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1.1Già eran li occhi miei rifissi al volto
1.2de la mia donna, e l'animo con essi,
1.3e da ogne altro intento s'era tolto.
2.1E quella non ridea; ma "S'io ridessi",
2.2mi cominciò, "tu ti faresti quale
2.3fu Semelè quando di cener fessi:
3.1ché la bellezza mia, che per le scale
3.2de l'etterno palazzo più s'accende,
3.3com'hai veduto, quanto più si sale,
4.1se non si temperasse, tanto splende,
4.2che 'l tuo mortal podere, al suo fulgore,
4.3sarebbe fronda che trono scoscende.
5.1Noi sem levati al settimo splendore,
5.2che sotto 'l petto del Leone ardente
5.3raggia mo misto giù del suo valore.
6.1Ficca di retro a li occhi tuoi la mente,
6.2e fa di quelli specchi a la figura
6.3che 'n questo specchio ti sarà parvente".
7.1Qual savesse qual era la pastura
7.2del viso mio ne l'aspetto beato
7.3quand'io mi trasmutai ad altra cura,
8.1conoscerebbe quanto m'era a grato
8.2ubidire a la mia celeste scorta,
8.3contrapesando l'un con l'altro lato.
9.1Dentro al cristallo che 'l vocabol porta,
9.2cerchiando il mondo, del suo caro duce
9.3sotto cui giacque ogne malizia morta,
10.1di color d'oro in che raggio traluce
10.2vid'io uno scaleo eretto in suso
10.3tanto, che nol seguiva la mia luce.
11.1Vidi anche per li gradi scender giuso
11.2tanti splendor, ch'io pensai ch'ogne lume
11.3che par nel ciel, quindi fosse diffuso.
12.1E come, per lo natural costume,
12.2le pole insieme, al cominciar del giorno,
12.3si movono a scaldar le fredde piume;
13.1poi altre vanno via sanza ritorno,
13.2altre rivolgon sé onde son mosse,
13.3e altre roteando fan soggiorno;
14.1tal modo parve me che quivi fosse
14.2in quello sfavillar che 'nsieme venne,
14.3sì come in certo grado si percosse.
15.1E quel che presso più ci si ritenne,
15.2si fé sì chiaro, ch'io dicea pensando:
15.3"Io veggio ben l'amor che tu m'accenne.
16.1Ma quella ond'io aspetto il come e 'l quando
16.2del dire e del tacer, si sta; ond'io,
16.3contra 'l disio, fo ben ch'io non dimando".
17.1Per ch'ella, che vedëa il tacer mio
17.2nel veder di colui che tutto vede,
17.3mi disse: "Solvi il tuo caldo disio".
18.1E io incominciai: "La mia mercede
18.2non mi fa degno de la tua risposta;
18.3ma per colei che 'l chieder mi concede,
19.1vita beata che ti stai nascosta
19.2dentro a la tua letizia, fammi nota
19.3la cagion che sì presso mi t'ha posta;
20.1e dì perché si tace in questa rota
20.2la dolce sinfonia di paradiso,
20.3che giù per l'altre suona sì divota".
21.1"Tu hai l'udir mortal sì come il viso",
21.2rispuose a me; "onde qui non si canta
21.3per quel che Bëatrice non ha riso.
22.1Giù per li gradi de la scala santa
22.2discesi tanto sol per farti festa
22.3col dire e con la luce che mi ammanta;
23.1né più amor mi fece esser più presta,
23.2ché più e tanto amor quinci sù ferve,
23.3sì come il fiammeggiar ti manifesta.
24.1Ma l'alta carità, che ci fa serve
24.2pronte al consiglio che 'l mondo governa,
24.3sorteggia qui sì come tu osserve".
25.1"Io veggio ben", diss'io, "sacra lucerna,
25.2come libero amore in questa corte
25.3basta a seguir la provedenza etterna;
26.1ma questo è quel ch'a cerner mi par forte,
26.2perché predestinata fosti sola
26.3a questo officio tra le tue consorte".
27.1Né venni prima a l'ultima parola,
27.2che del suo mezzo fece il lume centro,
27.3girando sé come veloce mola;
28.1poi rispuose l'amor che v'era dentro:
28.2"Luce divina sopra me s'appunta,
28.3penetrando per questa in ch'io m'inventro,
29.1la cui virtù, col mio veder congiunta,
29.2mi leva sopra me tanto, ch'i' veggio
29.3la somma essenza de la quale è munta.
30.1Quinci vien l'allegrezza ond'io fiammeggio;
30.2per ch'a la vista mia, quant'ella è chiara,
30.3la chiarità de la fiamma pareggio.
31.1Ma quell'alma nel ciel che più si schiara,
31.2quel serafin che 'n Dio più l'occhio ha fisso,
31.3a la dimanda tua non satisfara,
32.1però che sì s'innoltra ne lo abisso
32.2de l'etterno statuto quel che chiedi,
32.3che da ogne creata vista è scisso.
33.1E al mondo mortal, quando tu riedi,
33.2questo rapporta, sì che non presumma
33.3a tanto segno più mover li piedi.
34.1La mente, che qui luce, in terra fumma;
34.2onde riguarda come può là giùe
34.3quel che non pote perché 'l ciel l'assumma".
35.1Sì mi prescrisser le parole sue,
35.2ch'io lasciai la quistione e mi ritrassi
35.3a dimandarla umilmente chi fue.
36.1"Tra ' due liti d'Italia surgon sassi,
36.2e non molto distanti a la tua patria,
36.3tanto che ' troni assai suonan più bassi,
37.1e fanno un gibbo che si chiama Catria,
37.2di sotto al quale è consecrato un ermo,
37.3che suole esser disposto a sola latria".
38.1Così ricominciommi il terzo sermo;
38.2e poi, continüando, disse: "Quivi
38.3al servigio di Dio mi fe' sì fermo,
39.1che pur con cibi di liquor d'ulivi
39.2lievemente passava caldi e geli,
39.3contento ne' pensier contemplativi.
40.1Render solea quel chiostro a questi cieli
40.2fertilemente; e ora è fatto vano,
40.3sì che tosto convien che si riveli.
41.1In quel loco fu' io Pietro Damiano,
41.2e Pietro Peccator fu' ne la casa
41.3di Nostra Donna in sul lito adriano.
42.1Poca vita mortal m'era rimasa,
42.2quando fui chiesto e tratto a quel cappello,
42.3che pur di male in peggio si travasa.
43.1Venne Cefàs e venne il gran vasello
43.2de lo Spirito Santo, magri e scalzi,
43.3prendendo il cibo da qualunque ostello.
44.1Or voglion quinci e quindi chi rincalzi
44.2li moderni pastori e chi li meni,
44.3tanto son gravi, e chi di rietro li alzi.
45.1Cuopron d'i manti loro i palafreni,
45.2sì che due bestie van sott'una pelle:
45.3oh pazïenza che tanto sostieni!".
46.1A questa voce vid'io più fiammelle
46.2di grado in grado scendere e girarsi,
46.3e ogne giro le facea più belle.
47.1Dintorno a questa vennero e fermarsi,
47.2e fero un grido di sì alto suono,
47.3che non potrebbe qui assomigliarsi;
48.1né io lo 'ntesi, sì mi vinse il tuono.
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