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SELVA DECIMASESTA.

Rime

PoeTree.it

1.1Notturno Dio, che al gran silenzio oscuro
1.2Dal suo terrestre vel l'alma disciogli
1.3E la fai dimorar dove a te piace,
1.4Poi la ritorni al rischiarar del giorno;
1.5Ai miseri mortai dal ciel non venne,
1.6Se conoscesser ben quel che tu vali,
1.7Più bel, più dolce, e più soave pegno
1.8Di te, che tanto puoi quanto t'aggrada.
1.9Tu sol puoi ristorar le membra stanche
1.10E render forza agli affannati spirti,
1.11Che senza il tuo valor sen vanno a morte.
1.12Non può star senza te cosa mortale,
1.13E la natura pur sé stessa ancide,
1.14Senza soccorso aver dal tuo gran regno.
1.15Ma quel ch'è più, tu sol puoi far beato,
1.16E malgrado d'altrui, qual uom più sia
1.17Miseramente da Fortuna oppresso.
1.18Qual scettro, quale onor, qual gemma ed auro,
1.19Son possenti a sgombrar le ardenti cure,
1.20I pungenti desir, l'accesa sete,
1.21Che ci fan travïar dal dritto calle?
1.22Quello è dei servi suoi soggetto e servo
1.23Che ha di segno real le tempie ornate.
1.24Quell'altro ne' trionfi e nelle spoglie
1.25Quanto più in alto va, più d'ora in ora
1.26Gli va in alto il desir, che tanto sale
1.27Che con danno e sudor gli adduce il fine.
1.28Quell'altro in posseder terre e tesori
1.29Pensa sbramar la scellerata fame,
1.30Che più pascendo in noi più pasto agogna.
1.31Non saggio ricordar, non dotto esempio,
1.32Non certa prova pôn mostrarne il vero;
1.33Tal che chi punto sia da questi strali,
1.34Possa al dritto sentier drizzar la mente.
1.35Tu sol puoi richiamar, notturno Dio,
1.36I fallaci pensier dai danni loro,
1.37E riportargli in più sicuro porto
1.38Dal periglioso mar che s'hanno eletto.
1.39Tu, dolce sonno, con tranquillo oblio
1.40Chiudi in un punto le miserie umane.
1.41Non amor, non dolor, non sdegno od ira,
1.42Non speranza, o timor, non povertade,
1.43Non invidia crudel, non mille sproni,
1.44Che senza mai posar ne pungon l'alma,
1.45Posson lor forze oprar nel tuo bel regno.
1.46Tu puoi solo adeguar l'ingiusta lance
1.47D'empia Fortuna, che qui dona e toglie
1.48Senza riguardo aver di tempo o loco.
1.49Sotto il governo tuo son quello stesso,
1.50Il superbo rettor d'arme e d'impero,
1.51E il semplice cultor di piccol orto.
1.52Così felice è quel che viva fuore
1.53D'ogni suo ben, come colui che il goda;
1.54E sovente addivien che fai beato
1.55Coi dolci inganni tuoi chi vive in doglia,
1.56E nel contrario suo contrario mesci.
1.57Ben, lasso! il so, ché mentre qui dimoro
1.58Lunge da' miei desir, s'io fossi privo
1.59Del tuo cortese oprar, polve sarei.
1.60Ben, lasso! il so, ché mi dimostri ognora
1.61Che mi concede il ciel posarmi teco,
1.62Il mio caro tesor ovunque sia.
1.63La bella Pianta mia quand'a te piace
1.64Veggio al mio sospirar dogliosa in vista,
1.65E parlar meco in così dolci note,
1.66Ch'io non ho invidia a chi possegga il vero.
1.67O cara Pianta mia, se voi sapeste
1.68Spesso che largo don mi fa di voi,
1.69Dir non saprei, qual più si fosse allora
1.70O il vostro alto disdegno o il mio diletto.
1.71Ben giuro a voi per gli onorati rami
1.72C'hanno in le frondi sue tutto il mio bene,
1.73Ch'io non l'oso pensar, non che ridire,
1.74Così m'estimo a tanta altezza indegno.
1.75Pur ne ringrazio il Sonno, e spesso il prego
1.76Che mi riduca a tal, ch'io veggia come
1.77Il bello Endimïon fu già beato.
1.78Poi ripensando a voi, tanta m'assale
1.79Riverenza e timor, che ben vorrei
1.80Potermi ripentir; ma s'egli è fallo,
1.81Accusatene Amor, che, a dirne il vero,
1.82Nuovo desir, non penitenza adduce.
1.83Almo notturno Dio, chi non t'adora,
1.84Chi non ti brama ognor, ben torto vede
1.85E mal sa ragionar dei frutti tuoi.
1.86Corregga pur chi può cittadi e imperi,
1.87Conduca pur chi può l'armate squadre,
1.88Cerchi chi vuol che sia natura e il cielo,
1.89Aduni pur chi vuol gemme e tesori,
1.90Che s'io ti debbo odiar, sian da me lunge
1.91Regni, trionfi, onor, ricchezze, e quanto
1.92Il vulgo infermo scioccamente agogna.
1.93Né pur vorrei della mia intera etade
1.94Donarti il mezzo, anzi i miei giorni ancora
1.95Teco partir, non pur le notti sole.
1.96Taccia chi te fratel di morte estima;
1.97Che s'ei sapesse il ver, direbbe meco
1.98O che vita immortal sia tua sorella,
1.99O che dolce è morir più d'altra vita!
1.100Che può di più donar nei lieti campi,
1.101Ove chi vuol andar trapassa Lete,
1.102Giove a color che gli onorati ingegni
1.103Drizzâr vivendo a glorïosa lode?
1.104Che può di più sentir l'invitto Alcide,
1.105Che di più il forte che dintorno a Troia
1.106Fece più sol che tutti gli altri insieme?
1.107Non han tanta laggiù dolcezza e pace
1.108Anchise e il figlio, e chi solcando il mare
1.109Fece troppo aspettar la casta sposa,
1.110Quant'io talor che mi dimoro teco,
1.111Sonno gentil, che mi ritogli a morte,
1.112E mi conduci a più tranquilla vita,
1.113Che si possa gustar la notte almeno.
1.114Ivi non han poter gli sdegni e l'ire;
1.115Non l'altere sembianze, e il crudo orgoglio,
1.116Ligura Pianta mia, c'han fatto spesso
1.117L'ardenti voglie in me di ghiaccio e pietra.
1.118Ivi non mi pôn tôr montagne e fiumi
1.119Il voi sempre mirar, né forza avete,
1.120O superbo Appennin, Varo, e Durenza,
1.121Di furar tanto bene agli occhi miei.
1.122Né mi convien, per ritrovarla, gire
1.123Tutto il liguro mar cercando e il gallo
1.124Con mio tanto sudor, tempo e periglio;
1.125Ch'ivi un momento sol mi porta a lei,
1.126E là mi fa sentir quanto io più bramo.
1.127Notturno Dio, così durasse eterno
1.128L'esser con teco, e mai non fosse l'alba,
1.129O tu del Sol non paventassi i raggi,
1.130Com'io stando lontan, te solo adoro,
1.131Te sol chiamo ad ognor, te vorrei solo
1.132Aver compagno a' miei tormenti, e guida,
1.133Fin che m'adduca il ciel dove Durenza
1.134Di quel ch'io piango qui s'allegra in seno.
1.135Ma s'io la veggio un dì, ti prego allora
1.136Che mi torni aspettar tra l'onde d'Arno,
1.137Ché quand'io sono ov'è la Pianta mia,
1.138Chi mi chiude il veder, m'ancide e strugge.
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