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1.1Mentre son questi a le bell'opre intenti,
1.2le quai debbano tosto in uso porse,
1.3il gran nemico de l'umane genti
1.4contro i cristiani i lividi occhi torse;
1.5e scorgendoli omai lieti e contenti,
1.6ambe le labra per furor si morse,
1.7e qual tauro ferito il suo dolore
1.8versò mugghiando e sospirando fuore.
2.1Quinci, avendo pur tutto il pensier vòlto
2.2a recar ne' cristiani ultima doglia,
2.3che sia, comanda il popol suo raccolto
2.4(concilio orrendo!) entro la regia soglia;
2.5come sia pur leggiera impresa, ahi stolto!,
2.6il repugnare a la divina voglia:
2.7stolto, chi al Ciel s'aguaglia, e in oblio pone
2.8come di Dio la destra irata tuone.
3.1Chiama gli abitator de l'ombre eterne
3.2il rauco suon de la tartarea tromba.
3.3Treman le spaziose atre caverne,
3.4e l'aer cieco a quel furor rimbomba;
3.5nè sì stridendo mai da le superne
3.6parti sovra i mortali il folgor piomba,
3.7nè sì scossa giamai trema la terra
3.8quando i vapori in sen gravida serra.
4.1Tosto gli dèi d'Abisso in varie torme
4.2concorron d'ogni intorno a l'alte porte.
4.3Oh come strane, oh come orribil forme!
4.4quant'è ne gli occhi lor terrore e morte!
4.5Stampano alcuni il suol di ferine orme,
4.6e 'n fronte umana han chiome d'angui attorte,
4.7e lor s'aggira dietro immensa coda
4.8che quasi sferza si ripiega e snoda.
5.1Qui mille immonde Arpie vedresti e mille
5.2Centauri e Sfingi e pallide Gorgoni,
5.3molte e molte latrar voraci Scille,
5.4e fischiar Idre e sibilar Pitoni,
5.5e vomitar Chimere atre faville,
5.6e Polifemi orrendi e Gerioni;
5.7e in novi mostri, e non più intesi e visti,
5.8diversi aspetti in un confusi e misti.
5.9Di lor, parte a sinistra e parte a destra
5.10a seder vanno al crudo re davante.
5.11Siede Pluton nel mezzo, e con la destra
5.12sostien lo scettro ruvido e pesante;
5.13nè tanto scoglio in mar, nè rupe alpestra,
5.14nè pur Calpe s'inalza o 'l magno Atlante,
5.15ch'anzi lui non paresse un picciol colle,
5.16sì la gran fronte e le gran corna estolle.
6.1Orrida maestà nel fiero aspetto
6.2terrore accresce, e più superbo il rende:
6.3rosseggian gli occhi, e di veleno infetto
6.4come infausta cometa il guardo splende;
6.5gl'involve il mento e su l'irsuto petto
6.6ispida e folta la gran barba scende,
6.7e a guisa di voragine profonda
6.8s'apre la bocca d'atro sangue immonda.
7.1"Tartarei numi, di seder più degni
7.2là sovra il sole, ond'è l'origin vostra,
7.3che 'l tiranno del Ciel da gli alti regni
7.4spinse già meco in questa orribil chiostra,
7.5mentre d'aver egual par che si sdegni
7.6e i pregi invidia e la bellezza nostra,
7.7mentre temendo è in mille cure involto
7.8non lo scettro del mondo a lui sia tolto,
8.1quai pugne incontra genti a noi rubelle
8.2già fèrsi, e come fosse in Ciel contesa,
8.3noto è pur troppo, e che seguisse in elle
8.4ciascun di noi l'ha in se medesmo inteso;
8.5or Colui regge a suo voler le stelle
8.6ed usurpando più del dritto ha preso,
8.7e sovra gl'inimici incrudelisce
8.8e le sue proprie colpe in noi punisce.
9.1Ed in vece del dì sereno e puro,
9.2de l'aureo sol, de i bei stellati giri,
9.3n'ha qui rinchiusi in quest'abisso oscuro,
9.4nè vuol ch'al primo onor da noi s'aspiri;
9.5e poscia (ahi quanto a ricordarlo è duro!
9.6questo è quel che più inaspra i miei martìri)
9.7ne' bei seggi celesti ha l'uom chiamato
9.8l'uom vile e di vil fango in terra nato.
