'ha presi altri liti.
1.24Vidi Bruto e Camillo a quegli inviti,
1.25vidi Anibàl e vidi l'Africano:
1.26"Colui ch'era sovrano
1.27di tutti aviàm perduto e èssen gito;
1.28lui prese buon partito,
1.29ché, se nel mondo egli ebbe gran vittoria,
1.30ora ha perpetüale e vera gloria".
1.31Langue l'umana turbe di iustizia
1.32poi c'ha perso il pedoto e 'l buon timone
1.33per cui con gran ragione
1.34si potea navicar senza periglio.
1.35Omè, quanta mi giunse al cor mestizia,
1.36quando ch'io vidi il lacrimoso letto
1.37de l'Ubaldin perfetto,
1.38Joanni d'Azzo, angelico consiglio!
1.39Quasi che morte allor mi diè di piglio,
1.40vedendo intorn'a lui cotanti pianti,
1.41fra' quai conobbi tanti
1.42che noioso sarebbe il raccontare;
1.43ma pur vo' palesare
1.44di cose alquante che m'apparse in vista,
1.45e come le pupille or qui s'attrista.
1.46Vidi tre donne di color diversi
1.47nel forte lacrimar, dicendo ad ello:
1.48"Qual mai sarà più quello
1.49che sì dirizzi l'alta nostra insegna?".
1.50Vidi venir con tenebrosi versi
1.51l'ucel di Jove, e con dolor mortale,
1.52spïumandosi l'ale,
1.53diceva: "Omei, or qual de' miei più regna,
1.54oimè, lassa, omè, che i più mi sdegna,
1.55e che per te credeva trïunfare
1.56e 'l tempo racquistare
1.57in qual tanto alta prosperando fui!
1.58Ma poi ch'io ho men costui,
1.59io lasso ogni speranza del salire,
1.60poi che più sempre veggiomi avilire".
1.61Vidi una grua ancor da l'altro lato
1.62tutta disvêrsi e torciarsi di pena,
1.63e quasi ogni sua vena
1.64munta parea, e quasi parea innuda.
1.65Diceva:"Figliuol mio, dove hai lassato
1.66il chiaro gonfalone e dritto stile?
1.67Or sono in turpe ovile,
1.68poi che fortuna stata m'è sì cruda!".
1.69"Egli è un toro quel che di sangue suda
1.70(mi dicia poi il pensiero) e che tanto urla:
1.71guarda quanto si crulla,
1.72fiaccandosi le corna e tutto 'l dosso!".
1.73Dicia poi: "Più non posso!"
1.74una che ben paria turtur piumata
1.75e quasi al dietro punto confinata.
1.76E altre donne vidi in vesta bruna
1.77piangere e lamentar con lutti e lai;
1.78ma d'una, che giamai
1.79simil non vidi molestar, dirò:
1.80povera onesta a me paria quest'una,
1.81che sì pietosamente l'abracciava,
1.82con lagrime il baciava,
1.83diceva: "Figliuol mio, or che farò?
1.84Lassa, misera, afflitta, a chi girò?
1.85Chi fia mio scudo, o Italia sommersa?
1.86Or veggio ch'io son persa:
1.87o figliuol m'io, ben m'hai abandonata!".
1.88Di sangue era rigata
1.89sopra del petto suo, guardando il nido,
1.90e 'l ciel parea tremasse del suo strido:
1.91"O falcon pellegrino, o specchio, o luce
1.92ch'eri degli occhi miei soave tanto,
1.93ben mi dai pena e pianto!
1.94Come il potesti fare, oscura morte?
1.95Ahi, 'nabissata me, chi più mi duce,
1.96che quasi ognun mi caccia e mi flagella?
1.97O amare quadrella,
1.98ben m'avete condotta a false sorte!
1.99Io veggio ben le mie giornate corte,
1.100ch'io non t'ho più, figliuol, che mi difendi:
1.101o fuoco, ben m'accendi
1.102mortal, ch'io ho perduta ogni speranza!
1.103Perso ho più franca lanza
1.104che di me fusse mai un 'talïano,
1.105più già non credo fusse Ettòr troiano!".
1.106Gloriasi il celeste c'ha ricolto
1.107sì dolce frutto e sì benigno fiore:
1.108con festa e con amore
1.109a sé chiamato l'ha Colui che 'l fece.
1.110Subito fu dal suo Fattore asciolto
1.111e portato dagli angeli e da' santi,
1.112con dolci giuochi e canti,
1.113dove sapere il tutto a me non lece.
1.114Lassù non duol né nece,
1.115lassù è il sommo ben, somma allegrezza,
1.116lassù è la vaghezza,
1.117dove fra' cori angelichi è beato
1.118costui ch'è coronato
1.119di glorïa e vittorïa infinita,
1.120e credo viva a la beata vita.
1.121Canzon, tu puoi cercare Italia tutta,
1.122ma ben certo mi dò, non trovarrai
1.123simil di lui giamai,
1.124di tal virtù magnanimo e cortese;
1.125ma ben dirai alla città senese
1.126facci dell'ossa festa e di lui pianto;
1.127di' che si può dar vanto,
1.128che nuove arlique e simili non segga
1.129in città oggi che d'Italia regga.
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