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1.1I' son Mercurio, di tutto l'olimpico regno
1.2nunzio, tra gli uomini varî iuntura salubre;
1.3splendore de' saggi, porto al certamine vostro
1.4sì cose, sì canto nuovo. Scoltate benigni,
1.5o circustanti che 'l canto poetico amate,
1.6s'i' vi son grato quanto qualunque poeta.
1.7Ha Giove sentito, padre sommo e principe sommo
1.8degli uomini e divi el novo qui spettaculo vostro,
1.9e, cupido farvi non ornamento minore
1.10convenga, subito qua giù m'impuose venissi.
1.11Presi i talari e gli abiti, via vennine ratto
1.12e giù calâmi su questo monte propinquo,
1.13donde sòle Italia, per forse a Marte piacere,
1.14specchiarsi in mar Tirreno, en quel d'Adria prisca.
1.15Quivi dee molte vidi pel calle vacanti
1.16e ninfe seco varie, molto inclita turba,
1.17quali dintorno presto m'acorsero liete.
1.18Inteso da me dov'e donde venivo, pregârmi
1.19così: «O Mercurio, del grande Atlante nipote,
1.20sempre iddio fusti facile e trattabile verso
1.21gli mortali ardenti el culto d'Apolline sacro;
1.22anco noi teco vogliamo il comodo loro.
1.23Molti in Firenze, in tempio maggiore locati,
1.24chieggono Amicizia, del qual venerabile nome,
1.25come sai, varie, degnissima turba, tenemo
1.26lo scettro, incerte lì qual dea cerchino quelli;
1.27il che grato fora da te quando inde ritorni,
1.28qual dea lor chieggon conoscer, perché, venendo
1.29lì loro incontro, vile e turpissimo molto,
1.30molto dagli uomini partirsi esclusa sarebbe».
1.31Finiron quelle, ma i' qui, dove copia tanta
1.32sta d'uomini giunto, lieto meco intimo dissi:
1.33«Fortunato loco, nel qual si è tanta ragione,
1.34tanto modo egregio gl'ingegni accendere suso
1.35a virtù e lode! Oh, merto, per qual ne sarai
1.36grato a' celicoli! Quasi d'officina Minerva,
1.37udite, o studiosi: e' m'è l'ascondita cosa
1.38qual cercate voi, per me scoperta, patente,
1.39meglio ch'ancora nullo monimento riveli.
1.40Tra gli celesti, del Nilo e Pallade figlia,
1.41una dea eccelle, che formosissima vince,
1.42o non men che Venus, tant'è sua forma decora.
1.43Passeggia il cielo, mo' sopra dove l'arduo fende
1.44Eridano, mo' donde al cielo le Pleiadi sotto
1.45cinsero, mo' donde gl'iddii la sguardano tutti,
1.46vestita e nitida e distinta in mille colori
1.47dell'Iris succinta, il che suo lembo ritesse
1.48di gemme e d'oro lustro non men che l'Orion
1.49e circuntesta è d'ogni mirabile fatto.
1.50Questa — suo uffizio — manifesta l'aurea porta
1.51dell'Oceano a quelli alipedi che 'l putto superbo
1.52Fetonte stringe, di sé mal guida nocente;
1.53mostra col dito lor qual via girino cauti
1.54mezzo il Zodiaco, lo sonno e notte fuggendo;
1.55e poscia, quando sizienti bramano posa,
1.56snoda loro crini e di suave papavero quelli
1.57pascendo e di pampineo pendente racemo.
1.58Questa il celso coro chiama Cronissa pudica
1.59quando, benché sia Caron suo coniuge solo
1.60e vecchio e cano e non essorabile sempre,
1.61pur, da mille vaghi miserandi spesso richiesta,
1.62nullo gratifica, sorda, incorrotta, severa,
1.63e più tra l'altre dee Faturina mareggia.
1.64Questa reverenda e varia e dolcissima diva
1.65figlia continuo e subito fecunda rimansi
1.66dell'Aura a' raggi nitidi. Quest'una rimuta
1.67a' tempi loro l'abito e l'ornato decente;
1.68in primavera fiori e fragrante rosette
1.69e gigli e viole e verzure e cespiti ameni
1.70e tenere frondi e gentile concento d'amore
1.71e dolzi spirti e per tutto grazia surta;
1.72nella state reca il spicato culmine d'oro
1.73granaro pieno d'ogni biada, pieno d'ogni legume;
1.74nell'autunno pomi e maturezza ripone
1.75per tutto; anco pigia l'uve spumante ne' tini;
1.76di neve nel verno tutta è sua candida veste,
1.77alli calzari ismalta cristallo solati.
1.78Fu il padre d'essa il deo ricciutissimo Febo
1.79e sua madre Teti, dea del mar sommo, profondo.
1.80Stavi tra quelle Curina; è prencipe grande,
1.81a cui sola dea tutte convengono cure
1.82degli uomini. Sua madre fue Afrodis, amante
1.83del padre Oceano; questa a Giunone superba
1.84emula continuo. D'Imineo e Bacco iocosi
1.85intima fu molto, e molto abiettissima vive
1.86tra li conviti; né ben la scorgono gli altri
1.87bassi mortali se non cui piange colando
1.88l'occhio di lagrime, cui 'l cor mestissimo langue.
1.89Stavi e quella iddea qual è Ciromega, fiola
1.90di Iano e Cibele. Questa ha stensissima palma
1.91con lunghi e forti diti; va solo volando
1.92tra mercennari, mercati e stanze frequenti
1.93d'artefici, che gnun conosce o tien per amico,
1.94se non chi mezzo o trito è per grande fatica.
1.95Anco l'Amicizia è certo primera d'onore,
1.96bella sopr'ogni bella, che trasparente riluce
1.97come il berillo che al sol fulgente riarde.
1.98Erato detta fue e generolla il massimo Pollux
1.99tindarido e, pregna d'essa, l'Aurora venusta.
1.100Questa illustre iddea, presso a Iove massimo posta,
1.101sceglie i prieghi vostri: quel ch'è immaculato lo prende,
1.102gliel posa in grembo; gli altri pel dosso ributta.
1.103E solo questa voi mortali sola potente è
1.104nell'alto cielo traducer per merto d'amore.
1.105Raro abita giuso, raro il consorzio vostro
1.106prende, verecunda star nuda e mistica tra le
1.107vostre matrone vestite a mille voluppi,
1.108sì d'ornamenti, sì d'ambizione superflua;
1.109né pensa degno ch'ella, immortale, venisse
1.110coprirsi sotto i tegumenti e veste caduche,
1.111poi che voi tutti spesso schernirla solete.
1.112S'i' ben discerno, già già su state levati
1.113al sacro nome di tanto insigne patrona
1.114e veggio tra voi sì grande modestia, quanta
1.115lodai, cupidi d'ogni prestante lavoro.
1.116S'egli è quello i' vedo, celebrate il gaudio vostro,
1.117ch'io vado ratto chiamarvela venghine giuso,
1.118ormai l'altre lassando in l'ordine loro.
1.119Ma non prima sarà che 'l Dato la musa corona
1.120invochi, allora subito cantando l'arete,
1.121tal qual si gode presso al celeste Tonante.
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