about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books

SATIRA SETTIMA.

Rime

PoeTree.it

1.1Perch'io sovente già vi vidi acceso,
1.2Monsignor reverendo, in alto sdegno
1.3Contro al secol presente ai vizi inteso;
1.4Prenderò ardir col basso stile indegno
1.5Di ragionar con voi, mostrando certo
1.6Del buon nostro voler non picciol segno.
1.7Nel cammin di ragion sassoso ed erto
1.8Non si trova oggi alcun, ché tutti vanno
1.9Nel sentier piano all'altrui voglie aperto.
1.10Questi son quei che sozzamente fanno
1.11Il miser mondo d'ogni ben mendico
1.12E ripien di dolor, d'eterno affanno.
1.13Or come lunge al buon costume antico
1.14Sia quel tra noi che ci amministra Marte,
1.15Ascoltate da me, ché 'l ver ne dico.
1.16Andiam quei primi e questi a parte a parte
1.17Dritto guardando, e vedrem certo allora
1.18Che più ch'io non dirò, dal ver si parte.
1.19Pensa or colui che falsamente onora
1.20Solo il ferro e la forza, esser cotale
1.21Che sia folle da dir chi non l'adora.
1.22Mai non vide in mill'anni il mondo tale
1.23Danno e disnor, che non gli sembri poco:
1.24Ché più nocendo altrui, più in alto sale.
1.25Prender sempre gli Dei, le leggi in gioco,
1.26Schernir chi l'ama è sua più larga lode,
1.27Senza d'altri curar, di tempo e loco,
1.28Di fede ir nudo, di menzogna e frode
1.29Gire altrettanto che di ferro armato,
1.30Fa che in fra molti si trionfa e gode.
1.31Cangiar dagli altri forma, abito e stato,
1.32Che ben sembra a veder lupo rapace
1.33Per chi ben mira, agli altrui danni nato;
1.34Mortal nimico di riposo e pace,
1.35Guerre, discordie giorno e notte agogna,
1.36In cui vivendo a sé medesmo piace.
1.37In posa dimorar prende vergogna,
1.38Quasi onest'arte alla sua vita eletta,
1.39Che in guisa di falcon nutrir bisogna.
1.40Ahi! gente inferma, e men tra noi perfetta
1.41Ch'altro bruto animal, che volga 'l piede
1.42Dietro al primo voler che il senso alletta,
1.43Com'esser può che quel ch'ogn'altro vede
1.44Tu sol non veggia, e che non drizzi 'l volto
1.45Là dove ascoso il vero ben si siede?
1.46Sgombra la nebbia onde il pensiero è involto,
1.47E vedrai quanto mal nel mondo cova,
1.48Esser dentro 'l tuo sen vilmente accolto.
1.49Dimanda, stolta, se del ver ti giova,
1.50Licurgo e 'l saggio cui di Marte figlio
1.51Già disse il Tebro che sentì la prova;
1.52E intenderai quanto più bello artiglio
1.53Diero a' suoi sempre, onde difeso e vinto
1.54Spesso fu tal, che ancor si fa vermiglio.
1.55Saprai che di bontà trovarsi cinto
1.56Non meno il cor, che poi d'arte e d'ardire,
1.57Ha, il suo crescendo, l'altrui nome estinto;
1.58Cercando altero onor, chiaro desire
1.59Portando in petto, non vil voglie avare,
1.60Per prova al mondo che gli dee seguire;
1.61Fur sempre l'opre più pregiate e care
1.62Di quei che Marte amministrâr fra noi,
1.63De' quai mill'anni ancor la fama appare.
1.64E taccia pur chi descrivendo poi
1.65Quant'abbia forza il ciel, quanta natura,
1.66Preme altri forse, sollevando i suoi.
1.67Sacro chi intende 'l ver, cerca e misura
1.68Quel che vede Dio sol; ma più sia degno
1.69Chi il ben esser di noi difende e cura.
1.70Già non entrâr con tanta pena e ingegno
1.71Nel ventre stesso i nostri padri antichi
1.72Della gran madre, che n'ha forse sdegno,
1.73A trarne il ferro, perché a molti iniqui
1.74Fosse strumento, come Italia sente
1.75Ne' pensier ciechi, e da man manca obliqui;
1.76Non per vita, o signor, cangiar sovente
1.77Di male in peggio, o per sedere in mano
1.78Della più bassa e vil corrotta gente;
1.79Non per seguire ognor Francia e l'Ispano,
1.80O chi più d'ambedue paga, e permette
1.81Che 'l buon dei danni suoi si doglia invano;
1.82Non per cinger colui che ognor s'affrette
1.83Empio di perseguir l'alme innocenti,
1.84Che tien sempre a ragion le braccia strette;
1.85Non per colui, ch'alle più sagge menti
