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CANZONE.

Rime

PoeTree.it

1.1Poi che il fero destin dal mondo ha tolto
1.2Quanta dolcezza avea,
1.3E posta in povertà l'umana vita,
1.4Bagni ciò ch'è mortal di pianto il volto;
1.5E l'empia morte rea
1.6Pianger dovria con noi la sua partita,
1.7Ché sì bella e gradita
1.8Non troverà più mai nel mondo preda.
1.9E se non fia chi 'l creda,
1.10Guardi quante ne fur nel mondo e sono,
1.11Che a lei par non vedrà di ch'io ragiono.
1.12Al supremo valor non vedrà pare
1.13Dell'onorata madre
1.14Del gran Gallico Re, che morte ha spenta.
1.15Spenta non già, ché fien pur sempre chiare
1.16Quelle virtù leggiadre
1.17Che l'han guidata a Dio dov'era intenta:
1.18E di lassù contenta
1.19Quinci e quindi sonar l'altero nome
1.20Udirà sempre, e come
1.21Viva si sta quaggiù, con l'alma in cielo
1.22La memoria fra noi, sotterra il velo.
1.23Mentre si gireran dintorno a noi
1.24Fosca la notte, il giorno
1.25Chiaro, ardente l'estate, e freddo il verno,
1.26Mentre cortese il Sol coi raggi suoi
1.27Al dolce aprile adorno
1.28Delle fronde e dei fior darà il governo,
1.29Viverà in terra eterno
1.30Di quest'alma gentil l'invitto onore,
1.31E fia d'ogn'alto core
1.32Per la strada miglior fidata scorta
1.33Da far ben ritrovar del ciel la porta.
1.34Rive, piagge, campagne, boschi e colli
1.35Cui cingon l'Alpi e il Reno,
1.36E fra i gran Pirenei l'Oceano e il figlio,
1.37Tutti pien di dolor, di pianto molli,
1.38Vestite a negro il seno,
1.39Ché a voi si disconvien verde e vermiglio,
1.40E con l'aurato Giglio
1.41Contate al mondo al ciel gli avuti danni
1.42Che per rivolger d'anni
1.43Mal si puôn ristorar, ché tanto bene,
1.44Quanto allor visse in voi, di raro viene.
1.45Raro nasce, o non mai, sì bella pianta
1.46Come fu questa in terra
1.47Che il gran frutto regal prodotto n'àve,
1.48Saggia casta, gentil, pietosa e santa.
1.49Ah ciel, che a noi la serra,
1.50Come il suo dipartir ti fu soave!
1.51Come noioso e grave
1.52A noi che senza lei fuggiam noi stessi!
1.53Alti sospiri e spessi
1.54Sono il conforto che ci lascia omai,
1.55Poi che più non possiam che tragger guai.
1.56Deh porgine, o dolor, lagrime tali
1.57Che agguaglin l'alta piaga
1.58Che n'ha fatta il passar di questa Diva.
1.59Ma, lassi! ove saran che sieno eguali?
1.60Non mortal pianto appaga
1.61Doglia mortal, né fra le stelle arriva.
1.62Or di lauro e d'uliva
1.63Sta coronata in ciel la ben nata alma,
1.64E dell'umana salma
1.65Che ha spogliata quaggiù nïente cura,
1.66E noi lascia dogliosi in vita oscura.
1.67Come fu frale, ohimè! quella dolcezza
1.68Mortal, caduca e breve,
1.69Che ci prestò quaggiù l'eterno Duce!
1.70Misera e fosca età! la tua ricchezza
1.71Siccome al Sol, di neve
1.72Distrutta e guasta in miglior parte luce.
1.73Or ne' cor nostri adduce
1.74Invece, ahi morte! dell'antica speme,
1.75Desir che annoda e preme,
1.76E la lingua, e la voce, e il core ancide,
1.77E più beato fu chi non la vide.
1.78Ma chi mai non la vide udì sì chiaro
1.79Di lei sonar il grido,
1.80Che ovunque scalda il Sol, battè le piume,
1.81Ch'oggi, com'or qui noi, con pianto amaro
1.82Ciascun per ogni lido
1.83Chiama morte crudel c'ha per costume
1.84Ogni più dolce lume
1.85Spegner quaggiù perché s'accenda altrove;
1.86Ché chi governa e muove
1.87La terra e il ciel, l'accoglie al suo gran regno,
1.88Perché il mondo di lui gli pare indegno.
1.89Alma beata che i superni chiostri
1.90Fai di te lieti, e vedi
1.91Quante e quai son queste miserie umane,
1.92Or ti tocchi pietà dei danni nostri,
1.93Che qui n'hai fatti eredi
1.94Di oscuro lagrimar da sera a mane.
1.95Deh! volgi umili e piane
1.96Sopra il figlio regal le luci sante;
1.97S'ei ti fu caro innante,
1.98Or ti fie più che mai scorgendo in esso
1.99Come al perder di te, perde sé stesso.
1.100Deh! digli con amor che più non versi
1.101Pianto e sospiri, ahi lasso!
1.102Né più si doglia omai di tanta pace;
1.103Mostragli, alma gentil, ch'eterni fersi
1.104Per quello estremo passo
1.105I chiari giorni suoi là dove giace
1.106Quel sommo ben verace
1.107Al qual chi dritto va beato aspira,
1.108Là dove angoscia ed ira
1.109Desir, tema e dolor non hanno loco,
1.110E le cure mortai son fumo e gioco.
1.111Ivi nel gran Fattor si scerne aperta
1.112Quella dolcezza intera
1.113Da cui nasce ogni dolce e mai non manca;
1.114Ivi è il vero gioïr, la vita certa
1.115Che per mattino e sera
1.116Non può stato cangiar né il tempo imbianca,
1.117Ché la vecchiezza stanca
1.118Indarno sopra lei sue forze stende.
1.119Ivi si scorge e intende
1.120Che più felice è quel ch'amica sorte
1.121Per più breve cammin conduce a morte.
1.122Canzon, nata di pianto,
1.123Al più gran re che sia n'andrai dolente,
1.124E dirai riverente:
1.125Il soverchio dolersi il ciel annoia;
1.126E chi nasce mortal, convien che muoia.
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