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SCENA III.

Rime

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1.1Basta, Susanna, che questa sera è forza conchiudere
1.2Il disegno nostro, se non vogliam perdere Attilio.
1.3Sì, certo, e quando bene a Geri venga dispiacevole,
1.4Bisogna aver pazienzia, ché necessario è 'l dirglielo.
1.5Oimè, ch'elle parlan di me.
1.6Et or che resolute semo,
1.7Vorrei trovarlo, e di animo fortissimo mostrarmegli.
1.8Veramente ragionan di ciò; rovinato sono.
1.9Poi
1.10Potrebbe raffreddarsi la voglia e manco pronta essere.
1.11Ma eccolo di qua appunto, egli è tempo. Il sommo Dio salvivi,
1.12Marito mio.
1.13Ella non è crucciata: e te, moglie mia:
1.14Che fai tu qui?
1.15Vi cercava.
1.16E qual cagion muoveti?
1.17Per dirvi cosa di somma importanzia.
1.18Non già sogliono
1.19Molto importar quelle cose che dalle donne nascono.
1.20Voi avete torto, perché di noi pur nascono gli uomini.
1.21Or seguita adunque.
1.22Primieramente, marito mio,
1.23Vi prego che non pensiate ch'io sia punto colpevole
1.24In quel che vi dirò.
1.25Perché innanzi al parlar scusiti?
1.26Perché bisogna far così, quando tai casi avvengono.
1.27Seguita omai.
1.28Vi ricordate voi, sendo in Sicilia,
1.29Ch'io vi scrissi, come di mal di costa era la Porzia
1.30Nostra figliuola morta?
1.31Troppo ben ricordamene!
1.32Or non fu vero?
1.33Che morisse sì, ma d'un altro male.
1.34Di qual?
1.35Di parto.
1.36Oimè, che di' tu? non morì vergine?
1.37No, ma casta sì.
1.38Come casta? or come può egli essere?
1.39Dirovvelo: Camillo, che conosceste benissimo.
1.40Il figliuol di Farinata?
1.41Quello, voi di fuor trovandovi,
1.42S'innamorò ardentissimamente di lei, e chiedere
1.43Per moglie me la fece; et io parendomi a proposito,
1.44Gli diei buona speranza, promettendo di scrivervi.
1.45Dovevi farlo prima e poi rispondergli.
1.46Confessolo;
1.47Ma dubitando di perder la ventura, trattennilo,
1.48A dir il vero, più strettamente che forse non deveasi,
1.49Tanto che praticando in casa, avvenne che una sera,
1.50Facendo sembiante di partirsi, s'ascose in camera,
1.51E sotto al letto si mise ove dormia la Porzia;
1.52La qual su la mezza notte assalita trovandosi,
1.53E conoscendolo, gridar non volse.
1.54Fu più tuo biasimo,
1.55Che suo.
1.56Certo; ma egli che era giovane onestissimo,
1.57E che come a sua moglie era venuto, in ginocchio posesi
1.58Innanzi al mio letto, venuto il giorno, e perdon chiesemi
1.59Umilmente scusandosi.
1.60Ben fu il tempo allora.
1.61Et io
1.62Gli perdonai, pur crucciata, ché ove non è rimedio,
1.63In tai cose bisogna accordarsi.
1.64Meglio è guardarsene
1.65Innanzi.
1.66È 'l vero: ora io diedi ordine che pria ch'ei partisse
1.67Fosse steso il contratto del parentado, e salvassesi
1.68L'onor della nostra figliuola.
1.69E che fu poi?
1.70Partendosi
1.71Ei la lasciò grossa, e andando per mare a Marsilia,
1.72Annegò, come intendeste; di che ella ebbe tanta noia,
1.73Che non mangiava quasi, non si riposava, e sì debole
1.74La trovò il parto alla fin, che già mai non fu possibile
1.75Di scamparle la vita, ché morì, ma un figliuol nacquene.
1.76Maschio? e morì anch'ei?
1.77No, ma conoscete voi Attilio?
