SCENA VI.
Rime
PoeTree.it
1.1 | In somma le disgrazie e le venture son benissimo |
1.2 | Compartite in questo mondo, se l'uomo il dritto giudica; |
1.3 | E benché l'un par più dell'altro felice, ei non è poi. |
1.4 | Però che i ben della fortuna, se non si conoscono |
1.5 | Da quei che li posseggono, beni chiamar non si possono: |
1.6 | Ecco, Simone si potrebbe chiamar felicissimo |
1.7 | Da que' che giudicano il di fuori, e 'l dentro non veggiono. |
1.8 | Egli è sano, ricco, stimato e amato dal popolo, |
1.9 | Ben apparentato, ha avuto moglie bella e notabile, |
1.10 | La quale se ben è morta, l'ha goduta trenta anni almeno, |
1.11 | Et hagli lasciati due figliuoli, un mastio e una femina, |
1.12 | Ché di forma e di virtù non debbono ad altrui cedere, |
1.13 | E al suo giudizio sta a eleggersi nuora e genero, |
1.14 | Ché non è gentil uomo in Fiorenza, che nol desideri, |
1.15 | Non cerchi di impacciarsi seco. Ma perch'ora Ippolito |
1.16 | Ha speso non so quanto in una sua voglia, si reputa |
1.17 | Il più infelice, più rovinato, disfatto e misero, |
1.18 | Che mai fosse tra' suoi; e seco stolto non considera |
1.19 | Quanto sia l'esser suo beato nel resto: et io che sono |
1.20 | Senza eredi in gran ricchezze, bramerei che mi fussero |
1.21 | Dati due tai figliuoli, e che mi devessero spendere |
1.22 | Il mezzo di quanto ho al mondo; ma quando io gli avessi, |
1.23 | Sarei Simon forse, e peggio ancora, da poi che vedesi |
1.24 | Per prova, come le felicità che si posseggono, |
1.25 | Ai possessori sono ascose, che sempre in altrui mirano, |
1.26 | Com'or fo io. Ma pur quando, oimè! in mente ritornami |
1.27 | D'aver perduta una figlia, ch'amava più che l'anima, |
1.28 | Non maritata ancor, venti anni sono, et ella quindici, |
1.29 | O più n'avea; e poi che standomi io solo in Sicilia |
1.30 | Un'altra n'ebbi, la quale, se ben non era legittima, |
1.31 | Pur m'era cara sopra modo, però che carissima |
1.32 | Mi fu la madre, che nobile essendo molto, vedova |
1.33 | Rimasa in Palermo, non per avarizia condussesi, |
1.34 | Come molte altre oggi fanno, non anco per lussuria, |
1.35 | Ma per sincero amore a tanto nel suo cor ricevermi, |
1.36 | Che avemmo una figliuola, ch'or sarebbe di anni sedici, |
1.37 | Se vivesse; ma cinque sono ch'a Messina imbarcatosi |
1.38 | Non ebbi novelle poi, e pure ho assai cercatone; |
1.39 | E tutto mi fece Simon dianzi a dolcezza muovere, |
1.40 | Quando mi disse che Flora quella figlia si nomina, |
1.41 | Che Ippolito ha in mano, però ch'anch'io tal nome posile, |
1.42 | Quando nacque; e quantunque anco per altro non fosse mai, |
1.43 | Per il nome sol vo' favorirla. Ma ecco Attilio: |
1.44 | Fuggir mi voglio, perch'insin ch'io non parlo a Flamminia, |
1.45 | Non saprei che dirmegli. A tempo si apre la porta sua: |
1.46 | Entrerò adunque, e comincerò a far qualche buona opera. |