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Poesie

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1.1Alla più alta gloria, ove risplende
1.2la luce che Amor manda dal bel cielo
1.3ricorro con pietà, perché mi offende;
1.4onde mai non scopro dal suo velo,
1.5tal fiamma al cor quella favilla accende,
1.6che, dalla morte in fuor, chiamo ogni gelo.
1.7Morte non chiamo, perché possa il core
1.8ragionar di mia donna con Amore.
2.1E perché il dir di lei m'accheta il pianto
2.2che mi fa far Fortuna, cheggio vita,
2.3però che so, Amor, che 'l tuo valore è tanto
2.4che puoi soccorrer l'alma sbigotita;
2.5e quando, Amor, con teco di lei canto
2.6la mente vile torna franca e ardita,
2.7e più ringrazio il tuo superno regno,
2.8perché del dir di lei m'hai fatto degno.
3.1Di te mi meraviglio, Amore, in parte,
3.2quando del cielo uno Anselon mi mandi,
3.3dove le tue fazion non sarien sparte,
3.4ché pure in questa sola in man le spandi;
3.5ancor mi meraviglio come Marte
3.6del ciel non scende a far l'opere grandi,
3.7più per coste' che Ercol per Deïmira,
3.8che par lo Impireo mova quando mira.
4.1E se vuoi dire, Amor, con quale ardire,
4.2o con qual forza, o qual grazia il concede
4.3che questi deggia di tal donna dire,
4.4perché ricchezza né virtù possiede,
4.5dico che è vero, ma solo il te ubidire
4.6e riputar ne puoi la tua merzede,
4.7perché se' posto in donna non piatosa,
4.8ma gentil, vaga, adorna e grazïosa.
5.1Ma sopra tutto a l'alta Trinitade
5.2ricorro, con vergogna alzando gli occhi,
5.3a Iove in verso il ciel, la cui pietade
5.4parmi nel mondo tardi mai non scocchi,
5.5ché caminar dovrei per le sue strade
5.6e le calle lasciar, ma i fieri stocchi
5.7d'Amore e di Fortuna dir mi fanno
5.8e con questo parlar levo l'afanno.
6.1Onde la terza parte seguir voglio
6.2d'esta materia picciolletta e vaga,
6.3pregando Iove più che al duro scoglio
6.4non fa il nocchier, quando il suo legno allaga,
6.5che dice: «D'ogni pecca qui mi spoglio»,
6.6tanto che la bonaccia e 'l mar l'apaga;
6.7così ne priego lui che mi dia tanto
6.8ingegno, che io segua il terzo canto.
7.1Tra noi e 'l cielo avea volto l'un corno
7.2quel franco carratier che 'l mondo scalda,
7.3sì che 'l carro passava il mezzo giorno,
7.4nel tempo che non tenne la man salda
7.5ai fren, quand' ebbe dal granchio lo scorno,
7.6onde fé l'aere sopra noi più calda;
7.7i corsier già miravan l'altro polo,
7.8squadrando in occidente il basso volo.
8.1Celar non si può più da Febo il prato,
8.2perché ha spante le rote in ogni sponda,
8.3e quelle donne col viso rosato,
8.4qual vince ognuna il sol, tal luce abonda,
8.5vennero nel giardino a un fresco lato,
8.6dove rezzo facea la verde fronda,
8.7ed alla fonte tutte si assettarono;
8.8allor, ché io scendessi, mi chiamarono.
9.1Così discesi in terra del bel pino,
9.2quando ognuna di lor già si rinfresca
9.3a que' corni d'argento, il pelegrino
9.4viso lavando, acciò che non rincresca
9.5loro il gran caldo, e poi nel bel giardino
9.6vidi la non mutata erbetta fresca,
9.7qual sempre ride, e 'l viso avea lavato,
9.8ed ero già a seder con lor posato,
10.1e rimirando noi con gran diletti,
10.2quando degli arbuse' le verdi fronde,
10.3quando del prato i color de' fioretti,
10.4quando ci specchiavàn nelle chiar' onde
10.5della fontana, udendo gli augelletti,
10.6qual spandon in aere lor canzon gioconde;
10.7ma io, più ch'altro, mia donna mirava,
10.8la quale ognor più bella si mostrava.
