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STANZE.

Rime

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1.1Io mi stava l'altrier, Francesco altero,
1.2Dove qui Larco le campagne infiora
1.3Nell'aprico terren, ch'il vostro impero
1.4Più che Giove nel ciel, nel mondo adora;
1.5E per me' contemplar l'acerbo e fero
1.6Scempio crudel che a ripensar m'accora,
1.7Sott'al monte m'assisi, ond'esce il rio
1.8Tristo e doglioso del suo stato rio.
1.9Ivi sorgea l'afflitta pastorella
1.10Che le sue care gregge indarno chiama,
1.11Il buon bifolco contra il ciel favella,
1.12Ch'ha perduto i giovenchi, e morte brama.
1.13Là piange l'angosciosa vecchierella,
1.14Ch'odia gli anni soverchi, e sé disama,
1.15E la sua famigliuola ha tutta intorno,
1.16Né tanto ha pur da sostentarla un giorno.
1.17Là spogliate vedea de' propri beni
1.18Le campagne, le piagge e i colli aprici,
1.19Già tutti d'ombra e di ricchezza pieni,
1.20Del buon Bacco e di Palla antiqui amici:
1.21Son fatti albergo i campicelli ameni
1.22Di pungenti erbe, e lappole infelici,
1.23Che il miser villanel non ebbe il seme
1.24Da commetterli in sen l'usata speme.
1.25L'alta soglia real, dove sedea
1.26Il buon Sacro Senato in vostro nome,
1.27In cui l'alma Giustizia il fren reggea
1.28Raddrizzando col ver le torte some,
1.29L'indegna fiamma per vil gente e rea,
1.30Che per mille altre prove ha visto, come
1.31La ragion, il ben far le grava e spiace,
1.32Miseramente ancor distrutta giace.
1.33O vilissimo suol, cui sendo tolto
1.34Lo sperar di saziar l'odio e 'l veleno
1.35Contro il tuo gran nimico a te rivolto
1.36D'alta gloria, e d'ardir ornato il seno,
1.37Fusti il lupo crudel che mira il volto
1.38Del robusto pastor di tema pieno,
1.39Che fugge al bosco, e sopra sterpo o legno
1.40Sfoga rabbioso l'affannato sdegno.
1.41Ahi barbaro crudel! dunque non sai
1.42Che la gloria è domar chi l'arme ha in mano?
1.43Tu le spoglie e 'l trionfo porterai
1.44Che le vedove mura hai posto al piano;
1.45Ma al tuo poco valor che scusa avrai?
1.46Di fuggir presso, e minacciar lontano;
1.47D'invitar l'avversario, e poi che venne,
1.48Timid'a volo imbelle aprir le penne?
1.49Come non cadde allor la iniqua mano?
1.50Come non venne pia la cruda mente?
1.51Quando vedesti ove il mio re sovrano
1.52M'ha dato albergo, e dove dolcemente
1.53Mi sto dal volgo, e dal pensier lontano,
1.54Ch'hanno in noi le virtù le voglie spente,
1.55Ove le Muse suo Pastor adorno
1.56Vengon meco a cantar la notte e 'l giorno.
1.57Forse invidia e dolor di quel ch'io canto
1.58Di Francesco talor, t'armò il desio
1.59Qui d'offender di Febo il nido santo,
1.60E turbar l'onde del sacrato rio.
1.61Ma il buon grido real salito è tanto
1.62Che non ha più mestier del parlar mio.
1.63Che dall'Atlante al Nil, dall'austro all'orse
1.64Son l'alte virtù sue molt'anni corse.
1.65Non tentar no, ch'ogni tua forza è vana,
1.66D'abbassar di costui l'invitta gloria.
1.67Il mortal senno, e la potenza umana
1.68Non potrà contr'al Ciel aver vittoria;
1.69Prima sorgerà il Sol dov'è lontana,
1.70Che fiorita non sia la gran memoria
1.71Del mio buon Gallo, e de' suoi fatti illustri,
1.72Che stancheria le lingue, gli anni e i lustri.
1.73Or non sai tu ch'al suo sommo valore
1.74Si fa servo e prigion chi mai nol vide?
