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1.1Perseverando in sanità la mente
1.2volgete a governar la casa vostra,
1.3che a mezo in ciò non si è mai diligente.
1.4E se mai fu bisogno, a l'età nostra
2.1esser mi par, che tanto il lusso regna,
2.2e che di sé fa sì superba mostra.
2.3Del grado suo ciascuno hora si sdegna,
2.4con veste e con addobbi a questa etade
2.5d'apparir Duca o Re ciascun s'ingegna.
3.1Oltra che poca fede hanno, e bontade
3.2maggiordomi, fattori e simil genti,
3.3c'han d'usurparci ogni hor gran libertade.
3.4Però s'huopo fu mai che diligenti
3.5siano i patroni, accorti e circospetti
4.1la notte e il giorno ad ogni cosa intenti,
4.2bisogna a questa età per più rispetti;
4.3che a dirgli tutti non sendo sicuro
4.4tacer gli voglio e mettergli per detti.
4.5Né fare anotomia di quei mi curo,
5.1ond'anco illustri Arpin sono, e Stagira,
5.2che il boccon troppo è da i miei denti duro.
5.3Ma fisso ad una prattica la mira,
5.4fondata sopra quella usanza bona,
5.5che a l'util misto con l'honore aspira,
6.1ragionarò con voi, come ragiona
6.2buon padre, cui del caro unico figlio
6.3di salute desio, non d'altro sprona.
6.4Né solo a voi giovare il mio consiglio,
6.5ma insieme a tutti quei sarà bastante,
7.1che per la gioventù stanno in periglio.
7.2In ciascun nostro affar che sia importante,
7.3consiglio habbiate, non potendo aiuto,
7.4ma quel sempre chiedete al fatto inante.
7.5Faccia i fatti suoi bene, e sia tenuto
8.1giusto e prudente per commun parere,
8.2e sia di pelo il consiglier canuto.
8.3Per coltivar vostri terreni, havere
8.4cercate fidi e commodi villani,
8.5e spesse volte quei gite a vedere.
9.1Leggete, e spesso habbiate ne le mani
9.2Caton, Varron, Palladio e Columella,
9.3che mai non fian sì fatti studii vani.
9.4Leggete anco il Crescentio, che di quella
9.5facultà parla, e da saggi scrittori
10.1fu la sua lingua riputata bella.
10.2Fate che i vostri agenti e dentro e fuori,
10.3secondo quei che pon trovarsi adesso,
10.4de i più fidati siano e de i migliori.
10.5E de i maneggi lor dian conto spesso,
11.1tenendo a quei la briglia e stretta e corta,
11.2e questi conti rendano a voi stesso.
11.3Mentre voi sète in letto, s'ogni porta
11.4sta chiusa laudo, e se chi n'ha la cura
11.5le chiavi sempre in camera vi porta.
12.1Fuggite il torre a cambio, ch'ogni usura
12.2la notte e il giorno ogni interesse rode
12.3senza termine alcun, senza misura.
12.4E perché usar non vi si possa frode
12.5sempre a contanti, ch'io non vuo' credenza,
13.1comprate, a far così meglio si gode.
13.2Vendita o compra non si faccia senza
13.3vostra saputa, e siate in ciò sottile,
13.4ritrovandovi sempre a la presenza.
13.5Per tempo, o sia d'ottobre, o sia d'aprile,
14.1fuor del letto a ciascun l'occhio rivolto
14.2per casa habbiate, e ciò sia vostro stile.
14.3Non dissegnate mai sopra il ricolto,
14.4se non d'un anno dopo, e in rotta vanno
14.5quei, che sel mangian prima che sia colto.
15.1Fate banchetto una sol volta l'anno;
15.2e men, se far si può, fuggite il gioco
15.3cagion d'ogni vergogna e d'ogni danno.
15.4Non conversate mai pur un sol poco
15.5con certa gente vile e bisognosa,
16.1che tinge qual carbon, bruscia qual foco.
16.2Non sia la casa vostra numerosa
16.3di servitori più che sia bisogno
16.4e fermo ordine habbiate a ogni cosa.
16.5Fuggite il far l'alchimia, e mi vergogno
17.1pensando quanti saggi hanno il cervello
17.2perduto dietro a così fatto sogno.
17.3De le donne impudiche io non favello,
17.4superfluo giudicando a voi dir questo,
17.5che sète accorto e d'intelletto bello,
18.1di poco ingegno inditio manifesto
18.2sarebbe a lasciar l'oro per l'ottone,
18.3oltra ch'è contra l'utile e l'honesto.
18.4Gran biasmo Glauco, e gran riprensione
18.5del baratto che fe' con Diomede,
19.1riportar sento, e non senza ragione.
