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1.1Surge, nunc surge, nec tantum prolixe
1.2manebis contra me senza pietade,
1.3che vedi quanto umìle a i tuoi piè vegno;
1.4non tanto far che Amor si mova a sdegno
1.5verso la tua gentile umanitade,
1.6dove natura ogni suo sforzo misse.
1.7Non sì pietosi versi al greco Ulisse
1.8gli mandò mai Penelope, né tanti
1.9furon di Tisbe i pianti
1.10o di molti altri, quanto sono i miei:
1.11di tant' odio il perché saper vorrei.
1.12Non Troiol sì con lagrime bagnava
1.13il sigil, se mandava
1.14lettere a sua Criseida, i cui sembianti
1.15ambo gli fece amanti,
1.16com'io lavo di pianto i tristi carmi:
1.17dunque, poi che tu puoi, deh, vogli aitarmi!
2.1Tuos humiliter oculos leva;
2.2aspice, e me vedrai con quanto onore,
2.3più ch'io non posso, tua persona essalto.
2.4Perché l'umil tuo cor pur fai di smalto?
2.5Nol concede ragion, nol vuole Amore,
2.6che in te più ch'altra cosa speme aveva,
2.7e così ho e arò; né tanto Sceva
2.8fece giammai per Cesare a Durazzo,
2.9che insanguinò lo spazzo
2.10da tutte parti, né curò morire.
2.11Morte non temerei per te servire,
2.12né cheggio, alma gentil, che una cosa:
2.13sol tua voce pietosa;
2.14questa render mi può ciascun sollazzo,
2.15ché di lagrime guazzo
2.16spesso a i piedi mi fo, e languendo cheggio
2.17morte, ché temo con vita di peggio.
3.1Numquam audisti me quia semper voco
3.2mei miserere a te, con un tal modo
3.3che a pietà crederei muover lo inferno.
3.4Ve' che me stesso per piacerti sperno,
3.5e tu di cappio fai più duro nodo,
3.6poi di favilla m'hai messo in gran foco.
3.7Omè, ve' che per te non trovo loco;
3.8per te vo quasi come forsennato,
3.9e dove m'ha menato
3.10Fortuna, vo senza guardar la via.
3.11Tal volta io stesso non so chi mi sia:
3.12deggio ire a un loco, in un altro mi trovo;
3.13questo ognora m'è novo,
3.14e tal passando m'arà salutato,
3.15che lui ho bestemmiato,
3.16non intendendo altrui, né altri me;
3.17e tu di questo sol cagion ne se'.
4.1Heu michi, dum tempus erit ergo
4.2quod tu dimictas me e ad altro attenda
4.3Fortuna, che pur darmi tanta pena?
4.4E tu, Amor, che puoi, alquanto affrena
4.5questa noverca, ché più non mi offenda,
4.6qual tanto aggrava il mio debile tergo.
4.7Non vale incontro a lei scudo né sbergo,
4.8che via non passi il suo colpo mortale,
4.9col velenoso strale,
4.10qual punse Isifil, Deidamia e Dido;
4.11onde con pianto strido,
4.12perché Amor non fu mai senza Fortuna:
4.13due cose sono, e desse due fann' una,
4.14né de i dolenti servi a lor non cale.
4.15Dunque nulla mi vale
4.16pur pietà domandar, quando non l'hanno,
4.17né più tra me sperar così faranno.
5.1Ideoque fortunam maladico
5.2et maladicam sic ogn'altra cosa,
5.3che s'ode o vede o sente sopra terra.
5.4Maggior ch'io m'abbia, aver non posso guerra,
5.5perché a ciascun la mia vita è noiosa
5.6e morto mi vorria il maggior amico:
5.7pensi ogni gente che vorria il nimico.
5.8Non la metà di sé poté dir Fazio;
5.9quanto il mio è maggior strazio!
5.10Né delle diece patti l'una scrivere
5.11potrei, se sempre vivere
5.12dovessi, essendo a sdegno a chi si move,
5.13contrario al mondo ed all'inferno e a Iove.
5.14Ancor non è Amor di me sì sazio,
5.15ma per più lungo spazio
5.16egli e Fortuna e tu con loro inseme
5.17farete quel di che mia vita teme.
6.1En igitur me curvo postquam dego
6.2sine spe, né farò mai più contesa,
6.3ma lascerò alla rota far suo corso.
6.4Omè, ch'io son da tante parti morso
6.5ch'Ercole né Sanson faria diffesa;
6.6e però Morte chiamo, adoro e prego:
6.7quand'io mi credo scioglier, più mi lego.
6.8Non sì Arrighetto fu mai ne' suoi versi
6.9disperato a dolersi,
6.10quanto esser più debb'io; se più potessi,
6.11non ch'io solo il dicessi,
6.12ma tutto il mondo nol racconterebbe.
6.13Deh, pur increscer di me ti dovrebbe,
6.14se i pensier da ragion non hai riversi;
6.15e, se fusser, pentersi
6.16devrieno, e seguitar quel ch'è ragione,
6.17ché assai ne inganna falsa oppinïone!
6.18— Cum magno fletu, cantilena, vade
6.19quocumque vis, ché più di me non curo,
6.20poi ch'io mi veggio d'ogni grazia privo:
6.21e, così stando, non moro né vivo
6.22nel tenebroso loco buio e oscuro,
6.23ove in me più non veggio chiaritade;
6.24sopra che tutto, va' in quelle contrade
6.25dove tu troverai chi mi soggioga;
6.26quanto più puoi, la roga
6.27che gli occhi verso me pietosi levi;
6.28e così allevierà mie affanni grevi.
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