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Egloga pastorale.

Rime

PoeTree.it

1.1Su pecorelle mie che 'l giorno pullula
1.2e gl'ucei tutti con lor canti squillano
1.3e 'l barbagian è scoso e più non ullula.
1.4I' sento e' can che l'un con l'altro assillano,
1.5el fagian che schiamazza, orsù svegliatevi,
1.6ché già e' razzi del sol pel ciel sfavillano.
1.7Scotete el vello e 'n piè tutte rizatevi,
1.8ch'io vego l'altre che pascendo vannosi
1.9e voi addormentate ancora statevi,
1.10ché per pigrizia pochi acquisti fannosi;
1.11bisogna a l'ingrassar sollecitudine,
1.12ché sempre e' buon bocconi a' primi dannosi.
1.13Et io col canto pien d'amaritudine
1.14caminando pian, pian vi farò intendare
1.15de' mie' intensi dolor la moltitudine;
1.16benché el possiate nel volto comprendare,
1.17ché certo non pur voi, ma una lapida
1.18per pietà si dorria nel mezo fendare,
1.19poiché una pastorella alpestra e rapida
1.20per valli e monti mi fa gir dolendomi
1.21di sua fallace fé, vana e insapida.
1.22O quante volte el dì, miser, riprendomi,
1.23che libertà, che sì dai saggi aprezzasi,
1.24quanto più cerco aver, più volte vendomi.
1.25Miser chi in gioventù nel vizio avezzasi,
1.26ché quei che 'l ramo troppo invechiar lassano
1.27quando el voglian piegar pel mezo spezzasi.
1.28Quanti giorni di pianti indarno passano
1.29per un piacer; ma ben gli amanti atendino,
1.30ché del nostro languir le donne ingrassano.
1.31Pria che più oltre e' mei versi se extendino,
1.32te' qui, Grifagno, guarda e non ti movere,
1.33ch'e' lupi el nostro grege non offendino.
1.34Iaceti al fresco sotto questa rovere;
1.35perché fortuna e 'l ciel sempre più stimola
1.36per più disgrazia le persone povere.
1.37De l'erba mi par fresca ogni suo cimola,
1.38tal che gli agnelli ancor potran ben pascere
1.39e l'acqua chiara ber che qui lacrimola.
1.40Ch'io sento nel mio petto un foco nascere,
1.41che ciascun nervo e vena par trapassimi
1.42e, dopo un vechio, mal nuovo rinascere.
1.43Unde convien per forza alquanto spassimi
1.44e col canto allentar l'angustia e 'l tedio,
1.45che par in altra vita oramai passimi,
1.46poiché povero son d'altro remedio.
1.47Biastemo el tempo e l'ore
1.48ch'io fui tradito sotto fé d'amore. Ahimè biastemo.
1.49Amor crudel che sì forte legato,
1.50misero, m'hai con più de cento corde,
1.51per una pastorella,
1.52che par di maggio un prato
1.53e più che sol resplende ornata e bella;
1.54or a guisa d'un can mi straccia e morde
1.55e tu tiranno ingrato
1.56te ridi del mio stato
1.57e non t'accorgi che t'è poco onore
1.58assassinare un povero pastore. Ahimè biastemo.
1.59Vist'ho dipinta già la tua figura
1.60con l'ale, con le frizze e la balestra;
1.61dunque perché or hai
1.62d'una donna paura
1.63e sostien che per te languisca in guai?
1.64Parmi assai più di te gagliarda e destra,
1.65ché tuo forza non cura,
1.66io piango e lei s'indura;
1.67ma certo non sol me, ma te signore
1.68presto del tuo domin cacciarà fuore. Ahimè biastemo.
1.69Invan cerco soccorso al mio languire,
1.70ché tu non puoi e lei non vuole aitarme,
1.71perché quando sperava
1.72merzé del mio servire
1.73come crudel, fallace, iniqua e prava
1.74contra al giusto dover volse ingannarme.
1.75Però chi vol morire
1.76ponghi in donna el desire,
1.77in tutte no, ma in chi diviso ha 'l core,
1.78perch'ognor ride e tu sempr'in dolore. Ahimè biastemo.
1.79Fiere selvagge che 'l mio duro pianto
1.80per queste valle ogni giorno ascoltate,
1.81s'io vi fussi noioso,
1.82voi pensarete quanto
1.83misero sia el mio stato e doloroso,
1.84e vostra furia in umiltà voltate,
1.85piangendo meco alquanto,
1.86perché el dolore è tanto
1.87sopra ciascuno a soportar magiore,
1.88quanto per d'altri e non per proprio errore. Ahimè biastemo.
