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XXXIII

Commedia

PoeTree.it

1.1"Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
1.2umile e alta più che creatura,
1.3termine fisso d'etterno consiglio,
2.1tu se' colei che l'umana natura
2.2nobilitasti sì, che 'l suo fattore
2.3non disdegnò di farsi sua fattura.
3.1Nel ventre tuo si raccese l'amore,
3.2per lo cui caldo ne l'etterna pace
3.3così è germinato questo fiore.
4.1Qui se' a noi meridïana face
4.2di caritate, e giuso, intra ' mortali,
4.3se' di speranza fontana vivace.
5.1Donna, se' tanto grande e tanto vali,
5.2che qual vuol grazia e a te non ricorre,
5.3sua disïanza vuol volar sanz'ali.
6.1La tua benignità non pur soccorre
6.2a chi domanda, ma molte fïate
6.3liberamente al dimandar precorre.
7.1In te misericordia, in te pietate,
7.2in te magnificenza, in te s'aduna
7.3quantunque in creatura è di bontate.
8.1Or questi, che da l'infima lacuna
8.2de l'universo infin qui ha vedute
8.3le vite spiritali ad una ad una,
9.1supplica a te, per grazia, di virtute
9.2tanto, che possa con li occhi levarsi
9.3più alto verso l'ultima salute.
10.1E io, che mai per mio veder non arsi
10.2più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi
10.3ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
11.1perché tu ogne nube li disleghi
11.2di sua mortalità co' prieghi tuoi,
11.3sì che 'l sommo piacer li si dispieghi.
12.1Ancor ti priego, regina, che puoi
12.2ciò che tu vuoli, che conservi sani,
12.3dopo tanto veder, li affetti suoi.
13.1Vinca tua guardia i movimenti umani:
13.2vedi Beatrice con quanti beati
13.3per li miei prieghi ti chiudon le mani!".
14.1Li occhi da Dio diletti e venerati,
14.2fissi ne l'orator, ne dimostraro
14.3quanto i devoti prieghi le son grati;
15.1indi a l'etterno lume s'addrizzaro,
15.2nel qual non si dee creder che s'invii
15.3per creatura l'occhio tanto chiaro.
16.1E io ch'al fine di tutt'i disii
16.2appropinquava, sì com'io dovea,
16.3l'ardor del desiderio in me finii.
17.1Bernardo m'accennava, e sorridea,
17.2perch'io guardassi suso; ma io era
17.3già per me stesso tal qual ei volea:
18.1ché la mia vista, venendo sincera,
18.2e più e più intrava per lo raggio
18.3de l'alta luce che da sé è vera.
19.1Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
19.2che 'l parlar mostra, ch'a tal vista cede,
19.3e cede la memoria a tanto oltraggio.
20.1Qual è colüi che sognando vede,
20.2che dopo 'l sogno la passione impressa
20.3rimane, e l'altro a la mente non riede,
21.1cotal son io, ché quasi tutta cessa
21.2mia visïone, e ancor mi distilla
21.3nel core il dolce che nacque da essa.
22.1Così la neve al sol si disigilla;
22.2così al vento ne le foglie levi
22.3si perdea la sentenza di Sibilla.
23.1O somma luce che tanto ti levi
23.2da' concetti mortali, a la mia mente
23.3ripresta un poco di quel che parevi,
24.1e fa la lingua mia tanto possente,
24.2ch'una favilla sol de la tua gloria
24.3possa lasciare a la futura gente;
25.1ché, per tornare alquanto a mia memoria
25.2e per sonare un poco in questi versi,
25.3più si conceperà di tua vittoria.
26.1Io credo, per l'acume ch'io soffersi
26.2del vivo raggio, ch'i' sarei smarrito,
26.3se li occhi miei da lui fossero aversi.
27.1E' mi ricorda ch'io fui più ardito
27.2per questo a sostener, tanto ch'i' giunsi
27.3l'aspetto mio col valore infinito.
28.1Oh abbondante grazia ond'io presunsi
28.2ficcar lo viso per la luce etterna,
28.3tanto che la veduta vi consunsi!
29.1Nel suo profondo vidi che s'interna,
29.2legato con amore in un volume,
29.3ciò che per l'universo si squaderna:
30.1sustanze e accidenti e lor costume
30.2quasi conflati insieme, per tal modo
30.3che ciò ch'i' dico è un semplice lume.
31.1La forma universal di questo nodo
31.2credo ch'i' vidi, perché più di largo,
31.3dicendo questo, mi sento ch'i' godo.
32.1Un punto solo m'è maggior letargo
32.2che venticinque secoli a la 'mpresa
32.3che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.
33.1Così la mente mia, tutta sospesa,
33.2mirava fissa, immobile e attenta,
33.3e sempre di mirar faceasi accesa.
34.1A quella luce cotal si diventa,
34.2che volgersi da lei per altro aspetto
34.3è impossibil che mai si consenta;
35.1però che 'l ben, ch'è del volere obietto,
35.2tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella
35.3è defettivo ciò ch'è lì perfetto.
36.1Omai sarà più corta mia favella,
36.2pur a quel ch'io ricordo, che d'un fante
36.3che bagni ancor la lingua a la mammella.
37.1Non perché più ch'un semplice sembiante
37.2fosse nel vivo lume ch'io mirava,
37.3che tal è sempre qual s'era davante;
38.1ma per la vista che s'avvalorava
38.2in me guardando, una sola parvenza,
38.3mutandom'io, a me si travagliava.
39.1Ne la profonda e chiara sussistenza
39.2de l'alto lume parvermi tre giri
39.3di tre colori e d'una contenenza;
40.1e l'un da l'altro come iri da iri
40.2parea reflesso, e 'l terzo parea foco
40.3che quinci e quindi igualmente si spiri.
41.1Oh quanto è corto il dire e come fioco
41.2al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi,
41.3è tanto, che non basta a dicer "poco".
42.1O luce etterna che sola in te sidi,
42.2sola t'intendi, e da te intelletta
42.3e intendente te ami e arridi!
43.1Quella circulazion che sì concetta
43.2pareva in te come lume reflesso,
43.3da li occhi miei alquanto circunspetta,
44.1dentro da sé, del suo colore stesso,
44.2mi parve pinta de la nostra effige:
44.3per che 'l mio viso in lei tutto era messo.
45.1Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
45.2per misurar lo cerchio, e non ritrova,
45.3pensando, quel principio ond'elli indige,
46.1tal era io a quella vista nova:
46.2veder voleva come si convenne
46.3l'imago al cerchio e come vi s'indova;
47.1ma non eran da ciò le proprie penne:
47.2se non che la mia mente fu percossa
47.3da un fulgore in che sua voglia venne.
48.1A l'alta fantasia qui mancò possa;
48.2ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
48.3sì come rota ch'igualmente è mossa,
49.1l'amor che move il sole e l'altre stelle.
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