11.1Questa a parlar con motti incominciòe,
11.2a Venere dicendo: «I' vo' pagare
11.3questa merenda, poi che perduto hoe».
11.4Venere allor s'incomincia ad irare,
11.5e disse: «S'i' ho perduto, io pagheròe.
11.6Priegoti i motti lasci un poco stare
11.7e di cose parliam di maggior pregio,
11.8poi che costui è qui, in nostro collegio».
12.1Poi si volse ver me con lieta fronte
12.2e sorridendo incomincia a parlare:
12.3«Sempre star ti conviene a questa fonte,
12.4perché disposta son farla guardare;
12.5però ti fian le cose tutte conte,
12.6sappiendo che di là non dei tornare,
12.7perché persona giammai non ci arriva,
12.8che di qui mai si parta, o morta o viva».
13.1Onde alquanto sospetto al cor guidonne,
13.2quando parlò quella donna sovrana
13.3e disse: «Ecco la fonte ove Ateonne
13.4venne a seguir la vergine Dïana,
13.5perché ella d'uomo in cerbia il trasmutonne;
13.6e vo' che sappi che questa fontana
13.7è quella dove fior ventò Narcisse
13.8e 'l loco dove sentenziò Parisse.
14.1E se vuoi udir perché senza altra noia
14.2Paris tornò, di festa l'alma piena,
14.3alla vaga e gentil città di Troia,
14.4ove poi stette in la vita serena,
14.5io tel dirò: perch' ebbe tanta gioia
14.6che impromesso gli avea la bella Elèna,
14.7quando il dono mi fé sì alto e degno
14.8di quella palla, ond'io le die' il mio regno.
15.1Io dubitava, ma così parlai,
15.2non mostrando pensier d'alcun suo detto:
15.3«Se star mi converrà qui sempre mai
15.4mi fia gran grazia, essendo tuo subietto,
15.5perché io l'ho disïato; sì che omai
15.6serò nel regno tuo tra gli altri eletto.
15.7Qual poss'io al mondo aver maggiore onore
15.8che aver sempre ubidito al franco Amore?
16.1Lasciamo esto parlare omai dallato,
16.2e fammi un poco del domandar certo
16.3l'usanza e 'l modo d'esto vago prato.
16.4Deh, fa' che nulla mi tenga coperto,
16.5e come è qui da voi in ciel chiamato,
16.6perché voglia ho di saper tutto aperto».
16.7Ed ella a me rispuose: «Questo è elletto
16.8in cielo innanzi a Iove, il Bel fioretto.
17.1E qui veniam, come vedi, ogni giorno,
17.2faccendo giuochi con solazzi tanti,
17.3quanti nel mondo più ne fan soggiorno;
17.4quici con balli, con stormenti e canti
17.5così facciamo il Bel fioretto adorno,
17.6e poi in ciel torniàn tutte davanti
17.7a un palazzo molto storïato,
17.8il qual nel regno mio è edificato.
18.1Quivi si vede la gentil memoria
18.2di tutti que' che per Amor son morti:
18.3d'Ercole e Deïmira l'alta storia,
18.4d'Albiera e di Febùs gli afanni forti,
18.5d'Isotta e di Tristan la gran vettoria;
18.6sonvi Elena e Parìs, con gli occhi torti
18.7Acchille v'è, che mira Pulisena,
18.8che di piangere Ettòr mai non raffrena.
19.1Ancor si vede alla mutata gelsa
19.2Piramo e Tisbe, al lato al cavalieri
19.3messer Guiglielmo, la cui fama è eccelsa,
19.4insieme colla Dama del verzieri,
19.5e Pagolo e Francesca, e di Valdelsa
19.6v'è questa luce nel cerchio primieri:
19.7in sedia è Silvïana, cui persona
19.8in ciel sopra ogni dea porta corona.