1.89Vaghi arbuscelli, erbette e fior piacenti,
1.90che sete intorno a 'scoltar la mia doglia,
1.91qual forse vi dispiace,
1.92perché e' suspiri ardenti,
1.93ch'escan del petto fatto una fornace,
1.94advampan la pulita e verde foglia,
1.95guardate e' mei tormenti
1.96e restate contenti,
1.97perché, se fuore a voi manca el colore,
1.98io dentro abruscio da l'intenso ardore. Ahimè biastemo.
1.99O fiumicel che corri mormorando
1.100forse di me, che sempre in pianti vivo;
1.101ma tu aresti el torto,
1.102perché, dal sol mancando,
1.103senza el lacrimar mio seresti morto,
1.104e d'acqua e forse ancor del nome privo.
1.105Però soporta, quando
1.106le lacrime ch'io spando
1.107vedi che m'hanno ormai tolto el vigore
1.108e dato al correr tuo magior furore. Ahimè biastemo.
1.109Amor falso, tu hai tanto slungatomi
1.110dal gregge, che gli agnei belar non sentasi;
1.111e forse porria el lupo aver rubatomi,
1.112perché Grifagno volentier dormentasi:
1.113e a chi el mal non tocca poco curasi,
1.114che non sa quanto a guadagnare stentasi.
1.115El sudor di cento anni in un dì furasi,
1.116tanti inimici, tante insidie nascano:
1.117questo non è tesor che 'n torre murasi.
1.118Spesso a' pastor di simil casi adcascano;
1.119per ritornare adrieto adunque muovomi
1.120e vo' veder se son smarrite o pascano.
1.121El can non dorme e nulla manco trovomi;
1.122benché pel bosco temorose spassino,
1.123in gaudio di paur tutto rinnovomi.
1.124I' vego un gran splendor dopo quel frassino,
1.125che par ne l'ora quando el dì rinnuovasi
1.126razi del sol che fra selvette passino.
1.127Non è già el sol, che 'n mezo al ciel ritrovasi,
1.128saria mai neve? No, ch'e' tempi el negano.
1.129L'è cosa viva e par camini e muovasi.
1.130Ninfa par ai capei, che parte spiegano
1.131giù per le spalle al vento in color d'auro
1.132e parte l'ampla fronte intorno legano,
1.133ai bianchi panni e a la gioia di lauro,
1.134ai can rapaci, che ogni fera offendano,
1.135al dardo, che più val ch'ogni tesauro,
1.136al volto, agli ochi, che più che sol splendano,
1.137tal che a vederla mi par gran miracolo,
1.138ché fra pastor tal cose non si extendano.
1.139Com'om ch'ha receuto onta e obstacolo
1.140vien verso me, non so se per offendarmi:
1.141se lei ha el dardo et io un grosso bacolo.
1.142Pastor, pastor, per dio, deh voglia intendarmi,
1.143se' tu un omo, o pur bestia salvatica,
1.144che in tanta ira hai fatto oggi accendarmi?
1.145Che vole dir che come fiera erratica
1.146per grote e selve non fai se non piangere,
1.147e quel che ciascun fuge hai preso in pratica?
1.148Da qual sì acerbo duol ti senti tangere;
1.149se' spiritato o pur l'alma si sepera,
1.150o pur dal falso amor senti el cor frangere?
1.151Ch'ormai olmo non è, fagi o genepera,
1.152che non si fiachi et al gridar si muovano
1.153orsi, cervi, lion, daini e vipera.
1.154Io el so e ogni dì mei cani el provano,
1.155che, quanto più per queste valle cacciano,
1.156salvaggiume nissun già mai non trovano.
1.157Perché col pianger tuo tutte si scacciano,
1.158come chi teme e di paur non scarico
1.159loro sicuro al lor pascer procacciano.
1.160Per questo avea el cor di sdegno carico
1.161contra di te, ma placossi mia furia,
1.162vedendo in volto el tuo giusto rammarico.
1.163Dime dunde ti vien tanta penuria,
1.164dimi el tuo nome e chi la morte gridati,
1.165chi t'ha offeso e fatto tanta ingiuria.
1.166Non dubitar pastor, di me confidati,
1.167che 'n tanta angustia ti potrò soccorrere,
1.168che spesso un bon conforto a vita guidati.
