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1.1Tempo fu già che errar mi fece amore,
1.2ch'io facea onore — alla cosa più vile,
1.3e tanto umìle — stava al folle stile,
1.4ch'io mi fei servo al lor non degno pregio,
1.5ch'era dispregio — al nostro gran valore.
1.6Ma il tristo core — ripreso ha il vigore,
1.7lascia l'errore, — che 'l tenea sottile;
1.8or signorile — e di novo covile
1.9esce, e di sé è signor, portando fregio
1.10e novo privilegio:
1.11mutar voglio di voi, femmine vane.
1.12Ma qual saggio saràne
1.13non chiederà ad alcuna più merzede,
1.14tanto siete scherane;
1.15onde in femmina più non vo' por fede,
1.16ché più strazio ha da voi chi più vi crede.
2.1Voi ci mostrate lo ingessato viso,
2.2che, a mirar fiso, — si dipignerebbe;
2.3or chi serebbe — certo o crederebbe
2.4quanto per quello avanza in voi superba?
2.5ché ognuna acerba — vuol l'amante anciso.
2.6Poi che conquiso — l'ha e al fondo miso,
2.7fa un pazzo aviso, — e dice: «Or me n'increbbe».
2.8Quando dovrebbe — aitarlo, che potrebbe,
2.9sta dura, e sempre al sezzo si riserba;
2.10e così torna in erba
2.11il senno lor di quale è la più saggia;
2.12onde omai vo' che caggia
2.13in sozzo loco lor vil vanagloria,
2.14e così ancor mal aggia
2.15chi per amor farà di lor memoria,
2.16ché più che i cercini hanno alta la boria.
3.1Come femmina vede ch'altri guarda,
3.2crede ch'egli arda, ond'ella allora ingrossa
3.3e fa tal mossa, — che a via minor scossa
3.4cadria qual fondamento oggi è più fermo.
3.5E non val sermo — ch' a ciò non riguarda,
3.6ma sta più tarda — talvolta che imbarda;
3.7fassi bugiarda — a quel che ha l'alma mossa,
3.8perché è percossa — ché Amor l'ha in sua possa,
3.9sì ch'ella ama e vorrebbe e pur fa schermo;
3.10onde prima nell'ermo,
3.11nel più aspro diserto esser vorria,
3.12che mai la mia bailia
3.13dessi a femmine, tanto son fallace.
3.14E per la fede mia,
3.15che se non fusse chi tacer mi face
3.16io userei sermon via più mordace!
4.1Nascondetevi, pi— non vi mostrate,
4.2state celate — in ciascheduna parte,
4.3ché omai son sparte — vostre borie e l'arte,
4.4che usate solo a farvi vagheggiare;
4.5ché se il lisciar — non fosse e 'l stare armate,
4.6come voi fate, — parreste abbrusciate.
4.7Così ingannate — noi, che stiam da parte;
4.8ond'è chi in carte — scrive o segue Marte
4.9per voi, e quali in giostre o in armeggiare.
4.10E lasciànci ingannare
4.11a i visi lor dipinti e alle pianelle,
4.12alte più che predelle,
4.13alle maniche larghe e a i pettorali,
4.14a i cercini, onde belle
4.15fansi per questo modo: e noi animali
4.16per lor gittiam nostre virtù reali!
5.1La femmina ch' è amata sta gioconda,
5.2e vagabonda — mostra tanto orgoglio,
5.3ond'io mi doglio via più ch'io non soglio,
5.4quand'odo alcun che in ben di lor favelli.
5.5Tal di capelli — ha la sua zucca bionda,
5.6e fassi bionda — ché la trezza abonda
5.7da ogni sponda. — Ora più dir non voglio,
5.8ch'io non raccoglio — tutto in questo foglio,
5.9ma serbo a far di lor versi più belli.
5.10Ben son sciaguratelli
5.11quei che son servi alla miseria loro,
5.12che sostengon martoro
5.13da cosa via più vil che allettar Tifo.
5.14Elle ridon di loro,
5.15ché a rimirarle torcono altrui il grifo:
5.16onde di loro amor sia ciascun schifo.
5.17— Canzon mia franca, va' senza temenza,
5.18cerca Fiorenza — e sue belle contrade,
5.19poi la cristianitade
5.20in tutte parti dove sono amanti,
5.21e dillo a tutti quanti
5.22che a femmina non dian lor libertade,
5.23ché al mondo esser non può maggior viltade.
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