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1.1L'altro dì, Signor conte, in Reggimento
1.2trattandosi che il lusso si stringesse,
1.3io fei questo parlar, né me ne pento.
1.4Lodai pria Monsignor, che al fin volesse
2.1provedere a gli abusi, a i gravi danni,
2.2a le gran spese, a le ruine espresse.
2.3E dissi, ch'appo noi di qui a mill'anni
2.4di Pietro e di Donato il nome a volo
2.5n'andria con chiari e honorati vanni;
3.1poi c'havrà la città tutta non solo
3.2di superbi edificii e vaghi adorna,
3.3pascendo ogni hor di poveri un gran stuolo,
3.4ma tronche al troppo lusso anchor le corna,
3.5e racconcio il Torron sì ben, che a noi
4.1in evidente beneficio torna.
4.2Feci tre parti de le pompe poi,
4.3funeraria, cibaria e vestiaria,
4.4che ogniuna serba i dependenti suoi.
4.5E dissi, che a la pompa funeraria
5.1esser non pur devea tolta e interdetta
5.2col foco l'acqua, ma la terra e l'aria;
5.3e come cosa iniqua e maledetta
5.4con ogni legge e con quel più rigore,
5.5ch'usasse mai Republica ristretta.
6.1Espressi la cagion: perché l'honore,
6.2che solo a Dio la Chiesa ha riserbato,
6.3come del tutto origine e fattore,
6.4far vedeasi ogni giorno ad un privato,
6.5ma se pur fosse un'huom, per aventura
7.1potrebbe esser permesso e tolerato,
7.2per esser l'huom di Dio nobil fattura,
7.3che fino al Ciel con l'intelletto passa,
7.4e tien del creator forma e figura.
7.5Ma questo honor far veggio ad una massa
8.1di carne, anzi di fetido terreno,
8.2ignuda di ragion, di spirto cassa.
8.3De la cibaria poi dissi non meno,
8.4che far deveasi, e rigorosamente
8.5tenere il lusso in questa parte a freno.
9.1Allegai la ragion: perché più gente
9.2riman da tanti e varii cibi estinta,
9.3che da coltelli e spade, e più sovente.
9.4Dissi, rispetto a questa, che la quinta
9.5parte dannosa pur l'altra non era,
10.1che sì dannosa in prima havea depinta.
10.2E quivi discorrendo in tal maniera,
10.3la vestiaria in due volsi partire,
10.4che mal possi acconciar restando intera.
10.5L'una guarda de gli huomini al vestire,
11.1e de le donne l'altra, e se alhor bene
11.2fu notato da voi, Conte, il mio dire,
11.3dissi che si devea con gravi pene
11.4a gli huomini vietar ricami e fregi,
11.5ch'ornarsi a l'huom di fuor non si conviene.
12.1Ma i nostri veri honori e veri pregi
12.2da l'interna virtù nascon, che puote
12.3sola farci tra gli altri al mondo egregi.
12.4Quei, che tanti fior, fronde e vasi e rote
12.5portan su i panni, son come dorate
13.1scatole sol di fuori e dentro vote,
13.2o come certe palle in dono date
13.3spesso a i fanciulli, c'han sol vento, o piuma
13.4dentro, e di fuor di seta e d'oro ornate.
13.5Oltra che il patrimonio si consuma,
14.1s'altera la natura, e Dio si offende,
14.2ne giova punto il dir, ciò si costuma.
14.3Ch'egli è un abuso, il qual tanto più prende
14.4forza, quanto più dura onde si abbassi,
14.5che troppo in alto homai l'abuso ascende.
15.1Non vuo' già che cader l'huomo si lassi
15.2da la persona i panni, o ch'ei vad'unto,
15.3tal che la cosa in sordidezza passi.
15.4Ma parmi che si stia nel mezo a punto,
15.5o verso quello estremo più si pieghi,
16.1che da tal sordidezza è più disgiunto.
16.2Ma che la donna sì stretta si leghi
16.3non lodo, lodo ben, soggiunsi alhora,
16.4che il troppo lusso a lei non men si nieghi.
16.5E quanto io dissi alhor confermo anchora,
17.1né credo che il giudicio mio sia vano,
17.2né credo uscir del camin dritto fuora.
17.3Io dissi che allargar si de' la mano
17.4alquanto più d'intorno a questa parte,
17.5se non che fora ogni nostr'opra in vano.
18.1Non può gir la natura e meno l'arte
18.2da l'uno senza il mezo a l'altro estremo,
18.3e di ciò piene son tutte le carte.
18.4Dissi ch'esser dovea gran parte scemo
18.5del feminile ornato, perché in vero
19.1già mi par giunto al colmo più supremo.
19.2Ma che a voler tutto levarlo intero,
19.3oltra che mai durar non potria molto,
19.4questo estremo saria troppo severo.
19.5E dissi in spetie, che dal collo tolto
20.1non le fosse di perle un sol monile,
20.2ma quel sì ben c'hanno a la treccia involto.
20.3Se l'ornarsi non è cosa virile,
20.4quel però de la donna è proprio dono,
20.5che più vaga la rende e più gentile.
21.1E in testimonio Dio chiamo, ch'io sono
21.2fuor d'ogni passion, ma quel, che parmi
21.3honesto e giusto, in libertà ragiono.
21.4Ben facilmente anch'io posso ingannarmi,
21.5ma che il cor sian diversi e la favella,
22.1non è chi possa tal calunnia darmi.
22.2Non ho cugina, moglie, né sorella
22.3da portar perle, e quand'io ben le havessi
22.4mai per gratificar questa, né quella,
22.5non pensate, che in publico dicessi
23.1cosa, che nel profondo del mio petto
23.2per vera e ragionevol non tenessi.
23.3Dunque di quel, c'ho in tal maniera detto,
23.4s'altri lo chiama ben chimera, o sogno,
23.5poi che Dio sa da chi nasca il diffetto,
24.1non me ne pento e non me ne vergogno.
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