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SELVA TERZA.

Rime

PoeTree.it

1.1Donne amorose, che il bel fiume d'Arno
1.2Di vostra alta beltà gir fate altero,
1.3So ben che spesso e meraviglia e duolo
1.4E forse invidia nei cor vostri avete
1.5Di quel che io narro a voi della mia Pianta,
1.6Della mia Pianta che Liguria onora,
1.7Tal ch'ella va di par con Cipro e Delo.
1.8Deh! perché non poss'io mostrarvi il vero
1.9Con la presenza sua, che pur direste
1.10Che in ragionar di lei son tanto avaro,
1.11Quanto ella a me delle sue frondi e fiori,
1.12De' quai mostrarmi più non m'è cortese.
1.13Non si può questa dir terrena cosa,
1.14Che da celesti man fra noi formata
1.15Vien d'altro seme, a cui non vide eguale
1.16L'Atlante, l'Indo, il Nil, la Tana e l'Orse.
1.17Fu d'alta nobiltà l'invitto seme
1.18Nel liguro giardin fra noi piantato
1.19Da chi Giove si tien sorella e sposa.
1.20Né sì chiare onde ha questo o l'altro polo
1.21Che là bagnasser mai la terra intorno;
1.22Che di sua propria man Giunone stessa,
1.23Pria che scaldasse il Sol, poi ch'era ascoso
1.24Tutto il calor del dì, la sete estinse
1.25D'ambrosia sempre e di celeste umore,
1.26Onde ella ebbe il divin che a noi si mostra.
1.27Lappole, e rovi, e sterili erbe e gravi
1.28Non prendevan vigor presso al suo nido;
1.29Non nocenti animai, che al primo incontro
1.30Del suo possente odor correano a morte.
1.31Poi che aprendo il terren vivace e verde
1.32Cominciò sormontar l'altero germe
1.33Ch'esser poscia dovea sì bella Pianta.
1.34Non fu pianeta in ciel, né ferma stella,
1.35Che non si fesse allor più che mai lieta.
1.36Ebber pace quel di Nettuno e i venti,
1.37Ché l'aria e l'onde al gran miracol novo
1.38Fermaro il corso che natura impose;
1.39Cantar più dolce gli augelletti allora
1.40Che al più fiorito April, se surge Apollo.
1.41Le fere e gregge lascivette e snelle,
1.42Senza il giorno temer d'artiglio e dente,
1.43Gioivan tutte per campagne e boschi.
1.44Gli arbor, le frondi, i fior, gli arbusti e l'erbe
1.45Ben mostraron quel dì, ch'al mondo fosse
1.46Chi dovea sopra lor tenere il regno.
1.47Come Zefir venìa ridente in vista
1.48A prender vaga di nutrirla cura!
1.49Ma i pargoletti Amor, le Grazie e l'Ore,
1.50Al bello ufficio pur dal cielo elette,
1.51Di così raro onor lo fêro indegno.
1.52Quei sempre intorno a lei sì chiari spirti
1.53Movean con l'ali sue, che l'aure in noi
1.54Presso d'ognun di lor son turbo oscuro.
1.55L'altre facean sopra 'l ben nato germe
1.56Di rose e gigli e fior sì dolce nembo
1.57Ch'offender nol potea l'agosto o 'l gelo.
1.58Così nodrita, a più grandezza sorse
1.59L'onesta cima, e le sue frondi aperse:
1.60Già più indurata la novella scorza,
1.61Con più salda virtù stendeva in rami
1.62Quelle che in prima fur tenere gemme.
1.63Scese Venere allor dal terzo giro,
1.64E notte e giorno con divine tempre
1.65Diè forma e legge alla futura Pianta.
1.66Chi vuol negar, santa amorosa Dea,
1.67Che quanto ha bello il ciel, la terra e l'onda,
1.68Tutto non sia della tua stessa mano,
1.69Venga meco a veder la Pianta mia.
1.70Si dirà ben che a te medesma appena
1.71Lasciato hai più di quel c'hai dato a lei.
1.72Tu la facesti tal, che forse carca
1.73(E perdonimi Amor, s'ell'è menzogna)
1.74Di penitenza e duol talvolta vai,
1.75Com'io sempre per lei pensoso e lieto.
1.76Ma non ti caglia, ché chi dona altrui
1.77Ha più gloria fra i buon, che il ricco avaro.
1.78Tu la facesti tal, che 'l tuo gran regno
1.79Altra colonna par forse non ave;
1.80Né potrà forse aver, quanto ella dura,
1.81Ché dee sempre durar (se il vero estimo).
1.82Ben più cortese poi fosti a lei sola
1.83Di grazia e leggiadria, d'atti soavi,
1.84Che per lo addietro a tutte l'altre insieme.
1.85Quanto ha senno e valor, quanto ha virtude
1.86Chi venne fuor dalla paterna fronte
1.87Scolpìo nel tronco che crescendo andava,
1.88Onde ancor giovinetta alzò il suo nome,
1.89Sì ch'a Liguria eterna vita diede.
1.90Venner le frondi tai, ch'ogni smeraldo
1.91Ivi men pregio avea che il ghiaccio o il vento.
1.92Non volle Febo allor le bionde chiome
1.93Coronar più del sempre verde alloro,
1.94Ché il tessalico amor posto in oblio,
1.95Al liguro giardin donò la palma.
1.96Perché non pur del più cruccioso Giove
1.97Sprezza lo stral, ma, quel che più m'aggreva,
1.98È che per nostro mal non ha più cura
1.99Di quanti porta Amor saette e dardi,
1.100Che 'l torrido African di ghiacci e nevi.
1.101I leggiadretti fior, che al caldo e al gelo
1.102Stan sempre vivi in l'onorate frondi,
1.103Han seco tal virtù che il ciel gli adora.
1.104Clizia, Giacinto, Adon, Narciso, quelli
1.105Che con più bello onor nel mondo fûro,
1.106Sono, ove questa appar, negletti o vinti.
1.107Non son di Citerea, non son di Febo,
1.108Non sono opra d'un sol, ché tutti insieme
1.109A fabbricarli fur, come a Pandora.
1.110Il frutto è poscia tal, ch'occhio mortale
1.111Nol può scerner giammai, ché a quei si serba
1.112Che la mandâr quaggiù per farsi onore.
1.113Questa è la Pianta ond'io cantando scrivo
1.114Che mi fa men gradir le tosche rive,
1.115E forse odiar da voi, donne mie care.
1.116Questa è la Pianta mia, ch'entro 'l mio core
1.117Così profonde tien le sue radici,
1.118Ch'indi non la può trar tempesta o vento.
1.119Ligura Pianta mia, se il mondo insieme
1.120Sapesse, com'io sôl, quel che tu vali,
1.121Non sarei solo a dir de' tuoi bei rami.
1.122Se pur quel ch'io dirò parrà menzogna,
1.123Venga il liguro mar, Durenza e Sorga
1.124A dir per me quanto più largo onore
1.125Convenga a te, che la mia rozza cetra.
1.126Né ti sdegnar però, ché quel ch'io canto
1.127Nol canterei se nol dettasse amore,
1.128Ch'oltre ogni mio voler vuol pur ch'io voglia,
1.129E più del mio poter vuol pur ch'io possa,
1.130Ond'io più fo quel che men far dovrei.
1.131Credo sovente pur che quel ch'io veggio
1.132Dipinger sappia altrui la penna mia.
1.133Poi tanto trovo men quel ch'io ne dico,
1.134Quant'altri pensa ch'io trapassi 'l vero;
1.135E ben dritto mi par, che così vada
1.136Chi ragiona del ciel fra noi mortali.
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