about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books

Libro decimonono

1.1Uscìa del mar l'Aurora in croceo velo,
1.2alla terra ed al ciel nunzia di luce,
1.3e co' doni del Dio Teti giungea.
1.4Singhiozzante da canto al morto amico
1.5trovò l'amato figlio a cui dintorno
1.6ploravano i compagni. Apparve in mezzo
1.7l'augusta Diva, e strettolo per mano,
1.8Figlio, disse, poiché piacque agli Dei
1.9la sua morte, lasciam, benché dolenti,
1.10che questi qui si giaccia; e tu le belle
1.11armi ti prendi di Vulcan, che mai
1.12mortal non indossò. — Così dicendo,
1.13le depose al suo piè. Dier quelle un suono
1.14che terror mise ai Mirmidóni: il guardo
1.15non le sostenne, e si fuggîr. Ma come
1.16le vide Achille, maggior surse l'ira,
1.17e sotto le palpèbre orrendamente
1.18gli occhi qual fiamma balenâr. Godea
1.19trattarle, vagheggiarle; e dilettato
1.20del mirando lavor, si volse, e disse:
2.1Madre, son degne del divino fabbro
2.2quest'armi, né può tanto arte terrena.
2.3Or le mi vesto; ma timor mi grava
2.4che nelle piaghe di Patròclo intanto
2.5vile insetto non entri, che di vermi
2.6generator la salma (ahi! senza vita!)
2.7ne guasti sì che tutta imputridisca.
3.1Pensier di questo non ti prenda, o figlio,
3.2gli rispose la Dea: l'infesto sciame
3.3divoratore de' guerrieri uccisi
3.4io ne terrò lontano. Ov'anco ei giaccia
3.5intero un anno, farò sì che il corpo
3.6incorrotto ne resti, e ancor più bello.
3.7Or tu raccogli in assemblea gli Achivi,
3.8e, placato all'Atride, àrmati ratto
3.9per la battaglia, e di valor ti cingi.
4.1Disse, e spirto audacissimo gl'infuse.
4.2Indi ambrosia all'estinto, e rubicondo
4.3nèttare, a farlo d'ogni tabe illeso,
4.4nelle nari stillò. Lunghesso il lido
4.5l'orrenda voce intanto alza il Pelìde;
4.6né solo i prenci achei, ma tutte accorrono
4.7le sparse schiere per le navi, e quanti
4.8di navi han cura, remator, piloti
4.9e vivandieri e dispensier, van tutti
4.10a parlamento, di veder bramosi
4.11dopo un lungo cessar l'apparso Achille.
4.12Barcollanti v'andaro anche i due prodi
4.13Dïomede ed Ulisse, per le gravi
4.14piaghe all'asta appoggiati, e ne' primieri
4.15seggi adagiârsi. Ultimo giunse il sommo
4.16Atride, in forte mischia ei pur dal telo
4.17di Coon Antenòride ferito.
4.18Tutti adunati, Achille surse e disse:
5.1Atride, a te del par che a me sarìa
5.2meglio tornato che tra noi non fusse
5.3mai surta la fatal lite che il core
5.4sì ne róse a cagion d'una fanciulla.
5.5Dovea Dïana saettarla il giorno
5.6ch'io saccheggiai Lirnesso, e mia la feci,
5.7ché tanti non avrìan trafitti Achivi,
5.8mentre l'ira io covai, morso il terreno.
5.9Ettore e i Teucri ne gioîr, ma lunga
5.10rimarrà tra gli Achei, credo, ed amara
5.11de' nostri piati la memoria. Or copra
5.12obblìo le andate cose, e il cor nel petto
5.13necessità ne domi. Io qui depongo
5.14l'ira, né giusto è ch'io la serbi eterna.
5.15Tu ridesta le schiere alla battaglia.
5.16Vedrò se i Teucri al mio venir vorranno
5.17presso le navi pernottar. Di gambe,
5.18spero, fia lesto volentier chiunque
5.19potrà sottrarsi in campo alla mia lancia.
6.1Disse; e gli Achivi giubilâr vedendo
6.2alfin placato il generoso Achille.
6.3Surse allora l'Atride, e dal suo seggio,
6.4senza avanzarsi, favellò: M'udite,
6.5eroi di Grecia, bellicosi amici,
6.6né turbate il mio dir, ché lo frastuono
6.7anche il più sperto dicitor confonde.
