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SELVA SESTA.

Rime

PoeTree.it

1.1Alto Signor, che dai superni chiostri
1.2Con pietoso dolor dei nostri danni
1.3Guardi e contempli le miserie umane,
1.4Volgi la vista ove Durenza e Larco
1.5Cingon dintorno il bel paese, dove
1.6Dopo il tuo dipartir s'elesse albergo
1.7La fida ancella tua, che il caro unguento
1.8Portò divota ai sacrosanti piedi,
1.9Che di lacrime e duol bagnò sovente;
1.10La fida ancella tua, ch'ebbe sì larga
1.11Ai giusti suoi desir la tua pietade,
1.12Che dopo il quarto dì che in terra giacque
1.13Le rendesti il fratel cui morte tolse,
1.14E la degnasti di vederti in terra
1.15Nel beato giardin, sendo già tolte
1.16Dal vel terrestre le divine tempre:
1.17Non lunge adunque ove sepolte stanno
1.18Le sante membra sue di tempio ornate
1.19Ai vicini e i lontan mostrando spesso
1.20Della tua grazia in sé celesti segni;
1.21Ivi addrizza, Signor, l'eterno sguardo,
1.22E vi vedrai quell'onorata Pianta,
1.23Che di seguirti al ciel mi mostra il varco.
1.24Prego, Signor, se la mia voce è tale
1.25Che là possa toccar le sante orecchie,
1.26Prendi oggi in guardia quei leggiadri rami,
1.27Che, s'han quaggiù quanto può dare il mondo,
1.28Privi non sian di quel che dona il cielo.
1.29Spiegale intorno di tua grazia il sole
1.30Possente a disgombrar la neve e 'l ghiaccio,
1.31Che al suo primo apparir le frondi adugge.
1.32L'aure celesti tue nel tronco spira,
1.33Che gl'infondan virtù, che a tutte l'ore
1.34Produca a tuo voler fioretti e pomi.
1.35La tua pioggia gentil sopr'essa versa,
1.36Che tenga verdi in lei le sue radici,
1.37Né la possa seccar vecchiezza o state:
1.38Viva ella sempre, e l'onorata cima
1.39Si stenda verso il ciel con tanta lode,
1.40Che nel tempo avvenir sia gloria eterna.
1.41I suoi soavi odor ne porti a volo
1.42Tal vento amico in questa parte e in quella,
1.43Che non più l'Apennin, non più Durenza
1.44Sappia il suo gran valor, che Atlante ed Indo.
1.45Al natural confin non sia prescritto
1.46Il suo perfetto oprar, ma il tempo ceda,
1.47Che a primavera, estate, autunno e verno
1.48Produca frutti e fior cotanti e tali,
1.49Che all'altre che verran sia vivo esempio.
1.50L'ira celeste tua non caggia in lei:
1.51E percuotan lontan gli ardenti strali,
1.52Come aggrada più lor, la quercia e il pino,
1.53Sol che la Pianta mia col lauro insieme
1.54Il possente furor paventi indarno.
1.55Grandin, nevi, tempeste a' più gran verni,
1.56Quando piace Aquilon, quand'Austro vuole,
1.57Scendan dintorno, e là dov'ella siede
1.58Sempre sia chiaro il Sol, sereno il cielo,
1.59Verde, quieto, tranquillo, eterno aprile.
1.60Lappole, stecchi, rovi e 'l tasso amaro
1.61Non adugga il terren, che nutre intorno
1.62D'invitta castità l'altero tronco.
1.63Vadan da lei lontan gli armenti e il gregge;
1.64Né le possa impiagar la scorza e i rami
1.65D'altro fero animale artiglio o corno.
1.66Non verme di livor per entro possa
1.67Ascosamente fabbricar sotterra
1.68Alle radici sue, che han fermo il seggio
1.69Nel chiaro e vero onor, novella offesa.
1.70Gli altri venti crudei, che vengon fuore
1.71Non dall'indico mar, non dall'occaso,
1.72Non d'Austro o d'Aquilon, ma da quel loco
1.73Ove si sprezza onor, dove virtude
1.74Tra le cose più vil negletta giace,
1.75Là dove l'altrui ben più doglia apporta
1.76Negl'invidiosi cor, che il proprio danno,
1.77Non le possin noiar le frondi e i fiori.
1.78Porgile tu dal tuo gran regno aìta,
1.79Ché mai per tempo alcun non volga in basso
1.80L'altera fronte sua, che fu mai sempre
1.81Tutta intesa a salir dove tu chiami,
1.82Né sia peso mortal, che a terra inchini
1.83I santi rami suoi, che in alto vanno.
1.84Ma pur talor, perché di rado avviene
1.85Che sia senza peccar terrena cosa,
1.86Con la tua propria man drizza e solleva,
1.87Se mai senti piegar la fronte o 'l piede.
1.88Poscia, o sommo signor, tal grazia infondi
1.89Nel mio semplice stil, ch'io possa in parte
1.90Il suo cortese oprar, le sue virtudi
1.91Pingere a quei che verran dietro, allora
1.92Che dopo un lungo andar d'anni e di lustri
1.93Avrai teco nel ciel la bella Pianta.
1.94Fa' ch'io possa mostrar quanto più vaglia
1.95Il seguir l'orme tue, ch'oro e terreno;
1.96Com'è caduca e fral quaggiù la speme
1.97Delle cose mortai, che il viver nostro
1.98Solo è breve cammin che l'alme adduce,
1.99Secondo i passi altrui, sotterra o in cielo.
1.100Prestami grazia che tant'alto vada
1.101Il mio di lei cantar, quanto il suo nome
1.102A cui s'inchina ogni gentil virtude.
1.103Prestami grazia ancor, poi che fia giunto
1.104L'estremo terminar dei giorni nostri;
1.105Che s'io l'ho senza par seguita in terra,
1.106Non mi sia tolto il rivederla in cielo.
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