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1.1Agilitta, fanciulla molto ornata
1.2d'ogni costume e di gentile aspetto,
1.3da molti chiesta e da molti amata,
1.4solo uno amava, Archilago, e a dispecto
1.5avea in sé soffrir fiamme amorose,
1.6né so qual grave la premea sospecto.
1.7Dicea: «Felice nimphe, che nascose
1.8fra lauri e mirti, libere e solette,
1.9vivete liete sempre e motteggiose!
1.10Costì non può Cupido e sue saette
1.11turbar vostro otio. Beate, beate,
1.12se fra queste ombre Amor mai fiamma immette!
1.13Misere noï, sole sfortunate,
1.14che 'n mille modi Amor ci vince e prende!
1.15Convienci amar, che ci sentiamo amate.
1.16Misere noi! E quanto male offende
1.17nostra quïete! Aimè, aimè, qual morte
1.18non sente el cor, in cui amor s'incende?
1.19Sospetti e cure sono al petto accorte;
1.20triste memorie, ardente voglie e piene
1.21di troppi sdegni a ragravar sua sorte.
1.22Furtivo avampa quello ardor che tiene
1.23in noi perpetuo dolor e tristezza,
1.24onde palese pianger ne conviene.
1.25Nostri concepti in noi non han fermezza;
1.26nostre letizie brievi, rare e false;
1.27nostri diletti mai son senza asprezza.
1.28Troppo felice se mai alcun valse
1.29vincer sé stesso, o ben reggersi amando!
1.30Costui sù in cielo fra que' divi salse.
1.31Io meschina pur seguo aspreggiando
1.32me e chi m'ama, né so ch'io mi voglia:
1.33amo ed ho in odio, e me vivo onteggiando.
1.34I' resto mai di rinovar mie doglia;
1.35io dubïosa sempre stimo el peggio;
1.36io fuggo ciò che dal mio mal mi stoglia.
1.37Che furia è questa, se io stessa eleggio
1.38quel che né so, né in me posso soffrire?
1.39Tutto conosco, e nel mio mal mi reggio.
1.40Aimè, aimè, e che giova garrire
1.41pur a me stessi, e pur qui tormentarmi?
1.42Breve rimedio può el mio mal finire:
1.43non dispettare a chi me ama, e darmi
1.44lieta e ioconda a quanto Amor m'accede,
1.45né fuggir cosa qual s'adatti aitarmi.
1.46Che poss'io altro che amore e fede?
1.47Stolta me, troppo stolta! E che? poss'io
1.48cosa aspettar maggior, qual mio duol chiede?
1.49Costui me pregia, e sono a·llui suo idio:
1.50questo me serve troppo e loda: i' 'l strazio.
1.51Mie colpa adonque piango l'error mio.
1.52Iniurio, e mai di vendicar mi sazio;
1.53duolmi s'e' fugge mie stranezze e gare,
1.54ove a seguirmi do mai lieto spazio.
1.55Non vorrei sanza amor vita, ed amare
1.56quanto te amo, Archilago, mi duole;
1.57duolmi esser vinta e convenir certare.
1.58S'Archilago men ama or che non suole,
1.59e chi n'è altri ch'io cagion? Per tanto
1.60stolta chi altri cerca e ha ciò che vuole!
1.61S'i' fo ch'e' vive per me in doglie e pianto,
1.62che util me ne viene, o qual merto?
1.63Straziar chi me ama dà biasmoso vanto.
1.64«Che dirai, Agilitta, adunque?» Certo,
1.65s'Archilogo ama me, i' son superba
1.66sdegnare quel ch'io bramo ed èmmi offerto.
1.67Ma che? non rest'io omai essere acerba,
1.68e sempre disputar contro a me stessi?
1.69S'e' m'ama, e s'ami; s'e' mi serve, e serva.
1.70E' piange? io piango anch'io. E s'io credessi
1.71durar più giorni in questi miei tormenti,
1.72non so qual morte io non mi eleggessi.
1.73«Agilitta, che fai? Non ti ramenti
1.74quanto ogni cruccio tuo in te sola arda?
1.75Tu stessa al tuo dolor sempre acconsenti».
1.76E io mi n'abbia il danno, s'io fui tarda
1.77a ravedermi quale io sia, suggetta
1.78a quanto ogni mio sforzo aresta e tarda.
1.79Sia quell'ora adunque maladetta
1.80ch'i' mai ti vidi, Archilago. Tu sei,
1.81tu, tu quel se' che·lla mia morte affretta.
1.82O sfortunata me, misera oimei!
1.83A che son io, a che son io condocta,
1.84ch'i' nulla possa in me quanto vorrei?
1.85Vorrei d'amore amando essere isdutta,
1.86ma non so come in me ogni mia impresa
1.87sol poi dolermi e pentirmi ne fructa.
1.88S'io tengo a me me stessa d'ira incesa,
1.89non però posso, Archilago, odïarti;
1.90e duolmi ingiurïar chi non m'ha offesa.
1.91Ma come poss'io mai non molto amarti?
