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SELVA DECIMAQUINTA.

Rime

PoeTree.it

1.1Lasciate, alme sorelle, il sacro monte
1.2Del bel vostro Parnaso, e i lauri e i mirti
1.3Che tien dintorno alle famose tempie;
1.4Lasciate il fiumicel, che le chiare acque
1.5Sparge rigando l'onorate rive
1.6C'hanno al più freddo ciel l'erbette e i fiori;
1.7Lasciate lunge star chi Smirne adora,
1.8E 'l chiaro Mantovan che con lui giostra,
1.9E 'l mio gran Fiorentin che Italia illustra;
1.10Venite or meco ove Durenza e Larco
1.11Bagnan fuggendo il più beato seggio
1.12Che l'arabico sen vedesse o l'indo.
1.13Ivi ritroverem la Pianta mia,
1.14Che nel vago giardin soletta stassi,
1.15E dolcemente ognor tra l'aure muove
1.16Con sì dolce armonia sì dolci rime,
1.17Che nulla son quante n'udiste ancora.
1.18Ella chiama talor, talor si lagna
1.19Del crudo verno rio che le tien lunge
1.20Il suo t¢sco cultor, che ovunque vada
1.21Altro non sa pensar che farle onore;
1.22Il suo t¢sco cultor, che all'ombra e al giorno,
1.23Benché di rozzo stil, quantunque ei sia,
1.24Sol desia d'innalzar le frondi e i rami,
1.25Che volin sopra il ciel, stendan l'odore
1.26Ovunque alluma il Sol, la notte affosca.
1.27Ella teme talor, talora spera,
1.28Talor si sdegna che l'altera cima
1.29A sì bassi pensier lo sguardo inchini;
1.30E drizza al suo Fattor la mente in alto
1.31D'ogni gloria mortal selvaggia e schiva.
1.32Poi ritorna a pensar, che amore e fede
1.33Tengon nel suo cultor sì caro albergo,
1.34Che la sua indegnità far degna ponno
1.35Di ricovrar da lei qualche sospiro.
1.36E dice seco allor: Come io vorrei
1.37Poter del ciel cangiar le usate tempre,
1.38E far sì col pregar, che Febo andasse
1.39Secondo i miei desir movendo il piede
1.40A riportarne il mio amoroso aprile
1.41Che qui render mi dee la tosca cetra,
1.42E poi far sì che si fermasse il tempo!
1.43Anima non ha il ciel così contenta,
1.44Quant'io sarei quel dì, cangiando un'ora
1.45In così lieto il mio doglioso stato.
1.46Quinci parla coi venti: In questa notte,
1.47Euro, che in Arno dolcemente spiri,
1.48E poi qui torni a riveder Durenza,
1.49Cerca, ti prego, il bel fiorito nido
1.50Che tien de' miei pensier l'oggetto in seno.
1.51Digli quante or per lui pene sostegno
1.52Dopo il suo dipartir di giorno in giorno,
1.53Chiamando al mio sperar soccorso omai.
1.54Deh! se mai t'aggradar dell'Indo l'acque,
1.55Vento famoso e dell'Aurora amante,
1.56Del suo dubbio restar novelle apporta
1.57Poi ch'altro messagger mi vieta il cielo,
1.58E sì pigra è per me la penna tosca.
1.59Nessun pensi trovar più in terra fede,
1.60Poiché non è in colui ch'io già pensava
1.61Che non avesse il ciel prodotto unquanco
1.62Di virtù, di valor più chiaro nido.
1.63Deh! come indarno e con mia doglia sento
1.64Quanto possa ingannar soverchio amore,
1.65E dolce ragionar d'alma gradita!
1.66Quanto fui lunge al ver, mentre io pensai
1.67Che tal raggio d'onor nel sen gli ardesse,
1.68Ch'ivi a nuovo peccar non fosse loco!
1.69Or veggio, ohimè! quante menzogne e frodi
1.70Fûro al mio travagliar dannose scorte;
1.71Onde levando al ciel la mente inferma,
1.72A quel sommo Fattor, che mai non erra
1.73E che al ben nostro oprar dà giusto merto,
1.74I divoti pensier drizzo e la spene.
1.75Ei sol può ristorar gli avuti danni,
1.76Col santo cibo suo, che mai non manca;
1.77E tu, ingrato cultor, prendi altro stile.
1.78Così sfogando il duol l'alma mia Pianta
1.79Preda spesso divien d'ira e di sdegno.
1.80Poi rivolgendo il cor nei tempi andati,
1.81In cui nel suo cultor giammai non vide
1.82Se non di vero amor saldezza e fede,
1.83Ben si ripente allor, ben dice allora:
1.84Altra nuova cagion mel tien lontano,
1.85Altra nuova cagion tarda il suo stile,
1.86Che rigate per lui non veggio carte
1.87Onde il duro temer da me dispoglie.
1.88Creder non posso, e s'io 'l vedessi ancora,
1.89Ch'altra Pianta giammai, ch'altro pensiero
1.90Adombri, e ingombri la mia tosca cetra,
1.91Che non torni a cantar tra l'onde meco.
1.92O santo giorno, che quel dolce aprile
1.93Tornar mi dêi che qui tornar mi deve
1.94Il buon sostegno mio, vien tosto omai;
1.95Forse non fosti ancor chiamato al mondo
1.96Dal gelato terren, dai boschi ignudi,
1.97Quanto or da me che per te solo ho speme
1.98Di tosto rivestir diletto e gioia,
1.99D'ornar di rose e fior l'almo giardino
1.100Ch'è senza il suo cultor ripien di spine,
1.101E che in riso e piacer si volga il pianto.
1.102Vien, santo giorno, vien, ché a te ti serva
1.103Il far d'inferno un nuovo paradiso,
1.104Se qui riduci quel ch'io bramo solo,
1.105E che, s'ei disse il ver, me sola adora.
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