10.1Nè ciò gli parve assai; ma in preda a morte,
10.2sol per farne più danno, il figlio diede.
10.3Quel venne e ruppe le tartaree porte,
10.4e porre osò ne' regni nostri il piede,
10.5e trarne l'alme a noi dovute in sorte,
10.6e riportarne al Ciel sì ricche prede,
10.7vincitor trionfando, e 'n nostro scherno
10.8l'insegne ivi spiegar del vinto Inferno.
11.1Ma che rinovo i miei dolor parlando?
11.2Chi non ha già le nostre ingiurie intese?
11.3Ed in qual parte si trovò, nè quando,
11.4ch'egli cessasse da l'usate imprese?
11.5Non più dèssi a l'antiche andar pensando,
11.6pensar dobbiamo a le presenti offese.
11.7Deh! non vedete omai com'egli tenti
11.8tutte ritrarre al culto suo le genti?
12.1Noi trarrem neghittosi i giorni e l'ore,
12.2nè degna cura fia che 'l cor n'accenda?
12.3e soffrirem che forza ognor maggiore
12.4il suo popol fedele in Asia prenda?
12.5e che Giudea soggioghi? e ch'il suo onore,
12.6ch'il nome suo sempre oltra s'estenda?
12.7che suoni in altre lingue, e 'n altri carmi
12.8si scriva, e incida in nuovi bronzi e marmi?
13.1Che sian gl'idoli nostri a terra sparsi?
13.2ch'i nostri altari il mondo a lui converta?
13.3ch'a lui sospesi i voti, a lui sol arsi
13.4siano gl'incensi, ed auro e mirra offerta?
13.5che nè più tempio ove possiam ritrarci,
13.6che via rimanga a le nostr'arti aperta?
13.7che di tant'alme il solito tributo
13.8ci manchi, e 'n vòto regno alberghi Pluto?
14.1Ah! non fia ver, chè non anco estinti
14.2gli spirti in voi di quel valor primiero,
14.3quando di ferro e d'alte fiamme cinti
14.4pugnammo già contro il celeste impero.
14.5Fummo, io no 'l niego, in quel conflitto vinti,
14.6pur non mancò virtute al gran pensiero.
14.7Diede, o sorte o destino, altrui vittoria:
14.8restò con noi d'invitto ardir la gloria.
15.1Ma se colui che siede in ciel tiranno
15.2co' folgori tremendi altrui percote,
15.3s'anzi a lui nubi e venti in fuga vanno,
15.4se movendo il gran capo il mondo scuote,
15.5pur tinse allora, e i suoi medesmi il sanno
15.6di mortal pallidezza ambe le gote,
15.7e sanno ancor che questa destra avventa
15.8fulmini anch'ella, e quanto ardisce e tenta.
16.1Ma perchè più vi indugio? Itene, o miei
16.2fidi consorti, o mia potenza e forze:
16.3ite veloci, ed opprimete i rei
16.4prima ch'il lor poter più se rinforze;
16.5pria che tutt'arda il regno de gli Ebrei,
16.6questa fiamma crescente omai s'ammorze;
16.7fra loro entrate, e in ultimo lor danno
16.8la violenza in un s'usi e l'inganno.
17.1Sia destin ciò ch'io voglio: altri disperso
17.2sen vada errando, altri rimanga ucciso,
17.3altri in cure d'amor lascive immerso
17.4idol si faccia un dolce sguardo e un riso.
17.5Sia il ferro incontro al suo rettor converso
17.6da lo stuol ribellante e in sè diviso:
17.7pèra il campo e ruini, e resti in tutto
17.8ogni vestigio suo con lui distrutto. –
18.1Non aspettàr già l'alme a Dio rubelle
18.2che fosser queste voci al fin condotte;
18.3ma fuor volando a riveder le stelle
18.4se n'uscian già da la profonda notte,
18.5come sonanti e torbide procelle
18.6ch'Eolo fuor mandi da le cave grotte
19.1Tosto, spiegando in vari liti i vanni,
19.2si furon questi per lo mondo sparti,
19.3e cominciaro ordir fraudi ed inganni
19.4diversi e nuovi, e ad usar lor arti.
19.5Ma di' tu, Musa, come i primi danni
19.6mandasser da' cristiani e da quai parti;
19.7tu 'l sai, e di tant'opra a noi sì lunge
19.8debil aura di fama a pena giunge.
