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1.1Già cominciava di purpureo manto
1.2a vestirsi la terra e d'ogni parte
1.3rendean gli augei dolce e soave canto,
1.4di fiori eran le fronde e l'herbe sparte,
2.1e già quel cerchio havea passato il sole,
2.2che la notte ugualmente e il giorno parte,
2.3alhor ch'entrai (come talhor si suole
2.4ne la stagion novella) in un giardino
2.5pien di gigli e di rose e di viole.
3.1Quivi stanco a seder sotto un bel pino
3.2mi posi a l'ombra, su la destra palma
3.3la guancia havendo e il guardo a terra chino,
3.4non per dormir, ma per dar posa a l'alma,
3.5ch'è preda ogni hor di mille intensi affetti,
4.1mentr'ella è involta in questa fragil salma.
4.2Ma contrari al pensier seguìro effetti,
4.3che il sonno, pien d'oblio spargendo il corno,
4.4m'assalse e fur gli spirti al cor ristretti,
4.5ne l'hora fu che il crin di rose adorno
5.1l'aurora e di vermigli fiori e gialli
5.2scorge fuor d'oriente il nuovo giorno.
5.3Gli augei per monti e per piaggie e per valli
5.4con mesti canti e con lieti lamenti
5.5e il mormorar de i limpidi christalli,
6.1lo spirar per le fronde i vaghi venti,
6.2furon cagion ch'io chiusi gli occhi al fine,
6.3invitato da i chiari e dolci accenti.
6.4Dormendo mi parea ne le vicine
6.5selve drizzar per un sentiero il passo
7.1pien di pruni e di sterpi e d'altre spine,
7.2guardando in alto un dirupato sasso
7.3pendea sopra il mio capo in tal maniera,
7.4che di cader giù minacciava a basso;
7.5da l'altra parte poi tal ruin'era,
8.1ch'io credo ben, se il creder mio non falle,
8.2ch'indi si arrivi al centro de la sphera.
8.3Dunque per erto e per angusto calle
8.4tra l'un periglio e l'altro, in ver l'aurora
8.5la faccia e volto ad Hespero le spalle,
9.1seguìa il camin con lento passo ogni hora,
9.2di timor colmo per la gran fatica
9.3di non potere uscir mai quindi fuora.
9.4Ma fummi tanto al fin la sorte amica,
9.5che salvo mi trovai fuor di perielio
10.1sopra un bel prato in una piaggia aprica.
10.2Dove con maraviglia alzando il ciglio,
10.3ch'esser giunto mi parve in stranio clima,
10.4ecco un monte apparir giallo e vermiglio,
10.5crochi, amaranthi e rose, e con la cima
11.1superbo oltra le nubi il ciel sereno
11.2guardava, e un fonte havea ne la part'ima.
11.3Quando ecco un canto in questo loco ameno
11.4intonarmi l'orecchie in guisa tale
11.5ch'io venni quasi per dolcezza meno.
12.1Nove donne leggiadre, ogni una quale
12.2crediam che sian gli eletti in Paradiso,
12.3facean quel canto che non trova eguale.
12.4Ma poi che il grave aspetto e il dolce viso
12.5mirai di quelle al giugner su la fonte
13.1restai da me per gran stupor diviso
13.2che a par discese dal fiorito monte,
13.3tutte in quel loco si fermaron cinte
13.4di verde lauro e d'hedera la fronte.
13.5Dal piede a le ginocchia ignude e scinte,
14.1coperte il resto d'un leggiadro velo
14.2e in molte parti quel di nodi avvinte,
14.3un giovenetto, che il signor di Delo
14.4sembrava in vista, anch'ei cinto d'alloro
14.5né gli spuntava da le guancie il pelo,
15.1con l'habito medesmo era tra loro
15.2assiso sopra un gran seggio eminente
15.3di fiori ornato con sottil lavoro.
15.4Volsi gli occhi a man destra e molta gente,
15.5di varie frondi ogni un cinta la chioma
16.1vidi al fonte arrivar chiara e lucente.
16.2Questi, come compresi a l'idioma
16.3mentre parlando gian tra lor pian piano,
16.4parte nacquero in Grecia e parte in Roma,
16.5parte in paese barbaro e lontano,
17.1parte su l'Arno e i primi due di questa
17.2schiera nel mezo un grande havean per mano,
17.3che sol fra tanti senza fronde in testa
17.4venìa, sì venerabile nel volto
17.5che l'interna virtù fea manifesta.
18.1Quel giovenetto in tanto a lui rivolto
18.2se gli fe' incontro e con ciascuna Diva
18.3mostrò d'amarlo e d'apprezzarlo molto.
18.4E postolo a seder sopra la riva
18.5del fonte, di sua man gli porse aiuto
19.1nel chinarsi a pigliar de l'acqua viva;
19.2cui, poscia c'hebbe a suo piacer bevuto,
19.3sopra la chioma il verde lauro pose,
19.4ch'egli havea in capo dopo un bel saluto,
19.5gigli, amaranthi alhor, narcisi e rose
20.1subito in seno e in faccia gli gettaro
20.2quelle Nimphe leggiadre e gloriose.
