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SCENA II.

Rime

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1.1Io mi posso, più che di me, doler degli amici miei,
1.2Che mi feciono mal mio grado una donna ricchissima
1.3Sposar, non avendo io però gran necessità di tale;
1.4Perché mi stava così bene, che non mi bisognavano
1.5Tanti poderi e danari, che a vivere quale gli altri vivano
1.6Civilmente fra noi, e sanza guadagnarsi invidia,
1.7Son troppi senza fine, né ad altro che a noiarmi servono,
1.8Et avere ogni dì con mia moglie mille fastidii,
1.9Che le pare avermi ricolto del fango, e vilissimo
1.10Restassi sanza lei. Oimè! tutti i savii si guardino
1.11Da donna troppo ricca, e se 'l fan pur, di sposar sappino
1.12Mille morti in un punto sol, che notte e dì gli uccidono
1.13Mille volte con mille doglie, più che mille martiri.
1.14Prima i conti di giorno in giorno sempre saper vogliono,
1.15Dicendo, molto più rendevano al padre e all'avolo,
1.16E che ci lasciamo ingannare, e che i fattori ci rubano:
1.17Poi voglion veder le spese, e mai non se ne contentano,
1.18Che sempre a detto loro siamo, o troppo miseri, o prodighi.
1.19Fante, servitor, mulattier, staffieri che ci aggradino,
1.20Tutti son ladri, giocator, tavernieri, e li cacciano;
1.21E se l'uom contradice, et elle ti dicon di subito,
1.22Che di nulla s'impacceranno, e che gli altri governino.
1.23Doglionsi con la vicinanza, co i parenti, e dicono,
1.24Che quel mi fa il ruffiano, e quell'altro si adopera
1.25A far imbasciate; in modo ch'il meglio è far com'ora io:
1.26Accordar tutto, lasciar tutto, e fuor di casa andarsene
1.27Infin che sieno sfogate. Et io infelice e misero,
1.28Se non che quindici almen n'ho pur goduti in Sicilia,
1.29Già quaranta anni sono in questo orrendo purgatorio,
1.30Talché ho speranza certa del paradiso. Ma eccomi
1.31Simone all'incontro mio vecchio amico, che fia ottimo
1.32A trarmi del cuor parlando la presente molestia.
1.33Simon, Dio ti salvi.
1.34E te anco, Geri.
1.35Che così solo fai?
1.36Cercava di te per ragionarti alquanto, et avevati
1.37Veduto, è gran pezza, ma non avrei voluto romperti
1.38Il pensier, sopra 'l qual sì fisso al cor vedevati.
1.39Certo ch'io vi era fisso; ma gran piacer fatto avrestimi
1.40A levarmene tosto, perché egli era dispiacevole.
1.41Oimè! che c'è di nuovo?
1.42Nulla, ma le domestiche
1.43Cure tal volta più che le più importanti v'affliggono.
1.44Or dimmi, perché cercavimi?
1.45Cerimonie.
1.46Come la nostra antichissima amicizia sai che merita,
1.47Non mancherò, Geri, di sempre a te primo ricorrere
1.48Per aiuto e per consiglio, ove i bisogni mi occorrano,
1.49Sì come fo ora.
1.50Gran torto altrimenti farestimi,
1.51E gran torto pur mi fai di non venire a la libera,
1.52Per l'amicizia, e poi per la vicinità, che pongono
1.53Gli antichi saggi che pareggino il parentado prossimo.
1.54Dirò adunque: tu de' saper, Geri, che morendomi
1.55Beatrice mia moglie, son dieci anni passati o piùe...
1.56Beato te!
1.57Di quella solamente mi rimasero
1.58Due figliuoli, un maschio, come sai, e l'altra femmina,
1.59Cioè Ippolito e Virginia, e di già son tutti due
1.60D'età da cercar partito: pure io non penso Ippolito
1.61Legar ancor, se già cagion grandi non mi movessero,
1.62Ché pur è crudeltà in ver sì tosto; benché assai desideri,
1.63Come fan gli altri, vedermi innanzi la seconda prole.
1.64È ragionevole.
1.65Or per tornar, dico, Virginia
1.66Mi sta su le spalle, che sai quanto sia gran pericolo
1.67Ad aver in casa fanciulle, quantunque onestissime,
1.68Sanza madre in governo d'altre che non l'appartengono.
1.69Tu di' il vero.
1.70E ieri passando in Borgo sant'Apostolo,
1.71Per visitar Folco, ch'era ammalato, a caso riscontraimi
1.72Nel Monzan mio stretto amico, il qual mi salutò dicendomi
1.73Che ha da parlarmi per cosa importante, e così menommi
1.74Ragionando infin di là dal ponte a Santa Trinita,
1.75Per via Maggio, e a San Felice.
1.76E ben, poscia che disseti?
1.77Dissemi di aver parlato il dì innanzi a Bonifazio,
1.78Che tu conosci bene.
1.79Egli è il mio compare.
1.80Quello
1.81Che non avendo se non Gismondo suo figliuolo unico,
1.82Che volentieri, s'a me piacesse, torrebbe Virginia
1.83Per sua nuora, e che la dote in me rimetterebbesi.
1.84E tu che dicesti?
1.85Presi un po' di tempo a rispondere,
1.86Perché le cose, che una sola volta fansi, e durano
1.87Per sempre poi, si conviene esaminarle benissimo.
1.88Saggiamente.
1.89E quei, che vann'in fretta in fretta, si pentono.
1.90Or perché, come il mondo sa, al più sono scorrettissimi
1.91I giovani d'oggi, et io non saprei come informarmene,
1.92Son ricorso a te, come a mio refugio, sol pregandoti
1.93Che ti piaccia prima informarti de le qualità sue,
1.94Come egli abbia buon nome, com'ei viva, con chi pratichi,
1.95S'egli è inchinato al buon governo, e a la masserizia,
1.96Come sia ben guidata la casa, come la suocera
1.97Sia per esser piacevole, o come l'altre fantastica,
1.98Perché importa assai mettere una figlia, ch'è un'angiola,
1.99Appresso a donna ritrosa, che sia un diavolo.
1.100Io ho inteso tutto, e ti assicuro, che io sarò ottimo
1.101Ad avvisarti di ogni cosa; ma a quel che fuor vedesi,
1.102Il parentado è molto a proposito e convenevole;
1.103Del resto ne avrai novella prima che nessun desini.
1.104Ma dove potrò io ritrovarti?
1.105O ver qui medesimo,
1.106O in casa, quando io pur vedrò che l'ora passata sia.
1.107Andrò adunque. Or ecco qua Tonchio, ch'a la volta tua
1.108Ne vien per intrattenerti, acciocché tu non resti solo.
1.109Sarà ben a proposito, acciò ch'io possa discorrere
1.110Seco di certe altre faccende, che anco molto importano.
1.111Or ti riman con Dio.
1.112E tu prego che vadi in buon'ora.
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