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1.1Di quel color che l'orizonte fassi,
1.2spuntando Apollo al balcon d'Orïente
1.3drieto a la figlia con veloci passi,
1.4divenne al mio parlar tenendo mente
1.5e fra un gran suspir con voce pia:
1.6Ascolta–disse–e non parlar nïente.
1.7Così, guardando in la sua faccia dia,
1.8compresi ai movimenti aver parata
1.9dolce risposta a la domanda mia
1.10e, qual om ch'ha proposta sua imbasciata
1.11dinanzi al tribunal aspetta e tace
1.12per sentir cosa al suo contento e grata,
1.13queto restai e lei: Quanto è vivace
1.14con ornato parlare umiltà,–disse –
1.15che quanto ha men color tanto più piace.
1.16Son tue parole in mia mente sì fisse
1.17per l'umil tuo narrar, benigno e grato,
1.18che impossibil saria ch'io non empisse
1.19l'animo tuo. Vedi un medesmo fiato
1.20che lento scalda e furibundo aiaccia;
1.21el polso lieve è san, l'altro è malato;
1.22l'acqua si riconverte in dura jaccia
1.23al freddo vento e se 'l suave spira
1.24convien che presto poi si liquefaccia;
1.25un medesmo parlar piacere e ira
1.26può generar, l'un con superbia expresso
1.27e l'altro se umilmente fuor respira.
1.28Tu voi saper chi son: dirollo adesso
1.29e ancor ciò che mi fa sentir gran pena
1.30in breve spazio ti sarà concesso.
1.31Chiamomi d'ogni cosa una ampla vena:
1.32questo è el mio nome, e so che l'hai udito,
1.33fra tutte l'altre splendida e serena.
1.34Dal dì ch'io nacqui in questo ameno lito
1.35dugento e sette lustri e mezzo sono
1.36stata, crescendo ognor la forza e 'l sito,
1.37tanto che ormai di mia potenzia el tuono
1.38rimbomba l'universo e la gran fama
1.39di me già spansa, non te ne ragiono.
1.40Excelsa sopra l'altre ognun mi chiama
1.41d'intelletto, virtù, ricchezza e fede;
1.42chi mi odia trema e secur sta chi me ama;
1.43nissun mi tien qual so' se non mi vede
1.44né è alcun in poter tanto perfetto
1.45che a suo danno ver me non mova el pede.
1.46Per salvar questa croce ch'ho nel petto
1.47fatto ho tremar spandendo el proprio sangue
1.48tutto el spurcido ovil di Macometto.
1.49Parte de Italia ancor povera langue
1.50sol per sperimentar mio fiero morso
1.51dolce a chi el teme, a chi el disprezza d'angue.
1.52Se con l'ingegno vuoi far buon discorso,
1.53quante patrie e città, come s'intende,
1.54da tiranni ha scampate el mio soccorso.
1.55Io non offendo mai chi non mi offende,
1.56come el lion, ma chi mi fa un cenno
1.57raro dal mio furor poi si difende.
1.58Iustizia e pace mi governa e senno
1.59e 'l mio concetto ha sì cupa radice,
1.60che mai scocca el mio strale ov'io accenno.
1.61Di tutti li indigenti ospitatrice,
1.62ai virtüosi una ubertosa mamma,
1.63nel publico governo una fenice.
1.64Io t'ho de l'esser mio detto una dramma,
1.65or se tu vuoi del dolor la cagione
1.66convien che aguzzi gli occhi a maggior fiamma.
1.67Tanto el perder un ben maggior passione
1.68dà a chi el perde e disio d'acquistarlo,
1.69quanto più quel contien perfezïone.
1.70Sta' dunque attento a quel che mesta parlo,
1.71ché quel che 'ntendarai col mio dir fioco
1.72stupido ti farà pur a·ppensarlo.
1.73Non mi ricordo quanto in questo loco
1.74da la mia creazion stata mi fusse,
1.75ma credo al mio parer ch'el fusse poco,
1.76quando in mia compagnia sorte condusse
1.77di quella alta prosapia, che già a Roma
1.78venne a grand'uopo et Anibal destrusse
1.79e ora appresso a me tanto si noma.
1.80Questi crescendo in gloria e fama assai
1.81han fatto dir di sé ogni idïoma;
1.82sempre son stati a me fedeli e mai
1.83per la salute mia non venner manco,
1.84senza temer gran torti, ingiurie e guai.
1.85Già mai alcun di lor timido o stanco
1.86non trovai nel patir la certa morte
1.87per servare el mio nome integro e franco.
1.88Egli è ben ver che mai fortuna o sorte
1.89non puol remuover ciò che dà natura,
1.90ché 'l più supera sempre el manco forte.
1.91El primo d'ei, che fu di Dio fattura,
1.92prese una grazia tal dal suo Fattore,
1.93che ne' seguaci agumentando dura.
1.94In lor virtù, in lor pregio e valore,
1.95in lor benignità, in lor ricchezza,
1.96alto consiglio e gran disio d'onore.
1.97Gloria sempre son stati e la bellezza
1.98del regno mio fin negli anni recenti,
1.99che 'l Cielo ha raddoppiato in lor fortezza
1.100acciò che ne' futuri e ne' presenti
1.101giorni dal Tempo invidïoso e parco
1.102non sieno e' nomi lor nel mondo spenti.
1.103Quando el preclaro e generoso Marco
1.104del magnifico sangue al secol venne
1.105d'ingegno, di valore e virtù carco,
1.106questo tal vita in la sua patria tenne,
1.107che non un Regol sol né un Fabrizio,
1.108ma nuovo Scipïon per me divenne,
1.109alzando la virtù, calcando el vizio,
1.110benigno al giusto e punitor del reo,
1.111giustando el mezzo al fine et a l'inizio.