20.1Reggeva allor Damasco e le vicine
20.2terre Idraote, chiaro, e nobil mago,
20.3che sin da' suoi prim'anni a l'indovine
20.4arti si diede, e ne fu ognor più vago.
20.5Ma che giovàr, se non poteo del fine
20.6di quella incerta guerra esser presago?
20.7Nè aspetto di stelle erranti o fisse,
20.8nè d'augei volo o canto il ver predisse.
21.1Giudicò questi (ahi, cieca umana mente,
21.2come i giudìci tuoi son vani e torti!)
21.3ch'a l'essercito invitto d'Occidente
21.4prescritte avesse il Ciel ruine e morti;
21.5però, credendo che l'egizia gente
21.6gloriosa di lor palma riporti,
21.7destina anch'ei trovarsi in tal vittoria
21.8a parte de gli acquisti e de la gloria.
22.1Ma perchè sanguinosa e cruda stima
22.2che sia tal guerra e del suo danno teme,
22.3va ripensando con qual arte in prima
22.4il poter de' cristiani in parte sceme,
22.5sì che più agevolmente indi s'opprima
22.6da le sue genti e da l'egizie insieme:
22.7a questo suo pensier stimolo agiunge
22.8l'angel maligno, e più l'instiga e punge.
23.1Egli il consiglia, e li ministra i modi
23.2co' quali i suoi desiri adempir puote.
23.3Una donzella, a cui le prime lodi
23.4di bellezza si danno, è al re nipote:
23.5gli accorgimenti e de l'occulte frodi
23.6tutte le vie più chiuse a lei son note.
23.7Questa a sè chiama e tutti i suoi consigli
23.8comparte, e vuol che cura ella ne pigli.
24.1La bella Armida, di sua forma altera
24.2e de' doni del sesso e de l'etate,
24.3l'impresa prende, e in su la prima sera
24.4parte e tiene sol vie chiuse e celate;
24.5e 'n treccia e 'n gonna feminile spera
24.6vincer popoli invitti e schiere armate.
24.7Ma son del suo partir tra 'l vulgo ad arte
24.8diverse voci poi difuse e sparte.
25.1Dopo non molti dì perviene in quella
25.2parte ove s'ergon le francesche tende.
25.3A l'apparir di così nova e bella
25.4donna, ciascun in lei le luci intende,
25.5sì come là dove cometa o stella,
25.6non più vista di giorno, in ciel risplende;
25.7e traggon tutti per veder chi sia
25.8sì nobil peregrina, e chi l'invia.
26.1Argo non mai, non vide Cipro o Delo
26.2d'alta beltà forme sì nove, care:
26.3d'auro ha la chioma, ed or dal bianco velo
26.4traluce involta, or discoperta appare.
26.5Così, qualor si rasserena il cielo,
26.6or da candida nube il sol traspare,
26.7or da la nube uscendo i raggi intorno
26.8più chiari spiega e lume adoppia al giorno.
27.1Erra insieme co 'l velo a l'aura sciolto
27.2il crin dove i suoi lacci Amor ripose;
27.3stassi 'l pudico sguardo in sè raccolto,
27.4e tiene in sè mille bellezze ascose,
27.5e ne le guance e ne le labra accolto
27.6dolce color di mattutine rose,
27.7e qual zefiro suol tra vaghi fiori
27.8aura spira fra lor d'arabi odori.
28.1Mostra il bel petto le sue nevi ignude,
28.2onde foco amoroso ognor si desta.
28.3Parte appar de le mamme acerbe e crude,
28.4parte altrui ne ricopre invida vesta:
28.5invida, ma s'agli occhi il varco chiude,
28.6l'amoroso pensier già non s'arresta,
28.7che non ben pago di bellezza esterna
28.8ne gli occulti secreti anco s'interna.
29.1Come per acqua o per cristallo intero
29.2trapassa il raggio, e no 'l divide o parte,
29.3per entro il chiuso manto osa il pensiero
29.4sì penetrar ne la vietata parte.
29.5Ivi si spazia, ivi contempla il vero
29.6di tante meraviglie a parte a parte;
29.7e lor mentre il desio forma e descrive,
29.8fiamme raccende in lui più ardenti e vive.
