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SELVA DECIMA.

Rime

PoeTree.it

1.1Non posso ben questa mia stanca voce
1.2Tanto ancora affrenar, che fine imponga
1.3Al doglioso parlar dei danni miei.
1.4Deh! come or so, che se medesmo inganna,
1.5Glorïoso mio Re, chi folle crede
1.6Potersi a suo voler dal pianto tôrre,
1.7Ch'aggia dura cagion com'è la mia.
1.8Vedete or voi che quell'antica tema
1.9Di non offender voi più che me stesso,
1.10Quello acceso desir d'esservi caro
1.11E di tôrvi dal cor travaglio e noia,
1.12La data fe di por silenzio omai,
1.13Non mi pôn ritener dal dir con voi,
1.14Piangendo pur, quel che sovente ascolto
1.15Del Buondelmonte mio la notte e il giorno.
1.16E il dirò pur; ma se il dovuto varco,
1.17Voi già lontano al suo fiorito nido
1.18Lo conosceste allor, che, spinti a forza
1.19Dal nativo terren, con tanto amore
1.20Fummo, signor, sì caramente accolti
1.21Sotto l'ombra da voi de' gigli vostri;
1.22E vi può sovvenir quant'oggi sia
1.23Scusa onorata al mio fallir con voi,
1.24E ragionar di lui, che in cielo ascolta.
1.25Se doglioso talor la penna prendo
1.26Per dispiegare altri pensieri in carta,
1.27Mi vien davanti, e dice: Ascolta, e scrivi
1.28Quant'io ti détto, e dal mio dire apprendi
1.29Come spender dovrai quel tempo dato
1.30Al tuo viver quaggiù noioso e fosco.
1.31E se dopo al morir si vive ancora,
1.32Per quell'amor che ne congiunse in vita,
1.33Prego che fuor d'ogni comun vïaggio
1.34Ti metta nel cammin ch'io prendo a dirti.
1.35Drizza la mente in prima a quello eterno
1.36Alto Fattor che l'universo regge;
1.37Dal cui santo valor si muove e spira
1.38Quanto contiene il ciel, la terra e l'acque.
1.39Prendi certezza in te, che mai non more
1.40L'alma, che lasci il suo terrestre velo;
1.41Ma venga in parte, ove dipinto trove
1.42Il bene e il mal della passata vita,
1.43Onde poi ne riporti o premio o pena,
1.44Come piace a chi 'l può, secondo i merti.
1.45T¢rniti spesso in mente, ch'ei ne ha fatti
1.46Di poca terra, e somiglianti a lui,
1.47E ne concede il Ciel cui ben l'acquista.
1.48Volgi ogni tuo desir, ferma ogni speme,
1.49Che ti conduca al porto, in costui solo
1.50Timon, stella e nocchier del nostro mare.
1.51Solo in onor di lui dal suo gran nome
1.52Prendi ogni impresa pur che giusta sia,
1.53Ché perir non può mai chi l'ha per guida.
1.54Non l'altrui crudeltà, non quanti sono
1.55Danni e perigli in questa parte e in quella,
1.56Ti tolgan dal ben far, ché chi l'ha seco
1.57Può sicuro solcar l'irato mare,
1.58Calcar sicuro il basilisco e l'aspe,
1.59Al serpente e 'l leon domar l'orgoglio.
1.60Dunque tutto in costui prima t'accogli,
1.61Grazie rendendo, che t'ha fatto tale.
1.62Poi, seguendo il cammin ch'ei n'ha dimostro,
1.63Ama il tuo buon vicin come te stesso;
1.64Né men cerca l'altrui, che il proprio bene:
1.65E di quanto è quaggiù sopra ogni cosa
1.66Ama il patrio terren, quel nido antico
1.67In cui movesti il piè non fermo ancora.
1.68Pensa, che spender dèi, quand'uopo vegna,
1.69Quanto puoi posseder, la vita stessa,
1.70Per conservargli onor, per dargli pace.
1.71E in tutto quel ch'avrai travaglio e pena
1.72Muovati il vero amor che a lui si deve,
1.73Non vil guadagno, o vil desio d'onore,
1.74Che ci fan travïar dal dritto calle.
1.75Che val, folli, quaggiù quel fumo e pompa
1.76D'avanzare il vicin di forza e stato,
1.77Se sotto giogo altrui la patria giace?
1.78Che val l'esser tra voi signore e duce,
1.79Se poi nel popol tuo, ne' tuoi più cari
1.80Vedi colmi i pensier d'odio e di tema?
1.81Quant'è più bel, quant'è più dolce onore,
1.82Nella sua libertà con sangue e morte
1.83Dritte tener le sacrosante insegne!