1.75Guarda la gente, cui l'antiquo errore
1.76Fuor del dritto sentier da noi divide,
1.77Ch'entrò l'Ebro e 'l Peneo con tal furore
1.78Abbatte dei cristian le schiere fide,
1.79Come a lui torna umile, e non disdegna
1.80Di seguir dove vuol la sacra insegna.
1.81E qui si taccia chi biasmando accerta
1.82Che non si debba aver sì fatti amici,
1.83La cui colpa mortal tant'odio merta,
1.84Che gli elementi e 'l ciel li sian nimici.
1.85Deh come oggi riguardi, o invidia, aperta
1.86Sol la scorza di fuor, non le radici
1.87Della pianta real, né sai che il frutto
1.88E non le fronde e i fior discerne il tutto.
1.89Se cercava domar con questa mano
1.90Del suo nemico uccel l'artiglio 'l volo,
1.91Perché al tempo miglior si stè lontano
1.92Senza muover dal nido un passo solo,
1.93Quando tutto inondar l'aperto piano
1.94Vide il Danubio d'infinito stuolo,
1.95Ch'allor l'Adda, e 'l Tesino, e i vicin loro
1.96Ne chiamaron più volte i gigli d'oro?
1.97O quando vide poi l'Aquila stesa
1.98A cercar nuove prede a mezzogiorno
1.99Dove da troppo Sol la Libia accesa
1.100Scalda assetate le campagne intorno,
1.101Allor che abbandonò la bella impresa
1.102Il duce orïental con tanto scorno;
1.103Che si può dir che il ricevuto onore
1.104Fussi dato dal vinto al vincitore.
1.105Or non poteva allor con la sua gente
1.106Senza contrasto alcun l'Alpi passare
1.107Il mio famoso re, quasi torrente
1.108Qualor scuote la pianta, e batte il mare;
1.109E fa sparir la neve austro possente
1.110Che il ciel turbato d'ogn'intorno appare
1.111Converso in pioggia, ed ei lieva la fronte,
1.112Poi scende ardito e minaccioso il monte:
1.113Ciò che trova in cammin, seco ne mena
1.114Arbor, legni, o muraglie, sterpo, o sasso,
1.115Gregge, armenti, pastor, la mandria piena
1.116Degl'infelici agnei conduce al basso:
1.117Poi giunto alfin sopra l'antica arena,
1.118Ratto e vittorïoso allarga il passo,
1.119E quanto dalle valli al pian s'estende,
1.120Al suo imperio novel soggetto rende.
1.121Con tai forze o maggiori il Gallo altiero
1.122Si potea ripigliar non pur l'antico
1.123Nido d'Insubria, che per torto impero
1.124Occupato li tien l'empio nemico.
1.125Ma dal vecchio appennin aspro sentiero
1.126Passar volando il dolce nido amico
1.127D'Arno e di Tebro, e possedersi il seno
1.128Ove il terrestre vel lasciò Miseno.
1.129Ma quel spirto regal che gloria e lode
1.130Più che regno o tesor al mondo cura,
1.131Or che di ricercar virtudi o frode
1.132Contra il nimico, che lo sforza o fura,
1.133Queste parole, e simili non ode,
1.134Tanto vuol bene oprar sopra misura,
1.135E spera col valor ritorre altrui
1.136Quel che per altra via fu tolto a lui.
1.137Fiero ardito leon, non volpe astuta,
1.138Vuol con l'armi acquistar, non con inganni;
1.139Né quella troppa ahimè contraria avuta
1.140Empia fortuna ne' passati danni
1.141L'innato alto desìo rivolge, o muta,
1.142Che gli abbatte il dolor, vince gli affanni,
1.143Santa Palma Idumea ch'al maggior peso
1.144Più si lieva in onor, d'onor acceso.
1.145Forse alcun ne dirà che aver amica
1.146Par la gente infedel gran biasmo sia,
1.147Che dei Galli Signor la prole antica
1.148Cristianissimo il nome solo avia,
1.149Perch'in ogni stagion fu sua nimica,
1.150E mille volte o più l'insegna pia
1.151Contr'a quella spiegando alzava a volo
1.152Il ver nome di Dio Padre e Figliolo.
1.153Gloria dunque saria da te scacciare
1.154Chi ti venga a trovar pian ed umìle,
1.155E per mille perigli in terra e in mare
1.156L'altrui buon faticar tener a vile?