30.1"Sacro prencipe invitto, il cui gran nome
30.2sen vola adorno di sì chiari fregi
30.3che l'esser da te vinte e in guerra dome
30.4recansi a gloria le provincie e i regi,
30.5cotanto è noto il tuo valor che come
30.6sia da' nemici avvien che s'ami e pregi,
30.7così anco i tuoi nemici affida, e invita
30.8di ricercarti e d'impetrarne aita.
31.1Ed io, che nacqui in sì diversa fede
31.2che tu abbassasti e ch'or distrugger tenti,
31.3per te spero acquistar la nobil sede
31.4e lo scettro regal de' miei parenti;
31.5e s'altri aita a' suoi congiunti chiede
31.6contro 'l furor de le straniere genti,
31.7io, poi che 'n lor non ha pietà più loco,
31.8contro il mio sangue il ferro ostile invoco.
32.1Te chiamo e in te spero, e in quell'altezza
32.2puoi tu sol pormi ond'io già spinta fui,
32.3nè già diè meno esser tua destra avezza
32.4di sollevar che d'atterrare altrui,
32.5nè meno il vanto di pietà si prezza
32.6che 'l trionfar de gli inimici sui;
32.7e s'hai potuto a molti il regno tòrre,
32.8fia pur gloria nel regno me riporre.
33.1Ma se la nostra fè varia ti move
33.2a disprezzar forse i miei preghi onesti,
33.3la fè, c'ho certa in tua pietà, mi giove,
33.4nè dritto par ch'ella delusa resti;
33.5e chiamo in testimonio il sommo Giove
33.6ch'altrui più giusta aita unqua non desti.
33.7Ma perchè 'l tutto a pieno intenda, or odi
33.8le mie sventure insieme e l'altrui frodi.
34.1Figlia son d'Arbilan, ch'il regno tenne
34.2del bel Damasco e in minor sorte nacque,
34.3ma la bella Cariclia in sposa ottenne,
34.4cui farlo erede del suo regno piacque.
34.5Costei nel suo morir quasi prevenne
34.6il nascer mio, ch'in tempo estinta giacque
34.7ch'io fuori uscia de l'alvo; e fu fatale
34.8giorno ch'a lei diè morte, a me natale.
35.1Ma il primo lustro a pena era varcato
35.2dal dì ch'ella spogliossi il mortal velo,
35.3quand'il mio genitor rapto dal fato
35.4forse con lei si ricongiunse in Cielo,
35.5di me cura lasciando e de lo stato
35.6al fratel ch'egli amò con tanto zelo
35.7che, s'in petto mortal pietà risiede,
35.8esser certo dovea de la sua fede.
36.1Preso dunque di me questi il governo,
36.2vago d'ogni mio ben si mostrò tanto
36.3che d'incorrotta fè, d'amor paterno
36.4e d'immensa pietate ottenne il vanto,
36.5o ch'il maligno suo pensier interno
36.6celasse allor sotto contrario manto,
36.7o che sincere avesse ancor le voglie,
36.8perchè al figliuol mi destinava in moglie.
37.1Crebbi io; crebbe il suo figlio, e mai nè stile
37.2di cavalier, nè nobil arte apprese,
37.3nulla di peregrino o di gentile
37.4li piacque mai, nè mai troppo alto intese;
37.5sotto diforme aspetto animo vile,
37.6e in cor superbo avare voglie accese:
37.7ruvido in atti, ed in costumi è tale
37.8che sol ne' vizi è a se medesmo eguale.
38.1Or il mio buon custode ad uom sì degno
38.2unirmi in matrimonio in sè prefisse,
38.3e farlo del mio letto e del mio regno
38.4consorte: chiaramente un dì me 'l disse.
38.5Usò la lingua e l'arte, usò l'ingegno,
38.6perchè 'l bramato effetto un dì seguisse
39.1Partissi al fin con un sembiante oscuro,
39.2onde l'empio suo cor chiaro trasparve;
39.3e ben l'istoria del mio mal futuro
39.4leggerli in fronte scritta allor mi parve.
39.5Quinci i notturni miei riposi furo
39.6turbati ognor da strani sogni e larve,
39.7ed un fatale orror ne l'alma impresso
39.8m'era del vicin danno indizio espresso.
40.1Spesso l'ombra materna a me s'offria,
40.2pallida imago e dolorosa in atto,
40.3quanto diversa, oimè!, da quel che pria
40.4visto altrove il suo volto avea ritratto!
