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1.1Ch'una sol volta, io v'ho di sopra detto,
1.2le pompe in Roma moderò il Senato,
1.3da gran necessità mosso e constretto,
1.4ma che a le donne in breve confirmato
2.1fu il privilegio lor, sendo il timore
2.2che a far tal legge lo sforzo cessato.
2.3Ho mostro anchor, che alcun Imperatore,
2.4c'havesse buona e retta intentione,
2.5di tor gli ornati mai non hebbe in core
3.1ma che da crudeltà spinto Nerone
3.2la legge fe', che fu rotta il prim'anno,
3.3per tender lacci a tutte le persone.
3.4Hor pria che a discoprir cominci il danno,
3.5che dal tor via le pompe a noi deriva,
4.1m'occorre a dir d'un altro empio tiranno,
4.2anzi d'un mostro d'Acheronte in riva
4.3nato, per scherno del romano Impero:
4.4tai cose fece, e tai di fare ordiva.
4.5Costui del figlio nacque di Severo,
5.1come affermò la matre, e l'avia Mesa
5.2ma sol Dio può saper se fosse vero.
5.3Questi contra Macrin vinta l'impresa,
5.4e dal Dio di Phenicia il nome tolto,
5.5sen venne a Roma senz'altra contesa.
6.1E di bianco e di rosso havendo il volto
6.2tinto, a guisa d'impura meretrice,
6.3stava dì e notte ne i profumi involto.
6.4Ma sì a minuto raccontar non lice,
6.5dove son donne almen, quel che per tanti
7.1saggi scrittori di costui si dice.
7.2Pur dirò ch'egli di feminei manti
7.3vestito ogni hor, de l'uno e l'altro sesso
7.4ponea gran studio in satisfar gli amanti.
7.5Un tempo a costui fu da Dio commesso
8.1de la terra il governo, e da lui poi
8.2de l'empia madre tutto in preda messo.
8.3Deh, come ben trovi la via, se vuoi
8.4dar castigo o gran Padre onnipotente
8.5di tanti enormi e gravi falli a noi.
9.1E fatto ciò, la matre sua presente
9.2fu nel Senato sempre, ove conchiuso
9.3per l'avvenir fu senza lei niente.
9.4La legge matronal da questa in uso
9.5fu posta alhor, che i gradi distinguea,
10.1non che l'ornato fosse in tutto eschiso.
10.2Di porpora le veste haver dovea
10.3per forza questa, e d'oro il crine adorno,
10.4le gemme a i piedi, o in gran pena cadea.
10.5Quell'altra haver non lice al crine intorno
11.1l'oro, né mai portar vesta di seta,
11.2se non vuol danno riportarne, o scorno.
11.3Concede a l'una il cocchio, a l'altra il vieta
11.4questo l'asinel tira e quello il bue,
11.5l'altro il destrier, che ad ogni cosa è meta.
12.1Chi sol con un destrier, chi va con due,
12.2come comanda, e vuol Semiamira
12.3con quei decreti e vane leggi sue.
12.4Dei destrieri a le selle anchor si mira;
12.5chi l'ha d'avorio, e chi d'oro, e chi d'osso,
13.1e se avvien che un sol manchi ella s'adira.
13.2Ma raccontar ciò, ch'ella fe', non posso,
13.3né voglio, che trovar vi potrei forse
13.4cosa da farmi per vergogna rosso.
13.5Costei col figlio tanto innanzi scorse,
14.1ch'ambedue fur con stratio uccisi in breve,
14.2e in tal maniera a Roma Iddio soccorse.
14.3E i lor decreti, come a l'Austro neve
14.4dileguarsi veggiam, si dileguaro
14.5subito, o come alcun vapor più lieve.
15.1Mi persuado già che ogniun sia chiaro,
15.2che le donne privar non è chi possa
15.3di quanto con virtù già si acquistaro.
15.4Pur dirò questo anchor: mentre commossa
15.5pur dianzi era l'Italia in più d'un loco
16.1per l'aspre guerre, e d'human sangue rossa,
16.2e che tanti paesi a ferro, a foco
16.3gir si vedean con stratio e con lamento
16.4di tanti, come a noi premesse poco,
16.5le donne alhor potean d'oro e d'argento
17.1e d'ostro ornarsi il petto e il collo e il crine,
17.2con gemme, e fregi, ed hor, che il foco è spento,
17.3e che si stan d'intorno le vicine
17.4città con le lor donne in gioco, e in festa,
17.5le nostre se ne van triste e meschine.
18.1Senza ornamento alcun di perle in testa,
18.2con panni oscuri, come appaia sola
18.3del gaudio universal Bologna mesta
18.4oltra ch'essendo (come il grido vola)
18.5per dechiarar con purità l'antica
19.1legge, appresso di noi la miglior scola.
