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SELVA SETTIMA.

Rime

PoeTree.it

1.1Poiché nuovo dolor quaggiù m'invola
1.2Dal ragionar con voi, gran re de' Franchi,
1.3In così dolce stil, com'io soleva,
1.4Non vi sia, prego, il perdonarmi a sdegno,
1.5E l'ascoltar quanto profonda piaga
1.6Sostenni il dì che fui per morte privo
1.7Del più caro tesor ch'Arno e Mugnone
1.8Chiudesse intorno alle sue verdi rive.
1.9Glorïoso mio re, so ben che in voi
1.10Tanta del mio languir verrà pietate,
1.11Che non cadran le mie dolenti note
1.12Senza lagrime aver dai vostri lumi:
1.13E s'oltra ogni dover crudo divegno
1.14In ricercar costì pianto e sospiri
1.15In chi bramar dovrei diletto e gioia,
1.16Scusimi il troppo amor, la troppa doglia,
1.17Che dove io men vorrei m'adducon, tale
1.18Ch'io non so ben ridir che più m'aggrade.
1.19Questo so pur, che al mio diletto e vero
1.20Di virtù, di valor, d'onore albergo,
1.21Al mio Zanobi, al mio più chiaro frutto
1.22Del miglior seme che Toscana porte,
1.23Non si convien trovar men nobil pianto,
1.24Spirto Real, né da men chiare luci
1.25Che son le vostre, che qui fanno esempio
1.26Di quell'alta virtù che adorna il cielo.
1.27Non siate adunque de' suoi merti avaro
1.28A lui, né sordo al vostro servo fido,
1.29Ch'or qui rimaso in sì devoti preghi
1.30Sol ricerca da voi pianto e sospiri,
1.31Per onorarne in terra il suo bel nome.
1.32Giri il Sol quanto sa mille e mill'anni,
1.33Morte crudel, ché non ti resta al mondo
1.34Da far di noi mai più sì ricca preda,
1.35Né riportar tant'onorata palma
1.36Quanto fu quella, ohimè! perch'io più bramo
1.37Oggi l'insegne tue, ch'eterna vita.
1.38Arno mio chiaro, e voi, campagne tosche,
1.39Ben potete saper se il ver ne dico:
1.40Ché tal meco ad ognor doglia n'avrete,
1.41Qual già n'aveste, mentre visse, spene.
1.42Ah crudo ciel, che già sì largo desti
1.43Al nostro almo giardin sì raro germe,
1.44Come oggi avaro ai gran bisogni altrui
1.45Nel suo più bel fiorir tolto ne l'hai!
1.46Ben fu sorda pietà dentro 'l tuo seno
1.47A non sentir le dolorose note
1.48Di chi serra il Tirren, la Magra e 'l Tebro.
1.49Le divote preghiere indarno usciro
1.50Al suo duro partir dal tosco fiume,
1.51Che sì lieto si fea del suo ritorno.
1.52Oh desir ciechi delle umane menti,
1.53Come contrario fin sovente avete
1.54Dal vostro disegnar, che torto cade!
1.55A che mai domandar cosa terrena,
1.56Se tolto n'è il veder che giova, o nuoce?
1.57Cinque fïate avea scaldato Apollo
1.58I due gran figli che produsse Leda,
1.59Dall'empio dì che l'altrui rabbia mosse
1.60Dal campo suo quest'onorato germe.
1.61E voi con quanto amor, con quanta sete
1.62Lo richiamaste ognor, campagne tosche,
1.63Perché tornasse in voi! né giunto appena,
1.64Per mai non ritornar, partì da voi.
1.65Ove or son, lasse! gli alti, onesti e rari
1.66Pensier nodriti da sì nobil alma,
1.67Da far voi divenir nel mondo eterne?
1.68Ove i consigli, ove i conforti chiari,
1.69Che vi spingean per sì lodate strade?