6.8E chi far mente, chi parlar potrebbe
6.9in cotanto tumulto, ove la voce
6.10la più sonora verrìa meno? Io volgo
6.11le parole ad Achille, e voi porgete
6.12attento orecchio. Con rimprocci ed onte
6.13spesso gli Achivi m'accusâr d'un fallo
6.14cui Giove e il Fato e la notturna Erinni
6.15commisero, non io. Essi in consiglio
6.16quel dì la mente m'offuscâr, che il premio
6.17ad Achille rapii. Che farmi? Un Dio
6.18così dispose, la funesta a tutti
6.19Ate, tremenda del Saturnio figlia.
6.20Lieve ed alta dal suolo ella sul capo
6.21de' mortali cammina, e lo perturba,
6.22e a ben altri pur nocque. Anche allo stesso
6.23degli uomini e de' numi arbitro Giove
6.24fu nocente costei quando ingannollo
6.25l'augusta Giuno il dì che in Tebe Alcmena
6.26l'erculea forza partorir dovea.
6.27Detto ai Celesti avea Giove per vanto:
6.28Divi e Dive, ascoltate; io vo' del petto
6.29rivelarvi un segreto: oggi Ilitìa
6.30curatrice de' parti in luce un uomo
6.31del mio sangue trarrà, che su le tutte
6.32vicine genti stenderà lo scettro.
7.1Mentirai, né atterrai la tua parola,
7.2Giuno riprese meditando un frodo.
7.3Giura, o Giove, il gran giuro, che nel vero
7.4fia de' vicini regnator l'uom ch'oggi
7.5di tua stirpe cadrà fra le ginocchia
7.6d'una madre mortal. Giurollo il nume
7.7senza sospetto, e ne fu poi pentito.
7.8Ché Giuno dal ciel ratta in Argo scesa
7.9del Perseìde Stènelo all'illustre
7.10moglie sen venne. Avea grav'ella il seno
7.11d'un caro figlio settimestre. A questo,
7.12benché immaturo, accelerò la luce
7.13Giuno, e d'Alcmena prolungando il parto,
7.14ne represse le doglie. Indi a narrarne
7.15corse al Saturnio la novella, e disse:
7.16Giove, t'annunzio che mo' nacque un prode
7.17che in Argo impererà, lo Stenelìde,
7.18tua progenie, Euristèo d'Argo re degno.
8.1D'alto dolor ferito infuriossi
8.2Giove, e tosto ai capelli Ate afferrando
8.3per lo Stige giurò che questa a tutti
8.4furia dannosa non avrìa più mai
8.5riveduto l'Olimpo. E sì dicendo,
8.6la rotò colla destra, e fra' mortali
8.7dagli astri la scagliò. Per la costei
8.8colpa veggendo di travagli oppresso
8.9il diletto figliuol sotto Euristèo
8.10adiravasi Giove. E a me pur anco,
8.11quando alle navi Ettòr struggea gli Achivi,
8.12lacerava il pensier la rimembranza
8.13di questa Diva che mi tolse il senno.
8.14Ma poiché Giove il volle, io vo' del pari
8.15farne l'emenda con immensi doni.
8.16Sorgi Achille alla pugna, e gli altri accendi.
8.17Tutto, che ieri nella tenda Ulisse
8.18ti promise, io darotti: e se t'aggrada,
8.19l'ardor sospendi che a pugnar ti sprona,
8.20e dal mio legno farò tosto i doni
8.21recar, che visti placheranti il core.
9.1Duce de' prodi glorïoso Atride,
9.2rispose Achille, il dar que' doni a norma
9.3di tua giustizia o ritenerli, è tutto
9.4nel tuo poter. Ma tempo non è questo
9.5da parole: sia d'armi ogni pensiero,
9.6né più s'indugi, ché il da farsi è assai.
9.7Uop'è che Achille in campo rieda e sperda
9.8le troiane falangi, e ch'altri il vegga,
9.9e l'esempio n'imiti. — Illustre Achille,
9.10soggiunse allor l'accorto Ulisse, è grande
9.11il tuo valor; ma non menar digiuni
9.12contro i Teucri gli Achei. Venuti al cozzo
9.13una volta gli eserciti, e infiammati
9.14quinci e quindi da un Dio, non fia sì breve
9.15l'aspro certame. Nelle navi adunque
9.16comanda che di cibo e di bevanda,
9.17fonte di forza, si ristaurin tutti,
9.18ché digiuno soldato un giorno intero
9.19fino al tramonto non sostien la pugna.
9.20Sete, fame, fatica a poco a poco
9.21dóman anco i più forti, e dispossato
9.22casca il ginocchio. Ma guerrier, cui fresche
9.23tornò le forze il cibo, il giorno tutto
9.24intrepido combatte, e sua stanchezza
9.25sol col finirsi del conflitto ei sente.
