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1.1Partir volea del sen de' car Fratelli
1.2per far del Cancro alquanto tempo acquisto
1.3Febo coi razzi suoi aurati e belli,
1.4le divizie di Cerer, che Calisto
1.5inseme vide, già Siro brusciava,
1.6facendo ciascun Pan spogliato e tristo
1.7e con maggior furor Titon cantava,
1.8gli ucei quasi in silenzio a la dolce ombra
1.9lo specchio di Narciso ognun cercava;
1.10ne l'or che el lieto amante in fretta sgombra
1.11e colei che e' mortal dal sonno sveglia
1.12lassando el vecchio el scuro mondo ingombra
1.13e già pian pian sollevando le ciglia
1.14coi biondi crini a' suoi corsieri Apollo
1.15rinfresca l'orzo e prepara la briglia,
1.16quando nel mio studiol, qual spesso immollo
1.17di lacrime dal dì ch'io fui ligato
1.18con nodo tal che più scioglier non sollo,
1.19tutto d'angustie oppresso e circundato,
1.20preliando insieme Amor, tormenti e 'l sonno,
1.21caddi alfin presto dal sopor gravato.
1.22Fantaso e l'altri due mi presentonno
1.23cose sì magne, che non solo exporre,
1.24ma pur pensarle e' mei spirti non ponno.
1.25O Jove, or qui con le tue figlie corre
1.26et al mio secco e arrido intelletto
1.27con lor dolce licor presto soccorre.
1.28Libero, al mio parer, sciolto e soletto
1.29a piè de l'Alpe in l'adriaco seno,
1.30da' Paflagonii già per sorte eletto,
1.31in un suave e vago lito ameno
1.32fra el Meduaco e 'l Silo in un momento
1.33dove lor nome e lor sapor vien meno
1.34trova' mi e andando con un passo lento
1.35vidi una donna inconsueta e nova,
1.36del cui aspetto ancor tutto spavento.
1.37Qual om che cosa inusitata trova
1.38stupido resta e, titubando, pensa
1.39fuggir se nuoce et aspettar se giova,
1.40tal io, vedendo sì preclara e immensa
1.41figura, stavo in me tutto perplesso.
1.42Poi discacciò el timor la voglia intensa
1.43e tremebondo fe' mi alquanto appresso,
1.44come chi vuole a qualche loco degno
1.45giugner e teme non li sia permesso.
1.46Alza Minerva ormai, alza el mio ingegno,
1.47sì ch'io descriver possa sua figura,
1.48ché le vil forze mie non vanno al segno.
1.49Già mai produsse el cielo e la natura
1.50tal donna, che del mar presso a le sponde
1.51si stava alquanto mesta e ben sicura.
1.52Mezza era fuore e mezza era ne l'onde,
1.53umana effigie quel che era scuperto
1.54e come pesce quel che l'acqua asconde.
1.55Grave in aspetto e comprendeasi aperto
1.56in lei maturità d'ingegno e de anni,
1.57de la statura sua non son ben certo.
1.58Di ricchi, fini et aürati panni
1.59dipinti tutti a diversi colori,
1.60che allegraria ciascun benché in affanni,
1.61era vestito quel che apparea fuori
1.62con ordin bello e tanto ben contesta,
1.63come di maggio un bel prato di fiori.
1.64D'oro e di gemme una corona in testa
1.65di pregio tal, che chi attento bada
1.66quella di Febo non è pari a questa.
1.67Da la sua destra mano avia la spada
1.68con qual manda al suo fin tutte le cose,
1.69acciò che ognun per dritto camin vada;
1.70ne la sinistra in un ramo tre rose,
1.71l'una già secca e l'altra aperta e bella,
1.72l'altra tenea ancor suo foglie ascose.
1.73Una ferrea colonna aveva quella
1.74sculpta in la dritta spalla e ne la manca
1.75era una rota a guisa d'una stella.
1.76Splendea nel petto una crocetta bianca
1.77d'un saldo dïamante e nel bel fronte
1.78verde smiraldo a cui mai color manca.
1.79E per guardar più su, con voglie pronte
1.80alzando gli occhi, a quelli un fulgur venne,
1.81ch'io dubitai non doventar Fetonte.
1.82Tanto splendor la vista non sostenne,
1.83pur avido veder, qual nuovo ucello
1.84che vuol volar e non si sente penne,
1.85per maggior sicurtà feci cappello
1.86agli occhi con la mano e guardai fiso
1.87e vidi alquanto che splendor fu quello.
1.88Sopra e' flavii capei razzava assiso
1.89un vivo serafin tuto di fuoco,
1.90de' più chiari che fusse in Paradiso,
1.91tal che di mezza notte in ogni loco
1.92farebbe un giorno più che mai lucente
1.93e 'l sol appresso a quel splenderia poco.