1.112Costui per suo favor sacro Imeneo,
1.113perché simil con simil s'accompagna,
1.114al giogo marital congionto feo
1.115e di quella isoletta che Egeo bagna,
1.116qual piacque a Bacco e a·llui sacra fue,
1.117dove Arïadna di Teseo si lagna,
1.118scelse una donna con le grazie sue
1.119del roman sangue Crispo, che or lì regna,
1.120e in un sol groppo congiunse ambedue.
1.121Qual fusse o sia costei el nome t'insegna:
1.122in costumi, in virtù vera Fiorenza,
1.123fior che ha produtto a noi stirpe sì degna.
1.124Ne' giorni suoi di bellezze excellenzia
1.125ebbe fra l'altre, or in matura etade
1.126modestia, senno, exemplo e continenzia;
1.127una nuova Veturia in gravitade,
1.128altra Racchel in suo parto feconda,
1.129qual Anna in santimonia e castitade.
1.130O degna coppia, o coniunzion gioconda!
1.131Una concordia al ben con fede unita
1.132come sempre è fra chi virtù seconda.
1.133Queste due piante, prolungando in vita,
1.134produsser frutti assai, parte de' quali
1.135fu da invida morte a noi rapita.
1.136Ma quei che qui restar son fatti tali
1.137e 'l ciel con tal favor gli guida e regge,
1.138che fien coi spirti lor nomi immortali.
1.139E sì come che vuol natural legge
1.140ch'ogni cosa creata abbi el suo fine,
1.141e qual sul fiore e qual maturo elegge,
1.142doppo l'opere excelse, alte e divine
1.143del magno cavalier a Jove piacque
1.144chiamarlo a sé fuor del mondan confine.
1.145Pensa se a me gran danno e doglia nacque,
1.146se pianse gente assai pensar lo puoi
1.147e se a la sua Fiorenza assai dispiacque.
1.148Quattro lor frutti son restati a noi:
1.149tre donne excelse et un om sì famoso,
1.150che non ha el pari ancor ne' giorni suoi.
1.151Giorgio è 'l suo nome, invitto e generoso,
1.152magnanimo, gentil, constante e saggio,
1.153fedel, provido, acorto e poteroso.
1.154Lustra fra gli altri mei qual solar raggio,
1.155a me ubidïente, a me umile,
1.156che sol dove a me piace è el suo viaggio;
1.157de' suoi progenitor segue lo stile,
1.158ché pel comun servizio el proprio adnulla.
1.159Rigido punitor d'ogni atto vile,
1.160amico di virtù fin ne la culla,
1.161giusto in consiglio, in consolar suave,
1.162pronto al perdon, l'ingiuria apprezza nulla.
1.163In biondo crin saper canuto e grave,
1.164tanto che adesso è di quei diece l'uno
1.165che tengan del mio imperio in man la chiave.
1.166Vero Cornelio in premïar ciascuno,
1.167gratissimo a chi el serve e lui mai sazio
1.168è di servir, non segregando alcuno,
1.169costui un Fabio, un Catone, un Orazio
1.170è stato sempre in seguitar mie orme,
1.171sprezzando naüfragii, insulti e strazio.
1.172A tutto el mio voler sempre conforme
1.173e son sì inanzi agli anni andate le opre,
1.174ch'all'uffizio è la età assai difforme.
1.175E perché invidia ogni virtù ricuopre,
1.176acciò che quando fie da morte spinto
1.177rimanga el nome e l'excellenzia sopre,
1.178de aürata toga l'ho precinto,
1.179qual appartiensi a nobil cavaliero
1.180uso a vincer ognun senza esser vinto.
1.181E se la vita sua fie com'io spero,
1.182voglio exaltarlo a più sublime scanno,
1.183qual vero faütor del nostro impero.
1.184Tre sorelle ha, ch'all'altre lume danno
1.185come a le stelle el sol, e come rosa
1.186fra gli altri fior tal tra le donne stanno.
1.187L'una di manco età, vaga e gioiosa,
1.188diminutivo tien di Colei el nome,
1.189che d'un solo è madre, figliuola e sposa.
1.190Chi guarda ben costei comprende come
1.191a' tempi nostri ogni altra in beltà excelle,
1.192in dolce grazia, in bel volto e le chiome;
1.193du' occhi in testa tiene, anzi due stelle,
1.194dove tempra suo' stral sempre Cupido,
1.195né più altro disia chi guarda quelle.
1.196Lezadra, franca e d'ogni virtù nido,
1.197piacevil, mansüeta, umil, acorta,
1.198di fede e continenzia un'altra Dido.
1.199Dolce parlar ch'ogni aflitto conforta,
1.200costei è d'un Cappel sposa e conserva,
1.201che l'aürata insegna al petto porta.
1.202L'altra seconda gaia più che cerva,
1.203magnifica, real, prudente e vaga
1.204de la progenie sua el nome serva.
1.205Una tal gravità costei appaga,
1.206ch'ogni van desider stolido e ingiusto
1.207un movimento sol contenta e paga.
1.208Viva prudenzia, aspetto alto e venusto,
1.209non donna, no, ne' suoi effetti pare,
1.210ma un Traiano, anzi un Cesare Augusto.
1.211Saggi custumi, umil maniere e rare,
1.212divo intelletto e perspicace ingegno,
1.213bellezze somme, onestà singulare.
1.214Costei divenne sposa di quel degno
1.215Paulo, figliuol del claro Vendramino,
1.216che tenne el principato del mio regno.
1.217Una insolubil fede, amor divino
1.218fu infra lor, un conversar giocondo;
1.219poi morte in sul bel fiore e fier destino
1.220di lui fer prede e lei rimase al mondo.
1.221El secondo capitolo de l'insogno qui finisce
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