1.157Qual legge o qual ragion potrìa vietare
1.158Per alcun tempo mai, ch'un cor gentile
1.159Non deggia a chi l'onora esser cortese
1.160Se ben fosse colui, che più l'offese?
1.161Nuocer già non potrìa, ma giovar puote
1.162Se la fama real disteso ha l'ale.
1.163Non può dove l'Olimpo al vento scuote
1.164L'invitta cima, che alle stelle sale,
1.165Ma tra i monti Rifei, dove a Boote,
1.166Girando il carro suo, del mal non cale,
1.167E dove il Sol rifugge e dove riede,
1.168E dove con più ardir le piagge fiede.
1.169Non è saggio il pastor che può talora
1.170Di van'esca nutrirsi i lupi amici.
1.171Quelli e lontani e della selva fuora
1.172Li trae per forza e se li tien nimici.
1.173Piange il misero poi, ma tarda è l'ora
1.174Che le sue care gregge alme e felici,
1.175Già sì liete e gioconde, fatte vede
1.176Sol per colpa di lui dogliose prede.
1.177Non è sempre virtù trar l'armi fuore,
1.178Né voler contrastar con chi si tace
1.179Perché il van guerreggiar apporti onore,
1.180Lo star contento alla sicura pace;
1.181E chi ben non discerne il luogo e l'ore,
1.182Spesso si trova dove più li spiace.
1.183Non basta il disegnar, ma il senno l'opra
1.184Fan lodar il miglior, e star di sopra.
1.185Ben conosce il mio re contraria l'ora
1.186Di porre in rischio le cristiane gregge,
1.187Che dal diritto sentier fuggite fuora
1.188Sprezzan l'alto Pastor che le corregge.
1.189E divise tra lor colui s'onora
1.190Che sa meglio innovar l'usata legge.
1.191E quel saggio e fedel a tutti piace
1.192Che più viene a turbar l'antica pace.
1.193Chi il proprio albergo suo lascia in periglio,
1.194Come puote assalir quel ch'è d'altrui?
1.195Come de' danni altrui farem vermiglio
1.196L'empio coltel, che insanguiniam tra nui?
1.197Come vedrem già mai l'Aquila e il Giglio
1.198Sopra gli altrui terren gir ambedui
1.199Concordi in pace, se nel patrio stesso
1.200Non può quella soffrir quell'altro appresso?
1.201Spogliar prima convien gli sdegni e l'ire,
1.202E rivestir il cor di ver amore,
1.203E domar con ragion l'empio desire
1.204Di dar sempre al fratel danno e dolore,
1.205E l'ingordo voler troppo alto gire
1.206Per crudel via di non lodato onore,
1.207E render quel che il mondo tutto scorto
1.208Conoscer può che si ritiene a torto.
1.209Qual meraviglia fia s'un che si sente
1.210Ricco e possente dell'altrui paese
1.211Quell'a cui toglie il suo, chiami sovente
1.212Che l'alma indrizzi alle lontane imprese,
1.213Perché ponga in oblio più dolcemente
1.214L'antico incarco delle avute offese,
1.215E col non suo tesor acquisti fama
1.216D'esser proprio colui, che pace brama.
1.217Orsù, rapace Uccel, che brami in vista
1.218Sopra nuovi terren distender l'ale,
1.219Perché non drizzi pria l'acuta vista
1.220Sopra quel che possiedi in tanto male?
1.221Guarda l'Italia mia gravosa e trista
1.222Per le fere ugne tue condott'a tale,
1.223Che ha la fronte impiagata, il fianco e il piede,
1.224E per men suo dolor la morte chiede.
1.225Pon mente a' tuo' vicin tra l'Alpi e 'l Reno,
1.226E racqueta tra lor l'ingiuste lite,
1.227Onde il mal cresce e la ragion vien meno,
1.228E le chiavi del Ciel sono schernite;
1.229Poi volgi il guardo d'occidente al seno,
1.230Dove indora le rive e fa fiorite,
1.231Là 've il Tago e l'Ibero ivi dimora
1.232Chi più che il Nazaren forse altri adora.
