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Poesie

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1.1O fiamma luminosa, che in gentile
1.2cor vertüoso a riposar non tardi,
1.3da te è spregiato ogni intelletto vile.
1.4Gli occhi miei drizza, sì che dritto guardi,
1.5portando di virtù dritto lo stile,
1.6e di Fortuna spungi i fieri dardi,
1.7la qual con povertà sì mi percuote,
1.8che di duol canto spesso amare note.
2.1Apresso a te ricorro al santo monte,
2.2dove l'essilïate ninfe stanno
2.3cantando intorno all'Elicona fonte:
2.4«Beati erunt illi, qui verranno
2.5a incoronarsi di Pennea la fronte».
2.6Quivi fa Clio corona a que' che sanno,
2.7onde le invoco tutte e Caliopè,
2.8che innanzi a Apollo in cielo ori per me.
3.1Io veggio ben che io son via più che indegno
3.2di tal grazia impetrar, quale adomando,
3.3però la fronte bassa al chieder tegno,
3.4miserere di me a voi chiamando.
3.5«O Iove, o sante Muse, o alto ingegno,
3.6pietà volvete a me, che a voi mi spando,
3.7chiedendo più assai, sì ch'io ritorni
3.8a mia novella, e priego Amor l'adorni».
4.1Fetonte ogni caval nell'aere sferza,
4.2acciò che 'l carro il mondo intorno giri;
4.3l'erbetta fresca col bel sole scherza
4.4e co i raggi, che spandon fuor dell'iri;
4.5e, come io dissi, già la mezza terza
4.6pel mondo penetrava i be' disiri,
4.7quando le donne chiamâr le donzelle,
4.8ché s'andassono a riposar con elle.
5.1E Silvïana, la gentil reina,
5.2le sue donzelle tutte a sé chiamava;
5.3cossì sen va la greggia pelegrina,
5.4onde alla fonte ognuna si scontrava.
5.5Salutandosi, l'una all'altra inchina;
5.6fra l'altre Orcade un po' si vergognava,
5.7perché alcuna dicea chi zoppicòe,
5.8o chi a giacer sul prato si posòe.
6.1Su pel trüogo dintorno alla fontana,
6.2facean de' lioncelli loro scanni;
6.3Venere, motteggiando Silvïana,
6.4dicea ridendo: «I' vo' che ti condanni
6.5di far questa merenda alta e sovrana,
6.6ma io ho pur paura non m'inganni,
6.7se tu non sodi sì che ognuna goda».
6.8Silvïana rispuose: «A me chi soda?
7.1Fa' tu cotal ragion, dimmi se s'usa
7.2nel regno tuo, quando altri a amare impetra.
7.3Per una presa credi io sia confusa:
7.4bene è fatta di ciò tua mente tetra;
7.5pria in alto chiamerei tanto Medusa
7.6che sasso mi farebbe, o marmo o petra,
7.7che la metà del giuoco mi togliessi,
7.8non che per una presa vinto il dessi.
8.1Ancor ti vo' più dir, perché tu veggia
8.2se certa se', che il tuo giuoco si perde;
8.3ché per tututta quanta la tua greggia
8.4io non ti cangerei qui alla dea 'Lerde,
8.5che qui dallato el bel tempo vagheggia,
8.6sempre ridendo in boschi e in selva verde;
8.7ma caro arei ci fusse chi dicesse
8.8il giuoco, e nulla parte in noi tenesse».
9.1Più volte in su quel punto per mostrarmi
9.2fui mosso, e poi diceva: «Con che ardire?
9.3Se la cagion volesson dimandarmi
9.4che io sia qui, i' non so che mi dire».
9.5Poi dissi: «Egli è pur meglio apalesarmi:
9.6morta sia qui viltà e viva ardire!»
9.7Nel prato entrai, mirando i fiori spessi,
9.8ché di lor non parea che i' m'accorgessi.
10.1Or qua or là con lenti passi andando,
10.2pur rimirando l'erbetta novella,
10.3sotto voce di Troiolo cantando
10.4e di Pan, d'Ero e di Criseida bella,
10.5e così, quelle donne motteggiando,
10.6di me tra lor s'accorse una donzella,
10.7che all'altre disse: - I' non so da qual parte
10.8colui è qui, se non entrò per arte -.
11.1In ver me tutte aguzzaron le ciglia
11.2e 'l motteggiar lasciaron da l'un lato.
11.3Venere e Silvïana si consiglia,
11.4dicendo: «Forse è qui d'altrui mandato.