40.5«Fuggi, figlia,» dicea «morte sì ria
40.6che ti sovrasta omai, pàrtiti ratto,
40.7già veggio il tòsco e 'l ferro in tuo sol danno
40.8apparecchiar dal perfido tiranno.»
41.1Ma che giovava, oimè!, che del periglio
41.2vicino omai fosse presago il core,
41.3s'irresoluta in ritrovar consiglio
41.4la mia tenera età rendea timore?
41.5Prender fuggendo volontario essiglio,
41.6e ignuda uscir del patrio regno fuore,
41.7grave era sì ch'io fea minore stima
41.8di chiuder gli occhi ove l'apersi in prima.
42.1Temea, lassa!, la morte, e non avea
42.2(chi 'l crederia?) poi di fuggirla ardire;
42.3e scoprir la mia tema anco temea,
42.4per non affrettar l'ore al mio morire.
42.5Così inquieta e torbida traea
42.6la vita in un continuo martìre,
42.7qual uom ch'aspetti che su 'l collo ignudo
42.8ad or ad or li caggia il ferro crudo.
43.1Mentr'era in stato tale, o fosse sorte
43.2propizia e destra o mio fatal destino,
43.3un de' ministri de la regia corte,
43.4che mescer mi solea a mensa il vino,
43.5mi scoperse ch'il giorno a la mia morte
43.6dal tiranno prescritto era vicino,
43.7e ch'egli a quel crudel avea promesso
43.8di porgermi il velen quel giorno stesso.
44.1E mi soggiunse poi ch'a la mia vita,
44.2sol fuggendo, allungar poteva il corso;
44.3e poi ch'altronde io non sperava aita,
44.4m'offerse oltr'il consiglio ancor soccorso,
44.5e in modo co 'l suo dir mi rese ardita
44.6che non mi tenne di vil tema il morso,
44.7sì ch'io non disponessi a l'aer cieco,
44.8la patria e 'l zio fuggendo, andarne seco.
45.1Sorse la notte oltre l'usato oscura,
45.2che sotto l'ombre amiche si coperse,
45.3tal che con due donzelle uscii sicura,
45.4compagne elette a le fortune avverse;
45.5ma, lassa!, indietro a le mie patrie mura
45.6pur le luci io volgea di pianto asperse,
45.7nè de la vista del natio terreno
45.8partendo saziar poteansi a pieno.
46.1Un istesso camin gli occhi e 'l pensiero
46.2feano, e 'l piè suo mal grado inanzi giva,
46.3sì come nave ch'improviso e fiero
46.4turbo dilunghi da l'amata riva.
46.5La notte andammo e 'l dì seguente intero
46.6per luoghi ov'orma altrui non appariva;
46.7ci ritrovammo in un castel al fine
46.8che siede del mio regno su 'l confine.
47.1È d'Aronte il castel, ch'Aronte fue
47.2quel che mi trasse di periglio e scòrse.
47.3Ma come me fuggito aver le sue
47.4mortali insidie il traditor s'accorse,
47.5acceso di furor contr'ambidue,
47.6le sue colpe medesme in noi ritorse;
47.7ed ambo fece rei di quell'eccesso
47.8che commetter vèr me vols'egli stesso.
48.1Disse ch'Aronte avea con doni spinto
48.2che tra 'l vin li meschiasse empio veleno
48.3per non aver, poi ch'egli fosse estinto,
48.4chi leggi mi prescriva o tenga a freno;
48.5e ch'io, seguendo un mio lascivo instinto,
48.6volea raccòrmi a mill'amanti in seno.
48.7Ahi che fiamma del cielo anzi in me scenda,
48.8santa onestà, ch'io le tue leggi offenda!
49.1Ch'avara fame d'oro e sete insieme
49.2del mio sangue innocente il crudo avesse,
49.3grave m'è sì; ma via più il cor mi preme
49.4che 'l mio candido onor macchiar volesse.
49.5L'empio, ch'i popolari empiti teme,
49.6così le sue menzogne adorna e tesse
49.7che la città, del ver dubbia e sospesa,
49.8sollevata non s'arma a mia difesa.
50.1Nè, perch'or sieda nel mio seggio e 'n fronte
50.2già li risplenda la real corona,
50.3fin però pone a' miei gran danni e a l'onte,
50.4sì la sua feritade oltra lo sprona.