1.70Ov'è l'amor, che vi portò già tale,
1.71Che mille volte, ohimè! la vita stessa
1.72Sprezzò per voi, che pur vi diede alfine?
1.73Non cortese pastor verso 'l suo gregge,
1.74Non madre pia col suo diletto figlio
1.75Di tanta carità si vede accesa,
1.76Com'ei fu sempre colla patria e madre.
1.77Se il giorno che costui nel mondo venne
1.78Avesse al nascer suo portato in voi
1.79Tanto favor del ciel, quanta bontade,
1.80Ben saresti, Arno mio, fratel del Tebro.
1.81Non ben fermo premea la terra ancora,
1.82Che del natìo valor tal segno dava,
1.83Che i vecchi infermi ognor, le stanche madri
1.84Dicean: Questi è colui che debbe alzare
1.85Fin sopra 'l ciel questa futura etate.
1.86Oh beato colui che vedrà 'l frutto
1.87Di sì buon seme, se nol tronca morte;
1.88Morte che sempre se ne porta il meglio.
1.89Non mai dal fido can lupo rapace
1.90Fu con tant'odio perseguìto in caccia,
1.91Com'ei, dal dì che poteo scior la lingua,
1.92Tutto il torto operar biasmando morse,
1.93Senza nulla d'altrui speranza o tema,
1.94Fin che in più ferma età visto in alcuni
1.95Ardor, fede, valor pari a se stesso,
1.96S'accinse, ahi lasso! all'onorata impresa,
1.97Ove di noi restò la miglior parte:
1.98Ché così spesso vuol fortuna, a cui
1.99Sono i gran fatti tortamente a sdegno,
1.100E sol cerca aiutar la gente iniqua.
1.101Non pompa, o vano onor, tesoro o stato
1.102Ebber forza a piegar l'altera mente
1.103Dal verace sentier di libertate.
1.104Alma felice, e sovr'ogn'altra chiara,
1.105Che dentro i sette colli unqua nascesse,
1.106Che fuor traesti l'onorata spada
1.107Contr'a colui che al tuo famoso nido
1.108Fuor del dover furò lo scettro e 'l freno
1.109Per dimostrar che degnamente avesti
1.110Di Bruto il nome, e di Caton la figlia;
1.111Forse non fu, poi che lasciasti il mondo,
1.112Più bello imitator de' tuoi gran fatti,
1.113Di quel ch'io piangerò la notte e 'l giorno.
1.114E se ben fu la tua più degna impresa
1.115E con fato miglior condotta al fine,
1.116Ch'altro poteo, se 'l Ciel di più non volle?
1.117E se non fu per lui Fiorenza Roma,
1.118Non cresce o scema il buon voler fortuna.
1.119Poi quanto al suo valor valore aggiunse
1.120Il dotto ricercar l'antiche stampe,
1.121Per riformar tra noi leggi e costumi!
1.122Ben lo potean saper Licurgo e Numa,
1.123Ch'ebbe sempre al suo gir maestri e duci;
1.124Ben lo potean saper quanti mai vide
1.125La Grecia e il Lazio, che mostrasser via
1.126Alla vita civil di pace o d'arme.
1.127Né fûro i detti lor men noti a lui,
1.128Che la stella al nocchier, la madre al figlio,
1.129Che al buon pastor la pecorella e 'l cane,
1.130O che al vecchio monton la mandra e 'l prato.
1.131Non basta al vero onor, chiara Fiorenza,
1.132L'aver tolto da te l'indegno giogo,
1.133Che all'indegno lavor l'addusse a forza;
1.134Ch'or convien fabbricar lo studio e l'arme,
1.135Da potersi covrir dal fero artiglio,
1.136Che di dentro e di fuor ti sta di sopra:
1.137E s'alcun fu de' tuoi, che in questo avesse
1.138Desir, senno, valor, ben fu costui,
1.139Ch'or piangi e chiami, e dopo mille e mille
1.140Secoli avrai da richiamarlo ancora;
1.141Che nol conobbe il mondo mentre l'ebbe,
1.142Come il conoscerà nel tempo innanti:
1.143Ed è voler di chi ci muove e guida,
1.144Che più si pregi il ben poi che n'è gito.