11.5Che egli ci sia non è gran meraviglia;
11.6andando, il suo sentier può avere errato.
11.7Mandiam per lui e faremogli onore:
11.8esser non può se non di grati valore.
12.1Chi possiam noi mandar, che in più bel modo
12.2a parlare entri con gentil proposta?
12.3Mandiam Minerva, che scioglie ogni nodo
12.4ed in retorica sempre ha l'alma posta».
12.5Ben ch'io sia un poco a lungi, pur quest'odo;
12.6pensata aveva già ogni risposta,
12.7quando ella giunse, e con parlare onesto
12.8mi diè un saluto, ed io gliel rendei presto.
13.1Più volte l'uno all'altro il bello inchino
13.2noi ci rendemo con gentil saluto,
13.3e poi parlò: «Qual ventura o distino
13.4t'ha qui mandato? o come se' venuto?»
13.5Ed io a lei: «L'aurora del mattino
13.6era scoperta, quando ebbi perduto
13.7i miei compagni, onde ho molti pensieri,
13.8perché pur cerco e non truovo il sentieri».
14.1Ed ella disse: «Omai vien francamente;
14.2del tuo camin mai più non dubitare,
14.3ché io tel mosterrò subitamente;
14.4ma una donna pria ti vuol parlare».
14.5Così si mise in via, e riverente
14.6dietro la incominciai a seguitare;
14.7quando alla fonte la donna arrivòe,
14.8alla duchessa lor m'apresentòe.
15.1Poi che presente fui nel concestoro
15.2delle donne, e di Venere al cospetto,
15.3la qual sedea su n'un lïoncel d'oro,
15.4vidigli allato il viso benedetto
15.5che rote gli fa i raggi nel bel coro,
15.6onde convien che io tenda gli occhi al petto,
15.7perch'io non posso alzar ver lei la vista,
15.8tanto splendor dal sol suo viso acquista.
16.1Ricorditi, lettor, se alcun presente
16.2sta innanzi a donne che par ch'egli avampi,
16.3smarrito sta, vergognoso e temente,
16.4cotal ti giuro, se d'Amore io campi,
16.5che io divenni innanzi al splendïente
16.6aspetto di costei; ché gitta lampi
16.7di fiamme la sua vista, sì che al core
16.8saettando mi fa chiamare Amore.
17.1Io non mori' né non rimasi vivo,
17.2e gli occhi a terra bassi sempre tenni,
17.3ed un gran pezzo stetti così privo;
17.4poi, sospirando, alquanto in me rivenni
17.5e ginocchion, lettor, come qui scrivo,
17.6a salutarle in cotal modo io venni:
17.7«Iove te essalti, o Venere beata,
17.8e Silvïana, e poi l'altra brigata!»
18.1Ed ella a me rispuose: «Il sommo duca,
18.2prencipe e re, sopra ogn'altro signore,
18.3in quel felice stato ti conduca
18.4che più disira l'alma del tuo core.
18.5Dimmi, se fama ancor di te riluca
18.6o se Iove te essalti in degno onore,
18.7la cagione e 'l perché se' qui arrivato,
18.8qual ventura ti mena; o se' mandato?»
19.1Ed io a lei: «In ciel già ritornava
19.2la luce di Febea, ed ogni stella
19.3nascosa da l'Aurora si celava,
19.4mostrandosi pulita l'aere bella;
19.5de l'orïente i raggi saettava
19.6Titon per l'universo, ogni fiammella
19.7onde io svegliato mirai la rivera,
19.8dipinti i prati e in fronde primavera.
20.1Ripiena aveva già ciascuna orecchia
20.2di stormenti e di canti e festa tale,
20.3qual nel tempo leggiadro s'aparecchia,
20.4festa facendo ciascuno animale.
20.5Ogni augelletto alle fonti si specchia,
20.6onde io mi mossi ed al Poggio Imperiale
20.7con più compagni andavam solazzando,
20.8e cossì in una selva entrai pensando.
21.1E tanto ero sufiso in un pensieri,
21.2che un gran pezzo andai che io non mi accorsi
21.3de' miei compagni, ma li sterpi fieri
21.4mi furono a veder, ond'io non scorsi
21.5quivi non strada, non via, non sentieri,
21.6né canti udi', se non di lupi o d'orsi.
21.7Lasci Lucano il dir di Libbe omai
21.8e canti d'esto loco dov'io entrai!