1.94Sull'erba inanzi a·llei, ponendo mente,
1.95a l'ombra d'una palma un lion stava
1.96con l'ale d'or magnanimo e potente.
1.97Così la bella donna contemplava,
1.98qual cara sposa el geloso marito,
1.99guardando con turbor chi lei guardava.
1.100Tanto quel ch'io vedea m'era gradito,
1.101che avido d'assai meglio oltre acosta'me,
1.102per fin ch'io giunsi a la sponda del lito.
1.103Guardando in acqua vidi le suo squame,
1.104le quali eran d'un vero e lucido oro,
1.105da spegner 'nanzi a sé ogni velame.
1.106D'ognuna in mezzo con divin lavoro
1.107diverse gioie fiammegianti assai,
1.108che mai fu visto un sì ricco tesoro.
1.109Questa tal parte non fermava mai,
1.110anzi movendo in ogni loco splende
1.111come in cristallo ripercossi rai.
1.112Qual om che vede cosa e non la apprende
1.113per la grandezza al suo senso excessiva
1.114quanto la guarda più manco la 'ntende,
1.115tanto più lo esser suo mi si cupriva
1.116quanto cresceva più sua excellenzia,
1.117guardando la efigie altera e diva.
1.118Parea aflitta e con gran displicenzia,
1.119tal ch'io volea passar timido e muto
1.120senza de l'esser suo aver scïenzia;
1.121ma poi che alquanto in me fui revenuto,
1.122mi feci innanzi e con somma umiltade,
1.123doppo un servile e benigno saluto:
1.124O donna, anzi celeste Maestade
1.125–dissi–per cortesia ascolta alquanto,
1.126ché in cosa diva adviensi umanitade.
1.127L'aspetto tuo divin, stupendo e santo
1.128m'ha tratto sì di me che ancor non vengo
1.129e grande amirazion da l'altro canto.
1.130Ché se in la faccia tua ben mente tengo,
1.131mi par che senta al cor qualche martire:
1.132così fra due contrarii mi ritengo.
1.133S'umil prieghi han vigor, non mi disdire
1.134prima chi se' e poi qual impio oltraggio
1.135inusitato duol ti fa sentire.
1.136Alor con un parlar pesato e saggio:
1.137Non cercar–disse–più quel che non dei,
1.138ch'io so' a tu' occhi troppo intenso raggio.
1.139Se guardi a l'esser tuo e chi tu sei,
1.140vedrai la forza tua esser sì bassa,
1.141che a gran fatiga agiugneresti a piei.
1.142Chi prima lo esser suo ben non compassa
1.143resta ingannato et a la soma cede
1.144chi oltre al poter suo col voler passa.
1.145Va' dunque al tuo vïaggio e certo crede
1.146che grazia alcuna in questa instabil vita
1.147mai non obtien chi stoltamente chiede.
1.148Se 'l mio dolor che a lacrimar m'invita
1.149ti fusse manifesto, non potresti
1.150essendo un om sì vil donarmi aita.
1.151Inclita donna, e' movimenti onesti
1.152–diss'io–ch'io veggo in te m'han fatto pronto,
1.153ma più e' begli occhi lacrimosi e mesti.
1.154Come dici son vil, ma se fai conto
1.155non fu mai verme di sì poca stima
1.156che con qualche virtù non sia congionto.
1.157Risguarda el prun, che tutto el verno in prima
1.158nulla si priegia e ciaschedun l'ha exoso,
1.159diletta poi quando ha la rosa in cima.
1.160El falco, benché forte e poteroso,
1.161pur nel gran freddo qualche avicoletta
1.162tien sotto al pè per suo magior riposo.
1.163Spesso una abietta e piccola barchetta
1.164a un grosso navil vien sì a uopo,
1.165ch'el scampa da tempesta e da vendetta.
1.166Vil animal si dice essere el topo;
1.167ha pur talvolta soccorso el lione,
1.168se tu hai letti e' proverbii de Esopo.
1.169Sai ben che la stultizia di Cimone
1.170fu già a Atene in gran soccorso e pregio
1.171fuor de la divulgata oppinïone.
1.172Aveano e' Roman Bruto in dispregio;
1.173pur da' tiranni salvo el popul feo,
1.174tal che poi si stimò fra gli altri egregio.
1.175Qual mai più abietto e vil che Mardocheo?
1.176Poi per ingegno suo fe' sì degne opre,
1.177che franco e magno fe' el populo ebreo.
1.178Ciascuna cosa suo virtù discopre
1.179quando è el bisogno e de l'omo el secreto
1.180solo è palese al gran Signor di sopre.
1.181Dunque, Regina, ormai con volto lieto
1.182fammi tal don, che forse in qualche parte
1.183potrà l'animo tuo tornar quieto,
1.184ch'un manifesto duol più tosto parte.
1.185Finito è 'l primo capitolo del prenominato sogno
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