50.5Arder minaccia entr'il castello Aronte,
50.6se di proprio voler non s'imprigiona;
50.7ed a me, lassa!, e insieme a' miei consorti
50.8guerra indice non pur, ma strazi e morti.
51.1Ciò dice egli di far perchè dal volto
51.2così levarsi la vergogna crede,
51.3e ritornar nel grado, ond'io l'ho tolto,
51.4l'onor del sangue e de la regia sede;
51.5ma 'l timor n'è cagion che non ritolto
51.6li sia lo scettro ond'io son vera erede,
51.7chè sol s'io caggio por fermo sostegno
51.8con le ruine mie punte al suo regno.
52.1E ben quel fine avrà l'empio desire
52.2che già prescritto s'ha il tiranno in mente,
52.3e saran nel mio sangue estinte l'ire
52.4che dal mio lacrimar non fiano spente,
52.5se tu no 'l vieti. A te ricorro, o sire,
52.6io misera fanciulla, orba, innocente;
52.7e questo pianto, ond'ho tuoi piedi aspersi,
52.8vagliami sì che il sangue poi non versi.
53.1Per questi piedi onde i superbi e gli empi
53.2calchi, per questa man che il dritto aita,
53.3per l'alte tue vittorie, e per quei tempi
53.4sacri cui dèsti o cui dar cerchi aita,
53.5il mio desir, tu che puoi solo, adempi
53.6e in un co 'l regno a me serbi la vita
53.7la tua pietà; ma pietà nulla giove,
53.8s'anco te il dritto e la ragion non move.
54.1Tu, cui concesse il Cielo e dielti il fato
54.2voler il giusto e poter ciò che vuoi,
54.3a me salvar la vita, a te lo stato
54.4(chè tuo fia s'il ricovro) acquistar puoi.
54.5Oltre dugento di men pregio, dato
54.6mi sian sol diece de' tuoi chiari eroi,
54.7ch'avendo i padri amici e 'l popol fido,
54.8basta questo a ripormi entr'al mio nido. –
55.1Ciò detto tace; e la risposta attende
55.2con atto ch'in silenzio ha voce e preghi.
55.3Fra pensier vari il cor volve e sospende
55.4il capitan, nè sa ben dove il pieghi.
55.5Teme i barbari inganni, e ben comprende
55.6che non è fede in uom ch'a Dio la neghi.
55.7Ma d'altra parte in lui pietoso affetto
55.8si desta, che non dorme in nobil petto.
56.1Nè pur l'usata sua pietà natia
56.2vuol che costei de la sua grazia degni,
56.3ma 'l move util ancor, ch'util li fia
56.4che ne l'imperio di Damasco regni
56.5chi da lui dipendendo apra la via
56.6ed agevoli il corso a i suoi disegni,
56.7e genti ed armi li ministri ed oro
56.8contro gli Egizi e rei seguaci loro.
57.1Mentre così dubbioso a terra vòlto
57.2lo sguardo tiene, e il pensier volve e gira,
57.3la donna in lui s'affisa, e dal suo volto
57.4intenta pende e gli atti osserva e mira;
57.5e perchè tarda oltre 'l suo creder molto
57.6la risposta, ne teme e ne sospira.
58.1"S'al servigio di Dio, ch'in ciò n'elesse,
58.2volte non fusser or le nostre spade,
58.3ben tua speme fondar potresti in esse
58.4e soccorso trovar, non che pietade;
58.5ma se queste sue greggi e queste oppresse
58.6mura non torniam prima in libertade,
58.7giusto non è che, co 'l scemar le genti
58.8nostre, della vittoria il corso allenti.
59.1Ben ti prometto (e tu per nobil pegno
59.2mia fè ne prendi, e vivi in lei sicura)
59.3che se mai sottrarremo al giogo indegno
59.4queste sacre e dal Ciel dilette mura,
59.5di ritornarti al tuo perduto regno,
59.6come pietà n'essorta, avrem poi cura.
59.7Or mi farebbe la pietà men pio,
59.8s'anzi il suo dritto io non pagassi a Dio. –
60.1A quel parlar chinò la donna e fisse
60.2le luci in terra, e stette immota alquanto;
60.3poi sollevolle rugiadose e disse,
60.4accompagnando i flebili atti al pianto:
60.5"Misera! ed a qual altra il Ciel prescrisse
60.6vita mai grave ed immutabil tanto,
60.7che si cangia in altrui mente e natura
60.8pria che si cangi in me sorte sì dura?