1.233Quanto è più da lodar chi assai contento
1.234Di picciol campicel ben culto vive,
1.235In cui l'erbe miglior al ghiaccio, al vento,
1.236Son fresche e verdi come all'aure estive,
1.237Che chi di guadagnare è sempre intento
1.238Mille aperte campagne e mille rive,
1.239Poi le cura sì mal, che in abbandono
1.240Alle felci, alle ortiche, ai rovi sono.
1.241Come vuoi tu ch'il Ciel ti faccia degno
1.242Di allargar i confin del nuovo impero,
1.243Se di bene addrizzar ti prendi a sdegno
1.244Quel che i parenti tuoi fra noi ti diero?
1.245Chi vorrà camminar sotto il tuo segno
1.246Qualora seco dirà nel pensiero:
1.247Meno ha costui delle sue genti cura,
1.248Che d'infermi giovenchi alla pastura.
1.249Or correggi te stesso e 'l nido antico
1.250Pria che a nuovo lavor le piume stenda.
1.251Al buon Partenopeo che va mendico
1.252Il rapito suo bene pria si renda.
1.253Poi della vaga Insubria al lito aprico
1.254Toi l'empio fascio, che riposo prenda.
1.255Indi alla bella Etruria allenta il freno,
1.256Posto da te per dominarla a pieno.
1.257Al tuo gallico re ritorna omai
1.258Quel che tolto di lui ti trovi in mano,
1.259E così a chi nol crede mostrerai
1.260Che il tuo giusto voler non narri invano,
1.261E che alzar la vittoria, e trar di guai
1.262Brami il buon nome e 'l vero onor cristiano,
1.263E dell'odio ammorzar l'antica face
1.264Perché il popol di Dio ritorni in pace.
1.265Tu sei disceso pur, se scerni bene,
1.266Dal franco invitto nel materno lato,
1.267E del ventre medesmo al mondo viene,
1.268E dello stesso tronco onde sei nato,
1.269Chi del letto regal consorte tiene
1.270L'alto Francesco in sì sublime stato,
1.271E pur li nieghi il suo; che dunque fai
1.272Di te sperar chi non ti vide mai?
1.273Deh l'ingordo desir da te dispoglia
1.274Di ricchezze adunar del dritto fuore,
1.275E guarda pur alfin, che tropp'accoglia
1.276Il ciel sovra di te sdegno e furore,
1.277Quando e' vedrà pietoso in questa doglia
1.278L'Europa tutta, e come langue e muore
1.279La sua gente migliore, e ciò addiviene
1.280Dal tuo torto voler che l'altrui tiene.
1.281Mal si può navigar incontr'a l'onda,
1.282Né troppo alto salir per torte strade:
1.283Fa' pur che l'opra e l'animo risponda
1.284A chi dritto discerne il bene e 'l male.
1.285Quel di ricchezze e di terren abonda
1.286Chi l'occhio ha fermo in chi non è mortale.
1.287E chi si fa tesor di vera lode,
1.288Di là vive in eterno, e qua si gode.
1.289Se come al sangue tuo fatt'hai congiunto
1.290Il Gallo al tuo valor facessi amico,
1.291Tu vedresti fiorir tutt'in un punto
1.292L'aurato tempo del buon vecchio antico,
1.293E nel sommo vessillo al sommo giunto
1.294Di Cristo il nome, e l'empio suo nemico
1.295Per temenza di voi fuggir altronde,
1.296O chinarsi devoto alle sacre onde.
1.297Sgombra dunque da te l'ingiusto sdegno
1.298E di perfetto amor riempi il core,
1.299E ti sovvenga omai come sia indegno
1.300Al gran nome che porti, al sommo onore,
1.301Allo scettro, che tien di più d'un regno,
1.302Il seguir d'Eteòcle il crudo errore,
1.303E contr'al tuo fratel per poca terra
1.304Tutto il popol di Dio tenere in guerra.
1.305Se tu cerchi acquistar terreno e stato,
1.306Poich'avrai per compagno il Gallo altero,
1.307Il doppio stuolo ai vostri danni armato
1.308D'Orïente addrizzate al lito fiero
1.309Ch'è in vostro contro sol di gloria ornato:
1.310N'acquisterete lì più largo impero,
1.311Ch'or di voi l'uno e l'altro non possiede,
1.312E che il Reno e l'Ibero e 'l Po non vede.