20.1E perché gli occhi suoi nel vivo lume
20.2del chiaro mondo, cui biltà risplende,
20.3possiede vita ancor, suo bel costume,
20.4perch'io parli così, già non s'intende
20.5che passato abbia ancor di Lete il fiume,
20.6ma più qua che di là sua gloria accende,
20.7perché è fatta da me, che sono Amore:
20.8però fo alla sua immagin tale onore».
21.1Il sol co' suoi corsier forte cavalca,
21.2mentre che abbiam d'uno e d'altro parlato,
21.3sì che il meridian punto il cerchio valca;
21.4orizzonte facean gli alberi al prato,
21.5onde parlò quella gran maliscalca
21.6all'altre donne: «Il tempo è apressimato
21.7che riposiate siam, però al suo loco
21.8torni ciascuna e compiam nostro giuoco».
22.1In sul pin ritorna' dove era prima,
22.2rimirando dintorno il gran tesoro;
22.3li fioretti, l'erbetta e poi la cima
22.4d'ogni arbuscel mirava, ove dimoro
22.5fan gli augelletti con lor dolce rima;
22.6la mente fitta avea ne' versi loro,
22.7ché più di mille intorno ne vedea
22.8in sul pino, e suo verso ognun spandea.
23.1Così l'alma gioconda dimorava
23.2nella novella età di primavera,
23.3Iove laudando sempre, il qual mostrava
23.4l'alta sua possa per ogni riviera;
23.5e nona già del mondo penetrava,
23.6quando ogni parte acconcia al suo loco era,
23.7spargendo al vento le dorate chiome.
23.8Dïana in su quel punto chiesse pome.
24.1Ma Pallas, franca e venerabil dama,
24.2tosto alla fonte ver lei s'apresenta;
24.3Illerde, fresca più che verde rama,
24.4fuori esce, perché Iuno s'argomenta.
24.5Esce Minerva, che di correr brama;
24.6in un punto ne vidi più di trenta
24.7l'una l'altra pigliare, e ognuna smuccia
24.8in quella bella e vaga scaramuccia.
25.1Sopra l'erbetta con veloci passi
25.2Nereide si movea, mirando dove
25.3più belli accorgimenti al correr fassi.
25.4Con quanta leggiadria, o sommo Iove!
25.5E come il ridirei, se non mi atassi?
25.6La indovina Cimea allor si move
25.7in modo che ogni correr serìa lento,
25.8perché matto da lei sarebbe il vento.
26.1Quando Nereide la sentì, si torse
26.2indietro per più suo sicuro scampo;
26.3Orcade fuori uscì, quando ciò scorse,
26.4forte correndo sul fiorito campo;
26.5Tirena tosto in ver di lei si porse,
26.6Amadriade uscì menando un lampo
26.7di raggi intorno al rilucente viso,
26.8che arebbe ogni splendore al cor conquiso.
27.1Sopragiunse costei Tirena bella
27.2e in sulle spalle le man gli posòe,
27.3Tirena accorta allor si volse in quella
27.4e diè una volta, sì che si scostòe;
27.5correndo sopra l'erbetta novella,
27.6in men che non balena ritornòe
27.7al pome suo, e furiosa usciva,
27.8Amadriade più che altro seguiva.
28.1Aveva, in su quel punto, Illerde presa
28.2Pallas pel capezzal, gridando: «Io t'ho!»;
28.3ma Cimea prestamente l'ha diffesa,
28.4sì che per forza allor Pallas scampò;
28.5Cimea ha Illerde per terra distesa.
28.6Orcade giugne, e intanto la lasciò,
28.7perché di rietro Orcade l'abracciava,
28.8e Iuno allor dal pome ritornava.
29.1E per le bionde trezze Orcade piglia,
29.2dicendo: «Io credo che ferma starai».
29.3Silvïana in quel punto alzò le ciglia,
29.4uccel sì presto non si vide mai;
29.5ancor la mente mia sen meraviglia.
29.6Questa giunse, gridando: «Che farai?»
29.7Giuno, sentendo lei, allor si volse;
29.8intanto Orcade scotendo si sciolse.