9.26Dunque il campo congeda, e fa che pronte
9.27mense imbandisca. Agamennón frattanto
9.28qua rechi i doni, onde ogni Acheo li vegga,
9.29e il tuo cor ne gioisca. Indi nel mezzo
9.30del parlamento il re si levi, e giuri
9.31che mai non giacque colla tua fanciulla;
9.32e questo giuro il cor ti plachi. Ei poscia,
9.33perché nulla si fraudi al tuo diritto,
9.34di lauto desco nella propria tenda
9.35ti presenti e t'onori. E tu più giusto
9.36móstrati, Atride, in avvenir, ché bello
9.37regal atto è il placar, qual sia, l'offeso.
10.1A questo il sire Agamennón: M'è grato,
10.2Ulisse, il saggio e acconciamente espresso
10.3tuo ragionar. Io giurerò dall'imo
10.4cuor, né dinanzi al Dio sarò spergiuro.
10.5Ma tempri Achille del pugnar la foga
10.6sino che giunga il donativo; e il sangue
10.7della vittima fermi il giuramento,
10.8qui presenti voi tutti. Or tu medesmo
10.9vanne, Ulisse, e trascelto, io tel comando,
10.10de' primi achivi giovinetti il fiore,
10.11reca i doni promessi e le donzelle;
10.12e Taltibio mi cerchi e m'apparecchi
10.13un cinghial da svenarsi a Giove e al Sole.
11.1Inclito Atride, gli rispose Achille,
11.2serbar si denno queste cose al tempo
11.3che dall'armi avrem posa, e che non tanto
11.4sdegno m'infiammi. Giacciono squarciati
11.5nella polve gli eroi che spense Ettorre
11.6favorito da Giove, e voi ne fate
11.7ressa di cibo? Io, qual si trova, all'armi
11.8senza ritardo il campo esorterei,
11.9e vendicato l'onor nostro, allegre
11.10cene abbondanti appresterei la sera.
11.11Non verrà cibo al labbro mio né beva,
11.12s'ulto pria non vedrò l'estinto amico.
11.13D'acuto acciar trafitto egli mi giace
11.14nella tenda co' piè vôlti all'uscita,
11.15e gli fan cerchio i suoi compagni in pianto.
11.16Non altro è dunque il mio pensier che strage
11.17e sangue, e il cupo di chi muor sospiro.
12.1E Ulisse a lui: Fortissimo Pelìde,
12.2tu nell'asta me vinci, io te nel senno,
12.3perché pria nacqui, e più imparai. Fa dunque
12.4di quetarti al mio detto. Umano core
12.5presto si sazia di conflitti in cui
12.6molto miete l'acciar, poco raccoglie
12.7il mietitor, se Giove, arbitro sommo
12.8di nostre guerre, le bilance inclina.
12.9Pianger col ventre non si dee gli estinti;
12.10e qual respiro il pianto avrìa se mille
12.11fa caderne la Parca ogni momento?
12.12Intero un sole al lagrimar si doni,
12.13poi con coraggio, chi morì s'intombi:
12.14e noi che vivi della mischia uscimmo
12.15confortiamci di cibo, onde più fieri
12.16d'invitto ferro ricoperti il petto
12.17alla pugna tornar, senza che sia
12.18mestier novello incitamento. E guai
12.19a chi terrassi su le navi inerte,
12.20mentre gli altri animosi ad acre assalto
12.21contra i Teucri dal vallo irromperanno!
13.1Disse, e compagni i due figliuoi si prese
13.2di Nèstore, e Toante e Merïone
13.3e il Filìde Megète e Melanippo
13.4e Licomede di Creonte. Andaro
13.5d'Atride al padiglion, presti il comando
13.6n'adempiro, e arrecâr le già promesse
13.7cose; sette treppiè, venti lebèti,
13.8dodici corridori; indi prestanti
13.9d'ingegno e di beltà sette captive.
13.10La figlia di Brisèo, guancia rosata,
13.11ottava ne venìa. Li precedea
13.12con dieci di buon peso aurei talenti
13.13Ulisse, e lo seguìan con gli altri doni
13.14gli altri giovani achei. Deposto il tutto
13.15nell'assemblea, levossi Agamennóne;
13.16e Taltibio di voce a un Dio simìle
13.17irto cinghial gli appresentò. Fuor trasse
13.18il sospeso del brando alla vagina
13.19trafier l'Atride, e della belva i primi
13.20peli recisi, alzò le palme, e a Giove
13.21pregò. Sedeansi tutti in riverente
13.22giusto silenzio per udirlo; ed egli
13.23guardando al cielo e supplicando disse:
14.1Il sommo ottimo Iddio, la Terra, il Sole,
14.2e l'Erinni laggiù gastigatrici
14.3degli spergiuri, testimon mi sieno
14.4che per desìo lascivo unqua io non posi
14.5sopra la figlia di Brisèo le mani,
14.6e che la tenni nelle tende intatta.