1.313Fu quel chiaro terren del Sacro Epiro
1.314Dei veloci corsier la palma antica,
1.315Poi il gran regno di Pelope che in giro
1.316L'Ionico e l' Mirtoo tra l'onda intrica,
1.317Nel cui bel sen tante città fioriro,
1.318Non pur Argo e Micene; e quella amica
1.319Di ferro, di valor famosa Sparte,
1.320Onde il nome si legge in mille carte.
1.321Poi camminando all'orse il bel paese
1.322Dell'altera città, che il nome tenne
1.323Dall'ingegnosa Dea, quando contese
1.324Nettuno invan, che a superarla venne:
1.325Poscia ove il fero Alcide, e Bacco accese
1.326La mortal vista che immortal divenne:
1.327Presso all'onde sacrate il monte aprico
1.328Delle muse e d'Apollo albergo antico.
1.329Poi l'aperta Tessaglia ove Peneo
1.330Le verdissime tempie intorno cigne,
1.331Ove il popol roman più volte feo
1.332De' suoi buon cittadin l'erbe sanguigne.
1.333Poscia 'l patrio terren di quel ch'aveo
1.334Le stelle al suo venir tanto benigne,
1.335Ch'oltr'al Nilo, oltr'all'Indo, oltr'all'Arasse
1.336L'alta fama real vincendo trasse.
1.337Indi appar di Strimon quel lido aprico
1.338Ch'ai pellegrini uccelli albergo dona,
1.339Ov'al soffiar di Borea il crin antico
1.340Or di Rodope, or..... in alto suona;
1.341Press'al nido gentil ei fatto amico
1.342Di cotanti che il proprio n'abbandona,
1.343Di miserie lasciando eterna soma
1.344All'Italia infelice, e morte a Roma.
1.345Poi trapassâr ove più strinse il mare
1.346In cui cadde il Monton di Frisso, o d'Elle
1.347Ivi tant'è ch'io non saprei contare.
1.348Onorate province altere e belle,
1.349Dove ancor d'Ilïon la fama appare,
1.350La cui fama immortal vola alle stelle;
1.351Poi lungo il lito le famose ville,
1.352Com'Efeso, e Mileto, ed altre mille.
1.353Ivi furo i tesor tra Siria e Ponto
1.354E fra Tigre e Pattolo; in cui si vide
1.355Creso il gran Re, che lungamente conto
1.356Fu tra' maggiori, e la Fortuna arride.
1.357Poi seppe alfin come al cangiarsi pronto
1.358Spesso abbi il corso, e le promesse infide,
1.359E del gran saggio tardi li sovvenne
1.360Quando nudo e prigion fra i Persi venne.
1.361Or che deggio parlar più d'Orïente,
1.362Delli Assir, delli Aràbi, Medi o Persi,
1.363O de' Siri, o dell'Indi, ove la gente
1.364Come quasi su in ciel potria godersi?
1.365Ma guardiamo ove 'l Sole è meno ardente,
1.366E dove bagna il Nil lidi diversi,
1.367La fertil regïon, la nobil terra
1.368Lungo tempo adorata in pace e in guerra.
1.369Quinci ove arrossa il mar che bagna intorno
1.370Il famoso terren de' Nabatei,
1.371Qui più che altrove volentier soggiorno
1.372Facien gli antichi e fabulosi Dei;
1.373Qui d'incenso, e di mirra il seno adorno
1.374Hanno i campi odorati dei Sabei,
1.375E così delle piante, erbe e radici,
1.376Che disse il ver chi li chiamò felici.
1.377Non lungi a questi alla medesma via
1.378Sorge 'l sacro terren concesso in dono
1.379Ai primi padri antichi, ove 'l Messia
1.380Scender dovesse dal celeste trono,
1.381Che fu il pietoso Figlio di Maria
1.382Ch'ivi poi prese, e pose in abbandono
1.383Le santissime membra sopra il legno,
1.384Che ha fatto il seme uman di grazia degno.