30.1Ma de' biondi cape' più d'una ciocca
30.2ne rimasono in mano a Iuno. Allora
30.3Venere al correr già non parve sciocca,
30.4anzi con fretta, senza far dimora,
30.5in men che fuor non manda corda cocca,
30.6sopragiunse colei, che l'alma accora
30.7sì degli atti moderni, accorti e presti
30.8e del sguardo gentil degli occhi onesti.
31.1A Illerde parlò allora Silvïana:
31.2«Deh, qualcuna di voi al pome torni!»
31.3Mossesi Orcade, Nereide e Dïana,
31.4Napea ed Amadriade, i visi adorni,
31.5tornando al pome ciascuna sovrana,
31.6dicendo: «Ognuna al soccorso ritorni!»
31.7Gridava Venus alle donne sue:
31.8«Correte al pome!» E Pallas mossa fue.
32.1Cimea e Iuno, Minerva e Tirena
32.2con altre donne al pome furon mosse
32.3pel soccorso di Venere serena,
32.4di prestezza mostrando lor gran posse.
32.5Silvïana gentil, di raggi piena,
32.6aspettò Venus, sì che la percosse
32.7in terra, e poi dell'altre intorno guarda,
32.8presta più che leonza o leoparda.
33.1Presela Pallas dietro per la cioppa;
33.2in quel punto Iunun, forte correndo,
33.3e Cimea con fretta in lei s'intoppa;
33.4qual di qua, qual di là, la vien prendendo.
33.5Quivi non si può aver prestezza troppa,
33.6ma ella, il me' che può, si vien scotendo.
33.7L'animo mio più volte mosse a correre,
33.8per la gran voluntà di lei soccorrere.
34.1Illerde allor, del pome furïosa,
34.2si mosse in modo che serìa incredibile,
34.3sì che mia penna di ridir non l'osa,
34.4che io men meraviglio, e ero visibile.
34.5E similmente Dïana non posa,
34.6tanto che giunse alla pressa terribile,
34.7ché questa, or quella, Silvïana atterra,
34.8tanto che uscì di quella grieve serra.
35.1Dal pome ritornava Venus franca;
35.2sì che Dïana prese per lo braccio,
35.3la qual per forza del correre è stanca,
35.4e però giunse lei senza altro impaccio,
35.5dicendo: «Io credo certo che ti manca
35.6lo soccorso, ed aver nol puoi avaccio».
35.7E presa la tenea Venere adorna,
35.8quando ogni parte al suo pome ritorna.
36.1Tornavano le donne con letizia
36.2con lor maestra al bel pome magnifico,
36.3là dove è sempre di festa dovizia.
36.4Io stava attento in sul pino odorifico,
36.5mirando Silvïana e sua milizia,
36.6qual passo andava per quel prato artifico.
36.7Ed era già al suo pome ritornata;
36.8la terza presa a lei ebbi segnata.
37.1Poi che al pome tornate fùr le donne,
37.2quali ordinaron, per esser più preste,
37.3di cavarsi le belle e ricche gonne,
37.4e per non esser dal sol sì moleste,
37.5Amore e Iove, qual più lauderonne
37.6di voi, per le bellezze manifeste
37.7a gli occhi miei e 'l ricco adornamento
37.8delle giubbe reali e 'l valimento?
38.1Venere prima in una giubba d'oro
38.2si fu spogliata, di fiammette piena;
38.3questa mostrava sì ricco lavoro.
38.4Apresso si spogliò Pallas serena
38.5in una vesta con un tal tesoro
38.6lavorata a man giunte, e poi Tirena
38.7una giubba stanta a lïoncelli
38.8d'oro, e d'argento alquanti dragoncelli.
39.1A nuvolette Iuno avea la vesta,
39.2e d'un sciamito rosso poi Minerva
39.3aveva disegnate d'oro in questa
39.4lettere parigine
39.5Di navicelle d'argento Cimea
39.6la ricca vesta d'or coperta avea.