1.169Chi tace el male e lassalo oltre scorrere
1.170senza cercar remedii salutiferi,
1.171vedesi sempre in magior danno incorrere.
1.172Dolor di mente assai son più pestiferi,
1.173ché l'una e l'altra parte insieme afferrasi,
1.174e aspri al soportar più che luciferi.
1.175Tu vedi el foco, quanto più rinserrasi
1.176più cuoce, così el duol che drento è stabile
1.177e perir per inerzia inver forte errasi.
1.178Dimel, ti prego, caro amico amabile,
1.179ché 'l dardo, e' cani e io in tuo servizio
1.180fien fin che vita in noi sarà durabile.
1.181Ninfa gentil che per piatoso uffizio
1.182ti duol di me, ché fin nel tempo senio
1.183sarami a mente tanto benefizio,
1.184io son pastore, el mio nome è Filenio,
1.185ricco d'affanni e di facultà misero,
1.186di senno, di virtù, d'anni e d'ingenio.
1.187Quanti già del mio mal cantaro e risero,
1.188de' quali ancor dimenticar non possomi:
1.189tu m'hai raconsolato e lor m'ucisero.
1.190Ma se tempo verrà ch'io senta scossomi
1.191dal greve peso ch'or mi fa sì stridere,
1.192ringraziarò chi ha tanto percossomi.
1.193Tal par che del mio mal si voglia ucidere
1.194dinanzi a me, che, se adrieto voltomi,
1.195vedrai sbeffarmi e de' mei pianti ridere.
1.196Per far risposta a te ora rivoltomi,
1.197che voi saper perché piangendo ucidomi,
1.198qual sia el mio male e che è stato toltomi.
1.199Non so chi sia e mal volentier fidomi,
1.200perch'al mondo la fé sì persa intendesi,
1.201che non pur d'altri, ma di me diffidomi.
1.202S'io fingo o no nel mio volto comprendesi,
1.203chi apre ad altri el suo secreto e l'animo,
1.204più ch'un semplice ucel s'incabbia e vendesi.
1.205Poiché temi di me qual pusillanimo
1.206e medicare el tuo dolor non curiti,
1.207né discerni un cor vil da un magnanimo,
1.208fa' ch'a 'scoltarmi l'intelletto sturiti,
1.209ch'i' ti vo' trar di dubio e di pericolo,
1.210acciò che meco a parlar rasicuriti.
1.211Là dove adombra el bel monte Giannicolo,
1.212di lì gli antichi mei tutti discesero:
1.213questo da loro intesi e però dicolo.
1.214Poi in queste parte ad abitar si extesero,
1.215crescendo in roba, in fama, in nobil genere,
1.216razi d'ogni virtù nel mondo accesero.
1.217E mie' parenti giovinetta e tenere
1.218Safira m'appellaro e poi svoltaronmi
1.219a cognosciar ch'io son sol ombra e cenere.
1.220E come cari padri amaestraronmi
1.221quanto è fallace e van viver nel secolo,
1.222e l'insidie de l'omo anco insegnaronmi.
1.223Il che pensando e s'a la mente arrecolo,
1.224bagno le gote: o parental correggere,
1.225apresso a cui ogni altro è ombra in specolo!
1.226Voluto ho sempre el lor consiglio eleggere,
1.227per fugir l'ozio e del vulgo l'inopia,
1.228qual die scampar quel che vuol ben sé reggere.
1.229Quest'è richeza e de' denar la copia,
1.230quest'è felicità, tesoro immobile,
1.231veder da sé in sé suo forma propia.
1.232Or poi veder s'io son villana o nobile,
1.233s'io son nata ne' monti o fra le felici,
1.234s'io son fallace e come foglia mobile.
1.235Filenio, benché el dì fra faggi e elici
1.236sola coi cani e col mio dardo trovimi,
1.237fiere seguendo in folti boschi e selici,
1.238per tanto i' vo' ch'una sol volta provimi,
1.239ch'io ti sarò fidele e secretissima,
1.240se non, dal ciel saette adosso piovimi.
1.241Non son pastora o stirpe altra vilissima,
1.242che ciò che sanno in un tratto ha saputolo
1.243tutto el paese: usanza bestialissima
1.244Orsù pastor, deh, non estar più mutolo,
1.245che chi in periglio virilmente aiutasi
1.246saggio infra gli altri e prudente reputolo.