22.1Per un pensier che prima avea, ben cento
22.2in su quel punto in me si fùro accolti;
22.3nella mente mi venne il grande Abrento,
22.4dove fé il Minutauro tristi molti;
22.5cotal mi pare il bosco onde pavento
22.6ebbi, e gli occhi tenea a man destra volti,
22.7ché più v'entrava, quando uscir volea,
22.8onde di Creti il carcer mi parea.
23.1Cupido, che non falla a niun suo servo,
23.2piacquegli, in forma d'augelletto, aprirmi
23.3il loco buio, selvaggio ed acervo,
23.4dove in prima cominciai a smarrirmi,
23.5e mostromel da lungi, onde il riservo
23.6nella mente, il bel prato; ivi a scoprirmi
23.7mi piacque, e in su' fioretti entrai cantando,
23.8sopra la prima fizïon tornando.
24.1E cossì ritornai ne' pensier primi;
24.2pur da Criseida e Troiolo fui mosso,
24.3che io sia d'altrui mandato nulla stimi,
24.4ché, per la fé che io porto a Iove, posso
24.5giurar, se morte mia vita non limi,
24.6che il venir qui mi fé, dove percosso
24.7fui dal pensare ove il mio cor più siede.
24.8Mandasti allor per me la tua merzede.
25.1Ora son qui presente al gran valore
25.2di te, superna e glorïosa donna,
25.3e son per ubidir l'alto splendore
25.4di coste' che hai dallato, che è colonna
25.5di me, ché sempre porto dentro al core
25.6per nome scritta gentil Melchïonna».
25.7La qual ridendo disse «Fa' memoria
25.8di me, ché ancor ti serba Amor sua gloria».
26.1E così s'accordaron le duchesse
26.2che io dovessi il giuoco diffinire,
26.3e per ciascuna parte il ver dicesse.
26.4Venere allora cominciò a dire
26.5che una presa segnare io dovesse
26.6a Silvïana, ed io presi a servire
26.7quel gran colegio del regno sincero:
26.8in sul pin salsi, per me' dire il vero.
27.1Mentre che tutti i sensi allor revòco,
27.2vidile che a' lor lati già tornavano,
27.3ciascuna parte nel suo proprio loco,
27.4onde per correr già s'aparecchiavano.
27.5Or rincomincia il dilettoso gioco,
27.6e le duchesse l'altre amaestravano;
27.7Silvïana alle sue il corso squadra,
27.8quando pome chiedea Pallas leggiadra.
28.1Allor quella maestra Silvïana
28.2all'altre disse: «Vedete voi: quella
28.3che chiede pome è di lor più sovrana;
28.4però si mova una buona come ella,
28.5che sia corrente e presta, onde Dïana
28.6priego che vadi, la franca donzella,
28.7ché io v'imprometto che noi vinceremo
28.8il giuoco, se con ordine usciremo».
29.1Corda non pinse mai da sé saetta
29.2che tanto presta al berzaglio giugnesse,
29.3come Dïana corse con gran fretta.
29.4Ben credetti che Pallas rimanesse,
29.5tanto la mise in furïosa stretta;
29.6Pallas grida a Iunun che soccorresse.
29.7Iuno, correndo, allor Dïana prese,
29.8ma ella diè una volta e sé difese.
30.1Soccorse allor Dïana la reale
30.2Illerde franca, sua cara compagna,
30.3ed uscì presta più che d'arco strale;
30.4onde fugian per la verde campagna
30.5le donne, che parea che avessono ale,
30.6fin che soccorse allor Minerva magna
30.7e con gran fretta del suo pome usciva;
30.8Nereide accorta dietro la seguiva.
31.1«Va'qua, va' là, dove vai? deh, sta' ferma!
31.2—l'una all'altra gridava— Or corri al pome!
31.3Tien, tien colei che sé colà raferma!
31.4Ove se'? ove se'? vie' qua!» Deh, come
31.5era bella a veder quella gran scherma!
31.6Volan per l'aere le odorate chiome.
31.7«Va' là, va' là, deh, tosto al pome corri!»
31.8E qual gridava: «Soccorri! soccorri!».
32.1Orcade, che ha disio di vendicarsi,
32.2rimira il prato avillupato e pieno,
32.3ché chi fuggia non facea passi scarsi;
32.4ciascuna corre in sul verde terreno.
32.5Minerva si fermò per riposarsi,
32.6volgendo il viso in ver l'aere sereno;
32.7allor si mosse furiosa ad acerva
32.8Orcade, e pel gheron pigliò Minerva.