1.86Libertà fura, per donarla in preda
1.87A tal c'ha i raggi di virtude spenti;
1.88Non già, non già (chi non è stolto il creda),
1.89Perché al seme più rio che nasca in terra
1.90De' buon malgrado tutto 'l mondo ceda;
1.91Non per nutrirla, ma schifar la guerra,
1.92Limaro il ferro; non per danno altrui,
1.93Ma per punir chi 'l sentier dritto serra.
1.94Quanto di ben quaggiù trovò colui
1.95Che primo il vide! ma se mal s'adopra,
1.96Nostro è 'l peccato sol, non fu di lui.
1.97Natura il fe, perché s'asconda e copra
1.98L'uom dagli assalti di rabbiose fere,
1.99Che con forza maggior ci stanno sopra;
1.100Ma quel ch'è più, se il poco in noi vedere
1.101Scorgesse lunge, per salvarci è nato
1.102Da serpi a noi più venenose e fere,
1.103Per guardar dritto il buon comune stato
1.104Dall'artiglio mortal d'empio tiranno,
1.105Ond'altri piange con la morte allato.
1.106E tu, vil mondo, vai pur d'anno in anno
1.107Notte e dì cinto di sudore e d'arme
1.108Dietro a' più rei con disnor proprio e danno.
1.109Lasso! veder che tutto si disarme
1.110Or Marte or Palla per soverchio sdegno,
1.111Quand'io rimiro il ciel, sovente parme,
1.112Seco dicendo: in questo eterno regno
1.113Non dee ferro vestir celesti membra,
1.114Ricoprendo là giù chi n'è men degno.
1.115Guarda, o metallo vil, se ti rimembra
1.116Del miglior tempo, e poi comprendi bene
1.117S'al secol che vedi or, punto rassembra.
1.118Ov'è colui che amò 'l pubblico bene,
1.119Tal che nel fuoco alla fallente mano
1.120Vie più gloria donò che doglie e pene?
1.121Dove è chi solo al gran furor toscano
1.122Sostenne 'l ponte, e l'amò il Tebro tanto
1.123Che al popol che salvò l'addusse sano?
1.124Ove è il giovin, ch'a tôr di Roma 'l pianto
1.125Se stesso offerse al venenoso speco,
1.126Cui la sua patria poi pianse altrettanto?
1.127Dove son quei ch'eterna gloria han seco,
1.128L'un Bruto e l'altro? e chi non pur gli adora,
1.129Ben è vil verme della mente cieco.
1.130Spirti beati e chiari, ove siete ora?
1.131Ogni villa tra noi v'aspetta e chiama;
1.132Deh ritornate a noi qual foste allora.
1.133Ov'è il gran vecchio, che ancor teme ed ama
1.134La Gallia e 'l Lazio, che sgombrando l'oro
1.135Da morte a vita Libertà richiama?
1.136Ove i buon Fabi, che sì salda fôro
1.137Nel suo patrio terren muraglia e schermo,
1.138Ch'a lui vita donâr morendo loro?
1.139Ove mill'altri poi, ch'ebber sì fermo
1.140L'occhio all'util d'altrui, che il proprio stesso
1.141Come don riguardâr caduco e infermo?
1.142Oggi non è chi il suo profitto espresso
1.143Non stimi più che di tutti altri il duolo,
1.144Che davanti è il piacer, l'onore appresso.
1.145Oggi, e cerchi chi vuol, non vive un solo,
1.146Che più non prezzi in sé Cesare e Silla,
1.147Che d'altri tanti l'onorato stuolo.
1.148Quando rinascer dee breve favilla
1.149Del primo vero onor, che mostri aperto
1.150Quanta dal bene oprar dolcezza stilla?
1.151Che il mondo entro al suo sen conosca certo
1.152Quant'ha lappole e stecchi, in cui si giace
1.153Di giustizia il giardin secco e deserto?
1.154Tal ch'omai il ferro, a nutrir sempre pace,
1.155A difender ragion, ritorni in mano
1.156A quei miglior cui l'oprar dritto piace.
1.157E qual non sente l'intelletto sano
1.158Lunge da quel con maraviglia apprenda
1.159Che porti or l'uso scellerato e insano,
1.160Come il ben, come il mal sormonti e scenda,
1.161Che quel ch'oggi n'appar sì basso e vile,
1.162Nei primi antichi a tanta gloria ascenda.
1.163Tu, bella Italia mia chiara e gentile,
1.164Prendi vergogna omai ch'argento ed oro
1.165Seguir ti faccia il barbaresco stile.
1.166Prendi vergogna omai ch'altro tesoro
1.167Che gloria e libertà, che morta langue,
1.168Spender ti faccia in sì crudel lavoro
1.169Con tuo tanto disnor fatica e sangue.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)