1.247Come dal sol la brina in acqua mutasi,
1.248d'uno in altro voler così rivoltami
1.249Safira el tuo parlar qual non refutasi.
1.250Anzi se ben la vita fusse toltami,
1.251el corpo insieme mio perdessi e l'anima,
1.252i' te 'l dirò lezadra ninfa, ascoltami.
1.253Ché la loquela tua tanto me inanima,
1.254ch'asai allegro so' poi ch'ebbi uditola
1.255e placato è l'ardor che sì m'exanima.
1.256Quel che da cittadin si scrive e 'ntitola
1.257Amor, che ogni gente al mondo lacera,
1.258è quel che m'apre el cor, minuza e tritola.
1.259Ma per contarti apien quanto mi macera
1.260e quanto è el frutto suo dal fior dissimile,
1.261sediamo un poco a l'ombra di questa acera.
1.262Nel tempo ch'ogni ucel cerca el suo simile
1.263da amor cacciato e quando e' prati smaltano,
1.264per dar di nova state verisimile,
1.265sbucan le fiere e l'una a l'altra asaltano,
1.266lustra la terra di color divario,
1.267lassan le mamme gli agni e 'nsime saltano,
1.268sotto un bel pin fronduto e solitario
1.269con una pastorella al fresco stavamo
1.270fugendo el caldo al mio grege contrario.
1.271Per fugir l'ozio insieme ragionavamo
1.272di varie cose quando, senza strepito,
1.273a guisa di balen mentre parlavamo
1.274apparse un'altra con aspetto intrepito:
1.275umil parea, benigna e comprendevasi
1.276in volto giovenil senno decrepito.
1.277Fatto el saluto apresso a noi sedevasi
1.278Lucida bella, tal che senza dubito
1.279del latte la biancheza disperdevasi.
1.280Quasi ridendo con un parlar subito,
1.281come chi sa e di sapere infegnesi:
1.282Di me parliate–dixe–o d'amor dubito.
1.283Non sì presto da' cani al varco stregnesi
1.284cerva, né falco ucei fugir si videro,
1.285né fulgure nel ciel sì ratto spegnesi,
1.286quanto dagli ochi soi, ch'ancor considero,
1.287nel petto un foco in un momento nacquemi;
1.288qual per voler fugir morte desidero.
1.289Sì e' bei costumi e la maniera piacquemi,
1.290che l'ardor per el qual gli amanti dogliansi
1.291un anno e più nel cor celato giacquemi.
1.292Poi, quando e' boschi di lor veste spogliansi,
1.293pur in quel loco con industria apersemi
1.294duo gigli, che di raro insime cogliansi.
1.295In un sol atto duo cori scupersemi,
1.296un vero amor fra noi chiar cognobbi essare,
1.297io la mia fede e lei la sua offersemi.
1.298Così pian piano incomenciossi a tessare
1.299l'onesta tela, pura e senza crimine,
1.300qual ho bramata e bramo ancora stessare.
1.301Non temendo paur, doglia o discrimine
1.302sì fortemente amavo e lei amavami,
1.303ch'a pensar tremo come in acqua vimine.
1.304Per queste balze nott'e dì chiamavami,
1.305di suo' parenti o gregge non curavasi,
1.306come agnel la sua madre ognor cercavami;
1.307se tal volta per stracca adormentavasi
1.308a l'ombra, tanto m'avia in suo memoria,
1.309che d'essar meco e parlarmi sognavasi.
1.310Le tante sue virtù degne di gloria,
1.311da far un secco legno reviviscere,
1.312donde el pastural muchio avia vittoria,
1.313sì inviluppate avia ne le mie viscere
1.314che spesse volte a suo posta facevami
1.315sudar di verno, di state tremiscere.
1.316In tanta servitù lieto godevami
1.317e di tanta prodeza reputavola,
1.318ch'essar indegno del suo amor credevami.
1.319Per piani, monti, valli ognor cercavola
1.320e, se occorriva che parlare udissila,
1.321mi transformavo in ferro, in marmo, in tavola.
1.322O quante volte con mia mano scrissila
1.323in sassi, in faggi, in terra e col mio carmene
1.324insino al ciel lo spingolai e missila!
1.325O quante volte ero constretto andarmene
1.326in qua, in là piangendo e fuor m'uscivano
1.327tanti suspir ch'io non sapea che farmene!
1.328O quante volte e' rivi e vie corrivano
1.329del pianto mio e quando lamentavomi
1.330le fiere per pietà tutte stupivano!