1.385Come i feroci cuor questo non muove
1.386A perdonar tra voi le antiche offese,
1.387Per far con l'arme poi l'ultime prove
1.388Di trar di bocca ai can l'almo paese;
1.389Ove a nostra cagion del vero Giove
1.390L'alto Verbo immortal la carne prese,
1.391E li voll'ubbidir l'umana sorte,
1.392E per noi vita dar sostenne morte?
1.393Poiché non l'opra, il debito e l'onore,
1.394Almen l'opri d'Iddio vergogna e tema,
1.395Che il sacro loco, ove l'eterno Amore
1.396Fe' del serpente rio l'impresa scema,
1.397Già tant'anni veggiam in tal dolore
1.398Giunto, ahi cor duro! alla ruina estrema,
1.399E 'l Sepolcro di Cristo in forza sia
1.400Di chi lui sprezza e la diritta via.
1.401Se voi guardass'il ver, vedresti come
1.402S'incomincia a spiegar le sacre insegne
1.403Per gloria sol di quel celeste nome
1.404Che le fa in terra sovra l'altre degne
1.405Non per por l'uno all'altro ingiuste some,
1.406E bagnare il terren che Dio disdegne,
1.407Del pio sangue di quel, che in Cielo elegge
1.408A mantener con voi la vera legge.
1.409Deh rivolgete, che n'è tempo omai,
1.410All'imprese miglior le dure menti;
1.411Deh non vi par ancor che spente assai
1.412Sieno a cagion di voi le nostre genti?
1.413Quando avran posa l'infiniti guai,
1.414Quando potrem noi dir lieti e contenti:
1.415Pur è venuto il fin del tempo rio
1.416Che a noi pace riporti, e gloria a Dio?
1.417Aquila, io parlo a te che sei cagione
1.418Di turbar all'Europa il sommo bene.
1.419Tu sola eterna fai l'aspra questione,
1.420Vita e radice delle nostre pene;
1.421Tu non vuoi subiacer alla ragione,
1.422Tal di troppo salir desio ti tiene:
1.423Ma chi piglia piacer dell'altrui noia,
1.424Non può lunga stagion restar in gioia.
1.425Non ha voglia maggior il Gallo altiero,
1.426E già il mondo lo sa, non pur tu solo,
1.427Che d'esser teco il più fedel e vero
1.428Fratel che scorga l'uno e l'altro polo.
1.429Né poi cerca tesor, né cerca impero,
1.430Ma estender brama l'onorato volo
1.431Sopra quell'infedei, ch'han fatto e fanno
1.432Troppo ai servi di Dio vergogna e danno.
1.433Tu guasti pur la più famosa impresa
1.434Che si sia fatta ancor da poi ch'in terra
1.435Fu dal Spirto Divin la carne presa
1.436Per trarne in pace dall'antiqua guerra.
1.437Chi potria contro a noi trovar difesa
1.438Se dei Cieli il Fattor, che li apre e serra,
1.439Al vostro alto valor compagno fôra
1.440Per ridurr'al cammin chi n'esce fuora?
1.441Qual fato avverso di saper ti spoglia
1.442Di fare al nome tuo sì largo onore?
1.443Quant'avrai penitenza, quanta doglia,
1.444Tardi avveduto di sì greve errore!
1.445Che non puon ritornar perch'altri voglia,
1.446Poiché son trapassati i giorni e l'ore,
1.447Oggi hai modo di far più ch'altri mai,
1.448E poi forse lontan tu l'averai.
1.449Or che il tempo è miglior, incontro vieni
1.450Al mio famoso re cortese e pia,
1.451E fagli don de' suoi perduti beni
1.452I quai più ritener torto sarìa.
1.453E quelle altre corone, che sostieni
1.454Sovr'al capo real, vie più che pria
1.455Splender vedremo, e tutto il mondo poi
1.456Sotto 'l giogo venir d'ambo due voi.
1.457Ma s'ai primi pensier sei fermo e duro
1.458Dell'altrui ritener con sì gran torto,
1.459Gli anni avrai faticosi, e 'l nome oscuro,
1.460Infinit'il dolor, breve 'l conforto.
1.461A tuoi passi il cammin è mal sicuro,
1.462Che ti fia non che il mar, sospetto il porto;
1.463E chi fa tutto quel ch'al mondo spiace,
1.464Anche spesso addivien che a se non piace.
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