19.2Se i miei consigli dativi con fede,
19.3con gran sincerità, con puro affetto
19.4senza speranza alcuna di mercede,
19.5vi restaranno impressi in mezo il petto,
20.1e fissi con tal forza dentro al core,
20.2che gli accettiate e mandiate ad effetto,
20.3le vostre facultadi a tutte l'hore
20.4di bene in meglio andranno, e non sarete
20.5ne la terra usurpato mai, né fuore
21.1ma sopra il tutto di gratia attendete
21.2(vuo' tornar questo a dirvi un'altra volta)
21.3che teso laccio non vi sia né rete.
21.4Da certe genti, che sen vanno in volta,
21.5cercando sempre a naso i vostri pari
22.1per farne preda con malitia molta.
22.2Da prima tengon modi astuti e rari
22.3l'amorevol facendo, e il buon compagno,
22.4fin che si avveggian, che vi siano cari.
22.5Poi subito (la mira al far guadagno
23.1sempre havendo) con l'unghie acute e torte
23.2gremiscon stretto, come augel grifagno.
23.3Deh, fuggite, per Dio, più che la morte
23.4queste sirene lime sorde harpie,
23.5fate che chiuse ogni hor trovin le porte.
24.1E quando cercaran tutte le vie
24.2per acquistar la gratia vostra, alhora
24.3vi siano a mente le parole mie.
24.4Ma di fornir parendomi già l'hora
24.5questa seconda parte, mi sovviene
25.1d'un bello essempio, e vuo' dir questo anchora.
25.2Ne la nostra città, che d'ogni bene
25.3ricetto essendo, per dono divino,
25.4quel bel nome acquistò, c'hoggi anchor tiene,
25.5fu già molti anni sono un cittadino
26.1di nobil casa, il qual lasciò un figliuolo
26.2quel dì, che gli prescrisse il suo destino.
26.3Nobile e ricco e giovinetto e solo
26.4questi rimase, e da principio segno
26.5mostrò che il capo ogni hor gli andasse a volo,
27.1onde correano a lui senza ritegno
27.2quei tali, che pur dianzi io vi dicea,
27.3facendo ogniun sopra l'altrui dissegno.
27.4Tutto quel, che per casa si facea,
27.5non è possibil di narrarvi, basta
28.1che l'acqua al suo molin ciascun trahea.
28.2Quel giovenetto, ch'era buona pasta,
28.3pativa per conciar la vesta altrui,
28.4che restasse la sua stracciata e guasta.
28.5Come andasser le cose, io lascio a vui
29.1pensarlo, quando in casa ciascun'era
29.2reverito e stimato più di lui.
29.3Costor gli persuasero una sera,
29.4ch'acquistarebbe honor sublime e raro
29.5col far qualche viaggio a primavera;
30.1seco a Venetia in somma se n'andaro,
30.2dove di scuti una gran borsa spese,
30.3che a ricusar mai non ci fu riparo.
30.4E poi ch'ivi fu stato più d'un mese,
30.5con tutta questa bella compagnia
31.1di danari leggier tornò in paese,
31.2ma carchi tutti quei di mercantia,
31.3tra l'altre cose portaron con loro
31.4un vasselletto pien di malvasia.
31.5E chiamandol mio ben, gioia e ristoro,
32.1gli stavan tutti inginocchiati intorno,
32.2di fiori coronandolo e d'alloro;
32.3poscia in tal guisa vagamente adorno
32.4lo salutavan qual cosa divina
32.5la sera, la diman, la notte e il giorno.
33.1E prima che levassero la spina
33.2per empir quel bicchier, c'haveano in mano,
33.3dicean sua colpa con la faccia china.
33.4Poi quando il vino incominciò pian piano
33.5ad uscir fuori, ogniun gli facea voto,
34.1se non andava per cavarne in vano.
34.2Misericordia, o Dio, poi che fu voto,
34.3tal strepito e romor non s'ode quando
34.4giostra insieme Aquilon, Vulturno e Noto.
34.5Se i buon cerchi eran d'huopo, io non dimando
35.1hor'alto, hor basso in guisa per le scale,
35.2come per sdegno quel givan ruotando,
35.3facendo altrui parer, ch'egli habbia l'ale,
35.4tanto a sbalzarlo ogni un destro s'accorda
35.5d'intorno e per le loggie e per le sale.
36.1Poi stretto l'appiccaro ad una corda,
36.2dondolandolo al tetto ben legato,
36.3e percotendol con la voglia ingorda.
36.4Quel giovenetto alhor stava da lato
36.5guardandogli, e pensoso alquanto in vista,
37.1da l'esser suo primier tutto cangiato;
37.2tra se stesso dicea: “tal premio acquista
37.3chi si ritrova il suo tutto haver speso,
37.4per gradir gente sì malvagia e trista.”
37.5Fin che il vassello o molto, o poco ha reso,
38.1come ogniun fosse stato innanzi a Dio,
38.2s'inginocchiava a riverirlo inteso.
38.3E hor ch'è vuoto come un ladron rio,
38.4ciascun lo sbalza e lo percuote a gara,
38.5onde fia ben, ch'io pensi al fatto mio;
39.1beato è quel che a l'altrui spese impara.
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