20.3Sopra il bel seggio poi tosto il portaro,
20.4standogli sempre e quinci e quindi a lato
20.5quei due, che venner seco a paro a paro.
21.1Quel, ch'era da man destra quivi stato
21.2già fermo alquanto riverente il piede
21.3mosse, di carità tutto infiammato.
21.4Et una cetra, c'havea in man, gli diede
21.5e in fronte un bascio con le braccia al collo
22.1e poi si ritornò ne la sua sede;
22.2gli die' l'altro una lira anco e basciollo,
22.3poi ne l'orecchio non so che gli disse
22.4quel giovenetto che sembrava Apollo.
22.5L'orecchie intente havea tenendo fisse
23.1le luci per udir, ma sì secreto
23.2parlò ch'io credo che nessun l'udisse.
23.3Ciascun poi di quegli altri in vista lieto
23.4sen giro ad abbracciarlo ad uno ad uno,
23.5stando ei con gli occhi bassi e mansueto.
24.1Mentr'ero intento a rimirar s'alcuno
24.2riconoscer potessi, uscir di quella
24.3schiera e venirmi incontro alhor vidi uno,
24.4che se l'habito indicio e la favella
24.5può darne, esser parea nato e nutrito
25.1dov'Arno inonda Flora illustre e bella.
25.2Giunto a me quello, il primo fui che ardito
25.3dissi: “O Signor saper desio chi sia
25.4quel giovenetto, e gli accennai col dito,
25.5con le donne c'ha seco in compagnia,
26.1e come il loco si addimandi dove
26.2siamo, ditel vi prego in cortesia?”
26.3Ond'ei rispose: “O figliuol mio le nove
26.4donne sono le Muse e il giovenetto
26.5è di Latona il gran figlio e di Giove;
27.1quel monte, ch'è Parnaso, si hanno eletto
27.2per stanza, vedi posto a la radice
27.3di quello il fonte ch'è Castalio detto”.
27.4Soggiunsi alhor: “Deh, se saper mi lice,
27.5ditemi chi sia quel cui tanto honore
28.1fan gli altri, che chiamar si può felice?”
28.2“Questi è – rispose il Tosco – un gran Pastore,
28.3che nacque dove il rapido Santerno
28.4l'Emilia inonda, pien d'alto valore;
28.5questi è colui che il sacro nome eterno
29.1rende per tutto in guisa, che la forza
29.2havrà del tempo e de la morte a scherno;
29.3questi è quel la cui fiamma ogni altra ammorza
29.4stando qua giù, che farà dunque poi
29.5scarco del peso di sì grave scorza:
30.1ma perch'io so, che di quei primi heroi,
30.2che in mezo l'han, di saper brami il nome,
30.3e la cagione anchor che qui siam noi,
30.4e perché dopo che gli ornò le chiome
30.5Phebo, noi con le Dee fummo sì lieti,
31.1vuo' raccontarti il tutto e quando e come.
31.2Tu dei saper che tutti siam poeti,
31.3benché a man destra il primo c'ha sì bianco
31.4il crine, anchor sia posto in fra i propheti;
31.5questi è quel, che fanciullo invitto e franco
32.1ruppe la fronte a l'empio Philisteo,
32.2né mai di lodar Dio trovossi stanco.
32.3Di quel gran Padre, che ogni cosa feo,
32.4cantò l'alta pietà dolente in versi;
32.5l'altro, ch'è seco, è il gran pastor Dirceo;
33.1gli Dei questi, e gli heroi con chiari e tersi
33.2metri cantò sì dolce, che cantando
33.3par che giù latte da la lingua versi.
33.4Ma la cetra e la lira ambo donando
33.5al moderno Pastor, lui qual gentile
34.1cigno vedremo al ciel girsi inalzando.
34.2Da l'un soggetto havrà, da l'altro stile,
34.3così tal pregio acquistarassi in breve
34.4che ogni altro appresso a lui rimarrà vile.
34.5Se in questa fonte alcun prima non beve
35.1né gli dia Phebo la sua verde fronde
35.2in quella schiera entrar giamai non deve.
35.3Eccol cinto d'alloro e gustar l'onde,
35.4tal che chiaro con noi già d'esser merta
35.5per l'infinite sue virtù profonde.
36.1Le Dee, per tal cagion tutte da certa
36.2letitia mosse, lo coprir di fiori
36.3onde la gioia lor gli fosse aperta.