1.92Archilago, o tu sei un dio in terra!
1.93In te contende ogni laude ad ornarti.
1.94Anzi, ora è il tempo uscir di tanta guerra;
1.95e gioverammi adoperar mio sdegno,
1.96ora che cruccio Amor fra noi diserra.
1.97Ah quanto stolta! Aspettar duol m'ingegno,
1.98se io vinta arò poi a pentirmi
1.99di mie parole e di mie lieve ingegno?
1.100Un guardo, un riso dolce, un sol gradirmi,
1.101che Archilago mi porga sì amoroso,
1.102può me d'ogni odio ad amar convertirmi.
1.103Io con mie ingiurie l'ho fatto sdegnoso,
1.104che già suo ingegno sempre fu quïeto,
1.105facile, umano verso me, e piatoso.
1.106E io, che 'l provo troppo mansueto,
1.107sciocca, mai resto, mai, d'ingiurïarlo;
1.108ogni sua gratia a me stessa vieto.
1.109Dovre' io sì, s'egli ama me, amarlo
1.110(ma chi sa qui s'egli ama, o e' mi fugge?);
1.111anzi, me trista, che non so odïarlo!
1.112«Ma lascia pur, lasc'ir, ch'Amor lo strugge».
1.113Amor ti strugge, Archilogo; Amore
1.114non men che me, ben vego, ancor te strugge.
1.115E che a me s'egli arde? El suo dolore
1.116liev'egli el mio? Sì, leva, e m'è conforto
1.117s'altri con meco langue in questo ardore.
1.118Anzi, me duol veder quant'io ho el torto
1.119con un mie sdegno tormentar lui e me.
1.120Così più fiamme al mio seno apporto!
1.121Poss'io far, hen, ch'io non mi sdegni? «Che,
1.122contro Archilago?» Sì, contro te, sì:
1.123e s'tu non ami me, debb'io amar te?
1.124Tutto vedo, tutto odo, ben ch'io stia qui (+)
1.125sola, deserta. E che poss'io pensare,
1.126di poi la nocte ch'io te non vidi, el dì? (+)
1.127E anche io ho chi me comincia a amare;
1.128sì, e più d'uno, e begli sì bene.
1.129Mai sì ch'io gli amo: e chi me 'l può vetare?
1.130«Agilitta, Agilitta, e dove ène
1.131in te la fede, ed intera fermezza?
1.132Qual tu accusi in altri, in te dov'ène?
1.133Tu dubiti di lui, ma egli ha certezza
1.134di te palese che·ttu se' incostante».
1.135Ed i' mi sia: io pur gli do tristezza.
1.136Né ancor sono le sue pene tante
1.137quante le mie, né quanto io gli augurio;
1.138e son le prece di chi ama sante.
1.139Ma stolta, non vegg'io quant'io iniurio
1.140chi m'ama e me? «Resta, Agilitta, omai
1.141di più infurïar». Sì, certo, io infurio.
1.142Un solo me sospecto tiene in guai,
1.143ch'Archilogo mi pare a troppe grato.
1.144«Ma venne amor sanza sospecto mai?»
1.145Ma lui, ove se vede oltreggiato
1.146da me, e scorge ch'io mi profferisco
1.147a questo e a quello, vive adolorato.
1.148E io, ingrata, che di nuovo ordisco
1.149tutt'il dì gare, poi troppo mi pento;
1.150e piango quanto a vendicarmi ardisco.
1.151«Vivi adunque in pianto e lamento,
1.152infelice Agilitta,
1.153poi che·ttu cresci a·tte stessa tormento».
1.154Oimè, che sdegno ed amor mi gitta
1.155or sù, or giù, fra mille onde d'errori,
1.156né scorgo ove sie mai mia voglia addritta.
1.157E tu, o Archilogo, de' miei dolori,
1.158ah, non ti vien pietate. I' pur t'amo,
1.159e per te sono in me questi mie' ardori.
1.160Noi imprudenti ambo e dui erramo,
1.161poi che da troppo amor sospetto nacque,
1.162che l'un troppo dell'altro ci sfidamo.
1.163Dovev'io, stolta, se in cosa mi spiacque
1.164Archilogo mio, sùbito avisarlo,
1.165che lui in pruova so sempre a me piacque.
1.166Né dovev'i', bench'egli errasse, aizzarlo
1.167con mie ingiurie e sdegno a vendicarsi,
1.168ma con dolcezza a molto amarmi attrarlo.
1.169Queste gare fra noi, questo adirarsi
1.170quanto e' ci nuoce, trista, pur or sento,
1.171poi che indarno mie' sospiri ho sparsi.
1.172«Finiamo adunque ogni cruccio e lamento,
1.173Agilitta, o' sol questo
1.174non declinarmi ad amar m'è tormento.
1.175Ama, Agilitta, e quanto ha sempre chiesto
1.176Archilogo, si sia:
1.177fede ed amor fra noi lieto ed onesto,
1.178ché un dolce riso ogni tristezza oblia».
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