1.84Quant'è beato sopr'ogn'altro impero
1.85L'esser di quel, che nel privato albergo
1.86Può le piaghe mostrar, narrare i danni
1.87Sofferti intorno alle onorate mura
1.88Del nido suo, per riportarlo in vita!
1.89Non può tutto l'aver di Dario e Creso,
1.90Non quante ebbe ricchezze e l'Indo e il Tago
1.91Potrian parte agguagliar di quel che sente
1.92Piacer colui, che in solitaria parte
1.93Dopo un ben lungo oprar negletto giace
1.94In chiara povertà, dagli anni stanco.
1.95Pensa la turba vil che sia menzogna
1.96Quel ch'io ti narro, che più là non vede.
1.97Ma s'aggiungesse il suo veder tant'alto,
1.98Che comprender sapesse i bei pensieri
1.99Che un generoso cor dentro a sé pasce,
1.100Meco direbbe allor ch'io dissi il vero.
1.101Ch'altro premio più bel, ch'altro tesoro
1.102Può l'uomo aver di suo sudore e sangue,
1.103Che seco indietro rimirar talora
1.104Con l'occhio del pensier l'opre sue rare?
1.105E ragionar tra sé: Non pompe, o regni,
1.106Fur guida ai passi miei, ma il vero bene,
1.107Che vender non si dee: ricchezze, o stato
1.108Quanto la terra e 'l mar circonda e bagna,
1.109Soggiace al tempo, e di fortuna è preda.
1.110Sol l'intera bontà, che in noi si trove,
1.111Supera il ciel, non pur l'umane tempre,
1.112Tanto al suo gran fattor più s'assomiglia.
1.113Che di più sente chi superbo viva
1.114Nei gran palazzi, e riverir si deggia
1.115Dalla vil turba che dintorno regna?
1.116Che di più sente chi d'argento e d'oro
1.117E di perle e di gemme ornato vada,
1.118Né pur degni mirar la seta e l'ostro?
1.119Che di più sente chi la mensa ingombri
1.120Di cibi peregrin di tanto pregio,
1.121Che quanto mangia ei sol, nutrisse un regno?
1.122Questo tutto non val, quanto una dramma
1.123Del vero onor che da virtù proceda.
1.124Disprezza tutto quel che il vulgo apprezza,
1.125Se quaggiù vuoi trovar quïete e pace,
1.126E lassù posseder l'eterna vita:
1.127E quanto poi del dì tempo t'avanza
1.128Dal bene oprar per la tua patria e madre,
1.129Nol voler consumar tra cose vane,
1.130In lascivi pensier, c'han forza in loro
1.131D'ammorzar di virtù l'acceso raggio,
1.132E dal sommo del ciel tirarne in basso.
1.133Volgi la mente a ricercar tra noi
1.134Le carte antiche e gli onorati inchiostri,
1.135Al bel vïaggio tuo sostegno e lume.
1.136Or come giri il Sol, com'Austro spiri,
1.137Perché ha piogge l'autunno, e ghiaccio il verno,
1.138Onde han l'erbe le rive, i monti l'acque.
1.139Parla, leggi, argomenta, pensa e scrivi.
1.140Ma più ch'in altro, poi l'ore dispensa
1.141In chi descrisse in sì mirabil tempre
1.142Alla vita civil costumi e leggi;
1.143In chi dipinse poi col dotto stile
1.144Nei miglior tempi andati i fatti illustri;
1.145E con quei t'assomiglia, in quei ti specchia,
1.146Di quei produci ognor gli esempli innanti
1.147A' tuoi buon cittadin, che troppo vanno,
1.148E perdoninmi i più, col cor di ghiaccio
1.149A fabbricar tra voi quell'arme sole
1.150Che vi pôn mantener la vita eterna,
1.151Senza, forse, le quai vedrasse un giorno
1.152(E così non sia il ver, com'io mel credo)
1.153La nuova libertà di neve al sole.
1.154Non restar dunque tu per tempo mai
1.155Di ricordarlo a lor, quantunque indarno;
1.156E fa pur sì, che penitenza poi
1.157Non ti sia doppio duol, venuto il danno:
1.158Or per ridurti i miei ricordi in breve,
1.159I quai mi detta amor che mai non muore,
1.160Non temer povertà, fatiche e morte,
1.161Per non lasciar la via che al ciel conduce.
1.162Rèstati in pace. E così detto riede
1.163Lieto nel ciel tra i glorïosi spirti,
1.164Io mi rimango allor doglioso e solo.
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