SCENA I.
Rime
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1.1 | E' non è dubbio, che chi ha figlioli ha sempre gran pena; |
1.2 | E sien pur buoni quanto vogliono; ché non si può vivere |
1.3 | Sanza sospetto e sanza dispiacere, con quieto animo, |
1.4 | Chi non gli avesse sempre avanti, che non è possibile, |
1.5 | Ché troppa differenza è fra noi, e troppo dissimili |
1.6 | Sono i nostri diletti, i pensier nostri, e desiderii: |
1.7 | Et oggi massimamente, che quando e' nostri giovani |
1.8 | Son col padre, e' pare che sien tra le spine in mezzo li aspidi. |
1.9 | Si ridon di noi tra loro; e non solevan già essere |
1.10 | Tali a' miei tempi; anzi non mi uscirà mai di memoria |
1.11 | Otto, o diece, che eravamo amici e parenti prossimi, |
1.12 | Andar co i nostri padri a' vespri, e perdon la quaresima: |
1.13 | Gli altri dì per le ville, ragionando delle lettere, |
1.14 | Or de' buoni esempli de' santi padri, e d'opere lodevoli |
1.15 | De' nostri antichi, di Roma, di Atene e di Cartagine. |
1.16 | Né cortigiane mai, né taverne disonorevoli |
1.17 | Vedevamo, né cercavamo; anzi ciascun arrossivasi, |
1.18 | Se passavam per vie, che alcuna di lor vedessimo. |
1.19 | Oggi è il contrario tutto, ché chi all'osteria non pratica, |
1.20 | Non giuoca tutta la notte, e che non tien la sua femmina |
1.21 | Senza vergogna alcuna, e che suo padre per spendere |
1.22 | Non rubi, è tenuto un matto, sciocco, e che non sa vivere. |
1.23 | Io veggo ben ch'il mondo oramai è condotto a termine |
1.24 | Che non può più durare, e quanto più diventiam poveri, |
1.25 | Tanto più gittiam via; benché pur per la grazia di Dio |
1.26 | Non mi ho tra gli altri da lamentar, perché non mi manca |
1.27 | Ricchezze da intrattenermi secondo 'l mio grado bene, |
1.28 | E comodamente. Ho la mia Virginia, che a la semplice |
1.29 | È stata allevata, governa la casa tutta, né mai |
1.30 | Si vede né a uscio né a finestra, qual le vicine sue |
1.31 | Si veggion tutto il giorno: sempr'ha in man la rocca, o l'ago, |
1.32 | Non parla co' servitori; né con quei che non l'attengono, |
1.33 | Né scontro innanzi e in dietro ir gli amanti che la vagheggino: |
1.34 | Tanto ch'io mi confesso in questa parte felicissimo, |
1.35 | Et è gran ristoro almeno della sua materna perdita. |
1.36 | Ho Ippolito poi, del quale non ebbi ancor fastidio |
1.37 | Già mai alcuno, e ch'e' sia così puro e casto pensomi, |
1.38 | Come quando uscì del ventre di sua madre, e notizia |
1.39 | Non ha di donne, benché già sia nell'anno ventesimo, |
1.40 | E sempre con buone compagnie, e con giovani nobili, |
1.41 | Di servire a Dio molto, e di ogni altra virtù dilettasi: |
1.42 | Ama suo padre, l'ubbidisce, e volentieri il seguita: |
1.43 | Cerca l'onore, studia di buon cuor le buone lettere, |
1.44 | Tanto ch'io non saprei del tutto se non contentarmene. |
1.45 | Ben l'ho veduto da non so che dì in qua malenconico; |
1.46 | Sono gli studi che fan simili effetti; e 'n ver dubito |
1.47 | Che non si ammali, et io non mancherò di diligenzia |
1.48 | In metterci cura. Ma ecco Geri, che di qua viene |
1.49 | Turbato alquanto, et è pur uom di sì risoluto animo, |
1.50 | Ch'ei sa passare ogni fortuna; ma quei che qui nascono, |
1.51 | Son tutti umani, né san resistere a quei primi empiti |
1.52 | Delle sue passioni: vero è ben, che col discorso poi |
1.53 | I saggi vincon la sorte, ove i matti si disperano: |
1.54 | E beata Fiorenza, se ne avesse due altri tali! |
1.55 | Voglio aspettarlo, e certi miei bisogni conferir seco. |