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EGLOGA.

Rime

PoeTree.it

1.1Oh di nostro sperar contrario effetto!
1.2È però, Mopso, ver che spenta sia
1.3Nel dì che più splendea sì bella luce?
1.4Non so, Titiro mio, che dir tu voglia,
1.5Ché già tre giorni son, che monti e valli
1.6Fûro il mio albergo, che a cercar son ito
1.7Questo bianco vitel fuggito a Tirsi,
1.8E dopo un lungo andar tra doglia e tema
1.9Pur lo trovai staman, che sotto un pino
1.10Si stava a rugumar soletto all'ombra.
1.11Ma che luce di' tu che piangi spenta?
1.12La bella Galatea l'alma ha nel cielo,
1.13E l'alta sua beltà sotterra giace.
1.14Morta adunque è la bella Galatea?
1.15La bella Galatea n'ha tolta morte;
1.16Quella che nacque al bel fiorito nido
1.17Del suo chiaro Arno in sulla destra riva,
1.18Non lunge al ponte che più presso scorge
1.19Febo salir quando ci apporta il giorno;
1.20Quella che i cor gentil già in dubbio tenne
1.21Qual ella fosse più tra casta e bella;
1.22Quella che al sangue suo quanto altro chiaro
1.23Giunse pien d'onestà sì ricco fregio
1.24Di senno e leggiadria, ch'esemplo eterno
1.25Fia di chi intende al glorïoso varco;
1.26Quella che dietro a sé lunge traeva
1.27Gli arbor, le fere, i boschi, i monti e i sassi
1.28Col guardo sol, più che col canto Orfeo;
1.29Quella che al tempo suo fu cerca sposa
1.30Da quanti avea pastor la terra tosca.
1.31Ma quanta più virtù che sorte avesse,
1.32Non molto appresso alle seconde nozze
1.33L'acerbo suo partir ne faccia fede.
1.34Oh fallaci desir di noi mortali!
1.35Nulla al Ciel chiese che al suo sangue erede;
1.36Né sapea, lassa! ch'ogni lungo indugio
1.37Era indugio al morir che ratto venne.
1.38Deh! perché non più pia, casta Lucina,
1.39La man porgesti al periglioso parto?
1.40Forse per tôrla a chi ne fosse indegno
1.41E riportar le sue bellezze al cielo?
1.42Morta è dunque la bella Galatea!
1.43Quanto or men ricco andrai, bel fiume d'Arno,
1.44Poi che t'ha il Ciel sì cara gemma tolta!
1.45Quanto or men pregio avrai, bel nido tosco,
1.46Poiché non v'è l'aurata tua Fenice!
1.47Quanto or s'abbassa il tuo bel regno, Amore,
1.48Poi che la tua colonna ha tronca morte!
1.49Piangiam, Titiro mio, ch'è ben ragione.
1.50E senza aver dal nostro canto onore,
1.51Non si parta or da noi Ninfa sì bella,
1.52Ché ben ne aiuteran le muse tosche.
1.53La bella Galatea del mondo sciolta,
1.54Renduta ha l'alma a chi quaggiù la diede.
1.55Silvan, Satiri, Fauni, e pastor toschi,
1.56Tanto aggiate dolor, quant'ha il ciel gioia.
1.57La bella Galatea sotterra ha poste
1.58Le chiare membra, e le lucenti stelle.
1.59Muse, Naiadi, Oreadi, e Napee,
1.60Quant'ella ebbe valor, voi doglia aggiate.
1.61La bella Galatea, quant'è beltade
1.62Involò al cielo, e morte or lei ne invola.
1.63Arbusti, piante, frondi, erbette e fiori,
1.64Com'ella il mondo, e voi lasciate il verde.
1.65La bella Galatea, ciò che oggi spira,
1.66Qual vivendo allegrò, morendo attrista.
1.67Fere, augelletti, pesci, armenti e greggi,
1.68Tanto or piangete, quanto foste lieti.
1.69Come al volger vid'io de' santi lumi
1.70Riderle intorno il ciel, quetarsi i venti,
1.71Vestirsi il cor gentil d'alti pensieri!
1.72Venga chi 'l sa, com'io, per farle onore.
1.73Come al muover vid'io del vago piede
1.74Seguir le Grazie i glorïosi passi,
1.75Adornando il terren di gigli e rose!
1.76Venga chi 'l sa, com'io, piangendo a dirlo.
1.77Come vid'io col suo parlar cortese
1.78Domar feri leon, tigri rabbiose,
1.79E tôr dal corso lor le stelle e l'onde!
1.80Sallo l'Elsa com'io, l'Arno e 'l Mugnone.
1.81Come vid'io con quel celeste viso
1.82Far le piante avverdir, fiorir le piagge,
1.83Gli aspri scogli addolcir, le serpi irate!
1.84Sallo il Tirren com'io, le selve e i campi.
1.85Siavi lieve il terren, sante ossa amiche,
1.86Né lo percuota il vento o pioggia inonde;
1.87E 'l vostro dolce april sopra voi sparga
1.88Rose e viole che non guasti il verno.
1.89Durate eterne, o vaghe membra elette,
1.90Né vi offenda l'umor, né cangi il tempo;
1.91E stian dintorno a voi cantando ognora
1.92Di ninfe e di pastor leggiadri cori.
1.93Spirto gentil, cui nel superno lido
1.94Più di cosa mortal non punge cura,
1.95S'onesta cortesia ti vinse unquanco,
1.96Il mio rozzo cantar prendi oggi in grado.
1.97Anima chiara, ch'or dal ciel comprendi
1.98Quanto è 'l nostro affannar fallace e torto,
1.99Poiché sol lacrimando il duol s'affrena,
1.100Non ti sia 'l pianger mio talora a schivo.
1.101Diam pace, o Mopso, alle zampogne omai,
1.102Ché 'l troppo lungo dir sovente annoia;
1.103E già il ciel chiuso nero ammanto veste,
1.104E van le greggi nello albergo sole.
1.105Restate in pace adunque, ossa onorate,
1.106Quinci aspettando al tristo giorno ogn'anno
1.107Queste zampogne, e non men dolci e chiare
1.108Che quelle sian di Polifemo e d'Ati.
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