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1.1Voi, cui del grande Stagirita altero
1.2ogni secreto è noto e ne guidate
1.3a lui per destro e facile sentiero,
1.4prestatemi benigne orecchie e grate,
2.1da voi cerco favor, da voi che sète
2.2l'Agrippa hoggi di Roma e il Mecenate.
2.3Non di ricchezze, non d'honori sete
2.4mi spinge, non la mia, ma sì l'altrui
2.5gloria desio, sì come chiar vedrete.
3.1Del gran Farnese, signor vostro, a cui
3.2servo devoto, anchor che inutil sono,
3.3né cedo ad altri in servitù che a vui,
3.4canto la notte e il dì fermo e ragiono,
3.5talché ho stanca la man, son fatto roco,
4.1la voce alzando e variando il suono.
4.2E benché nulla io voglia in questo, o poco,
4.3pur sfogo l'infiammato alto desio,
4.4che il cor m'incede ogni hor d'ardente foco.
4.5Di fede ho fatto a quel nel petto mio
5.1un vivo tempio e ben fondato come
5.2fosse di marmo e Pario e Lesbio e Chio.
5.3E d'Alessandro, a cui cinse le chiome
5.4l'avolo d'ostro in giovenile etade,
5.5scritto vi porto il sacro, altero nome.
6.1Poi che la dolce antica libertade
6.2per lui Roma ripiglia e il fero orgoglio
6.3barbarico per lui languisce e cade.
6.4Per lui devoto e colmo di cordoglio
6.5vedrassi il fier Monarca d'Oriente
7.1venire in Vaticano e in Campidoglio.
7.2E da l'Austro e dal Borea uscir gran gente
7.3vedrassi, e gire a lui la state e il verno,
7.4già d'ogni error pentita e riverente.
7.5Questo alhor fia, ch'ei solo havrà in governo
8.1l'humana greggia e l'una e l'altra chiave
8.2d'aprire il Cielo e da serrar l'Inferno.
8.3O benedetta, o ben guidata nave
8.4di Pietro alhor, c'havrai nocchier sì esperto,
8.5sì queta l'onda e sì l'aura soave.
9.1Del gran Paolo pastor, che a noi men'erto
9.2rende il camin del Ciel, seguendo ogni hora
9.3l'orme, degno divien di sì gran merto.
9.4Dunque a quel sir, cui riverente honora
9.5l'Europa, ov'ei per tutto chiaro luce,
10.1e che del Tebro ambe le rive infiora;
10.2gir desiando, voi chiamo per duce,
10.3anchor ch'io sappia quanto sia sicuro,
10.4e facil quel sentier che a lui conduce.
10.5Ma nel conspetto suo temo che oscuro
11.1non sia il mio nome, che non spiega i vanni,
11.2e chiuso stassi dentro al patrio muro.
11.3Se ben pria ch'egli de i purpurei panni
11.4s'ornasse, alhor di me notitia havea,
11.5ma già passati son sette e sett'anni.
12.1E ne la stanza sua spesso io solea
12.2domestico venir, che il Delio molto
12.3mi amava e comandarmi assai potea.
12.4Ma il pelo anchor non mi spuntava in volto,
12.5onde mutato assai son nel sembiante,
13.1oltra le cure in ch'io son tutto involto,
13.2però non voglio sol girgli davante,
13.3perché smarrito anchor da sua presenza
13.4la voce mandarei fioca e tremante.
13.5Siate adunque mia scorta voi, che senza
14.1voi nulla sono, ma standovi appresso
14.2maggiore audacia havrò, minor temenza.
14.3Ma perché anchor non v'ho quel chiaro espresso,
14.4ch'io cerco dal Signor, cui tanto ho in pregio,
14.5io vel dirò, che ad altri io l'ho promesso.
15.1Desio che sia da lui fatto il collegio,
15.2a cui principio die' Pietro Ancarano,
15.3vago e superbo e d'artificio egregio.
15.4Ragion'è ben, ch'essendo ei del romano
15.5imperio capo e di Paolo nipote
16.1di molto avanzi quel che fe' l'hispano.
16.2Dubbio non è che farlo deve e puote,
16.3se vuol non so, ma voi credo il sappiate,
16.4a cui le voglie sue tutte son note.
16.5Credo che voglia, ma che siano state
17.1mille cure e pensier cagion, che tanti
17.2anni passati sian, non pur giornate.
17.3Colpa di quei, che falsi ne i sembianti
17.4più che la gloria del signor lor preme
17.5la propria utilità, c'han sempre avanti.
18.1Anchor che annoverar non voglio insieme
18.2con questi voi, ch'amate il Signor vostro
18.3più che voi stesso e tutto il vostro seme.