14.7Mi mandino, s'io mento, ogni castigo
14.8serbato al falso giurator gli Dei.
15.1Disse, e l'ostia scannò; poscia ne' vasti
15.2gorghi marini la scagliò l'araldo,
15.3pasto de' pesci. Allor rizzossi Achille
15.4e sclamò: Giove padre, oh di che danni
15.5tu ne gravi! Non mai m'avrìa l'Atride
15.6mosso all'ira, né mai per farmi oltraggio
15.7rapita a mio mal grado egli la schiava:
15.8ma tu il volesti, Iddio, tu che di tanti
15.9Achei la morte decretavi. Or voi
15.10itene al cibo, e all'armi indi si voli.
16.1Disse, e sciolto il consesso, alla sua nave
16.2si disperse ciascun. Ma co' presenti
16.3i Mirmidóni s'avvïâr d'Achille
16.4verso le tende, e li posâr, schierando
16.5su bei seggi le donne; e nell'armento
16.6fur dai sergenti i corridor sospinti.
16.7Di beltà simigliante all'aurea Venere
16.8come vide Brisëide del morto
16.9Pàtroclo le ferite, abbandonossi
16.10sull'estinto, e ululava e colle mani
16.11laceravasi il petto e il delicato
16.12collo e il bel viso, e sì dicea plorando:
16.13Oh mio Patròclo! oh caro e dolce amico
16.14d'una meschina! Io ti lasciai qui vivo
16.15partendo; e ahi quale al mio tornar ti trovo!
16.16Ahi come viemmi un mal su l'altro! Vidi
16.17l'uomo a cui diermi i genitor, trafitto
16.18dinanzi alla città, vidi d'acerba
16.19morte rapiti tre fratei diletti;
16.20e quando Achille il mio consorte uccise
16.21e di Minete la città distrusse,
16.22tu mi vietavi il piangere, e d'Achille
16.23farmi sposa dicevi, e a Ftia condurmi
16.24tu stesso, e m'apprestar fra' Mirmidóni
16.25il nuzial banchetto. Avrai tu dunque,
16.26o sempre mite eroe, sempre il mio pianto.
17.1Così piange: piangean l'altre donzelle
17.2Pàtroclo in vista, e il proprio danno in core.
18.1Stretti intanto ad Achille i seniori
18.2lo confortano al cibo, ed egli il niega
18.3gemebondo: Se restami un amico
18.4che mi compiaccia, non m'esorti, il prego,
18.5a toccar cibo in tanto duol: vo' starmi
18.6fino a sera, e potrollo, in questo stato.
19.1Tutti, ciò detto, accomiatò, ma seco
19.2restâr gli Atridi e Nèstore ed Ulisse
19.3e il re cretese e il buon Fenice, intenti
19.4a stornarne il dolor: ma il cor sta chiuso
19.5ad ogni dolce finché l'apra il grido
19.6della battaglia sanguinosa. Or tutto
19.7col pensier nell'amico alto sospira
19.8e prorompe così: Caro infelice!
19.9Tu pur ne' giorni di feral conflitto
19.10degli Achivi co' Troi m'apparecchiavi
19.11con presta cura nelle tende il cibo.
19.12Or tu giaci, e digiuno io qui mi struggo
19.13del desìo di te sol; né più cordoglio
19.14mi graverìa se morto il padre udissi
19.15(misero! ei forse or per me piange in Ftia,
19.16per me fatto campione in stranio lido
19.17dell'abborrita Argiva), o morto il mio
19.18di divina beltà figlio diletto,
19.19che a me si edùca, se pur vive, in Sciro.
19.20Ahi! mi sperava di morir qui solo;
19.21sperava che tu salvo a Ftia tornando
19.22su presta nave, un dì da Sciro avresti
19.23teco addutto il mio Pirro, e mostri a lui
19.24i miei campi, i miei servi e l'alta reggia;
19.25perocché temo che Pelèo pur troppo
19.26o più non viva, o di dolor sol viva,
19.27aspettando ogni dì veglio cadente
19.28l'amaro annunzio della morte mia.
20.1Così geme: gemean gli astanti eroi
20.2ricordando ciascun gli abbandonati
20.3suoi cari pegni. Di quel pianto Giove
20.4impietosito, a Pallade si volse
20.5immantinente, e sì le disse: O figlia,
20.6perché lasci l'uom prode in abbandono?
