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SCIOLTI.

Rime

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1.1Beati spirti, che su in ciel con Dio
1.2Vedete del natio vostro terreno
1.3E della cara patria alma Fiorenza
1.4La piaga, che pur ier col ferro santo,
1.5E per virtù di un giovinetto lauro,
1.6Sanata parve, or vie più che mai inverma;
1.7Di così lungo mal pietà vi prenda.
1.8Deh rivoltate in la divina mente
1.9Gli occhi, e se lacrimar si puote in cielo,
1.10Deh mostrategli a Dio pregni di pianto.
1.11Mossi a pietà del bel florido nido,
1.12Fatto albergo non più d'alme patrizie,
1.13Ma di feri rapaci avidi lupi
1.14Che non sazi in gran tempo, a divorarne
1.15La carne, il sangue della bella donna
1.16Or con rabbiosa tocca i denti volgono
1.17Per romper l'ossa, e porle al vento in polve.
1.18Scellerati, crudei, rabbiosi mostri
1.19Empi, com'esser può che al tutto spenta
1.20Sie in voi quella pietà paterna, e quella
1.21Carità che spronò gli antichi e saggi
1.22A por per la più cara libertate
1.23Oro, gemme, terren, figliuoli e vita?
1.24E se tal carità non mosse unquanco
1.25Gli animi vostri e i cuor già fatti un marmo,
1.26Degli altrui danni almen vi muova ormai
1.27Il mal grido, e vergogna di voi stessi,
1.28Che non pur Roma, o le latine spoglie
1.29Del vostro vituperio oscure fansi,
1.30Ma la Grecia per voi si turba e duole.
1.31Già veggendo gli Assiri e gli Africani
1.32Oggi di voi più pii, più giusti e santi,
1.33Ditemi, prego, e non s'asconda il vero,
1.34Perch'io son come voi fratello e figlio
1.35Di questa alma città di cui pietoso
1.36Fui sempre, e sono, e poi che sciolta fia
1.37L'alma dal mesto corpo, sarò ancora,
1.38Onde or scrivendo il ver, lacrimo e scrivo.
1.39Ditemi un po', patrizi folli e ciechi,
1.40Per quella verità che in ciel non erra,
1.41Pel sangue nostro che in amor ci unisce
1.42Qual voi contro a natura ognor partite:
1.43Ditemi ormai, e ritirate il morso
1.44Al proprio bene ed alle stesse voglie
1.45Che il più dritto cammin coprendo ingombrano,
1.46E date alla ragion la briglia e il freno.
1.47Non bastav'egli, ohimè! che gli occhi vostri
1.48Visto n'avesser per sì lungo tempo
1.49Dopo 'l quinto girar d'un anno intero.
1.50Sotto le più rapaci avide mani,
1.51Sotto il più crudo cuor, alma efferata,
1.52Sotto il più sanguinoso empio tiranno
1.53Che mai natura producesse in terra,
1.54La città con l'aver, l'onor e l'essere?
1.55Non bastava egli, ohimè! non fôra ei troppo
1.56Aver visto ogni pubblico tesoro
1.57E l'altrui poscia dissipar e spendere
1.58Per saziar ogni sua più ingorda voglia?
1.59E per tener con violenta forza
1.60Con braccio armato e sanguinosa mano
1.61Quel che non era possibil né giusto:
1.62Così votando il suo paterno albergo
1.63Del per altrui sudato argento ed oro
1.64N'empieva ognor quel barbarico seno
1.65Che al suo male operar crescesse il tempo;
1.66Non risguardando perciò far giammai
1.67Né gli altrui danni e noiose ruine,
1.68Né se la toglie ov'è maggior bisogno,
1.69Né se il fil tronca al mercantil lavoro,
1.70O spesso fura agli affamati figli
1.71Il pan con più dolor del vecchio padre
1.72E della più pia madre urla e sospiri.
1.73Né curava quest'empio, e voi 'l vedesti,
1.74Per occupar l'altrui pecunia, rompere
1.75Con rari modi le sacrate nozze
1.76Di vostre figlie, che vergini e caste
1.77Empion le case, ohimè! sendo or più atte,
1.78Pel lungo tempo che piangendo occulte
1.79Son state, a esser gran madri, che spose.
1.80Or con quel grieve duol che il cuor mi punge
1.81Vie più oltre dirò le colpe oscene
1.82Di quest'empio e di sua più vil canaglia
1.83Che gli fu sempre in ogni impresa guida.
1.84Questi spinti da foco e da libidine
1.85Non curâr le civil vergini avere
1.86Più volte a forza, e l'altrui spose oneste,
1.87E quelle ancor che sotto negri panni
1.88Dopo il pianto marito aspettan morte;
1.89Non lassando però le chiuse e sacre,
1.90Poste al servizio del più alto Giove,
1.91E de' lor corpi mille volte e mille
1.92Saziò sue voglie come più gli piacque,
1.93Con tanto disonor, o vil patrizi,
1.94Del casto sangue vostro antico e nobile,
1.95E di quella onestà che in pregio tanto
1.96Ebber quei ch'a voi fur primi e migliori.
1.97Ma voi, già fatti e compagni e fratelli
1.98Al suo tiranneggiar, bramosi d'oro,
1.99Cinti d'ambizïone e di timore
1.100Di non perder la vita, ogni sua gloria
1.101Della vostra città subietta avete,
1.102E comportato quel che l'aspre belve
1.103E crude fere comportar non ponno.
1.104Lasso! non deggio or quinci replicarne
1.105Quanto fusse in costor quel vizio osceno
1.106Per cui già n'arse due città, salvando
1.107Appena un giusto sol Iddio immortale.