33.1Assai si scosse, ma come colonna
33.2Orcade sempre ferma la tenea,
33.3le mani avolte al lembo della gonna,
33.4onde a quel tratto scampar non potea.
33.5Lettor, se mai arrivi ove mia donna
33.6nella Valdelsa porta più nomea,
33.7troverai ch'egli è ver ciò che qui pongo.
33.8Torno alla storia per non dir più longo.
34.1Ricorditi, lettor, se due che a scacchi
34.2giucano insieme e l'uno arà vantaggio,
34.3che par che all'altro cotal motti atacchi,
34.4e tace poi, se quel gli fa dannaggio,
34.5priego che qui lo immaginar non fiacchi,
34.6ché così feron col basso visaggio
34.7le donne, ritornando innanzi a quella
34.8Venere, e ognuna tace e non favella.
35.1A mezzo il pin su n'una forca stava,
35.2e sedea al rezzo delle verdi fronde;
35.3e già su per l'erbetta rasciugava
35.4la tenera brinata le gioconde
35.5forze di Febo, onde terza sonava.
35.6Del prato i' rimirava tutte sponde;
35.7vidi da capo rifacean la impresa,
35.8onde segnai a Venere una presa.
36.1Eran tornate già le pulzellette
36.2innanzi a Silvïana lor maestra,
36.3e già una di lor pome chiedette,
36.4ciò fu Illerde, quella dea silvestra.
36.5Ma delle donne a badar non istette
36.6Pallas corrente, valerosa e destra,
36.7la qual fu prima a lei che fusse mossa
36.8onde ella rimanea, ma fu riscossa.
37.1Nereide, che Illerde soccorria,
37.2inverso Pallas furïosa corse,
37.3ma del gran pome di Venere uscia
37.4Iuno, che in ver di lei tosto si porse.
37.5Dïana accorta Iuno allor seguia,
37.6poi fuori uscì Minerva, che ciò scorse;
37.7del pome Orcade intanto si movea,
37.8onde uscì fuor la valente Cimea.
38.1Scriver non so, lettor, come le vidi
38.2insieme mescolate tutte quante;
38.3così alla fine in ciel Iove mi guidi,
38.4come ver dico d'este donne sante.
38.5Meravigliar mi fai, se tu non ridi
38.6pensando il giuoco, ché l'una davante
38.7fuggiva all'altra e, se pigliar volea
38.8quell'altra, sopra la prima cadea.
39.1Non era ancora uscita Amadriàde
39.2del pome suo, la damigella franca,
39.3la qual riveste di novella etade
39.4di fronde gli arbuscelli, e mai non manca,
39.5se non quando l'autunno è per le strade;
39.6questa correndo, e come gente stanca
39.7ciascuna donna indietro s'è racolta,
39.8costei le segue con prestezza molta.
40.1Spesso si soccorria ciascuna parte
40.2e l'una l'altra pigliar non potea,
40.3ché davan volte con ingegno ed arte,
40.4onde coperto il prato allor vedea
40.5di donne e di donzelle, ch'eran sparte;
40.6qual di lor zoppicava e qual cadea,
40.7così correndo alla dorata stampa,
40.8l'una all'altra gridando: «Campa, campa!»
41.1Ma questa, che or venne gaia e fresca,
41.2tutte l'altre del correre avanzava;
41.3così si mise in quella nuova tresca
41.4e Cimea più che l'altre seguitava;
41.5nïente pare che 'l correr gl'incresca,
41.6seguilla tanto ch'ella la pigliava,
41.7sì ch'ella diè una volta, onde gli uscia
41.8di man, ma già da lei non si partia;
42.1sì che poco gli valse la difesa,
42.2ché ferma stare alla fin gli convenne,
42.3e quivi stette al suo dispetto presa,
42.4onde grand'ira al cor quasi gli venne,
42.5parendogli ben esser troppo offesa.
42.6Or le donzelle, come uccel con penne,
42.7tornano al pome lor, tutte cantando,
42.8con motti quelle donne beffeggiando.
43.1Non altramenti fan due che alla palla
43.2fanno con altri due, che, se 'l compagno,
43.3quando ella gli vien ben, punto la falla,
43.4sempre grida con lui menando lagno,
43.5così fan queste, ove Venus fa stalla,
43.6dicendo alle sue donne: «Ecco guadagno,
43.7che con queste pulzelle noi facciamo,
43.8poi che per una presa due n'abbiamo!
44.1Che novelle di noi portar potràe
44.2costui, che in sul bel pino il giuoco dice,
44.3quando tra gli altri amanti torneràe?