20.7Pensier d'Achille non hai più? Nol vedi
20.8là seduto alle navi e lagrimoso
20.9pel caro amico? Andâr già tutti al desco;
20.10ei sol ricusa ogni ristor. Va dunque,
20.11e dolce ambrosia e nèttare nel petto,
20.12onde non caggia di languor, gl'instilla.
21.1Sprone aggiunse quel cenno alla già pronta
21.2Minerva che d'un salto, con la foga
21.3delle vaste ali di stridente nibbio,
21.4calò dal cielo, e nèttare ed ambrosia
21.5stillò d'Achille in petto, onde le forze
21.6il suo fiero digiun non gli togliesse;
21.7indi agli eterni del potente padre
21.8soggiorni rivolò. Gli Achivi intanto
21.9tutti in procinto dalle navi a torme
21.10versavansi nel campo; e a quella guisa
21.11che fioccano dal ciel, spinte dal soffio
21.12serenatore d'aquilon, le nevi,
21.13così dai legni uscir densi allor vedi
21.14i lucid'elmi, i vasti scudi, e i forti
21.15concavi usberghi e le frassìnee lance.
21.16Folgora ai lampi dell'acciaro il cielo
21.17e ne brilla il terren, che al calpestìo
21.18delle squadre rimbomba. In mezzo a queste
21.19armasi Achille. Gli strideano i denti,
21.20gli occhi eran fiamme, di dolore e d'ira
21.21rompeasi il petto; e tale egli dell'armi
21.22vulcanie si vestìa. Strinse alle gambe
21.23i bei stinieri con argentee fibbie,
21.24pose al petto l'usbergo, e di lucenti
21.25chiovi fregiato agli omeri sospese
21.26il forte brando; s'imbracciò lo scudo,
21.27che immenso e saldo di lontan splendea
21.28come luna, o qual foco ai naviganti
21.29sovr'alta apparso solitaria cima,
21.30quando lontani da' lor cari il vento
21.31li travaglia nel mar: tale dal bello
21.32e vario scudo dell'eroe saliva
21.33all'etra lo splendor. Stella parea
21.34su la fronte il grand'elmo irto d'equine
21.35chiome, e fusa sul cono tremolava
21.36l'aurea cresta. In quest'armi il divo Achille
21.37tenta sé stesso, e vi si vibra, e prova
21.38se gli son atte; e gli erano qual piuma
21.39ch'alto il solleva. Alfin dal suo riservo
21.40cavo l'immensa e salda asta paterna,
21.41cui nullo Achivo palleggiar potea
21.42tranne il Pelìde, frassino d'eroi
21.43sterminatore, da Chiron reciso
21.44su le pelìache vette, e dato al padre.
22.1Alcimo intanto e Automedonte aggiogano
22.2di belle barde adorni e di bei freni
22.3i cavalli: e allungate ai saldi anelli
22.4le guide, e tolta nella man la sferza,
22.5salta sul cocchio Automedón. Vi monta
22.6dopo, raggiante come Sole, Achille
22.7tutto presto alla pugna, e con tremenda
22.8voce ai paterni corridor sì grida:
22.9Xanto e Bàlio a Podarge incliti figli,
22.10sia vostra cura in salvo ricondurre
22.11sazio di stragi il signor vostro; e morto
22.12nol lasciate colà come Patròclo.
23.1Chinò la testa l'immortal corsiero
23.2Xanto: diffusa per lo giogo andava
23.3fino a terra la chioma, ed ei da Giuno
23.4fatto parlante udir fe' questi accenti:
24.1Achille, in salvo questa volta ancora
24.2ti trarremo noi, sì; ma ti sovrasta
24.3l'ultim'ora, né fia nostra la colpa,
24.4ma di Giove e del Fato. Se dell'armi
24.5spogliâr Pàtroclo i Troi, non accusarne
24.6nostra pigrizia e tardità, ma il forte
24.7di Latona figliuolo. Ei nella prima
24.8fronte l'uccise, e dienne a Ettòr la palma.
24.9Noi Zefiro sfidiamo, il più veloce
24.10de' venti, al corso; ma nel Fato è scritto
24.11che un Dio te domi ed un mortal… Troncaro
24.12l'Erinni i detti. E a lui l'irato Achille:
25.1Xanto, a che morte mi predir? Non tocca
25.2questo a te. Qui cader deggio lontano,
25.3lo so, dai cari genitor; ma pria
25.4trarrò tutta di guerre a' Troi la voglia.
26.1Disse, e gridando i corridor sospinse.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)