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SCENA V.

Rime

PoeTree.it

1.1Che di' tu, Agata, de lo star sì lungamente Attilio
1.2A venirmi a vedere? che soleva già sei volte al meno
1.3Visitarmi per giorno, e star dell'ore quattro, anzi più
1.4Sanza partirsi, et or due dì ben grandi passati sono,
1.5Che non lo vedemmo.
1.6Dico, che ti fa il dovere, Flamminia,
1.7E fa il ben tuo, da poi che tu sciocca, non credendomi,
1.8T'avveggia con l'esperienzia almeno del senno tuo.
1.9E che senno mio?
1.10Del senno che in vano cerco di metterti.
1.11Quante volte t'ho io detto, che per voi altre i giovani
1.12Son pericolosi e dannosi, e più di tutti i poveri,
1.13E quelli o che son belli, o che di esser troppo si stimano?
1.14Perché quei non han che dare, e questi di beltà pagano,
1.15E sono poi cagione spesse volte di infiammar l'animo
1.16Di voi miserelle, come a te avviene, onde ne nasce
1.17Tutte le rovine del mondo, e che vi fanno perdere
1.18Ogni ventura, e fan che i buon colombi si disviano.
1.19Per qual cagione?
1.20Però che i più ricchi si sdegnano
1.21Di vedersi lasciati, e che tutti i favor sieno di un solo.
1.22E come doviamo dunque fare?
1.23Come fanno i principi,
1.24Che fan buon viso a tutti, e secondo i gradi accarezzano,
1.25Come quei, che di ogn'un fan capitale, e fin al popolo
1.26Minuto ha la sua parte di essi, e così si contentano,
1.27E chi mette per lor l'avere, chi la vita, e chi l'anima
1.28Più volentieri che sia possibile, e n'han somma gloria.
1.29Ove s'e' guadagni, gli onori, et i favori si volgessero
1.30Tutti ad un solo, ne avrebbono gli altri sdegno e fastidio.
1.31Io vo' che tu intenda, che le cortigiane son simili
1.32Ad un castello, ove quando gli inimici si accampano,
1.33Bisogna più di un uomo a guardarlo, benché fortissimo.
1.34Pensi tu che possa bastare un solo a' bisogni tuoi?
1.35Se non fusse già un di quei che chiamano Cresi, o Darii?
1.36Adunque tu vorresti ch'io lasciassi andare Attilio?
1.37Sì, e s'io potessi, mi vanterei poscia, che ricchissima
1.38Ti farei tosto.
1.39Io nol potrei mai fare, e vorrei povera
1.40Morir più tosto. E che son le ricchezze che si adunano
1.41Sanza contento?
1.42Son quelle che fan poi che gli uomini
1.43Ci vengon dietro volentieri, e che ci stimano et amano,
1.44E donan da vantaggio, perché il suo splendor l'opera.
1.45E vedi s'egli è ver, ch'un soldo sol si dona a' poveri,
1.46Et a' più ricchi di mano in mano si cresce il numero.
1.47Questa è sentenzia da vecchi.
1.48Egli è ver, perché i giovani
1.49Non son sì saggi. Et un altro segreto ti voglio io dire,
1.50Che le cortigiane devrien dare il piacere, non torselo,
1.51Perché han per arte, non per passatempo, Venere.
1.52Faremo adunque, come i sarti, calzolari, et artefici,
1.53Che van tutti stracciati e scalzi, e gli altri sì ben vestono.
1.54Deh perché non è in te il mio sapere, o in me le bellezze tue,
1.55Ch'io farei al mondo tutto, non che a le compagne, invidia?
1.56Or non più. Ma come vuoi tu ch'io abbandoni Attilio,
1.57Al quale sono obbligata molto, e ch'è il sostegno di noi?
1.58Noi siam forestiere, ove pochi sono che ci conoschino,
1.59E sai che chi ci ruba pensa fare una limosina;
1.60Et ei ch'ha mille amicizie, e mille altri mezzi e pratiche,
1.61Ci tien difese da molti assalti di questo popolo.
1.62Ei non è ricco, e non ha da donarmi; ma i buon servizii,
1.63Che fanno i poveri spesso, quanto i ricchi don vagliono.
1.64Poi per quel ch'io sentito abbia, ei non è però sì ignobile
1.65Come è stimato, benché egli abbia poco favorevole
1.66La sorte per ora; e quantunque sien cose da ridere,
1.67Pur mi ha detto che pochi mesi sono un buono astrologo
1.68Avendogli affermato come in breve gli pronosticava
1.69Gran bene insperato, et esso poi a Susanna dicendolo,
1.70Ella ridendo rispose, che l'aveva per certissimo
1.71Che stesse pur lieto, e che vita tenesse onorevole,
1.72Praticasse coi nobili, e si vestisse animo nobile,
1.73Che col tempo ricchezze e beni non gli mancherebbono.
1.74E gli disse ella altro?
1.75No, ma ben da le parole sue,
1.76O che ella abbia gran tesoro ascoso si può comprendere,
1.77O che il voglia lasciar erede suo qualche uomo ricchissimo.
1.78Deh come volentieri si crede quello che si desidera!
1.79Pasciti di questo fumo, che lasci il tuo fuoco spegnere.
1.80Questo fumo sarà un dì fiamma; e se pur no, contentomi
1.81De la speranza. Or corri un poco, Agata mia, e cercalo,
1.82Tanto ch'il trovi in ogni modo, e digli insieme e pregalo
1.83Che non manchi di venir qui per cosa necessaria,
1.84Ch'io dirò a lui più a lungo.
1.85Ecco che io vo.
1.86Dunque sollecita.
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