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1.1Excelso mio Signor, questa ti scrivo
1.2per te narrar fra quante dubbie voglie,
1.3fra quanti aspri martir dogliosa io vivo.
2.1Non sperava da te tormento e doglie,
2.2ché se 'l favor del Ciel t'era propizio
2.3perdute non sarian l'opime spoglie.
3.1Non credeva un Marchese ed un Fabrizio,
3.2l'un sposo e l'altro padre, al mio dolore
3.3fosse sì crudo e dispietato inizio;
4.1del padre la pietà, di te l'amore,
4.2come doi angui rabidi affamati
4.3rodendo stavan sempre nel mio core.
5.1Credeva più benigni aver i fati,
5.2ché tanti sacrifici e voti tanti
5.3il rettor de l'Inferno avrian placati;
6.1non era tempio alcun che de' miei pianti
6.2non fosse madefatto, né figura
6.3che non avesse de' miei voti alquanti.
7.1Io credo lor dispiacque tanta cura,
7.2tanto mio lacrimar, cotanti voti,
7.3ché spiace a Dio l'amor fuor di misura,
8.1benché li fatti tuoi al Ciel sian noti,
8.2e quei del padre mio volan tant'alto
8.3che mai di fama e gloria saran voti.
9.1Ma or in questo periglioso assalto,
9.2in questa pugna orrenda e dispietata
9.3che m'ha fatto la mente e 'l cor di smalto
10.1la vostra gran virtù s'è dimostrata
10.2d'un Ettor, d'un Achille; ma che fia
10.3questo per me, dolente, abbandonata?
11.1Sempre dubbiosa fu la mente mia;
11.2chi me vedeva mesta giudicava
11.3che me offendesse absenzia o gelosia,
12.1ma io, misera me! sempre pensava
12.2l'ardito tuo valor, l'animo audace,
12.3con che s'accorda mal fortuna prava.
13.1Altri chiedevan guerra; io sempre pace,
13.2dicendo: assai mi fia se 'l mio Marchese
13.3meco quieto nel suo stato giace.
14.1Non noce a voi seguir le dubbie imprese,
14.2m'a noi, dogliose, afflitte, ch'aspettando
14.3semo da dubbio e da timore offese;
15.1voi, spinti dal furor, non ripensando
15.2ad altro ch'ad onor, contr'il periglio
15.3solete con gran furia andar gridando.
16.1Noi timide nel cor, meste nel ciglio
16.2semo per voi; e la sorella il fratre,
16.3la sposa il sposo vuol, la madre il figlio;
17.1ma io, misera! cerco e sposo e patre
17.2e frate e figlio; sono in questo loco
17.3sposa, figlia, sorella e vecchia matre.
18.1Son figlia per natura, e poi per gioco
18.2di legge natural sposa; sorella
18.3e madre son per amoroso foco.
19.1Mai venia peregrin da cui novella
19.2non cercassi saper, cosa per cosa,
19.3per far la mente mia gioiosa e bella,
20.1quando, ad un punto, il scoglio dove posa
20.2il corpo mio, che già lo spirto è teco,
20.3vidi coprir di nebbia tenebrosa,
21.1e l'aria tutta mi pareva un speco
21.2di caligine nera; il mal bubone
21.3cantò in quel giorno tenebroso e cieco.
22.1Il lago a cui Tifeo le membra oppone
22.2boglieva tutto, oh spaventevol mostro!
22.3il dì di Pasca in la gentil stagione;
23.1era coi venti Eulo al lito nostro,
23.2piangeano le sirene e li delfini,
23.3i pesci ancor; il mar pareva inchiostro;
24.1piangean intorno a quel i dei marini,
24.2sentend'ad Ischia dir: «Oggi, Vittoria,
24.3sei stata di disgrazia a li confini,
25.1bench'in salute ed in eterna gloria
25.2sia converso il dolor; ché 'l padre e sposo
25.3salvi son, benché presi con memoria».
26.1Alor con volto mesto e tenebroso,
26.2piangendo, a la magnanima Costanza
26.3narrai l'augurio mesto e spaventoso.
27.1Ella me confortò, com'è sua usanza,
27.2dicendo: «No 'l pensar, ch'un caso strano
27.3sarebbe, sendo vinta tal possanza».
28.1«Non può da li sinistri esser lontano»,
28.2diss'io, «un ch'è animoso a li gran fatti,
28.3non temendo menar l'ardita mano.
29.1Chi d'ambiduo costor trascorre gli atti
29.2vedrà tanto d'ardir pronto e veloce;
29.3non han con la Fortuna tregua o patti».
30.1Ed ecco il nuncio rio con mesta voce
30.2dandoci chiaro tutto il mal successo,
30.3che la memoria il petto ognor mi coce.
31.1Se vittoria volevi io t'era a presso,
31.2ma tu, lasciando me, lasciasti lei,
31.3e cerca ognun seguir chi fugge d'esso.
32.1Nocque a Pompeo, come saper tu dei,
32.2lasciar Cornelia, ed a Catone ancora
32.3nocque lasciando Marzia in pianti rei.
33.1Seguir si deve il sposo dentro e fora,
33.2e s'egli pate affanno ella patisca,
33.3e lieto lieta, e se vi more mora;
34.1a quel che arrisca l'un l'altro s'arrisca;
34.2equali in vita equali siano in morte,
34.3e ciò che avien a lui a lei sortisca.
35.1Felice Mitridate e tua consorte,
35.2che faceste equalmente di fortuna
35.3i fausti giorni e le disgrazie torte!
36.1Tu vivi lieto, e non hai doglia alcuna,
36.2ché, pensando di fama il novo acquisto,
36.3non curi farmi del tuo amor digiuna;
37.1ma io, con volto disdegnoso e tristo,
37.2serbo il tuo letto abbandonato e solo,
37.3tenendo con la speme il dolor misto,
38.1e col vostro gioir tempr'il mio duolo.
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