1.145Forse sarà tra l'ignorante stuolo
1.146Uso sol d'onorar signori e regi,
1.147E dispregiar chi non ha vesti aurate,
1.148Chi penserà nel buon civile stato
1.149Non ritrovarsi un sol di tanto peso,
1.150Che nel natìo terren dai buon si deggia
1.151Onorar tanto vivo, e pianger morto.
1.152Ahi cieca gente e vil, che scorge appena
1.153Quanto al senso di fuor si mostra aperto!
1.154Non fu colui che discacciò Tarquino
1.155Di par fortuna a molti, e spense un regno?
1.156Di privato poter fu il buon Camillo,
1.157E tolse al vincitor la preda e il pregio.
1.158Quanti ricchi trofei, quant'arme e spoglie,
1.159Quanti fûro a' gran re scettri e corone
1.160Tolte a' tempi miglior di Sparta e Roma
1.161Da chi vincendo si tornò la sera
1.162Con la sua famigliuola in basso albergo,
1.163E il giorno a ritrovar l'aratro e 'l toro?
1.164Chi contendea che l'onorato Tosco,
1.165Vivendo ancor nel suo fiorito nido,
1.166Col semplice esser suo non fosse tale?
1.167Come spesso addivien che l'ostro e l'oro,
1.168Senza chiuder virtù, vanità sola
1.169Sotto a sé mostra a chi ben fiso il guarda!
1.170Ma il veder corto dell'umana gente
1.171Par che si sdegni a rimirar colui
1.172Che in le private soglie, in pover panni
1.173Al bello e vero oprar la mente ha vôlta:
1.174E quella libertà, ch'oro e terreno
1.175Agguagliar non potria, né pompa o stato,
1.176Sol che alla patria sua ritenga intera,
1.177Degli altrui falsi ben poco gli cale.
1.178Ma se contrario appar nel vulgo infermo,
1.179Maraviglia non sia, ché tanta altezza
1.180Mirar convien con più sottil riguardo.
1.181Tenga chi vuole con sudore e sangue
1.182Il barbarico onor, le ricche spoglie
1.183Conservi pur nell'altrui danno e morte;
1.184Chiami questo chi vuol padre e signore,
1.185Piangal chi l'ama quando a morte corre,
1.186Ch'io 'l chiamerò d'altrui tormento e doglia,
1.187E morte loderò, se tosto il fura.
1.188Ben fin ch'io mora chiamerò mai sempre
1.189Il Buondelmonte mio, che l'altrui bene,
1.190Mentre qui visse, amò più che se stesso:
1.191Che nel pubblico onor tal mise cura,
1.192Che il proprio come van pose in oblio:
1.193Ben piangerò costui, che gloria e lode
1.194Merta più sol, che tutti quelli insieme,
1.195I quai gir fa superbi oro e terreno.
1.196Questo è quel germe, onde l'esempio tôrre
1.197Dovete al bene oprar voi, spirti chiari,
1.198Ch'or vi nodrite fra le tosche rive.
1.199E se l'avrete ognor maestro e guida,
1.200Andrà il piè vostro all'onorata strada
1.201D'eterna libertà, d'onore e pregio:
1.202Né fia il vostro veder chiuso dal velo,
1.203Cagion che il bianco in noi si mostri oscuro:
1.204Ma discerner saprete il falso e 'l vero;
1.205Né fin che muova il ciel, che giri il Sole,
1.206Simil veder potran le rive d'Arno.
1.207E sempre avran l'acerba sua partenza,
1.208Glorïoso mio Re, da pianger meco.
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