1.331O quante volte ancor sol ritrovavomi,
1.332con la sampogna mia e con la cetera
1.333tanto cantar per lei ch'io affiocavomi!
1.334O quanti funghi, fior, castegne e cetera
1.335con le mie propie mani ho presentatola,
1.336e lei più cruda ognor quanto più invetera.
1.337Voi tu veder quant' i' ho exaltatola,
1.338che bifolchi e pastor tutti sarebbeno
1.339entrati per suo amore in una scatola!
1.340Così e' par nostri amori un tempo crebbeno
1.341in ferma voluntà, salda e non varia,
1.342tal che molti pastori invidia n'ebbeno.
1.343Poi rivoltossi come foglia in aria
1.344e come palla ch'adrieto rimbeccasi,
1.345non già per mio error, ma volontaria.
1.346Amor di donna per qual tanto peccasi
1.347è come polve in state al tempo pluvio,
1.348che l'un'ora si bagna e l'altra seccasi;
1.349è come un gran romor d'un piccol fluvio,
1.350che presto scema e va agumentandosi
1.351come poco o assai dura el diluvio.
1.352Io parlo di color che exaltandosi
1.353tanto in superbia lor virtù nascondano
1.354d'ogni nobile amor degne stimandosi.
1.355Gl'omin che seguan tal presto s'affondano
1.356in precipizio e tardi trovan redito,
1.357né mai la testa per vittoria infrondano.
1.358Miser chi troppo a lor si mostra dedito,
1.359ché, quanto più di te tiene el dominio,
1.360più incrudelisce e tu hai manco credito.
1.361Tal è colei che 'n sì duro exterminio
1.362mantien mia vita e da me scampa e fugemi,
1.363come s'avessi fatto latrocinio.
1.364L'alma m'ha tolto, e ora el sangue sugemi,
1.365io chiamo aiuto e come aspido assordasi,
1.366e come neve al sol consuma e strugemi.
1.367Da ogni mio voler sempre discordasi,
1.368e più che serpe venenosa è frigida,
1.369ché del mio buon servir più non ricordasi.
1.370Negli ochi desdegnosa, in parlar rigida,
1.371superba, dura, impïa, altera e strania,
1.372quanto la prego più, tanto più infrigida.
1.373Aveami condutto a tanta insania
1.374(como nel credar troppo ogni omo ingannasi!)
1.375ch'io stavo preso come el tordo in pania.
1.376Or non sai tu che invan ciascuno affannasi
1.377a giudicar e' fior se non si odorano
1.378e mal per vista un om si lauda o dannasi?
1.379Quanti arbori son bei quando s'infiorano,
1.380che 'l frutto in sé contien tanto fastidio
1.381che attossica color che l'asaporano.
1.382Quando del mio stentar qualche subsidio
1.383speravo, questa ingrata alora volsemi
1.384far cosa ch'a pensarla a' morti invidio.
1.385Dal varco de speranza al tutto sciolsemi
1.386e per forza gli spirti in me si tennero
1.387e quasi un altro cor del petto tolsemi.
1.388Questo fu vero, or pensa se mi vennero
1.389sudor di morte, e tanta angustia porsemi,
1.390che sol pensando m'interrisco e 'ncennero.
1.391Le man per rabbia mille volte morsemi
1.392e fevo come tuon che in aria rombola,
1.393quando del tradimento alfine accorsemi.
1.394Che se tal volta che 'l cervel mi tombola
1.395la ritrovassi, el furor sì mi supera,
1.396certo l'amazarei con la mia frombola.
1.397Sempre sta in pianti e al fin s'invitupera
1.398chi si mette a servir volubil femina
1.399e perde quel che mai non si recupera.
1.400Compassïone e doglia al cor si gemina
1.401pel tuo lamento Filenio carissimo
1.402e per le membra si disparge e semina.
1.403Non è latte già mai tanto dolcissimo
1.404che, mescolato con assenzio o protino,
1.405non torni al gusto acerbo e amarissimo.
1.406Fa' che da te mie parole si notino
1.407e portale sculpite in ferrea lamina,
1.408che 'l pentirsi del mal mai è serotino.
1.409Se con la mente tua ben si disamina,
1.410cognosciarai quanto gli omini acciecano
1.411seguendo amor, che la ragion contamina.