1.108Dunque nel tuo giardin, patria mia cara,
1.109Mediante questi errori empi, già secchi
1.110I vaghi fior, le più sant'erbe e i frutti
1.111Che già ti fecer sì famosa e bella
1.112Nel tuo giardin, che pessimi cultori
1.113A forza già ne dierno in preda a quello
1.114Ch'ogni tuo comun ben per proprio volse
1.115Fino agli uccei, le varie fere, e i pesci
1.116Con tormento d'alcun se pur guardava
1.117L'aria, le selve, i fiumi ove nascevano,
1.118Non che ardisse vêr lor spinger la mano.
1.119Così, in te spenta ogni virtute e fede,
1.120L'onor, la gloria, e ciascun tuo tesoro,
1.121La bontà che già al ciel la via ti scorse,
1.122Dipinta eri in lor vece, e fatta adorna
1.123D'ignoranza, di fraude, urla e ruine,
1.124Vergogne, vitupèri e lussi vani,
1.125Stupri, adultèri, sacrilegi, incesti,
1.126Forze, rapine, sangue, e morti orrende
1.127Da far l'abisso non che il ciel pietoso.
1.128Queste son le tue glorie, e pur bastare
1.129Dovriano a chi di te reggeva il freno,
1.130Allor che il valoroso, ardito, e forte
1.131N'aperse dentro la profonda notte
1.132Col giusto ferro il crudo petto e il collo,
1.133E fe di sangue un sì famoso rio,
1.134Che non a Bruto pur la gloria adombra,
1.135Ma a quanti Roma gloriosa fêro,
1.136Costui l'onor a tutti aduggia e copre.
1.137O creato da Dio per opra tale,
1.138O alto ingegno, o virtuoso cuore,
1.139O santa destra, quando fia che mai
1.140Baciarti possa mille volte e mille
1.141Allor che i tuoi trofei fien celebrati
1.142Là dove or dai più rei esul siam fatti,
1.143Da' più rei ch'odian sì quel ferro e l'opra
1.144Che trar di servitute unqua gli possa,
1.145Che non odia così l'avaro il perdere,
1.146Dando gran prezzo all'ostili arme, quali
1.147Sempre gli tenghin schiavi servi abietti,
1.148Acciocché mai i lor canuti velli
1.149Quel che sia libertà veder non deggino.
1.150Come di tanto ben già fatti indegni,
1.151Né perciò dico a voi, patrizi giusti,
1.152Che dentro al cerchio sì vi spiace il male
1.153Che ne vivete lacrimando in doglia,
1.154Ma, per più non poter, ne date loco
1.155A quella forza a cui soggiace il bene.
1.156Gli empi per non veder più chiaro il sole
1.157Del libero splendor ch'era resurto
1.158Al suo vago orïente per quel ferro
1.159Che ne tagliò la mal cresciuta pianta,
1.160Gli occhi serraro, il mal voler saziando
1.161Di quel che il sangue nostro odia non meno
1.162Che già l'odiasse il suo punito padre.
1.163Costui a forza in alto seggio pose
1.164Un certo giovinetto in terra nato
1.165Di quel padre che allor fu il pregio e il vanto
1.166Delle mie più famose italich'armi.
1.167A questo a forza diè titolo e nome
1.168Sol per farlo strumento alle sue voglie,
1.169Bramoso farsi grande appo qualcuno
1.170Che 'l premïasse con tal gloria ed oro
1.171Ch'empier potesse suo appetito ingordo;
1.172E per far questo non si cura vendere,
1.173E tu 'l consenti empio civil collegio,
1.174La città per ischiava, e seco appresso
1.175I suoi più forti e ben muniti lochi
1.176Che non son pur a noi fortezza e scudo,
1.177Ma chiave e porta al bel sito toscano.
1.178Dunque contro a sì rei nefandi casi
1.179Surgi, alto Padre, che nel ciel ti posi,
1.180E con l'occhio divin pietoso e mite
1.181Risguarda omai la tua città che plora
1.182Vedova e serva e d'ogni speme priva,
1.183D'ogni speme e favor d'umane forze.
1.184Solo in tua destra a cui soggiace il cielo,
1.185La terra, il mare, e il più profondo abisso,
1.186Si confida, alto Dio, risguarda, e spera.
1.187Con quei modi, Signor, ch'occhio mortale
1.188Non vede o scuopre natural iudicio,
1.189Abbatti fuora e dentro ogn'inimico
1.190Che occupar vuole il ben libero e sciolto
1.191Della città, che già fiorir facesti,
1.192E farai, se di lei punto ti cale.
1.193Tu che penetri i cuori, alto Signore,
1.194Rompi, ormai rompi ogni volpin disegno;
1.195To' via quei lacci che così la stringono,
1.196Che non puote oramai più dare un crollo:
1.197Surgi, Signore, e sia squarciato e rotto
1.198Quel forte muro, che de' più meschini
1.199Opra, langue, e sudor sì presto crebbe
1.200Per destrurne il più bello antico cerchio.
1.201To' via, Signor, l'insidie, il ferro e il foco,
1.202I perversi pensier, l'avido orgoglio,
1.203E fa' che invece a tanti mal resurga
1.204Il giusto e comun ben, la pace, e sia
1.205Questa all'altre cittadi esempio e guida,
1.206Non più come stat'è favola e scherno.
1.207Di questo priega ogni cuor retto; e voi,
1.208Beati spirti, che su in ciel con Dio
1.209Vedete del natio vostro terreno
1.210E della cara patria alma Fiorenza
1.211Il suo gran male, all'alto tron rivolti
1.212Pregate che pietà lo muova ormai,
1.213Poscia ch'altri per lei non muove in terra.
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