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SCENA VIII.

Rime

PoeTree.it

1.1Chi nasce in questo mondo sanza ventura, o non ha mai
1.2Cosa che brami, o che gli viene cotanto amaro avendola,
1.3Ch'il gusto ne diviene altro di quel che soleva essere:
1.4E bene il provo oggi in me, che quando dopo miseria
1.5Infinita ho la mia Flora ottenuta, mille scandoli
1.6Han guasto ogni mio contento, tal che a pena mi sembrano
1.7Dolci i dolcissimi sguardi, atti e parole sue.
1.8Odi di quel ch'ei si lamenta: a tal ne fusse Attilio.
1.9Sì, e che di centomila padri poscia un esercito
1.10Ci fusse contro.
1.11Anzi, mentre che io piacer prendo, subito
1.12Mi si paran davanti agli occhi i gran danni e disordini
1.13Che pon seguire di questo amore, quel che ne dice il popolo.
1.14Il popolo ha ben altri pensieri.
1.15E quel che stimino
1.16I parenti, gli amici, i miei compagni e condiscepoli,
1.17Mio padre il primo ch'è venuto in disperazione ultima.
1.18Lasciarla non vo', né posso abbandonarla.
1.19Credolo:
1.20Eh, io non vo' più lasciarlo in preda de' tristi spiriti.
1.21Ippolito.
1.22Oimè, chi mi chiama?
1.23Lumaca sono,
1.24Che dico che sei matto, et hai più ben che tu non meriti.
1.25O Lumaca, tu sia 'l ben trovato, e tu ancora Attilio:
1.26Ma che paura ebb'io! ché ciò che d'intorno veggiomi,
1.27Mi par che sia Simone, che mi gridi, che mi rimproveri,
1.28Ch'io l'ho rubato, assassinato, ingannato, e che dichimi
1.29Ch'io non gli vada mai più innanzi, ch'io vada ove sogliono
1.30Andare i ruffian miei pari, le meretrici pubbliche,
1.31Gli altri barri e tavernieri, i tagliaborse, i falsarii,
1.32E tutte quelle schiere che i bargelli e forche temono.
1.33Sai tu perché t'avvien questo? perché sei sciocco e semplice,
1.34E poi perché gli è 'l primo inganno che facesti mai:
1.35Ma quando tu verrai sul quarto, su l'ottavo e 'l decimo,
1.36Tutto ti parrà un gioco, et ei non mostrerà curarsene.
1.37Stu fussi a la mia scuola stato, saresti or dottissimo,
1.38Ove non sai l'alfabeto ancor; ché Tonchio tuo bufolo
1.39Si pensa esser gran baccelliero, e non ha ancor grammatica.
1.40S'il mio padron qua Attilio avesse avuto dove mordere
1.41Sopra un padre ricco, andremmo pel fango sanza trampoli;
1.42Ma abbiamo una povera vecchia che a pena vivere
1.43Può del suo solo, e donaci tanto che nulla restale.
1.44Lumaca, bisognerebbe ch'io rinascessi ad essere
1.45Qual diverso a mio padre: or ragioniamo un poco, Attilio,
1.46Che mi consigli ch'io faccia in queste mie tante disgrazie?
1.47Che goda la tua Flora, e non ti levi del letto mai,
1.48Infin che Simon venga tutto umile e perdon chieggati.
1.49Deh lascia un poco parlar a Attilio, di grazia.
1.50Vogliolo,
1.51Ma egli è poco più di te valente.
1.52Orsù, così sia;
1.53Che diciam noi dunque?
1.54Dico ch'egli è ben mal agevole
1.55In un caso tale, e disperato, pigliar rimedio.
1.56Perché?
1.57Perché partirti di qui quasi è necessario;
1.58Ma lasciar Flora non vuoi?
1.59No, veramente.
1.60Sapevolo;
1.61e a lei menar con noi, molte cose bisognano
1.62Che non aviam, ch'ove non son danari, tutte mancano.
1.63E' ci avanza pur cento scudi ancor di quei che s'ebbero,
1.64E più, se non che molti di già consumati sono.
1.65E questi che son? fra femmine e bagaggi, è un asciolvere:
1.66I due terzi resteran qui spesi, gli altri consumansi
1.67In pochi giorni sull'osterie: poscia che farebbesi?
1.68E' dice il ver; ma di qui restar non ci veggo ordine.
1.69Ma facciam così, io senza dubbio alcuno mi delibero
1.70Di levarmi di questa terra.
1.71Perché?
1.72Perché vogliono
1.73I cieli così, né tutti gli uomini me ne storrebbono.
1.74Andronne verso Roma, ove spesso avventure avvengono
1.75A' mal contenti, et ivi qualche stanza provedendomi,
1.76Ti darò avviso, che venga poi con Flora.
1.77Dispiacemi
1.78Questo disegno, perché luogo vorrei solitario,
1.79Ove non fussi conosciuto e potessi esser libero.
1.80A Siena?
1.81No, ch'è troppo vicina nostra.
1.82Di Genova
1.83Che ne diresti?
1.84Piacemi, perché è città marittima,
1.85A la Lombardia, al Piamonte e a la Provenza comoda.
1.86Puoi esser là su le guerre, in mare, in terra, come piaceti;
1.87Minor è la spesa, e pochi fiorentini vi praticano.
1.88Faremo adunque così: questa sera, come imbrunino
1.89Le strade, e ch'io non sia veduto, andrò dando buon ordine
1.90A certe mie poche faccende, e doman partendomi
1.91Di buon'ora, a Pisa men'andrò la sera medesima;
1.92Di là a Livorno, dove montato su una barca piccola,
1.93In tre dì sarò a Genova, e in manco poi di quindici
1.94Saprai da me il tutto, e di subito potrai venirtene;
1.95E in questo mezzo in Camerata là a piè di Fiesole
1.96Staraiti ascoso nella villa del nostro Marsilio.
1.97E così non parrà che noi a processione con le femmine
1.98Andiamo smarriti. Ma con consiglio et onor debito
1.99La condurrai come moglie, ov'io aspettarotti.
1.100Piacemi il discorso certo, ma più l'ajuto ch'offeri,
1.101Et io ti darò cinquanta scudi oggi per potertene
1.102Al viaggio servire, e l'altre cose necessarie.
1.103Non perdiam tempo: o Lumaca, ora apparecchiati,
1.104Che non ti manchi alcuna cosa.
1.105Oimè, ch'il tutto mancami,
1.106Cappa, sai, calze e giubbone, che tutte sono a leggere,
1.107Son più di tre mesi, alla santa scuola d'Attilio.
1.108Tien questi dieci scudi, vattene e tutto sollecita.
1.109Questo è buon principio; io vado, e voi v'andate a nascondere.
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