44.4lsquo;Dira vidi la nostra imperadrice
44.5Venere, idea d'amor’ so che diràe.
44.6lsquo;Vinsele Silvïana, dea felice,
44.7con parecchie donzelle il suo valorersquo;.
44.8deh, fate sì che noi abbiamo onore!»
45.1Ciascuna donna al pome era tornata,
45.2l'una all'altra dicendo: «Deh, facciamo
45.3che per lo innanzi ne sia ristorata
45.4ciascuna presa, sì che onore abbiamo!»
45.5Io avea già la seconda segnata
45.6a Venere, la qual che perda bramo.
45.7Pome chiedeva già una donzella,
45.8onde uscì fuor Cimea corrente e snella.
46.1Così fuor d'ogni parte assai ne corre,
46.2ricominciando la baruffa grande;
46.3qual torna al pome e poi l'altre soccorre.
46.4Lettor, veduto aresti le ghirlande
46.5per terra andar, l'una l'altra riccorre;
46.6pieno era già del prato tutte bande.
46.7Chi grida: «O tu del pome vien qua giù!»
46.8Qual dice: «Corri, corri! ove se' tu?».
47.1Quanto da tutte parti più corrieno
47.2queste brigate in su quel smalto verde
47.3la sezza volta più fresche pareano,
47.4ma l'una parte più che l'altra perde;
47.5dico le donne durar non potieno,
47.6onde due, che pigliar vogliono Illerde,
47.7insieme s'accordaro al volere uno:
47.8l'una fu Pallas, l'altra la dea Iuno.
48.1Pallas a Iuno in tal modo parlòe:
48.2«Sì tosto come uscita tu mi vedi,
48.3sta' ferma qui, perch'io la serreròe».
48.4I' vo, lettor, che questo certo credi,
48.5che tra lei e l'altre che corrono entròe;
48.6pareami che al movesse e non pïedi,
48.7onde Illerde al pome vuol tornare;
48.8Pallas accorta non la lascia andare.
49.1Illerde allor s'accorse dello inganno,
49.2quando si vide da Pallas rinchiusa,
49.3la qual con altre dee pressa le fanno;
49.4onde ella disse: «Omè, qui non val scusa».
49.5Ma da questa, or da quella con affanno
49.6scotendosi, della pressa s'è schiusa;
49.7intanto Iuno furïosa venne.
49.8Quivi star presa da lei gli convenne.
50.1Veggendo le donzelle il nuovo ingegno
50.2che le donne avean fatto per pigliare
50.3di loro, e' disson tutte: «E' non è degno
50.4che noi deggiamo il pome più passare».
50.5A Silvïana feci l'altro segno.
50.6Ognuna parte vidi già tornare
50.7al canto suo del prato al proprio loco,
50.8perché han disio di compier tosto il giuoco.
51.1Nullo vantaggio avea tra loro omai,
51.2perché due prese ciascuna n'avea;
51.3per Silvïana a me ne increbbe assai:
51.4ch'ella vincesse lo mio cor volea.
51.5Ricominciâro il giuoco, onde giammai
51.6non corsor ben come allor mi parea:
51.7non sì forte escon de' guinzagli a caccia
51.8i veltri come ognuna il corso avaccia.
52.1Da ogni parte escon molto furïose,
52.2onde era il prato già di lor coperto;
52.3nïente a' pomi lor stavan nascose:
52.4ognuna al correr tiene il viso sperto.
52.5Le meraviglie e le incredibil cose
52.6di lor non so, lettor, ritrarre aperto.
52.7Quale ebbe mai di me maggior letizia,
52.8quand'io vedea d'Amor la gran milizia?
53.1Nereide e Orcade e ogni dea serena
53.2forte corrieno in su quel prato santo,
53.3Illerde ed Amadriade senza lena,
53.4Dïana con Napea dal destro canto.
53.5Delle donne uscì fuor la dea Tirena,
53.6qual fu d'Apollo fatta idea di canto,
53.7che ancor non era uscita, e però acerva
53.8corse Pallas, Iunun, Cimea e Minerva.
54.1Questa Tirena seguia pur Dïana,
54.2ma Nereide si volse e vide questo;
54.3tornando al pome, disse a Silvïana:
54.4«Che guardi bene io ti fo manifesto».
54.5Poi uscì fuor la donzella sovrana;
54.6mai non si vide balenar sì presto
54.7come Nereide al correr s'abandona,
54.8dietro prese Tirena per la zona.
