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SELVA OTTAVA.

Rime

PoeTree.it

1.1Oh come nel pensier sovente avviene
1.2Ch'altri più del dover sue forze estima!
1.3E s'alcun fu giammai, son io quell'uno.
1.4Ier che così pensai, promisi a voi,
1.5Ligura Pianta mia, che la mia cetra,
1.6Per non rinnovellar più doglia in voi,
1.7Dispoglierìa da sé l'ammanto negro;
1.8Ma, lasso! al disegnar diversa è l'opra;
1.9Ch'oggi tornar convien tra i vostri rami
1.10A ragionar di quel che pur m'ancide,
1.11Del Buondelmonte mio, che notte e giorno
1.12Ha fatto del mio cor suo fido albergo,
1.13Né si parte indi, ed io scacciar nol voglio;
1.14Anzi partendo lo richiamo e prego
1.15Che non mi lasci così morto almeno,
1.16Poiché a me morte, a lui la vita è tolta.
1.17E dolcemente ognor meco ragiona
1.18Del ben ch'egli ha lassù; poscia a pietade
1.19Del nostro invano oprar si muove, e piange
1.20Il veder corto delle menti umane
1.21Che più credon saper dove men sanno.
1.22Poscia rivolge gli occhi al suo bel nido,
1.23E dice: Or come sei, chiara Fiorenza,
1.24E quinci e quindi combattuta e stanca
1.25In tempestoso mar da feri venti!
1.26Tien pur ferma la vista alle due stelle
1.27Di giustizia e d'onor, pensando in breve
1.28Veder più che ancor mai sereno il cielo.
1.29Deh! perché non poss'io con gli altri insieme
1.30Nel gran bisogno tuo porger la mano
1.31Alle sarte e al timon, dov'è mestiero?
1.32Quinci si tace: e sospirando alquanto
1.33Mi guarda e dice: Poi che il ciel m'ha tolto
1.34Il poterle narrar quanti già vidi
1.35Al mantenerla in piè sostegni e guide
1.36Da condurla al cammin che in alto poggia,
1.37E quante or di qua su scritte ritrovo
1.38Nel santo libro che fallir non puote
1.39Sentenze e modi al riportarla al varco
1.40Ove allor traviò di sua salute;
1.41Per la tua lingua almen le sia palese,
1.42Se non ti ritien già temenza e freno
1.43Di non offender quei ch'aggian men cura
1.44Al gran pubblico ben che al proprio istesso;
1.45O pur di quei che al sentier cieco adduca
1.46Sdegno, invidia e furor, non libertade;
1.47O d'altri, che al coprir le stesse colpe
1.48E più d'ogn'uom mostrar giustizia e fede,
1.49Col troppo incrudelir si fanno strada.
1.50Ma te, ch'io vidi tal quando era in vita
1.51Né con l'alma o col piè da te partiva,
1.52E più il veggio or che i tuoi pensieri scerno,
1.53So ben che nulla mai speranza o tema
1.54Potrebbon ritardar dai detti e l'opre
1.55Che portassero onor nel tuo bel nido.
1.56Dunque dirai: Quel che t'amò già tanto,
1.57E così morto ancor più sempre t'ama,
1.58Alma Fiorenza, ti ricorda e prega
1.59Che l'alta grazia che ti ha data il Cielo
1.60Della tua libertà, da Dio conosca,
1.61E riverente ognor grazia gli renda
1.62Ch'oltra ogni tuo sperar t'ha fatta tale.
1.63E ti sovvenga poi con detti ed opre
1.64Non ti mostrar disconoscente e ingrata;
1.65Ché non converta in te quell'ira antica
1.66Che a forza ti condusse all'aspro giogo.
1.67Il passato fallir perdon ritrove:
1.68Tra i dolci figli tuoi sia posto in bando
1.69Ogn'odio, ogni furor del tempo addietro,
1.70E siati in mente che al peccar si deve
1.71Dar luogo in parte che ammendar si possa.
1.72E più che al vendicar, rivolgi il core
1.73Rigidamente al preparar fra noi
1.74Che nei futuri error tal pena caggia,
1.75Che primo sia di chi vien dopo esempio.
1.76Che se tutte vorrai le colpe antiche
1.77Gir ricercando, non avran mai fine,
1.78E farai forse un dì come altre tante
1.79Ville dintorno a te, che a poco a poco
1.80Han di giustizia il sacrosanto nome
1.81In vendette tra lor converso e in rabbia.
1.82Volgi, dico, la mente a tesser tante
1.83Reti e lacciuoi nelle altrui torte voglie,
1.84Ch'altro nuovo fallir non aggia loco.
1.85E il tempo andato in così dolce oblio
1.86Va' dimettendo, che non sappia il mondo
1.87Qual sei più da chiamar pietosa o giusta;
1.88Né dar l'orecchie a chi sovente dica
1.89Che il molto incrudelir terrore apporta,
1.90E ritrae dal mal far le menti inique.
1.91Questo è ben ver, ma nel presente solo,
1.92E dove pochi sian comuni al fallo:
1.93Ma poi che corsi son tanti anni e lustri
1.94Fra così vari error, fra tanti e tali
1.95Ove forse Giustizia errar potrebbe,
1.96L'onda sol di pietà lavi ogni colpa.
1.97Riforma i tuoi pensier, fa' che sian vôlti
1.98Sempre al pubblico ben più che a se stessi,
1.99Se brami onor quaggiù, riposo e pace.
1.100Tien pure in mente, che se il tutto gode,
1.101Godon le parti, e no 'l contrario avviene.