40.1E tutte l'altre donne fùr spogliate,
40.2strette in la cintura ognuna adorna,
40.3con tal tesor lor veste lavorate;
40.4in quel che Silvïana al pome torna,
40.5disse: «Le veste v'abbiate levate»;
40.6sì che nïuna più di lor soggiorna.
40.7Imprima quella che l'alma mi rubba
40.8si fu spogliata in una ricca giubba,
41.1la qual sotto l'adorna gonna porta,
41.2d'azzurro tutta e di color cangiante;
41.3d'oro gigli, e d'argento vi fan scorta
41.4saette, e 'l ferro han rosso tutte quante.
41.5Di perle ha rose quella dea accorta
41.6intorno all'alto colaretto, stante
41.7stretta ne' fianchi adorna in la cintura
41.8quella gentile e vaga creatura.
42.1Spogliata Silvïana, poi si spoglia
42.2Dïana in una vesta d'or reale;
42.3dentro lun' è d'argento, onde, a mia voglia,
42.4un gran tesor valea la vesta tale.
42.5Appresso, Illerde d'oro una trafoglia
42.6avea intorno al ricco capezzale,
42.7e poi l'avanzo di selve e arbuscelli,
42.8di boschi storïata con più augelli.
43.1Orcade fuor si trasse la gentile
43.2e ricca vesta, e rimase in giubbetta,
43.3di seta ricamata signorile
43.4a verdi colli coperti d'erbetta,
43.5poi dentro selvaggine e bel covile
43.6disegnati vi sono; appresso è stretta
43.7ne' fianchi, ed una cintola formata
43.8di smalti è nella giubba lavorata;
44.1questa par che la stringa propriamente.
44.2E poi Napea si spogliò la gonna;
44.3in una vesta a seta riccamente
44.4rimase a pratice', la vaga donna,
44.5dipinti di fioretti, e primamente
44.6in mezzo è una fonte e una colonna
44.7d'ogni pratello, e quivi fan lor corsi
44.8cerbi, conigli, lïoncelli ed orsi.
45.1Amadriade poi a verdi fronde
45.2avea coperta tutta la sua vesta,
45.3sì che per forza sue luci gioconde
45.4fanno dinanzi a Iove maggior festa.
45.5Nereide poi a fiumicelli e a onde
45.6avea la giubba d'oro manifesta,
45.7con ruscelletti a piè di certi monti,
45.8circundate di pin le chiare fonti.
46.1Cossì rimase ancora altre donzelle
46.2in giubbette di seta per prestezza;
46.3quali avean giubbe azzurre e dentro stelle
46.4e qual raggi di sol con tal chiarezza.
46.5Lettor, se avessi allor vedute quelle,
46.6accesa t'arìa l'alma lor bellezza,
46.7perché il sol rimanea co' raggi vinto,
46.8tanto avea lor splendore il ciel precinto.
47.1Erano ambo le parti in punto messe
47.2e per correre ognuna attenta stava;
47.3e l'una allor delle due prencipesse,
47.4Venere dico, a sé Pallas chiamava,
47.5e comandolle che pome chiedesse.
47.6Subito Silvïana fuor mandava
47.7Illerde, vaga e gentil damigella,
47.8la qual del pome uscì corrente e snella.
48.1Pallas andava intorno a quella fonte,
48.2Illerde forte dietro le si mette;
48.3Cimea, alzando in quel punto la fronte,
48.4al pome suo a badar non istette.
48.5Nereide franca quelle donne pronte,
48.6forte correndo, al pome le rimette.
48.7Iuno giugne Nereide e vuol pigliarla,
48.8Napea si move presta per atarla.
49.1Tornava al pome Pallas prestamente,
49.2dicendo all'altre: «Uscirete al bisogno».
49.3Poi uscì fuor più che prima corrente.
49.4Lettore, questo è ver come qui pogno:
49.5una baruffa sì subitamente
49.6s'incominciò tra lor, che quasi un sogno
49.7serìa tenuto, s'i' 'l volessi dire;
49.8e certo il terzo non potrei ridire.