1.412L'onor, la roba, el tempo a un tratto secano,
1.413renunzian la virtù, nel vizio agreviansi
1.414e vergogna nel fin con essi arrecano
1.415e del sano intelletto tanto alleviansi
1.416che, cercando fugir, più si rimpaniano,
1.417braman la morte e di lor vita abbreviansi,
1.418sperando pace a ciascun'ora smaniano
1.419e, s'advien che di speme el frutto cogliano,
1.420di tema di non perdar sempre insaniano;
1.421ridano un'ora e cento dì si dogliano.
1.422Or pensa quanto sia tal vita insipida,
1.423ché vestan sogni e libertà si spogliano.
1.424Falsa, carca d'error, dubiosa e tipida,
1.425prigione obscura e tenebrosa gabbia,
1.426piana via ne l'entrare, al fugir ripida,
1.427amor si puol chiamar noiosa scabbia,
1.428che tanto nuoce più quanto più grattasi,
1.429quanto più gusti amor, tanto hai più rabbia.
1.430Quando crede essar netto alor più imbrattasi,
1.431manco ne sa quanto più assottigliasi;
1.432così ben mille morti in vita accattasi.
1.433Lo innamorato a le capre somigliasi,
1.434ch'asaltate dal lupo el fugir tardano
1.435e nissuna di lor campar consigliasi.
1.436Teman morire e come stolte guardano,
1.437veggan la morte e par che quella allettano,
1.438così quei che d'amor nel petto ardano
1.439veggano el certo errore e si dilettano
1.440vegan la lor ruina e non la fuggano,
1.441con disio di goder, tormenti aspettano.
1.442In scambio di dolceza angustie suggano,
1.443e a fatiga un sol, di mille, campane,
1.444tremano al sole e nel ghiaccio si struggano.
1.445Fuoco che 'l corpo insieme e l'alma avampane
1.446e da se stesso a tutto el mondo accusasi,
1.447vite di puoco frutto e assai pampane.
1.448Pover colui che 'n tanta viltà usasi,
1.449che, se vede el periglio e non estimalo,
1.450de l'incorso delitto indarno scusasi.
1.451Se è vero o no ogni om ch'el prova exprimalo;
1.452però Filenio tal parole intendele,
1.453placa l'ardore e con la ragion limalo.
1.454Per quanto vaglian le monete spendele,
1.455ché stultizia è servir chi pur nimicati,
1.456queste tuo tante angustie al tempo rendele.
1.457Discaccia l'ozio e la virtù amicati,
1.458sì che le tempie tue al tempo infrondine,
1.459e da lacci d'amore al tutto stricati.
1.460Questa vita mortal è una arundine
1.461caduca e vana, e, se tu ben comprendila,
1.462vola più che saetta e più che irundine.
1.463Quest'è chiara sentenzia, amico intendila,
1.464fugge l'error del vulgo e i saggi seguita,
1.465quest'è la dritta via: adunque prendila!
1.466Or certo so' che chi ragion perseguita
1.467va come bestia per selva smarritasi
1.468e in premio di stentar morte conseguita.
1.469Tutta la doglia mia sento partitasi
1.470pel tuo parlar, e così el cor mi giubila
1.471come a la donna fa quando maritasi.
1.472Egli è ben ver ch'amor è una nubila
1.473a l'intelletto e ti martira e straziati:
1.474s' hai un'ora di ben per forza rubila.
1.475L'anima e 'l corpo mio sempre ringraziati
1.476ninfa gentil e mio piatoso medico,
1.477di me come ti par dispone e saziati.
1.478Per boschi e campi ti fo nota e predico,
1.479la sampogna e la cetra in don ti proffero,
1.480e versi e canti al tuo bel nome dedico.
1.481La lana, el grege, el zanio, el latte t'offero,
1.482Grifagno ancor, ch' al corrir non è debile
1.483e per tuo amor morir volentier soffero.
1.484Farei per satisfarti ogni impossibile
1.485e, perché tratto m'hai del cor un tossico,
1.486credendoti piacer girei invisibile.
1.487Di tanto gaudio mi consumo e rossico,
1.488poich'ero morto e or per te vivifico
1.489e già nel volto m'incoloro e arrossico.
1.490Pastor, del tuo piacer anch'io letifico,
1.491ringrazio el profferir qual già non merito
1.492e fra le ninfe tue virtù notifico.
1.493Tanto quanto più dolse el mal preterito
1.494essar die in libertà magior letizia
1.495e più se venne el mal senza demerito.
1.496Orsù cantiamo e depon la mestizia,
1.497ché vendetta vedrai e certo credemi
1.498morta non è, se dorme, la iustizia.