36.4Noi dopo andiam de i ricevuti honori
36.5rallegrandoci seco a dargli segno
37.1del gran piacer c'habbiam ne nostri cori,
37.2ma sappi che se l'huom pria non fia degno
37.3giudicato da Cinthio, e da le Dive
37.4per virtù, per dottrina e per ingegno,
37.5giugner non puote a le honorate rive
38.1per bere, né pigliar può la corona
38.2di lauro onde in eterno poi si vive;
38.3d'alcun ben crede il vulgo, e si ragiona
38.4che cinto il crin d'alloro habbia, né mai
38.5vide Pindo, Hippocrene od Helicona”.
39.1“Tutto il mistero intender parmi homai
39.2Signor, vostra mercé – dissi – ma resto
39.3sol d'una cosa in dubbio, ch'io notai.
39.4Desio che mi facciate manifesto
39.5che cosa ne l'orecchio a quel dicesse
40.1pur dianzi Apollo se non v'è molesto.”
40.2Et egli a me: “Sappi, o figliuol, che spesse
40.3volte gli han fatto questo honor le Muse,
40.4che per suoi merti ciò Dio gli concesse,
40.5mai non gli fur, ne fian queste vie chiuse,
41.1né di salir qua sù giamai conteso,
41.2tante virtù gli ha Dio ne l'alma infuse.
41.3So quel, che devea dirgli, anchor che inteso
41.4non l'habbia; e tel dirò, che sempre fui,
41.5e sarò sempre in satisfarti acceso.
42.1Tu dei saper che al mondo hoggi son dui
42.2lumi, che i raggi lor lucenti e chiari
42.3mandano in Cielo e giù ne i regni bui;
42.4l'un Roma affrena e le provincie e i mari
42.5giovenetto governa; e di dottrina
43.1l'altro è famoso, e di valor son pari
43.2per via diversa e questi e quel camina,
43.3le menti ambo a la gloria havendo intese
43.4a cui del pari ogni un già si avvicina.
43.5Quel, che il mondo governa, è il gran Farnese
44.1che per scacciar l'infernal furia rea
44.2detta avaritia giù dal ciel discese.
44.3Giamai non fece Iddio più vaga idea
44.4di lui, c'hor l'alma in terra e il nome serba
44.5de i gran figli d'Olimpia e di Mammea.
45.1E benché a quei ne l'età loro acerba
45.2lo stame, onde vivean, l'invida Parca
45.3troncasse con la destra empia e superba
45.4però d'Europa questi al fin Monarca
45.5saggio e felice ne l'età matura
46.1di Pietro in porto condurrà la barca.
46.2L'altro è il nuovo Pastor, che ne la pura
46.3fonte ha bevuto, e cui di doni tanti
46.4fu largo il ciel che n'ha governo e cura.
46.5A questo Apollo ha detto, ch'ei sol canti
47.1l'alto Farnese, perché un tanto lume
47.2non lice ch'altri di cantar si vanti.
47.3Per ciò gli die' la lima e die' le piume
47.4da polirsi e d'alzarsi, e gli ha la vena
47.5data abondante più che rivo o fiume.”
48.1Fornito havea di parlar quello a pena
48.2quand'io soggiunsi, havendo di desio
48.3di conoscerlo homai la mente piena.
48.4E dissi: “Deh, Signor, fate almen ch'io
48.5vi riconosca accioché io sappia verso
49.1di cui si estenda tanto obligo mio.
49.2Sète forse colui che l'universo
49.3ripieno havete, ovunque il giorno luce,
49.4del vostro alto e soave e dolce verso;
49.5e che ogni hor sète mio fidato duce
50.1per l'erta via scorgendomi al sentiero,
50.2che ogni un sicuro, ov'ei desia, conduce?”
50.3Tacendo alhor quel mi accennò, che vero
50.4era ciò tutto, ond'io ripresi tosto:
50.5“Dunque uscir d'un grand'obligo homai spero,
51.1questo novel Pastor m'ha dianzi imposto
51.2ch'io renda gratie a Dio con parlar tosco
51.3ch'egro giacendo in sanità l'ha posto.
51.4Ma perché il valor mio debil conosco
51.5sempre ho tacciuto, hor m'empio di speranza
52.1ch'io mi ritrovo in questa parte vosco.
52.2Con quel leggiadro stil, che ogni altro avanza,
52.3ond'io prendo sovente ampio restauro
52.4datemi aiuto, com'è vostra usanza.
52.5Col dolce canto, che da l'Indo al Mauro
53.1dal Borea a l'Austro già fe' chiare e note
53.2l'altere frondi del ben culto lauro.
53.3Né in queste parti sol, ma da Boote
53.4fin dove l'altro suo contrario polo
53.5girando il ciel va con veloci rote”.
54.1“Tempo e loco non è questo o figliuolo
54.2– rispose il divin Tosco – ecco la folta
54.3schiera partirsi e me lascian qui solo.
54.4Ma se di poter farlo hoggi mi è tolta
54.5l'occasion, con più devoto metro
55.1d'aiutarti prometto un'altra volta.”
55.2Poi seguì innanzi ed io rimasi indietro.
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