about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books
1.1Nel vago tempo che Febo ritorna
1.2col fiero Tauro dietro al bel Castore,
1.3rinforzando il valore
1.4nello emisperio nostro co i suoi raggi,
1.5di sue micanti chiome il cielo adorna.
1.6Ogni fronda, ogni erbetta ed ogni fiore
1.7par che allor gridi: «Amore!»;
1.8liet'è le selvaggine a i lor vïaggi
1.9ed ogni verde pianta in su la terra,
1.10Iove laudando li augelletti in versi;
1.11ed io all'usata guerra
1.12meno l'alma piangendo a condolersi,
1.13percossa un dì da più di mille errori,
1.14con fronde in compagnia erbette e fiori.
2.1«A che pensi — l'un dice —, in che t'affanni?»
2.2«Però che senza affanno esser non posso»
2.3rispondo. Un altro ha mosso
2.4e dice: «Sì puoi ben, ma far nol sai».
2.5Ed io a lui: «O come? tu t'inganni.
2.6Non vedi che Fortuna m'ha nel fosso
2.7sopra 'l debile dosso
2.8la rota, onde levar non credo mai?»
2.9Un altro surge e tai parole move:
2.10«Etti d'avere udito già in oblio
2.11le sue usate prove?
2.12O hai di Lete trapassato il rio?
2.13Ché irata strusse già il sangue tebano,
2.14poi lieta ristorò il popol romano».
3.1«Tu parli a me come se regno io fusse
3.2— rispondo a quello error che ciò mi dice —
3.3o come se in felice
3.4grado fussi salito, ed or mancassi.
3.5La nimica Fortuna, che distrusse
3.6ogni conforto in me da la radice
3.7alla somma pendice,
3.8non volle mai che riposo provassi;
3.9anzi un misero Edippo e più mi veggio
3.10correr peregrinando al punto estremo,
3.11e quasi Oreste e peggio;
3.12né spero pace, ma languendo temo
3.13Fortuna non rinforzi, come suole:
3.14altro non posso, sia quel ch'esser vuole».
4.1Un altro surge e in questo modo parla:
4.2«Ecco che così sia come or n'hai prto,
4.3pruovoti che a gran torto
4.4sovente di Fortuna ti lamenti;
4.5in prima ch'è impossibil raffrenarla,
4.6e poi che non se' solo al tristo porto.
4.7Prendi adunque conforto
4.8sopra la strutta Tebe e le sue genti;
4.9vedi Saul disteso in Gelboè,
4.10mira il fier Roboam, rimira Aragne,
4.11rimira Oniobè,
4.12che in quatordici figli morti piagne
4.13l'anima trista! e tu perché ti lagni?
4.14Spècchiati in questi e in molti altri compagni!»
5.1«Laido conforto è quello che mi porgi,
5.2il qual si suol de i miseri chiamare»
5.3rispondo a quel parlare,
5.4che l'altrui danno vuol che 'l mio ristori.
5.5«Che util m'è Fortuna, se tu scorgi
5.6caduto me vedere altrui cascare?
5.7L'un non può l'altro aitare,
5.8anzi augmentan tumulto i più martori».
5.9Mentre che sì diceva a me in me stesso,
5.10ed ecco, come suol dogo uscire
5.11quando balena spesso
5.12dell'aere i lampi e sopra noi apparire,
5.13tale una nube angelica davante
5.14m'apparve, dentro a un razzo scintillante.
6.1Vinta rimase la mia vista; e quale
6.2di Ganimede il popol suo divenne,
6.3simile non sostenne
6.4l'occhio mio penetrar per quella luce;
6.5o qual d'Elia al carro triünfale
6.6il beato Eliseo quantunque tenne
6.7la vista, mi sovvenne
6.8che fiamma vide e non il santo duce,
6.9ed io la nube e 'l sol che gli era intorno.
6.10Non dopo molto essa nube ostendea
6.11uno uman viso adorno,
6.12come Acate, che schiuse a Dido Enea,
6.13con una voce angelica e soave,
6.14la qual, s'io bene intesi, a me disse: «Ave».
7.1Tardo non fui a quel risposta dare,
7.2tutto attonito e pien di maraviglia,
7.3né potei alzar le ciglia
7.4pel raggio che nel viso era reflesso.
7.5Poi cominciò col suo dolce parlare:
7.6«Alza su gli occhi e in me conforto piglia,
7.7come fè nella figlia
7.8di Leda il buon Parìs! Seguendo appresso,
7.9vinca ogn'altro pensier la mia bellezza
7.10e rassicuri te com'uom costante,
7.11che ogni passion sprezza,
7.12che la Fortuna gli può porre avante:
7.13però che raro un uom stolto tempesta;
7.14anzi, quanto e più saggio, più il molesta.
8.1Nel mio viso inimico di dolore,
8.2d'iniquitade, di superbia e d'ira
8.3spècchiati, e in quel rimira
8.4dov' altro che piacer non regnò mai;
8.5vedi negli occhi miei lucenti amore,
8.6vedi quanta dolcezza in lor respira!
8.7Dunque sol me desira,
8.8e spera che felice ancor sarai,
8.9cantando d'amor versi, allegro e gaio
8.10di me, se mai per scriver pon la mano
8.11al buon ser Niccolaio,
8.12che fama rende al bel San Gimignano».
8.13Detto ciò, sparve come ella si porse,
8.14ed io rimasi più che prima in forse.
8.15— Canzon, tu vedi quanto amor m'invita,
8.16ma poi ch'io fo partita,
8.17pria che quindici volte Febo volga,
8.18priega ser Niccolao per me la tolga.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)