1.499Quel che te piace ognor comanda e chiedemi,
1.500che presto e volentier fatto sarà,
1.501ma che incominci tu in don concedemi.
1.502Viva viva libertà,
1.503magior bene essar non pò,
1.504se tal grazia e don non ha,
1.505nissun dica ricco so'.
1.506Senza quella ogni richeza
1.507è una nave senza vento,
1.508senza lei forza o belleza
1.509son com' un bel fior dipento;
1.510quel è sol ricco e contento
1.511che di sé quanto vuol fa.
1.512Se tal grazia e don non ha,
1.513nissun dica ricco so'.
1.514Mora mora servitù,
1.515pianga pianga ognun che v'è,
1.516non m'achiapparai mai più
1.517amoraccio in bona fé.
1.518Chi vol morir in un giorno
1.519mille volte, siegua amore;
1.520chi vol guai intorno intorno
1.521cerchi, cerchi el traditore;
1.522lui l'insegna con dolore
1.523tornar vechio in gioventù
1.524Non m'achiapparai mai più
1.525amoraccio in bona fé.
1.526Fort'è stolto chi repelle
1.527'l più bel don ch'ha dato Idio,
1.528qual destin, fortuna o stelle
1.529non puol torre al parer mio.
1.530Manda se stesso in oblio
1.531chi el suo meglio ad altri dà.
1.532Se tal grazia e don non ha,
1.533nissun dica ricco so'.
1.534Com'io stavo d'essa privo
1.535ben lo sa qui el mio Grifagno,
1.536che per valli, monti e rivo
1.537sentia sempre el mio gran lagno.
1.538Sol colui fa gran guadagno
1.539che puol dir: Già servo fu'.
1.540Non m'achiapparai mai più
1.541amoraccio in bona fé.
1.542Animal stretti in catena,
1.543ucellin rinchiusi in cabbia,
1.544se buon volto et esca amena
1.545ciaschedun dal signor abbia,
1.546poi disciolti con gran rabbia
1.547spreto el cibo ognun se 'n va.
1.548Se tal grazia e don non ha,
1.549nissun dica ricco so'.
1.550Se a pastor mancava el foco
1.551ricorrivano al mio seno,
1.552se infrescar voliensi un poco
1.553andian pur trovar Fileno,
1.554che di lagrime è si pieno
1.555che dagli ochi un rio vien giù.
1.556Non m'achiapparai mai più
1.557amoraccio in bona fé.
1.558Quella propria differenzia
1.559ch'è fra un vivo e un sepolto
1.560essar par per experienzia
1.561fra un servo e un che è sciolto.
1.562Di bon seme el frutto ha colto
1.563chi spedito al fin gir sa.
1.564Se tal grazia e don non ha
1.565nissun dica ricco so'.
1.566Fiere, ucei vaghi e cortesi,
1.567piante, fior che 'ntorno state,
1.568se 'l mio pianto v'ha offesi
1.569per pietà mi perdonate,
1.570né 'l furor vo' che sentiate,
1.571non più strida, anzi virtù.
1.572Non m'achiapparai mai più
1.573amoraccio in bona fé.
1.574Filen da far dimor qui più non è,
1.575ché giù nel basso le contrade adombrano,
1.576né canta el merlo più, colcato s'è.
1.577Non vedi e tuo' monton che 'l bosco sgombrano,
1.578e d'essar primo ognun di lor sollecita,
1.579e gli animali el lor cuvile ingombrano.
1.580El far partenza ormai è cosa lecita
1.581e, benché sia laudabil tal negozio,
1.582spesso fa el tempo l'opra esser illecita.
1.583Abbiamo assai da noi scacciato l'ozio
1.584con dolci soni e canzonette e frottole,
1.585parlando a te come a diletto sozio.
1.586Vedi le fiere ritrovar lor grottole,
1.587cantare e' grilli e infocar la lucciola
1.588e per l'aria volar civette e nottole.
1.589El mio caro Solingo e la mi' cucciola
1.590con la zampa grignando mi scatizano
1.591e verso el monte ognun di lor si sdrucciola.
1.592Guarda come che atenti in piè si rizano,
1.593ché forse sentan fier ch'al poggio montino
1.594e del troppo indugiar fra lo' si stizano.
1.595Pertanto i' vo' che questa notte scontino
1.596el dormir ch'oggi han fatto e senza dubio
1.597l'amazaran se advien con lor s'afrontino.
