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1.1O poca nostra nobiltà di sangue,
1.2se glorïar di te la gente fai
1.3qua giù dove l'affetto nostro langue,
2.1mirabil cosa non mi sarà mai:
2.2ché là dove appetito non si torce,
2.3dico nel cielo, io me ne gloriai.
3.1Ben se' tu manto che tosto raccorce:
3.2sì che, se non s'appon di dì in die,
3.3lo tempo va dintorno con le force.
4.1Dal "voi" che prima a Roma s'offerie,
4.2in che la sua famiglia men persevra,
4.3ricominciaron le parole mie;
5.1onde Beatrice, ch'era un poco scevra,
5.2ridendo, parve quella che tossio
5.3al primo fallo scritto di Ginevra.
6.1Io cominciai: "Voi siete il padre mio;
6.2voi mi date a parlar tutta baldezza;
6.3voi mi levate sì, ch'i' son più ch'io.
7.1Per tanti rivi s'empie d'allegrezza
7.2la mente mia, che di sé fa letizia
7.3perché può sostener che non si spezza.
8.1Ditemi dunque, cara mia primizia,
8.2quai fuor li vostri antichi e quai fuor li anni
8.3che si segnaro in vostra püerizia;
9.1ditemi de l'ovil di San Giovanni
9.2quanto era allora, e chi eran le genti
9.3tra esso degne di più alti scanni".
10.1Come s'avviva a lo spirar d'i venti
10.2carbone in fiamma, così vid'io quella
10.3luce risplendere a' miei blandimenti;
11.1e come a li occhi miei si fé più bella,
11.2così con voce più dolce e soave,
11.3ma non con questa moderna favella,
12.1dissemi: "Da quel dì che fu detto "Ave"
12.2al parto in che mia madre, ch'è or santa,
12.3s'allevïò di me ond'era grave,
13.1al suo Leon cinquecento cinquanta
13.2e trenta fiate venne questo foco
13.3a rinfiammarsi sotto la sua pianta.
14.1Li antichi miei e io nacqui nel loco
14.2dove si truova pria l'ultimo sesto
14.3da quei che corre il vostro annüal gioco.
15.1Basti d'i miei maggiori udirne questo:
15.2chi ei si fosser e onde venner quivi,
15.3più è tacer che ragionare onesto.
16.1Tutti color ch'a quel tempo eran ivi
16.2da poter arme tra Marte e 'l Batista,
16.3eran il quinto di quei ch'or son vivi.
17.1Ma la cittadinanza, ch'è or mista
17.2di Campi, di Certaldo e di Fegghine,
17.3pura vediesi ne l'ultimo artista.
18.1Oh quanto fora meglio esser vicine
18.2quelle genti ch'io dico, e al Galluzzo
18.3e a Trespiano aver vostro confine,
19.1che averle dentro e sostener lo puzzo
19.2del villan d'Aguglion, di quel da Signa,
19.3che già per barattare ha l'occhio aguzzo!
20.1Se la gente ch'al mondo più traligna
20.2non fosse stata a Cesare noverca,
20.3ma come madre a suo figlio benigna,
21.1tal fatto è fiorentino e cambia e merca,
21.2che si sarebbe vòlto a Simifonti,
21.3là dove andava l'avolo a la cerca;
22.1sariesi Montemurlo ancor de' Conti;
22.2sarieno i Cerchi nel piovier d'Acone,
22.3e forse in Valdigrieve i Buondelmonti.
23.1Sempre la confusion de le persone
23.2principio fu del mal de la cittade,
23.3come del vostro il cibo che s'appone;
24.1e cieco toro più avaccio cade
24.2che cieco agnello; e molte volte taglia
24.3più e meglio una che le cinque spade.
25.1Se tu riguardi Luni e Orbisaglia
25.2come sono ite, e come se ne vanno
25.3di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia,
26.1udir come le schiatte si disfanno
26.2non ti parrà nova cosa né forte,
26.3poscia che le cittadi termine hanno.
