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1.1Il tempo è breve e la mia penna è stanca,
1.2gli occhi sono aggravati e lacrimosi,
1.3e li corsi ritrosi
1.4d'ogni letizia mostran nuovo pianto;
1.5mort' è la speme ove la fede manca.
1.6Ma leon, orsi o tiri venenosi
1.7esser devrien pietosi,
1.8e qual di crudeltà si dà più vanto.
1.9S'io scuopro l'angoscioso animo affranto,
1.10qual fia sì duro, a cui pietà non venga?
1.11o che lagrime tenga,
1.12quando saprà la piaga che in cor porto?
1.13il qual divide Amore a sì gran torto.
2.1Piangendo, al tristo essordio chiamo Amore,
2.2non com'io solea far, ma con dispregio.
2.3É questo il sire egregio,
2.4al qual pace si chiede e dà pur guerra,
2.5vilipendendo chi più gli fa onore?
2.6É questo il re del magno e gran collegio,
2.7a cui si dà tal pregio
2.8che infino al terzo ciel null'altro il serra?
2.9Movasi l'ignorante, che 'n questo erra,
2.10a veder come ei può via men che nulla!
2.11Ma sciocchezza trastulla
2.12chi segue senza fren sua vana fama,
2.13che chiede e priega e non sa chi si chiama.
3.1Ma questo Amore è nulla o ver cognome
3.2di cosa positiva ch'altri crede;
3.3e chi ben guarda vede
3.4che s'egli è qualche cosa è per mal fare.
3.5Se il splendor de i begli occhi e l'auree chiome
3.6d'Elena piacque a Paris, per merzede
3.7di costui che possede
3.8li animi altrui leggier come gli pare,
3.9poi nella occasïon vedi disfare
3.10città, castella, patrie, anzi reami,
3.11per costui, che tu chiami,
3.12mente legata in suo sirpo noioso:
3.13ecco che nullo in lui truovi riposo.
4.1L'amante muor ben mille volte il giorno
4.2prima che giunga al suo lungo desio;
4.3e poi più crudo e rio
4.4gli è questo caso che chiamiamo Amore.
4.5Lasso, ch'io il provo per quel viso adorno,
4.6qual m'ha sì tolto che pi— non son mio,
4.7non perch'el sia restio,
4.8ma per distanzia da tanto splendore.
4.9Nasce per tale essilio fraude e errore
4.10dal malvagio accidente che l'adopra,
4.11il qual contai di sopra,
4.12né mi dorrò, come già fei, con elli,
4.13ma con erbe, con fronde e con augelli.
5.1Tra' fior, nei prati e per le verdi piagge,
5.2a piè di sterpi e di gran siepi all'ombra,
5.3col pensier che m'ingombra,
5.4vo sfogando il dolor, che sempre ho meco,
5.5dove m'appaion cose aspre e selvagge,
5.6che di paura spesso l'alma adombra;
5.7ma tutto questo sgombra
5.8l'amara passïon che innanzi reco,
5.9per la qual terminar, la morte preco.
5.10Se tema non vincesse i pensier rei,
5.11già presso gli sarei:
5.12col colpo poserebbe il corpo lasso,
5.13che mille volte ognor, vivendo, il passo.
6.1Mostra la terra germogliando festa,
6.2perché sotto altro nome si governa;
6.3e fuor d'ogni caverna
6.4veggio ogni selvaggina alla pastura.
6.5Lieta per la stagion si manifesta
6.6ciascuna cosa che sperando verna,
6.7fin che tal tempo cerna
6.8del novello Arïete ornata cura.
6.9Ma nostra umana fantasia perdura
6.10in cercar come possa ir più stentando,
6.11sempre pace schifando,
6.12qual poi vorrebbe; onde 'l desio gli è spento,
6.13com' ho fatto io, che senza pro mi pento.
7.1O serpenti di Libia aspri e crudeli,
7.2anzi pietoso qual di voi m'ancida,
7.3correte alle mie grida
7.4e ragion fate ch'io sia vostro pasto!
7.5Ben prendereste un agnel che si celi,
7.6ma, non chi per piacer morte disfida;
7.7perché non si divida,
7.8il fa Fortuna, forse, il duol ch'i' attasto.
7.9O felice Ateon, da i tuoi can guasto
7.10fusti una volta sol per questo fato;
7.11ed io son lacerato
7.12tante fïate quante io fo sospiri!
7.13Pensi omai chi è cagion de' miei martiri.
8.1Dov'è malizia maritata lascia
8.2me consumar tra questi rusticani,
8.3car mio lamento, e va' dove ti piace.
8.4Molti lagrimeran della tua ambascia
8.5per li sembianti tuoi dolenti e strani,
8.6e tu fa' come quel che ode e tace.
8.7Chi ti domanda per darti conforto
8.8di' pur: «Guardate l'abito ch'io porto».
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