55.1Così si volse allor subitamente,
55.2come ella dietro pigliar si sentì,
55.3e diè una volta tanto prestamente;
55.4nulla s'accorse che di man gli uscì.
55.5Ma tutto ciò non gli valse nïente.
55.6Nereide grida: «E' ti convien star qui!»
55.7Il braccio prese e tenerla non può,
55.8onde alla fin Nereide l'abracciò.
56.1Tirena, che si vede allor pigliare,
56.2ella Nereide in simil modo afferra,
56.3e, per le volte che hanno insieme a dare,
56.4convenne che ciascuna andasse in terra;
56.5quando Tirena non poter campare
56.6videsi e di Nereide in cotal serra,
56.7la qual cossì caduta la tenea,
56.8in modo che crollar non si potea,
57.1«Lasciami andar omai — Tirrena disse —
57.2poi che mi tengo presa al pome mio!»
57.3Nereide si levò e in piè la misse
57.4e poi la lasciò andare al suo disio;
57.5passo passo tra l'altre a andar si misse,
57.6e, quando ognuna allor questo sentìo,
57.7col viso basso le donne tornando,
57.8e le donzelle al pome lor cantando.
58.1Io stava pure e 'l prato rimirava;
58.2vidi come ciascuna al pome torna.
58.3Cossì la terza presa a lor segnava,
58.4a quella dea d'amor, Venere adorna.
58.5Ognuna il giuoco già rincominciava,
58.6al prato vago ogni parte ritorna,
58.7e con gran furia le donne corrieno,
58.8perché molt'ira dentro al core avieno.
59.1Ordinata esce fuori ogni donzella,
59.2sì come lor comanda la maestra.
59.3«Ove se'? torna tosto, e tu va' a quella!»
59.4Così provede Silvïana destra,
59.5mandando fuor ciascuna damigella.
59.6Sì forte Febo i suoi raggi balestra
59.7che per lo caldo grande già sudavano
59.8ambo le parti, sì che s'alassavano.
60.1Illerde mira pur se Pallas esce
60.2in alcun modo, o ella, o dea Iunone;
60.3perché della sua presa ognor gli cresce,
60.4di vendicarsi fermò oppinïone;
60.5e vide come a Iuno quasi incresce,
60.6sì che per riposarsi si fermòne,
60.7e della calca si ritrasse alquanto.
60.8Cheta cheta uscì Illerde del suo canto.
61.1Era già presso forse a diece braccia
61.2Illerde a Iuno, quando si scoperse,
61.3ma Iuno, accorta, il corso tosto avaccia,
61.4ché d'aspettarla già non gli sofferse
61.5l'animo; e Illerde dietro le si caccia.
61.6Le franche donne non parean sommerse,
61.7anzi di forza incominciano a correre
61.8dietro a Illerde, per Iuno soccorrere.
62.1Illerde franca non la lascia mai
62.2dilungarla da sé, ben che si senta
62.3dietro venir correndo donne assai;
62.4ma da questa e or da quella s'argomenta.
62.5Leggi, lettore, e agli altri ridirai
62.6se l'alma mia dovea esser contenta,
62.7quando io vedea colei tra più di venti
62.8di quelle donne uscir per argomenti.
63.1Non altramenti fanno i can feroci
63.2dietro alla selvaggina, se sgridare
63.3si senton dalli cacciator veloci.
63.4«Ve' là, qua ve', là, là ve', là passare!»
63.5Così senti' ben più di mille voci
63.6dietro a Illerde in un punto levare;
63.7chi grida: «Là!», chi: «Qua!» e chi: «Sta' ferma!»
63.8Con questa ed or con quella Illerde scherma.
64.1E tanto fé che a dietro tutte quante
64.2se le lasciò un gran pezzo di via,
64.3e forte segue di Iuno le piante;
64.4seguilla tanto, ch' ella la giugnia,
64.5onde non si potea muover davante
64.6da Illerde, perché stracca si sentia,
64.7sì che non sa che partito pigliare;
64.8ma per ingegno si crede campare.
65.1Così pensò tornar con volte a dietro
65.2in verso il pome suo, ma non gli valse,
65.3perché il franco pensier diventò tetro.
65.4Pigliòla Illerde, onde correr non calse;
65.5sopra il smalto de' fior rimase in retro.
65.6Illerde grida: «Or non foste voi false
65.7di me pigliar col tutto vostro ingegno?»
65.8A Venere allor feci il quarto segno.
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