1.598Filenio i' son sì avvolta in sul tuo subio,
1.599che prima tutto el mar converrà ch'ardasi
1.600che la conclusïon si muti in dubio.
1.601Parlando el tempo passa e l'ora tardasi:
1.602ode e' capretti innanzi che s'azuffano
1.603e mal di notte alcun dal lupo guardasi.
1.604Non senti e' tordi ch'all'orechie sbuffano
1.605per coricarsi qui dove non ventola
1.606e le colombe in folte machie intuffano.
1.607Ben sai che sì e la fagiana sentola
1.608andar cantando al letto e sentir piacemi:
1.609così staser l'avessi in la mia pentola!
1.610Ma el partirmi da te tanto dispiacemi,
1.611che, se tutto el mio grege andasse in polvere,
1.612è magior el dolor che in petto iacemi.
1.613E' monti sotto sopra in prima volvere
1.614e infastidire a le mie capre l'edere
1.615e in bianco latte le pietre risolvere
1.616vedrassi, che da me debba procedere
1.617cosa discara a te, sì sento strettomi
1.618da cortesia: e questo ben poi credere.
1.619Ma poiché vuoi partirti anch'io assettomi
1.620e pian piano oltre solo advïarommene
1.621e con licenzia già in viaggio mettomi.
1.622Vatene in pace e io su montarommene
1.623per questi monti e doman qui verra' tene,
1.624dov'io per parlar teco anco verrommene.
1.625Così farò, orsù con dio sta' tene;
1.626pecore mie a casa te', te', te',
1.627io canterò e voi pian piano andatene.
1.628Numinì, numinera, numinè,
1.629chiullurù, chiullurù, chiullururù.
1.630Chi va seguendo amor senza senno è,
1.631ascende adagio e presto torna in giù,
1.632non puol in cosa instabil durar fé,
1.633però matto sarei s'amassi più.
1.634Chi serve ingrata a sé la morte dà
1.635e inanzi un passo e cento adrieto va.
1.636Chi al mondo amando monda ogni sua menda
1.637in selva salvo sol va da amore.
1.638Ciascuna fiera e fiore a tondo intenda,
1.639soffera altro safiro el caro core.
1.640O cruda credi el pianto spanda o spenda,
1.641la ninfa non fu tarda a tor dolore.
1.642Chi t'ama teme e l'ossa lasse lassa
1.643e morte amarti a ogni passo passa.
1.644Fugga, fugga el tiranno ognun che può,
1.645ché di tal ladro ragion non si fa,
1.646chi una volta incappa in laccio so
1.647indarno poi cercando aiuto va.
1.648Dice un sol tratto sì, poi sempre no.
1.649Tanta aspra legge el ciel promette e dà.
1.650Quest'è 'l premio d'ognun che 'nciampa qui:
1.651fra mille anni di pianti un dolce dì.
1.652Care mie pecorelle e tu Grifagno
1.653graffigna troppo el cor questo amoraccio.
1.654Megli'è star sol ch'aver tristo compagno,
1.655che 'mpegna l'alma e fa del corpo straccio.
1.656Dolor, affanni, morte è 'l suo guadagno
1.657e guid'ogni suo servo al duro laccio.
1.658Però soletti andren per selve e boschi
1.659amor fugendo e le sue reti e toschi.
1.660Pecore mie e' già obscuri e loschi
1.661mie' giorni son passati, né udiretemi
1.662più lamentar per luoghi opachi e foschi.
1.663Anzi giocondo sempre mai vedretemi
1.664più che pastor che 'n questi boschi sia,
1.665né di pianti o suspir pien trovaretemi;
1.666ché, chi del ver camin trova la via,
1.667in dolce ponto la suo vita termina,
1.668né puol perir a chi fortuna è pia.
1.669La radice d'amor tal frutto germina,
1.670e chi non sala el formaggio a buon'ora,
1.671più de le volte in piccol tempo invermina.
1.672Voi sete in mandria e io d'affanni fuora,
1.673vui rugumate e io presto adormentomi,
1.674ch'a dire el vero omai mi par pur ora:
1.675ché tante notti la mia vita stentomi,
1.676colpa di quella ingrata patarina,
1.677qual tanto aver amata duolmi e pentomi.
1.678Grifagno guardarà fin domattina,
1.679ch'io vo' menarvi ove potre' ben rodere
1.680al dolce suon de questa mia sordina:
1.681ché solo om senza amor puol sempre godere.
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