61.1Nulla speme più resta, in van mi doglio:
61.2non han più forza in uman petto i preghi.
61.3Forse lice sperar ch'il mio cordoglio,
61.4che te non mosse, il reo tiranno pieghi?
61.5Nè te, benigno sire, accusar voglio
61.6perchè il picciol soccorso a me si neghi,
61.7ma il Ciel accuso, onde il mio mal discende,
61.8ch'in te pietade inessorabil rende.
62.1Non tu, signor, nè tua bontade è tale,
62.2ma il mio destino or a me nega aita.
62.3Crudo destino, empio destin fatale,
62.4uccidi omai quest'odiosa vita.
62.5L'avermi priva, oimè!, fu poco male
62.6de' dolci padri in lor età fiorita,
62.7se non mi vedi ancor, del regno priva,
62.8qual vittima al coltello andar captiva.
63.1Qui tacque, e parve ch'un reale sdegno
63.2e generoso l'accendesse in vista;
63.3e 'l piè volgendo di partir fa segno,
63.4tutta ne gli atti dispettosa e trista.
63.5Spargeasi il pianto fuor senza ritegno,
63.6com'ira lo produce a dolor mista,
63.7e le nascenti lagrime a vederle
63.8erano a i rai del sol cristallo e perle.
64.1Le guance asperse di quei vivi umori
64.2che giù cadean sin de la veste al lembo,
64.3parean vermigli insieme e bianchi fiori
64.4quando l'irriga un rugiadoso nembo,
64.5quando su l'apparir de' primi albori
64.6spiegano a l'aure liete il chiuso grembo;
64.7e l'alba, che li mira e se n'appaga,
64.8d'adornarsene il crin diventa vaga.
65.1Ma il chiaro umor, che di sì spesse stille
65.2le belle guance e 'l seno adorno rende,
65.3opra effetto di foco, il qual in mille
65.4petti serpe celato e vi s'apprende.
65.5O miracol d'Amor, che le faville
65.6tragge dal pianto, e i cor ne l'acqua accende!
65.7Sempre sovra natura egli ha possanza,
65.8ma in virtù di costei se stesso avanza.
66.1Questo suo finto duol da molti elice
66.2lacrime vere, e i cor più duri spetra.
66.3Ciascun con lei s'affligge, e fra sè dice:
66.4«Se mercè da Goffredo or non impetra,
66.5ben fu rabbiosa tigre a lui nudrice,
66.6e 'l produsse in aspr'alpe orrida pietra
66.7o l'onda che nel mar si frange e spuma:
66.8crudel, che tal beltà turba e consuma.»
67.1E il capitan, mirando anch'egli quanto
67.2sia il duol comun ne' lacrimosi aspetti,
67.3resse, poi ch'ebbe repugnato alquanto,
67.4e vinto dèssi a' naturali affetti.
67.5Or che non può di bella donna il pianto,
67.6ed in lingua amorosa i dolci detti?
67.7Esce da vaghe labra aurea catena
67.8che prese a suo voler l'alme ne mena.
68.1La richiama Goffredo, e dice: "Omai
68.2cessi, vaga donzella, il tuo dolore,
68.3chè tal da me soccorso in breve avrai
68.4qual par che più il richieggia il tuo timore. –
68.5Serenò allora i nubilosi rai
68.6Armida, e sì ridente apparve fore
68.7ch'innamorò di sue bellezze il cielo
68.8asciugandosi gli occhi co 'l bel velo.
69.1Quinci lor rese, in dolci e care note,
69.2grazie per l'alte grazie a lei concesse,
69.3mostrando che sariano al mondo note
69.4mai sempre, e sempre nel suo core impresse;
69.5e ciò che lingua esprimer ben non puote,
69.6muta eloquenza ne' suoi gesti espresse,
69.7e celò sì sotto mentito aspetto
69.8il suo pensier ch'altrui non diè sospetto.
70.1Vedendo poscia che fortuna arriso
70.2al gran principio di sue frodi avea,
70.3prima che 'l suo pensier le sia preciso
70.4dispon di trarre a fin opra sì rea,
70.5e oprar co' dolci atti e co 'l bel viso
70.6più che con l'arti lor Circe o Medea,
70.7e in voce di sirena a' suoi concenti
70.8adormentar le più svegliate menti.