19.2Qual fia tanto ignorante, che non dica,
19.3e che al contrario noi far non dimostri
19.4di quella gente sì del giusto amica?
19.5Già detto v'ho, che l'or, le gemme, e gli ostri
20.1vietati a Roma fur nel commun lutto,
20.2sopra i cui riti son fondati i nostri.
20.3E che il paese in pace poi ridutto,
20.4e l'orgoglio Aphrican gettato a terra,
20.5fu derogato a quella legge in tutto.
21.1Ma per contrario noi, mentr'era guerra,
21.2stava la porta de gli ornati aperta,
21.3e hor, ch'Italia in pace sta si serra.
21.4Le gemme e l'oro e gli ostri è cosa certa,
21.5ch'opra furon di Dio, né indarno fatti,
22.1ma perché in uso il tutto si converta.
22.2Di ciò non mangian cani, augei, né gatti;
22.3non son d'huomini cibo, né di fere;
22.4a gli ornamenti sol dunque son'atti.
22.5E de le donne in spetie, che apparire
23.1le fanno assai più belle e più gentili,
23.2e di via più leggiadre alte maniere;
23.3più caste, o più modeste i panni vili
23.4far non le pon, né per contrario anchora
23.5le pretiose veste e i bei monili.
24.1Di ciò togliendo l'uso, adunque fora
24.2vana l'opra di Dio, che nulla in vano
24.3tante cose per noi produce ogni hora.
24.4E quando l'huom con violenta mano
24.5la donna in servitù per forza pose,
25.1tanto in quest'atto dal dover lontano,
25.2l'oro, e le gemme, e tutte l'altre cose
25.3per suo ristoro a larga man le diede,
25.4e con tal fraude alhor quel torto ascose.
25.5La donna a noi soggetta esser si vede
26.1sotto pretesto van di finti honori,
26.2di tanta servitù poca mercede.
26.3Se stesso l'huom di frutti, e lei di fiori
26.4pascendo va con questi privilegi
26.5d'haver ricami e variar colori.
27.1Ma s'avvien poi che tanto si dispregi
27.2scemando in parte la sua leggiadria,
27.3col torle i panni d'or, le gemme e i fregi.
27.4Temo che non le nasca in fantasia
27.5qualche capriccio, perché spesse volte
28.1dal buon sentier per sdegno si travia.
28.2Guasta del tutto si vedrà di molte
28.3belle doti, c'ha il mondo, la più bella,
28.4se fian le pompe fuor de l'uso tolte.
28.5Non cosa humana, ma divina è quella,
29.1già cantata e descritta in mille carte,
29.2de la natura figlia, anzi sorella;
29.3questa sì rara, e nobil cosa è l'arte,
29.4che a i bisognosi quanto a i ricchi avanza
29.5divide, e con misura, ogni hor comparte.
30.1Se de gli ornati estinta fia l'usanza,
30.2convien che l'arte, e seco insieme cada
30.3a tanti anchor di viver la speranza.
30.4Che al fin constretti a gir per torta strada
30.5al vitio passaran da la virtute,
31.1chi di fune morendo e chi di spada.
31.2Quante fanciulle povere, cadute
31.3nel disagio, fian d'altri in preda messe
31.4vendendo l'honestà per la salute.
31.5O quanti padri, o quante madri, oppresse
32.1da gran necessità, le proprie figlie
32.2daranno a prezzo, e quante anchor se stesse.
32.3E gir vedransi a mal tante famiglie
32.4per varii casi, e in queste e in quelle parti
32.5l'herbe di sangue human farsi vermiglie.
33.1Perché sbandite e discacciate l'arti
33.2pronti appresso di noi ridursi veggio
33.3per tutto il mondo i vitii prima sparti.
33.4Furti, homicidii, sacrilegi, e peggio,
33.5stupri, rapine e incendii; ma s'io penso
34.1tutti narrargli, o quanto erro e vaneggio.
34.2Possibil poi non è contar l'immenso
34.3util, che l'arte a l'human seme apporta,
34.4né discorrendo può capirlo il senso.
34.5D'ogni dritto pensier questa è la scorta,
35.1la gioia accresce, e mitiga gli affanni
35.2e tutti là, dov'è l'honor, ci porta.
35.3Da l'altra parte i gravi acerbi danni,
35.4che da l'essiglio suo nascon, se tutti
35.5volessi dir, consumarei molti anni.
36.1Né gli potrei narrar con gli occhi asciutti,
36.2e questo del bandir purpuree gonne,
36.3fregi e ricami e perle sono i frutti;
36.4ritorniam dunque in libertà le donne.
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