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TERZA PARTE

Poesie

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1.1Eccomi, i' son qui dea degli amici,
1.2quella qual tutti gli uomini solete
1.3mordere e falso fuggitiva dirli;
1.4or la volete.
2.1Eccomi. E già del solio superno
2.2scesa, cercavo loco tra la gente,
2.3pront'a star con chi per amor volesse
2.4darne recetto.
2.5Vennine prima in casa de' patrizi
2.6principi, donde una maligna coppia
2.7fammisi contro, a simili palagi
2.8degna famiglia:
2.9Livore è l'uno, macilento, tristo,
2.10cinto con serpi e d'odî coperto;
2.11Falsitas l'altra. E: «Dea fraudolenta!
2.12— gridan ver me —
2.13O dea plebea animosa troppo,
2.14della mortale spezie nemica,
2.15ché vai errando, petulante scurra?
2.16Donde rigiri?
2.17Qual tuo t'ha mo' scellerato fatto
2.18spinta dal cielo e relegata d'indi,
2.19in tua forma e in varî colori
2.20credula troppo?
2.21Imperò quelli subito cadranno»
2.22Dissono; e, pregni gli animi minaci,
2.23Livore accolse brago; nel mio viso
2.24tutto lo 'nvolse.
2.25L'altra malvagia e maladetta diva
2.26peggio mi fece; fremitando, colle
2.27mane e denti la mia trezza ruppe,
2.28l'aurea trezza.
2.29Fuggomi verso il loco di coloro
2.30che la Fortuna ha rilevato ricchi,
2.31tal che, veggendo gli aditi patenti,
2.32dentro ricorsi,
2.33perch'io cresi dove si governa
2.34tanta vil turba stolida, imperita,
2.35essere almanco dove ricrearmi
2.36diva, potessi.
2.37Ma il mio pensiero nichilato manca,
2.38perché l'insulsa e tumida astritrice
2.39Pompa ed insieme stomacoso Lusso
2.40stavano dentro.
2.41Troppo prolisso riferir sarebbe
2.42l'impî strazi ch'io lì sofersi,
2.43impî, e, certo meritando onore,
2.44troppo molesti.
2.45Ambo calcaron la mia fronte bella
2.46con piedi lerci ,
2.47, ch'io mal potesse
2.48fiacca ritrarmi.
2.49Tolsimi, benché grave, tutta d'indi,
2.50tutta languente; e, per aver quïete,
2.51volta' lì verso dove stanza aveva
2.52un duce d'armi.
2.53Drizzomi, e venni celerata molto,
2.54come chi vien dal mare ad alta ripa,
2.55per ritrovarsi dove posta avessi
2.56tutta la speme.
2.57Prima ch'arrivi, subito due aspre
2.58orride facce, Cura e Insolenza,
2.59verso me piene d'animo feroce
2.60sfrullano sassi.
2.61Se mai insulto stupefé nimico
2.62debile, incauto, dove fosse solo
2.63fattoli, così resupina caddi
2.64per lo pavento.
2.65Voltâmi in questo dove sta la gente
2.66solo che 'ntende a cumular moneta,
2.67perché non spera via di potersi
2.68nobilitare.
2.69Quivi in sul soglio è deo Pluto, quale
2.70blando m'alletta, cupido levarmi
2.71forse da dosso la mia bella vesta.
2.72Vadone pure.
2.73Come d'entrarvi il piede dentro rizzo,
2.74ecco Sospetto, deo rusticale,
2.75l'occhio volteggia vigilante, e in me
2.76sbatte la porta.
2.77Sclusa, pur cerco ospizio, pregando,
2.78piccolo e grande e medïocre per le
2.79publiche piazze, peregrina d'ogni
2.80soave ricetto.
2.81Ma il deo Indoctus, populare alunno,
2.82standosi in mezzo il popular tomulto,
2.83molto mi sbeffa, seguitando seco
2.84tutta la turba,
2.85sì che m'intano quasi con rubore
2.86presso d'alcun del gregge delli amanti,
2.87l'ozio d'arti celebri, o studenti
2.88del gregge vostro.
2.89Dentro Paupertas, dea molto acerba,
2.90come lo scettro imperïal tenesse,
2.91fissa mi grida: «O dea inutile, esci,
2.92escine tosto!
2.93Tempo non è qui la tua atte vagli,
2.94né 'l tuo sdegnoso animo potrebbe
2.95col deo Mendax abitare, qual è
2.96nostro governa.
2.97Quel dare il vieto suole; quel beato
2.98rende chi in finger segue le sue fraudi.
2.99Chi segue ingegno buono e arte retta
2.100subito perisce».
2.101Poi che da tutti gli uomini infugata,
2.102poi che schernita a popular tomulto
2.103vidimi, strinsi gli omeri e salinne
2.104donde ero scesa.
2.105Ora, sentendo l'odïerna fama
2.106torno, né fuggo l'abitare in la terra,
2.107sicché, se qui me rimaner volete,
2.108lieta rimango,
2.109pur che con meco, mia cara famiglia,
2.110Grazia ardente e Fede candidata,
2.111possano star, qual, dove son ricette,
2.112portano pace.
2.113Da voi solo per mio sagro censo
2.114purità voglio. Rifarovvi amore,
2.115gaudio, laude e bene sempiterno.
2.116State beati.
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