18.4E s'havrò mai con penna e con inchiostro
18.5di parlar forza, almen sì ch'io sia inteso,
19.1vi mostrarò quel che non v'ho più mostro.
19.2Ma lascio in tanto sopra voi tal peso,
19.3anchor che al mio giudicio sarà lieve
19.4visto il Sir vostro a l'honor tanto inteso.
19.5Qual maggior gloria in questa nostra breve
20.1vita acquistar si può, se pur' è gloria
20.2vera qua giù, che far quel che si deve?
20.3Io stimo che più sia degna d'historia
20.4e di poema heroico un'opra tale,
20.5c'haver contra i nemici suoi vittoria.
21.1Quella è cagion di ben, questa di male,
21.2questa nasce dal mal, quella dal bene,
21.3e la ragion, che' l prova, è naturale.
21.4Vittoria senza guerra unqua non viene,
21.5che tanti huomini uccide e case atterra,
22.1l'edificar gli adorna e gli mantiene.
22.2Non credo, o Signor mio, che alcun la guerra
22.3lodi giamai, ma s'alcun pur si trova
22.4dico sforzato, che vaneggia e ch'erra.
22.5Ma per contrario a tanti huomini giova
23.1l'edificar, che dir nol posso in tutto,
23.2però chiaro veder nel fa la prova.
23.3Poi che il collegio a fin sarà condutto,
23.4e ch'indi tanti virtuosi e degni
23.5uscir vedransi ogni hor, qual maggior frutto
24.1quanti gentili e sopra humani ingegni
24.2fe' la natura indarno, che non hanno
24.3chi porga aiuto lor, chi loro insegni?
24.4Quanti dispersi hor qua, hor la sen vanno
24.5sol di libri e di mastri per difetto,
25.1e quanti a i giochi, a i furti indi si danno?
25.2Non credo che sia cosa nel conspetto
25.3di Dio più grata, e che più sen compiaccia,
25.4che aiutar questi poveri, c'ho detto.
25.5Fate homai dunque che il Sir vostro faccia
26.1questo collegio, e tal che dentro sia
26.2commodo e che di fuori a gli occhi piaccia.
26.3Per un, che fe' l'hispano, ei far devria
26.4di ragion quattro, anzi pur diece o venti,
26.5così spera ciascun, così desia.
27.1Sia tal che di stupor s'empian le genti
27.2di qui a mill'anni e mille, e che levati
27.3tengan su gli occhi a risguardarlo intenti.
27.4Cinga la strada quel da quattro lati
27.5con quattro altere porte, e d'ogni'ntorno
28.1marmi da dotta mano habbia intagliati;
28.2tondi, quadri, cornici e un fregio adorno
28.3d'oro di sopra a qualche rara foggia,
28.4e il portico sia volto al mezo giorno;
28.5siano le scale, onde si scende e poggia,
29.1larghe e piane, cui sia in mezo un riposo
29.2con chiaro lume e in fine un'ampia loggia.
29.3Sia da ogni parte allegro e luminoso,
29.4di camere e di sale e di giardini
29.5vaghi, e ben posti ricco e copioso.
30.1Il foco gli ornamenti habbia più fini
30.2del resto, e le fenestre anco e le porte,
30.3come porphidi e misti e serpentini;
30.4siavi una stanza grande ove si porte,
30.5e ciò di voi sia più che d'altri impresa,
31.1buoni libri in gran copia e d'ogni sorte.
31.2Siavi una bella e ben composta chiesa,
31.3e di messe e d'ufficii ben fornita,
31.4dove ogni hor splenda una gran face accesa.
31.5Dinanzi a quel gran Dio, che al Ciel ne invita,
32.1e ch'apre ambe le braccia e scopre il core,
32.2e che a noi die' con la sua morte vita.
32.3Ma troppo fora il mio palese errore
32.4s'hoggi quel tutto dir credessi in versi,
32.5che di far pensa il vostro e mio Signore.
33.1Dove tanti saran varii e diversi
33.2lavori, intagli e termini con nuove
33.3foggie di Greci e d'Arabi e di Persi.
33.4Che a contemplarlo sol par che mi giove,
33.5perché scolpito sempre in mente il porto,
34.1benché un tal visto mai non habbia altrove.
34.2Ma voi con tutto il cor prego e conforto
34.3a far che a tanta impresa gloriosa
34.4si dia principio e il termine sia corto.
34.5Tempo alhor fia che fuori uscir la rosa
35.1vedrassi e l'herbe a nuovi fiori intese;
35.2ma sopra il tutto che si faccia cosa,
35.3e d'Alessandro degna e di Farnese.
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