1.78Il figliuol di Susanna qui?
1.79Mio no, ma nipote
1.80Ben vostro.
1.81Quello è mio nipote?
1.82Sì.
1.83Oh sommo Dio, quanto possono
1.84Di natura le forze! ché ogni volta che scontravolo,
1.85Sentiva un certo dolce nel cuore, che lieto facevami;
1.86E sempre piacquemi; ma perché hai tu sino a questa ora
1.87A dirlo indugiato?
1.88Per timore della vostra collera.
1.89Et or perché men la temi?
1.90Perché è necessario.
1.91Come?
1.92Però che egli è sì innamorato di Virginia,
1.93Che udendo che si marita, vuole per disperazione irsene
1.94Su la guerra a Genova, e seco va in compagnia Ippolito.
1.95Bisogna dunque non dormir, perché Simon sollecita
1.96Di maritarla, et io n'era il mezzano.
1.97Or tosto facciasi
1.98Opra che Simon glie la dia, e ch'ei non parta.
1.99Agevole
1.100Fia l'uno e l'altro, perché fra quel ch'è di nostra eredità,
1.101E di Farinata avol suo paterno, fia ricchissimo.
1.102Fa' pur d'aver presto il contratto di Porzia.
1.103Egli è in ordine;
1.104Andate adunque.
1.105Aspetta un poco ancor, ché ci bisogna
1.106Saldar altri conti.
1.107E che?
1.108Quand'io stetti in Sicilia,
1.109Lontan da te in Palermo, trovai una certa vedova.
1.110De le nostre sarà, io l'aspetto; e ben?
1.111Ell'era nobile,
1.112Ricca e giovane.
1.113E poco onesta, e manco buona, ditelo.
1.114Basta, avemmo insieme qualche dimestichezza.
1.115Sommelo:
1.116Quest'eran le gran faccende che avevate in Sicilia!
1.117Queste eran cagione, che le ricchezze nostre mancavano!
1.118Quando arrivano ove noi altre mogli, son vecchissimi,
1.119Malati, gottosi, e con l'altre sono i valent'uomini:
1.120Non dich'io il vero?
1.121Or di lei nacque...
1.122Nacque? et ella tengalo.
1.123Una figliuola.
1.124Non aspetto più.
1.125Deh Clemenza! lasciali
1.126Finire il tutto.
1.127Or dica.
1.128Et io la fei portar nell'isola
1.129In un luogo deserto a balia segreta.
1.130Or stievisi.
1.131Né di lei non ho potuto fino a oggi nuove aver mai.
1.132E che nuove son?
1.133Ch'ella è in Fiorenza.
1.134Innanzi non vengami.
1.135E che volete voi fare?
1.136Ell'e quella, ch'Ippolito
1.137Ama tanto, et ho speranza con dote ragionevole
1.138Far che la sposi.
1.139Deh la mia Clemenza cara, accordati,
1.140Che si faccino nozze doppie con Simone, e che possinsi
1.141Quest'ultimi anni godere in pace; perché se Ippolito
1.142Non ha costei, voi il vedrete tutto disperato girsene,
1.143E lasciar mal contenti Simon, Geri e 'l nostro Attilio,
1.144Tanto che sarem tutti addolorati; e la sentenzia
1.145Sapete che dice, che quando fiumi e monti si mettono
1.146Tra moglie e marito, ch'il fallo dell'uomo è scusato.
1.147Ti prometto ben, che se non fusse l'amor d'Attilio,
1.148E che pur anch'ei non si è crucciato, come temeasi,
1.149Dell'ascose a lui nozze, che mai pace non facevasi.
1.150Sia adunque, come vi piace, e allegramente seguasi
1.151Il tutto.
1.152Andate dentro, et io con Simon ritrovandomi,
1.153Darò fine. Or ecco Tonchio di qua, che par che spiriti;
1.154Non vo' parlargli, e lasciargli ancora in corpo il cocomero,
1.155Pigliando camin dov'io riscontri Simon, ch'aspettami.
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