50.1Dïana bella fuor subito corre,
50.2il perché Venus le si fece incontra,
50.3sì che per la gran furia oltre trascorse,
50.4e Silvïana intanto in lei si scontra;
50.5onde tra lor non si potea interporre,
50.6ma ognuna squillava come lontra.
50.7Silvïana pigliarla per le braccia
50.8la volse, e indietro Venus la si caccia;
51.1e tanto forte Venere la volta
51.2a dietro, che per forza allor campòe.
51.3Intorno a Silvïana fêr racolta
51.4di quelle donne, perché l'ordinòe
51.5Venus, la quale al pome si fuo accolta,
51.6poi uscì fuori e nella pressa entròe;
51.7nulla la può tener, che non ha presa,
51.8sì che di quella calca fé difesa.
52.1Silvïana per terra assai ne manda,
52.2tanto che luogo intorno si fé fare.
52.3Una donzella, che avea una banda
52.4nella vesta d'argento e d'alto affare
52.5sopra i dorati crini una ghirlanda,
52.6costei Minerva volea pur pigliare.
52.7Pallas quella donzella allor seguia;
52.8tornata al pome Silvïana uscia.
53.1Lettor, mai non vedesti quando fende
53.2il sol le nube di luglio o d'ogosto,
53.3o quando un lampeggiar dal ciel discende,
53.4che costei non uscisse via più tosto,
53.5ed in sì poco tempo il corso prende
53.6che giunse Pallas, quale avea disposto
53.7di seguir tanto ch'ella la pigliasse,
53.8quella donzella che pria lei sotrasse.
54.1E giunta l'avea già, sì che scampare
54.2non li potea dinanzi, e quella idea,
54.3Silvïana gentil, la fé lasciare,
54.4perché ella Pallas già sopragiugnea.
54.5E Venere, maestra d'alto affare,
54.6con Iuno intanto Nereide giugnea.
54.7Silvïana avea presa Pallas, quando
54.8Venere giunse Nereide, gridando.
55.1E così incominciâro a quistionare,
55.2perché Venere disse che avea prima
55.3presa Nereide; allor s'ebbe a fermare
55.4Silvïana, dicendo: «Il ver non stima
55.5l'animo tuo». Ed io stava ' ascoltare.
55.6Nota, lettor, nella futura rima
55.7che, come fu, io scrivo propriamente.
55.8Costoro vennoro a me subitamente.
56.1Come io vidi per me venir costoro,
56.2subito in terra del bel pin discesi
56.3e riverente andai in ver di loro.
56.4Venere incominciò a dire: «Io presi
56.5prima Nereide senza far dimoro».
56.6Poi che la lor quistion subito intesi,
56.7le qual volean che quella presa io desse
56.8a qual di lor maggior ragione avesse,
57.1in prima al sentenziar ragion mi strinse,
57.2poi contro amor non volea giudicare;
57.3pur di mia donna poi il pensier vinse.
57.4Così rispuosi, dopo il mio pensare:
57.5«Siete contente al ver?» mio parlar pinse.
57.6«Contente siam!» cominciâro a gridare.
57.7Quando la lor risposta udi' distinta,
57.8a Venere segnai la presa quinta.
58.1Poi che contente fùro a mia sentenzia,
58.2ciascuna parte al suo loco tornava,
58.3con lor maestre di gran providenzia,
58.4quali a' lor lati ognuna si ordinava.
58.5Nota, lettor, se Amor ti dia scïenzia,
58.6come in sul pino per veder montava,
58.7quando pome chiedeva già Napea,
58.8il perché incontro lei uscì Cimea.
59.1Dïana corse per Napea difendere,
59.2Tirena fuori uscì, la donna accorta;
59.3mossesi Illerde per Tirena offendere;
59.4in verso Illerde Iuno si fu porta.
59.5Chi potria lor prestezza mai comprendere?
59.6Silvïana gentil l'altre conforta,
59.7mandando fuori Orcade la dea presta;
59.8Pallas subito corse incontro a questa.
60.1Venere le sue donne ognor rasetta
60.2e similmente facea Silvïana.