1.102Non trovin nel tuo sen più degno seggio
1.103Che virtù, che bontà, le gemme e l'oro.
1.104Non si metta in cammin con altro sprone
1.105Il chiaro popol tuo, se in alto tende,
1.106Che del simplice onor, del bene istesso.
1.107Il soverchio bramar di regno e d'auro
1.108Ben ti mostra un sentier che par che monte,
1.109Poi trova in cima una profonda valle
1.110Ove più basso va chi più s'affretta.
1.111La virtù vera per sassoso ed erto,
1.112Duro allo incominciar, silvestre calle,
1.113Ti mena all'alto: e poi di giorno in giorno,
1.114Di passo in passo più soave e piano
1.115Al bel monte t'adduce, in cui si coglie
1.116Vero onor, vero ben, salute e pace.
1.117Prendi questo sentier, chiara Fiorenza,
1.118Né cieco ricercar proprie ricchezze
1.119Ti faccia travïar dal bel lavoro.
1.120Apri gli occhi, orba, e ti riguarda in seno,
1.121E vedrai ben quante fatiche indarno
1.122Prendi ad ognor per adunar tesoro,
1.123Che un sol momento poi da te dispoglia.
1.124A che giova solcar questo e quel seno,
1.125E riportar di questa e quella parte
1.126Merci, che nulla son che fumo e pompe?
1.127Non si potrian nutrir teco i tuoi figli,
1.128Se l'estrema Bretagna o il lito ispano
1.129Non ti mandasser de' tuoi greggi il vello?
1.130Or non han tanti le tue valli intorno
1.131Che senza pur aver quel dolce e molle
1.132Che al tuo Sardanap l fu troppo caro,
1.133Ti sapran ricoprir la pioggia e il gelo?
1.134A che lo andar con tal periglio e pena
1.135Per riportarne poi dal Gange e l'Indo
1.136I drappi peregrin, le sete e l'oro,
1.137O del vermiglio mar le gemme e l'ostro?
1.138A che il tuo visitar paesi estrani
1.139Per riportarci odor, cibi e costume
1.140Che ogni maschio pensier dal petto toglia?
1.141Come più bel sarìa godersi il frutto
1.142Del natio seme suo tra il legno e il vetro,
1.143E in pover panni dentro i bassi alberghi
1.144I tuoi pochi confin tener sicuri!
1.145A che giova l'aver merci lontane?
1.146A che pur giova la caviglia e il fuso?
1.147A che lo argento tuo che tanto pregi?
1.148O cieca, o stolta, se veder nol vuoi!
1.149Questa è sol la cagion che ogn'anno adduce
1.150Nel tuo chiaro terren l'aspro e rapace
1.151Per divorarti barbaresco stuolo.
1.152Questo è cagion che in quante guerre e liti
1.153Sian tra il Gallo e l'Ispan, tu sola deggia
1.154Portar del peso lor la più gran parte:
1.155Non son tue, no, quante ricchezze e stato
1.156T'acquisti e cerchi, che poi son del primo
1.157Che sopra il corpo tuo mostri la spada.
1.158A che dunque ten vai la notte e 'l giorno,
1.159Sol per altri arricchir, prendendo pena?
1.160Non vedi ben che ti convien seguire
1.161Non chi più nel tuo ben volga il pensiero,
1.162Ma colui, lassa! sol che si ritrove
1.163Più di tue merci e de' tuoi figli in pegno?
1.164Come puoi ritrovar consiglio fido
1.165In quel, che sempre tra speranza e tema,
1.166Pria che altero parlar la lingua scioglia,
1.167Disegna seco il suo, poscia il tuo bene?
1.168Lascia il folle desir d'aver ricchezze
1.169Sì mal fondate, che in un giorno solo
1.170Per breve altrui poter sotterra vanno.
1.171Queste tue false colpe, il viver molle
1.172Da te discaccia, che più bel tesoro
1.173Non puoi trovarti che sicura vita
1.174Per poco desïar contenta e parca.
1.175Volgi la mente omai nel tempo andato
1.176E ti riforma in sullo antico esempio
1.177Quando vie più che l'oro il ferro amasti.
1.178Prendi omai, prendi l'onorata spada:
1.179Spieghinsi al ciel queste vermiglie insegne:
1.180Che il santo Giglio tuo si svegli omai.
1.181La bella gioventù che in te fiorisce
1.182Più ch'altra mai, dalla caviglia e 'l fuso
1.183Volga l'ingegno al marzïal lavoro.
1.184Alla man femminil l'impresa lasci
1.185Che troppo seco stima, e il braccio stenda
1.186A chi tanto onorò già Sparta e Roma.
1.187Cingiti l'arme, e ti vergogna omai
1.188Ch'esercito venal da lunge vegna
1.189Per difender te stessa e i tuoi confini,
1.190Mentre nell'ozio annighittisci e dormi.
1.191Rivesti, o pigra, il primo alto valore,
1.192Ch'oggi avaro pensier da te dispoglia.
1.193E ti sovvenga, che n'è tempo omai,
1.194Che il bel t¢sco terren che a te s'inchina
1.195Solo ebbe ardir di contrastar con Roma,
1.196E forza a riportar vittoria e spoglie.
1.197Torniti a mente omai che fuggon gli anni,
1.198Né come or sempre luogo e tempo avrai.
1.199Dunque ti accingi all'onorata impresa,
1.200Ritorna a Marte che ti può dar solo
1.201Sicurtà, vita, onor, salute e pace.
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