27.1Le vostre cose tutte hanno lor morte,
27.2sì come voi; ma celasi in alcuna
27.3che dura molto, e le vite son corte.
28.1E come 'l volger del ciel de la luna
28.2cuopre e discuopre i liti sanza posa,
28.3così fa di Fiorenza la Fortuna:
29.1per che non dee parer mirabil cosa
29.2ciò ch'io dirò de li alti Fiorentini
29.3onde è la fama nel tempo nascosa.
30.1Io vidi li Ughi e vidi i Catellini,
30.2Filippi, Greci, Ormanni e Alberichi,
30.3già nel calare, illustri cittadini;
31.1e vidi così grandi come antichi,
31.2con quel de la Sannella, quel de l'Arca,
31.3e Soldanieri e Ardinghi e Bostichi.
32.1Sovra la porta ch'al presente è carca
32.2di nova fellonia di tanto peso
32.3che tosto fia iattura de la barca,
33.1erano i Ravignani, ond'è disceso
33.2il conte Guido e qualunque del nome
33.3de l'alto Bellincione ha poscia preso.
34.1Quel de la Pressa sapeva già come
34.2regger si vuole, e avea Galigaio
34.3dorata in casa sua già l'elsa e 'l pome.
35.1Grand'era già la colonna del Vaio,
35.2Sacchetti, Giuochi, Fifanti e Barucci
35.3e Galli e quei ch'arrossan per lo staio.
36.1Lo ceppo di che nacquero i Calfucci
36.2era già grande, e già eran tratti
36.3a le curule Sizii e Arrigucci.
37.1Oh quali io vidi quei che son disfatti
37.2per lor superbia! e le palle de l'oro
37.3fiorian Fiorenza in tutt'i suoi gran fatti.
38.1Così facieno i padri di coloro
38.2che, sempre che la vostra chiesa vaca,
38.3si fanno grassi stando a consistoro.
39.1L'oltracotata schiatta che s'indraca
39.2dietro a chi fugge, e a chi mostra 'l dente
39.3o ver la borsa, com'agnel si placa,
40.1già venìa sù, ma di picciola gente;
40.2sì che non piacque ad Ubertin Donato
40.3che poï il suocero il fé lor parente.
41.1Già era 'l Caponsacco nel mercato
41.2disceso giù da Fiesole, e già era
41.3buon cittadino Giuda e Infangato.
42.1Io dirò cosa incredibile e vera:
42.2nel picciol cerchio s'entrava per porta
42.3che si nomava da quei de la Pera.
43.1Ciascun che de la bella insegna porta
43.2del gran barone il cui nome e 'l cui pregio
43.3la festa di Tommaso riconforta,
44.1da esso ebbe milizia e privilegio;
44.2avvegna che con popol si rauni
44.3oggi colui che la fascia col fregio.
45.1Già eran Gualterotti e Importuni;
45.2e ancor saria Borgo più quïeto,
45.3se di novi vicin fosser digiuni.
46.1La casa di che nacque il vostro fleto,
46.2per lo giusto disdegno che v'ha morti
46.3e puose fine al vostro viver lieto,
47.1era onorata, essa e suoi consorti:
47.2o Buondelmonte, quanto mal fuggisti
47.3le nozze süe per li altrui conforti!
48.1Molti sarebber lieti, che son tristi,
48.2se Dio t'avesse conceduto ad Ema
48.3la prima volta ch'a città venisti.
49.1Ma conveniesi, a quella pietra scema
49.2che guarda 'l ponte, che Fiorenza fesse
49.3vittima ne la sua pace postrema.
50.1Con queste genti, e con altre con esse,
50.2vid'io Fiorenza in sì fatto riposo,
50.3che non avea cagione onde piangesse.
51.1Con queste genti vid'io glorïoso
51.2e giusto il popol suo, tanto che 'l giglio
51.3non era ad asta mai posto a ritroso,
52.1né per divisïon fatto vermiglio".
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