60.3«Che fai? Soccorri quella! Omè ch'i' ho fretta.
60.4Tien, tien colei! Non fare! Ov'è Diana?»
60.5Spesso cadeano in quella pressa stretta.
60.6Del pome allora uscì Venus sovrana
60.7sopra i fioretti a smisurati passi:
60.8subito Silvïana incontro fassi.
61.1E così fuori uscì ogni dea franca,
61.2come le lor maestre vider fuore;
61.3già non parea nïuna di lor stanca,
61.4ma rinforzava sempre il lor vigore;
61.5né di ben correr mai nïuna manca,
61.6né si vedea piegare erbetta o fiore,
61.7tanto era lieve lor somma prestezza,
61.8che 'l smalto non mutava sua bellezza.
62.1Spesso vedea loro atti belli e accorti,
62.2e quando udia gridar: «Tien! Tien colei!
62.3Ove se'? ove se'? ove ti porti?
62.4Presa rimango. Corri qua! Omei!
62.5O tu, deh, fa' che quell'altra conforti!
62.6Deh, corri! senza te nulla farei.
62.7Tosto ritorna al pome! Ve', che fai?»
62.8Per terra sempre ne cadeva assai.
63.1Mentre che sì correan, Pallas intanto
63.2prese di rietro, ch'era sproveduta,
63.3Silvïana, la qual si volse. Ahi, quanto
63.4presta gli uscì di mano, e proveduta
63.5si volgea nella calca da ogni canto!
63.6Quante ve n'eran non l'arian tenuta;
63.7ritornavano al pome spesse volte
63.8pel soccorso dell'altre donne molte.
64.1Più e più volte al pome e poi tornate
64.2furono quelle donne e le donzelle,
64.3sì ch'elle per l'afanno riscaldate
64.4erano. E già di Febo le fiammelle
64.5faceano l'ombra lunga, e le affannate
64.6iddee; nel prato le lucide stelle
64.7si rinforzavan più nel correr dotte,
64.8però che s'avicina già la notte.
65.1Durata era de' punti già novanta
65.2quella corsa dopo la quinta presa;
65.3delle donne la greggia tutta quanta
65.4da Silvïana si teneva offesa,
65.5e di rinchiuderla ognuna si vanta;
65.6onde al pome tornò ciascuna accesa,
65.7e con ingegno uscivan del bel pome
65.8per mia donna pigliare, e 'l modo e 'l come.
66.1Seguiva Pallas Silvïana allora,
66.2quando ella fu dall'altre messa in mezzo.
66.3Ogni donzella era rinchiusa ancora,
66.4perché elle preso non avean buon vezzo
66.5ma per destrezza alcuna uscia pur fora.
66.6Lettor, quanto e' son degne io non le aprezzo,
66.7perché non potria mai alcun contarla
66.8loro adattezza, né immaginarla.
67.1Così, correndo ciascheduna parte,
67.2Silvïana al suo pome allor tornava,
67.3rimirando il bel prato in ogni parte,
67.4e così alquanto ancor si riposava.
67.5Lettore, io penso omai compier le carte.
67.6Venere allor Dïana seguitava
67.7e già la ragiugnea, tanto avea corso,
67.8quando gridava: «Soccorso! soccorso!»
68.1Ma Silvïana uscì del pome presta,
68.2tanto che giunse Venus quasimente,
68.3qual giunta avea Dïana, onde molesta
68.4Silvïana gli fu, perché al presente
68.5ella Venere prese. E con gran festa
68.6si racolsono tutte insiememente;
68.7alla fonte venian con festa assai.
68.8L'ultima presa a Venere segnai.
69.1Pianga Eolo omai del detto giorno,
69.2perché più bello non fu mai nel mondo;
69.3un zefiro traea soave e adorno,
69.4e non si chiuse mai Febo giocondo.
69.5Così Iove ne priego che ritorno
69.6io possa far nel bel prato fecondo.
69.7Io ero già del bel pin dismontato,
69.8quando prendei da tutte lor commiato.
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