71.1Usa ogni arte la donna, onde sia colto
71.2ne la sua rete alcun novello amante;
71.3nè con tutti, nè sempre un stesso volto
71.4serba, ma cangia a tempo atti e sembiante.
71.5Or tien pudica il guardo a sè raccolto,
71.6or lo rivolge cupido e vagante:
71.7la sferza in quelli, e il freno adopra in questi,
71.8come lor vede in amar lenti o presti.
72.1Se scorge alcun che dal suo amor ritiri
72.2l'alma, e i pensier per diffidenza affrene,
72.3l'apre un benigno riso, e in dolci giri
72.4volge le luci in lui liete e serene;
72.5e così i pigri e timidi desiri
72.6sprona, ed affida la dubbiosa spene,
72.7ed infiammando l'amorose voglie
72.8sgombra quel giel che la paura accoglie.
73.1Ad altri poi, ch'audace il segno varca
73.2scòrto da cieco e temerario duce,
73.3de' cari detti e de' begli occhi è parca,
73.4e in lui timore e riverenza induce.
73.5Ma fra lo sdegno, onde la fronte è carca,
73.6pur anco un raggio di pietà riluce,
73.7sì ch'altri teme ben, ma non dispera,
73.8e più s'invoglia quanto par più altiera.
74.1Stassi tal volta ella in disparte alquanto
74.2e 'l volto e gli atti suoi compone e finge
74.3quasi dogliosa in fin su gli occhi il pianto
74.4tragge sovente e poi dietro il rispinge;
74.5e con quest'arti a lacrimar intanto
74.6seco mill'alme semplicette astringe,
74.7e in foco di pietà strali d'amore
74.8tempra, onde pèra a sì fort'alme il core.
75.1Poi, sì come ella a quel pensier s'invole
75.2e novella speranza in lei si deste,
75.3ver' gli amanti il piè drizza e le parole,
75.4e di gioia la fronte adorna e veste;
75.5e lampeggiar fa, quasi un doppio sole,
75.6il chiaro sguardo e 'l bel riso celeste
75.7su le nebbie del duolo oscure e folte,
75.8ch'avea lor prima intorno al petto accolte.
76.1Ma mentre dolce parla e dolce ride,
76.2e di doppia dolcezza inebria i sensi,
76.3quasi dal petto lor l'alma divide,
76.4non prima usata a quei diletti immensi.
76.5Ahi crudo Amor, ch'egualmente n'ancide
76.6l'assenzio e 'l mèl che tu tra noi dispensi,
76.7e d'ogni tempo egualmente mortali
76.8vengon da te le medicine e i mali!
77.1Fra sì contrarie tempre, in ghiaccio e in foco,
77.2in riso e in pianto, e fra paura e spene,
77.3infossa ogni suo stato, e di lor gioco
77.4l'ingannatrice donna a prender viene;
77.5e s'alcun mai con suon tremante e fioco
77.6osa parlando d'accennar sue pene,
77.7finge, quasi in amor rozza e inesperta,
77.8non veder l'alma ne' suoi detti aperta.
78.1O pur le luci vergognose e chine
78.2tenendo, d'onestà storna e colora,
78.3sì che viene a celar le fresche brine
78.4sotto le rose onde il bel viso infiora,
78.5nè pur a gli occhi ed a l'aurato crine
78.6ma nel vermiglio aspetto appar l'aurora;
78.7e 'l rossor de lo sdegno insieme n'esce
78.8con la vergogna, e si confonde e mesce.
79.1Ma se prima ne gli atti ella s'accorge
79.2ch'altri scoprire a lei tenti sue voglie,
79.3or se l'invola e fugge, ed or li porge
79.4modo onde parli e 'n un tempo il ritoglie;
79.5così il dì tutto in vano error lo scorge
79.6stanco, e deluso poi di speme il toglie.
79.7Resta ei qual cacciator ch'in su la sera
79.8perda alfin l'orme da seguita fèra.
80.1Queste fur l'arti onde mill'alme e mille
80.2prender furtivamente ella poteo,
80.3anzi pur furon l'armi onde rapille
80.4ed a forza d'Amor serve le feo.
80.5Qual meraviglia or fia se 'l fiero Achille
80.6d'Amor fu preda, ed Ercole e Teseo,
80.7s'ancor chi per Giesù la spada cinge
80.8l'empio ne' lacci suoi talora stringe?
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