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EGLOGA.

Rime

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1.1Muse, che un tempo in Siracusa e Manto
1.2Tal chiaro aveste onor che luce ancora
1.3Né mancar dee, se non col mondo insieme,
1.4Non v'incresca il tornar fra l'onde l'Arno
1.5Non forse indegno accompagnarsi un giorno
1.6All'onorato Mincio, al dotto Alfeo;
1.7Non v'incresca il tornar, ch'oggi altro nome
1.8Ch'Amarillide, Filli, Tirsi e Mopso
1.9Cantar convien la mia zampogna tosca.
1.10Il buon Doria cantiam, quello alto germe
1.11Delle cui frondi odor non sento io solo,
1.12Ma le Colonne, il Nil, la Tana e il Gange.
1.13O liguro terren, se 'l tuo giardino
1.14Create avesse ancor due piante tali,
1.15Come al sommo d'onor montato avrebbe!
1.16Or non vedesti far bosco selvaggio
1.17Il suo bel nido alle rabbiose fere
1.18Per le spelonche d'Occidente nate?
1.19Né de' tuoi figli incrudelir le voglie
1.20Tanto in fra lor, ch'ogni vicina riva
1.21Del nostro impoverir divenga altera?
1.22Ah se scorgessi il puro alto pensiero
1.23Del mio gran Doria, ben vedresti in esso
1.24Tanto ardente desir di trar da morte
1.25La patria afflitta, che non è sì pronto
1.26Contra il lupo vicin pastor cortese
1.27Quanto ei sempre sarìa con chi l'aggreva.
1.28Tu sai ben, se più d'un che carco andasse
1.29Delle tue spoglie a riposarsi al nido,
1.30Dal tuo vendicator nol fe securo
1.31Preda o vittoria, che quant'hai vergogna
1.32Quanto hai di danno, ognor di ferro cinto
1.33Piange non men che tu la notte e il giorno.
1.34Né sente pur quanto è il suo gran valore
1.35Beti, Ebro, e Tago, e Catalogna infida
1.36Che aver troppo vicin la Francia duolsi:
1.37Ma il torrido African sovente il prova
1.38Che quanto noi l'amiam, tanto ei lo teme.
1.39Quanti rapaci legni in fondo a Teti
1.40Stan per sua man di barbari pirati?
1.41Quanti ne son del buon sangue latino
1.42Per sua man tratti dall'ingiuste forze
1.43Contro a cui fuorch'ei sol null'altro vale?
1.44Quanti morti e prigion! quante arme e spoglie
1.45Rendon chiari i trofei del nostro duce!
1.46Ben sa Nettuno, che le sante insegne
1.47Di chi il gregge cristian pascer dovrebbe
1.48Vide alle man dei Can gir preda e scherno,
1.49Né molto dopo all'onorata impresa
1.50Vide accinger colui ch'io canto e pregio,
1.51Che con tanto valor vermiglio il mare
1.52Fece restar dello spietato sangue,
1.53Fin che colmo d'onor vêr noi ritrasse
1.54Il perduto vessillo, e l'empio duce
1.55Per tema e duol con volontaria morte
1.56Esca ai mostri marin se stesso offerse.
1.57Così non men per l'onorate braccia
1.58Ch'Amfitrite a partir la terra porse
1.59Suona or del Doria il glorïoso nome,
1.60Che già del gran Roman che corse e vinse
1.61Solo in quaranta dì gli estremi lidi
1.62E dai crudi corsar purgati feo.
1.63Come or varcando in questa parte e in quella
1.64Il navigante che secur si trova,
1.65Dio ringraziando, eternamente loda
1.66Doria, al cui gran valor s'apre ogni strada!
1.67Quanto più lieti i regal Gigli d'oro
1.68Nella invitta sua man che altrove stanno!
1.69Giammai non dier le glorïose spalle
1.70Agl'inimici suoi dov'ebber lui,
1.71Che ben per prova il san molti, e l'Ispano,
1.72Che nel liguro mar, nel mar de' Galli
1.73Più di un duce lasciâr, più di una nave.
1.74Sallo Provenza ancor, che forse avrebbe
1.75Oggi nel suo terren l'uccel di Giove,
1.76Se non era l'ardir, la forza e 'l senno,
1.77E il lunge antiveder di ch'io ragiono.
1.78Ma che dirà chi insieme aggiunte trova
1.79Con virtù tanta in lui tanto alta fede,
1.80Che non più n'ebbe il grande Attilio a Roma?
1.81Non come i più da quella parte inclina
1.82Che ha miglior sorte, anzi più pregia ed ama
1.83Chi preme i vincitor, chi leva i vinti.
1.84O gran Gallico Re, ben dêi saperlo
1.85Quanto or più segua le tue insegne oppresse,
1.86Che al tempo già che il ciel parea temerle!
1.87Non quante in terra e in mar son gemme ed oro,
1.88Non Dario e Creso ancor piegar potrìa
1.89La chiara integrità di sì bell'alma.
1.90Solo ha in pregio virtù, ricchezza a scherno,
1.91Se non quanto de' buon sostegno sia.
1.92Largo sempre in altrui, parco in sé stesso,
1.93Tal che Fabrizio pur men lode avrebbe.
1.94Venere e Bacco altro più gran nemico
1.95Non han che questo sol; le perle e l'ostro,
1.96I drappi peregrin, le vesti aurate,
1.97Stanno più lunge a lui che al ghiaccio Febo;
1.98Ch'ei più non vuol che la natura chieggia.
1.99Ma fuor del vulgo saggiamente apprezza
1.100Non pompe usar, ma dominar chi l'usa.
1.101Questo è colui che alzar nel ciel dovete
1.102Tanto co' versi ognor quant'ei coll'opre,
1.103Sì che sudar convien, sorelle tosche.
1.104Voi d'Italia splendor, gloria a' dì nostri,
1.105Del possente Nettuno invitto duce,
1.106Doria, omai lieto al chiaro corso andate
1.107Fin ch'io trovi al cantar più degna cetra.
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